I Lombardi al Regio dyopo 53 anni

I Lombardi al Regio dyopo 53 anni I Lombardi al Regio dyopo 53 anni Come nacque l'opera e come risuonò il suo canto più commovente: " O Signore, dal tetto natio „ I lombardi alla prima crociata, l'onera di Verdi con la quale saira inauguirata, la sera di Santo Stefano, la stagione Mirica al nostro Itegio, nacque dalla fervida coMaborazione del compositore con uno dea più simpatici " scapigliati », quel Temistocle Solerà, che al Verdi dette puire i libretti dell'O&erfo, del Xabvcco, della Giovanna d'Arco e éeWAttila, e che fu non solo poeta e drammaturgo e romanziere ma an'rfie musicista. // librettista chiosa a chiave Nato a Ferrara nel 1815, figliuolo di queli'Antomio che fu condannato ai carcere duro dello Spielberg insieme coi Pellico ed altri patri otti del "21, Temistocle Solerà fu, per volere di Francesco 1, accolto nel Collegio imperiale di Vienna. Appena potè, il giovinetto cui pesava la cortesia dell'Asburgo, evase dal collegio, mutò abiti e si associò con il direttore d'un circo equestre, mostrandosi vaiente cavjtlilerizzo e autore di pantomime. Acciuffato d'alia polizia austriaca in un paesello al confine dell'Ungheria, fu mamdato a MiLlamo nel Collegio Longone. Poesia e musica furono da lui appassionatamente studiate. I miei primi canti ed altre poesie ebbero le lodi dai maggiori contemporanei. h'Oberto tu il suo primo tentativo teatrale e il suo primo libretto pel Verdi. Le allusioni politiche che il Solerà insinuava ad arte nei libretti stessi e certo calore dell'I mmaginazjiione riescivano certo assai cari al compositore. Il Solerà non trascurava intanto per la poesia la musica, e composte alcune opere me fu molto lodato per la duplice attività. Tornava poi volentieri a scrivere pel Verdi e ad accettare versi e pensieri verdiani. Cosi accadde anche per I Lombardi. Subito dopo il trionfo del Nabucco i due amici si accinsero con ardore alla nuova opera. Anche per questa il maestro ogmd tanto aveva un'idea nuova ; quindi occorreva rimaneggiare il testo poetico. Un giorno — come ha narrato il Mantovani — Solerà va da Verdi e lo trova scontento e a.gitato; non gli piaceva pai il duetto tra soprano e tenore; — Bisogna rifarlo..., rifarlo di piantai... — I5er.c; veti remo.... , — Già: vedremo... Ma lo ne ho bisogno subito. — F, io subito non me la sento. — Ti dò due ore di tempo. Di buona o di mala voglia dj librettista finalmente si piega ad accontentare l'amico, il quale prendendolo subito in parola lo mette allo scrittoio ed esce dalla stanza, non ommettendo la precauzione di dar un giro di chiave alla porta. Il vate, oramai rassegnato alla breve prigionia, rornitneia a pensare, a scrivere; poi dopo qualche tempo, annoiandosi, si mette a girare per la stanza, a frugare qua e là per distrarsi. In quella piccola ricognizione scopre delle bottiglie sopra l'armadio, e rallegrandosi della preziosa scoperta subito ne stappa una. Era un buon viino generoso e non si fece scrupolo di apprezzarlo ripetutamente);' poiché giti accendeva 1 estro, gli dava lena al lavoro. Ogni verso che gli cadeva dalla penna veniva salutato da una nuova libazione. Rientrando, Verdi ebbe un sorriso di compiacimento: gli era parso di veder brillare in fronte all'amico un vivido raggio d'ispirazione. Ma quando tentò di leggere quei fogli, che dopo i primi versi erano tutti imbrattati di scarabocchi e di cancellature, e vide ai piedi dello scrittoio delle 'bottìglie vuote, comprese che razza d ispirazione fosse quella che gli era sembralo di scorgere negli occhi dello sciagurato poetai Pure, tra quei versi balzati dal cervello anaffiato del Solerà, ve n'erano due che fermarono