In casa di un poeta giapponese

In casa di un poeta giapponese In casa di un poeta giapponese Kìtahara, a Tokio, passa per essere il più originale fra i poeti giapponesi viventi. Abita a quattro ora dalla capitale, a Odawara, sulla baia soleggiata di Sagami, che fiancheggia la strada del Tokaido da Tokio a Kioto. Gli abitanti della cittadina, ignorano l'indirizzo del poeta. Bisogna andare ad informarsi all'ufficio di polizia. L'indicazione topografica che si riceve intorno alla cosa di Kitahara è questa: « K* una villa all'europea, coperta di tegole rosse. Si chiama la casa del gufo ». Si prende un sentiero fra i cespugli ; si passa dinanzi ad un piccolo cimitero con le sue pietre verticali ed il suo tempietto cadente, e finalmente si scorgono, tra gli alberi, le tegole rosse d'Europa. La casetta ò di legno, circondata da cani, da gatti e da passerotti saltellanti. Il poeta, cho compare subito, spiega clic dopo avere eletto quella solitudine per viverci, abitò prima il tempietto, poi fece costruire la casetta.. « E' la casa di Basho », dice sorridendo, volendo alludere al celebre poeta antico giapponese, inventore degli « haikai ». B pian terreno è costituito da duo ambienti, al primo piano si trova la sala da lavoro del poeta, per la corrispondenza, per il casellario delle canzoni e delle note e per la scrittura dei poemi ; al secondo piano, sotto il tetto, un'unica sala riservata^ alla composizione dei canti dei fanciulli, tu questa grande stanza, negli scaffali per ordine di edizioni, stanno le opere di Kitahara, le riviste che ha pubblicate, quelle alle quali ha collaborato, i suoi disegni per le illustrazioni dei suoi poemi, e mille' ricordi raccolti nei lnoghi dove peregrinò con i suoi sogni. Sugli scaffali è pure una quantità di giocattoli grossolanamente conferionat-i. — E' il cantuccio dei fanciulli — dio© Kitatara — quando vengono a trovarmi, li ricevo qui ed essi trovano questi giocattoli ohe no raccolto in diversi villaggi del Giappone. Eccone degli altri che abbiamo fabbricati assieme... Il nostro cervello sogna e le mani lavorano... Kitahara è nato nell'86, in un'isola meridionale del Giappone. Il suo paese ò situato non bangi da Nagasaki, dove c passata la civiltà olandese. Egli conobbe, bambino, le storie trasmesse di bocca in bocca sui mercanti stranieri dei XVTI o_ XV III secolo, ohe svegliarono nel suo spirito sogni di esotismo. Andò di buon ora a Tokio, con i Buoi, dove la miseria lo attendeva. Nella sua autobiografia, che. è una delle migliori opere' delia letteratura giapponese oonbemparanea, ha dato un grande sviluppo alle sue impressioni di fanciullo infelice: ' e Quando noi vivevamo ad Azabù (un quartiere di Tokio), la vista di un c Kakemono > (pittura sospesa) era la mia sola consolazione. Cotesto pittura rappresentava no passero su di un ramoscello di bambù. Mi pareva ohe il passero esprimesse la gioia e ne provavo una viva soddisfazione. Qualche volta mio padre e mia madre, seduti davanti quel c kakemono » guardavano essi pure sorridenti il passerotto. Era no riposo frammezzo le discussioni sulle preoccupazioni quotidiane. Quando si toglieva la pittura, credevo di vedere un buco nel muro. Guardavo i miei parenti, poveri, così poveri cho le lagrime non riuscivano, à cadérmi! Quell'inverno, la nastra miseria, fu inesprimibile. Durante i pasti, mio padre restava silenzioso; aveva dei movimenti bruschi ; mia madre posava le bacchette del riso e sospirava. Non ho mai potuto penetrare il cuore di mia madre. I passeri cadevano dal tetto, io li mostravo con il dito e tutti ridevamo. Mi lasciavo accarezzare da mia madre, e pensavo che tra un uomo ed un passero la differenza non è grande. Accadeva ohe qualcuno di quegli uccelli venisse sulla scatola del riso. Che cosa aspettava? Aveva delle illusioni: la scatola era vuota!... >. Dicono ohe questo libro abbia consolato innumerevoli poveri. Certo, esso contiene un'infinità di sensazioni di fanciullo miserabile: il rumore del riso rimestato nella scatola quando la provvista ò finita, la tazza vuota leccata dà un cane e d'una bianchezza smagliante, troppo cruda, troppo viva per uno stomaco affamato... Divenuto uomo, dopo le prime pubblicazioni ed i primi successi, la vita del poeta è sovvertito da un dramma. Cantava il c momento divino dell'accoppiamento sessuale », c l'istante della comunione di tutti gli esseri con la natura ». Nell'ebbrezza del suo paganesimo, osò un passo verso un amore colpevole e andò in prigione. Quan,dp ne uscì, il buddismo l'aveva conquistalo. Nelle < Pagliuzze di mica » — canzoni, leggere e fluide ispirato dai suoi nuovi amici i contadini ed ' i pescatori — canta la vita semplice dei campi, la fisonomia dellp montagne, delle piane, dei fiumi. Gli • uomini non l'interessano più, il sovrano rifugio è nel mondo degli uccelli. Scrive: « Vita dei passeri » e « Uova di passeri ». Per comprendere la semplicità, la sincerità, la gentilezza, delle bestie, non vi sono ohe i fanciulli — egli pensa,, e dedica loro tre raccolte: * Giuochi di libellule », < Lettere di conigli », « Madre Oca ». Preoccupato di rifarsi uno spirito di purezza e di freschezza va verso un passato lontano e scrive ,'l suo ultimo libro (1922) : « Flauti del Giappone ». Le opere che hanno fatto la popolarità di Kitahara sono*: ^Vita » ed « Uova di passeri ». In esso si è fatto interamente comprendere dal popolo per il quale il buddismo è un insieme di concezioni elemen; tari, di ingenui sentimenti, di immagini Ma il poeta si sente triste, abbandonato, e prova quel sentimento di solitudine che al Giappone è solo permesso allo donne «li esprimere: ; ci Potrò sopportare questo giorno? Vi è nei mio cuore un pesante fardello, eppure danzerei oggi nella danza dei passeri... Osservo il passero per meglio conoscermi. Le mie mani si congiungono. Mi ritrovo iu lui e sono confuso. Ecco la vita del passero, piccolo bonzo color di thè. Io volo, cauto con i passeri sensibili, rustici, semplici, puerili... Rispetto Franoesco d'Assisi, che conversava con gli uccelli. Quando indirizzava loro un sermone trovava le parole più intelligibili. Era il suo genio. Parlava ed una Botfcfle aureola ornava il suo capo. Senza essere Francesco, quando sono davanti ai passeri, non posso impedirmi, per eccesso <li tenerezza, di indirizzare loro la parola. Mi sono spesso sedute all'ain-orn nelle erbe coperte di rugiada. Mettevo una vecchia Bibbia con fermaglio di rame eh di una pietra; sopravveniva un passero, 6ì avvicinava timidamente e piegava la testa sulle lettere dorale. Non saprò mai esprimere gnosi* srcnMÌw* .li atteggiamento. T pas¬ seri mi fanno pensare ai fanciulli.;, c Mettiti da un 'aio, il cavallo passai... ». Essi sono il tesoro dei poveri, dei dolci consolatori. S'armonizzano con il Giappone, un po' triste, non attiran rocchio, non lo affaticano. Parlano con chiarezza, senza inflessioni sentimentali, senza fioriture. Chiaccheroni, certo, ma qualche volta spaventosamente silenziosi. Ostinati come un ignorante, come un vecchio abbarbicato alla sua terra, non sono uccelli che aspirino, nel mondo, ad una vita migliore. Ah! Che saggezza !... ». Da un'apertura della camera si vede la lunga curva del golfo di Odavara e le mille casette grigiastre sfuggite alla distruzione dell'ultimo terremoto; dalla finestra di faccia le masso vaporose dei cespugli di bambù. Si passeggia su o giù. Kitahara parla della sua arte : f Per esser poeta bisogna farsi un cuore semplice, un cuore infantile. Non vi si riesce subito. La poesia, è una riflessione purificatrice. Amo il popolo perchè è poeta senza saperlo, ed i fnnciulli pure ». E afferra un rotolo di carte su di un mobile : « Ecco delle composizioni poetiche — soggiunge — di scolaretti e di scolarette ohe ■hanno meno di dieci anni. Sono i loro maestri ohe me le mandano per sentire il mio parere: c Denti, piccoli splendori bianchi, saggiamente chiusi. Parolai La lingua compare e guasta tutto!... ». Kitahara continua la sua lettura; poi dice: c Tutto va benissimo ! Sino a dieci anni i fanciulli sono buoni poeti ; in seguito l'educazione li guasta, essi non valgono più niente, il gusto è alterato, soprattutto nelle bambine. Verso i quindici anni diventano sentimentali. Io non amo la poesia tenera. L'arte è la notazione diretta di un'impressione della natura sentita realmente. Non vi sono che i ragazzi che sappiano con due segni impreveduti disegnare un oggetto, fissare un movimento ». La faccia di Kitahara non ismeotiace l'elogio che il poeta fa del piacere, goduto d'istinto. Grosso, carnoso, il gesto corto, il viso rotondo, parlante, le labbra mobili, un'espressione di franca sensualità, ombreggiata da una dolcezza che cade dalle lunghe ciglia. Nella sua « casa del gufo » giudica i suoi confratelli poeti giapponesi con un'indifferenza lontana: « Sono numerosi — dice — e tutti rivali, animati talvolta gli uni contro gli altri da una inimicizia ohe non mi spiego. Un'infinità di cenacoli, ohe si riuniscono in' due grandi gruppi: c l'Assemblea dei poeti giapponesi set La Società dei nuovi Poeti ». Ambedue lodano la poesia occidentale. I primi copiano molto D'Annunzio, anche. Io ritengo le ballate la più bella poesia del mondo... E mi fa leggere questa ohe giudica la migliore comparsa in Giappone in questi ultimi tempi. E' intitolata c La fanciulla della piana deserta » e dice : c Ecco la mia fanciulla — Che ho dotato del rosso del Sole — E del nero della terra — E' nella deserta piana — Nella campagna fangosa — Che dev'essere amata — E non nel salotto — E neppure nella camera da letto delle piccole gneiss — Mia cara fanciulla — Tu sei una Cenerentola — E prevedo il tuo destino — Sarai maltrattata dalle tue sorelle — E' la sorte dovuta alla tua robustezza — E ai tuoi modi selvaggi ». SIRIO

Persone citate: D'annunzio, Denti, Quan