l'attenzione del compositore: Sarà talamo l'arena Del deserto interminato Li rilesse ad alta voce, rivolgendosi al librettista : — Avanti I Completa... L'altro guardava 6tupito, Inerte. Allora Verdi scattando, con l'indice teso, dettò gli altri versi della frase di Oronte: Sarà l'urlo della Jena La canzone dell'amor. L'Idea, arditamente spinta, scosse il torpido poeta fino all'entusiasmo. Abbracciò l'amico, trascrisse 1 verei, che volle poi, anche a mente serena, mantenere nel libretto. La censura dell'arcivescovo Con i Lombardi la censura austriaca e poi quella dei tirannelli italiani, diede principio a un paziente lavoro d'indagini al fine di purgare 1 libretti delle opere di Verdi, di ridurli ad usurn Delphini, ed evitare le dimostrazioni, che poi ì pubblici trovavano sempre modo di fare. Folchelto ha cosi narrato come andarono le cose, questa volta. L'arcivescovo di Milano — a cui più tardi i milanesi -pure fecero dimostrazioni simpatiche perchè era più liberale del suoi padroni — il cardinale Gaisruk, ebbe notizia della nuova opera che si stava allestendo alla Scala. Scrisse a tale proposito ima lettera fulminante al direttore di polizia Torresani, nella quale diceva che sapeva esservi nei Lombardi processioni, chiese, la valle di Josafat, una conversione e un battesimo, tutte cose che, secondo lui, non dovevamo essere messe sulla scena senza sacrilegio. Egli finiva intimando al Torresani di vietare all'impresario Merelli la rappresentazione, e lo minacciava di scrivere direttamente all'imperatore d'Austria della licenza e del nessun rispetto per la rehgione che dominavano negli IL RR. Teatri. Il giorno dopo, l'impresario e i due autori ricevettero una comunicazione della I. R. Polizia nella quale era detto che i Lombardi non potevano essere rappresentati, senza gravi modificazioni. Intanto autori è impresario erano chiamati alla dilezione, per definire la faccenda. Verdi respinse alteramente l'invito. — Andateci voialtri — disse a Merelli e a Solerà. — Quanto a me, le prove sono avanzate, l'opera va bene, non cambio nè una nota, nè una parola Si darà cosi, o non si darà affatto. Merelli e Solerà andarono alia polizia e 11 Torresani, a scusa del sno ukase, mostrò la lettera dell'arcivescovo. Merelli gli fece osservare che il vestiario era pronto, le scene dipinte, le prove quasi alla fine; che artisti cori e orchestra erano entusiasti della musica dei Lombardi, e che non volendo Verdi sottoporst a tagli di nessuna serta, egli. Torresani, si rendeva responsabile della soppressione forse di un capo d'opera. Solerà difese a sua volta il libretto. Alla fine Torresani si alzò e disse: — Non sarò mai io che taglierà le ali a questo giovane che promettp tanto per l'arte musicale. Andate avanti. Prendo io la responsabilità. Volle soltanto che le parole Ave Maria fos- sero cambiate in Saire Marta, puerile concessione agli scrupoli dell'arcivescovo. Cosi l lombardi vennero alla ribalta. Se ne 60no raccontate tante a carico dei direttori di polizia austriaci, in generale, e di Torresani in particolare, che vai la pena di riferire questo atto onesto e illuminato. La <prima» alla Scala La famosa Erminia Frezzotini era Giselda. Verdi aveva per lei tanta stima che non trascinava mai, nel riparlare di lei» di portare la mano al cappello. Dal canto suo la Frezzolini era devota ed entusiasta del giovane compositore. G. A. Barrili ricordava un episodio della prima rappresentazione alla Scala. La prova generale andò fredda, e ben potevano dubitare dell'esito quanti ricordavano la prova, generale de! Nabucco. La sera della rappresentazione, prima che st cominciasse lo spettacolo, il Verdi era entrato nel camerino della Frezzolini, non senza amari dubbi nell'anima. — Come stateT — chiedeva egli alla cantante. — Benissimo; — rispose ella brevemente. — Allora, coràggio I —- rispose 11 maestro. — Ne dubitate? — replicò la cantante. — Morirò in scena, stasera, se sarà neceseario; ma / lombardi andranno alle stelle. K ci andarono. L'aspettazione era immensa. Già dalle tre ore del pomeriggio la folla si pigiava all'ingresso del teatro, quasi tutti portando con sè le provvigioni di bocca, per il pranzo o per la cena, secondo che dovessero pranzare o cenare. Cosi avvenne che il sipario si alzasse quella sera in mezzo ad un molestissimo odore di salcicciotti. L'Aiace del Foscolo, morto irremissibilmente nel 1811 al teatro Re per il solo accenno di un araldo al « re dei salamini » avrebbe potuto far lieta vendetta dei milanesi, venendo quella 6era su! proscenio della Scala a passare in rassegna i graveolenti suoi sudditi. Lasciando ora questi particolari, che non hanno attinenza sostanziale coll'argomento. dirò che il sue cesso dei Lombardi fu ottimo, superiore per commozione a quello del Nabucco. E piacque sopra modo, fu ritenuto a mente, cantato a breve andare per tutta la penisola, il coro del Crociati: « O Signore, dal tetto natio ». a. a. o Chi canterà « I Lombardi » domenica sera al kegio Com'è noto, la « stagione » del Regio ei inizierà domenica Sii dicembre, cioè la sera di Santo Stefano. I lavori della preparazione fervono già da molti giorni; le prove pi svolgono sotto la direzione del m.o Gino Marinimi, cui è affidata la concertazione delle sette opere in programma. Per l'apertura fu prescelta un'opera del Verdi: / Lombardi alla prima Crociata, che da molti anni non fu più rappresentata a Torino: l'ultima volta ch'essa comparve sulle sceno del Regio fu nel 1873. L'opera sarà quindi udita con molta curiosità. Ne saranno interpreti principali: Maria Carena, il tenore Nicola Fusati e il basso Guglielmo Zitek, del Teatro Nazionale di Praga, I cori sono stati istruiti dal m.o Andrea Morosini, e la messa in scena, è affidata alle cure di Giovacchino Forzano. Gli scenari sono opera dei pittori del Regio, Leandro Cavalieri e Renato Testi. Giovedì 23 corrente sarà iniziata la vendita dei biglietti alla segreteria del Teatro. AI Teatro di Torino: I balletti Diaghilev», venerdì sera. La prima 'rappresentazione dei balli russi di Sergio Diaghilew, al Teatro di Torino, è fissata per venerdì sera 24 corrente. L'attesa per questi balletti della Compagnia che il Diaghilew ba creato con una genialità ormai celebre in tutto il mondo, è vivissima. Essa viene direttamente da Londra e reca col suo repertorio tradizionale, la novità dei balletti di Vittorio Rieti, di Durie e di Poulene. Nell'aristocratico Teatro di Torino, il miglior pubblico nostro vedrà, in questo eccezionale corso di rappresentazioni, i più famosi balletti: Petrouchka di Strawinsky, L'apre* midi d'un faune,- di Debussy. La Boutique fanlasque di Rossini-Resipighi, Carnaval di Schumann, Le Tricu:ne di De Falla, llayabau, Les Matelots, Les biches e altre ideazioni ancora. La troupe di Da'aghilew conta più che sessanta danzatori e danzatrici, fra cui 11 Massine, la Tchernieheva, la Petrova, la Sokolova, ia Danilova, il Woizikovsky. Vldzikowsky e Serge Lifar. Come è noto il balletto di Diaghilew unisce all'interesse coreografico un interesse pittorico e musicale che deriva dalla messa in scena di pittori come Bakst, Derain, Picasso e dal ritmi sui quali il balletto è costruito. La vendita dei posti s'inizia domattina, mercoledì, alla biglietteria del « Torino». Al Vittorio: Calò e Giulietta De Rito. Con il Sansone di Enrico BernStein si presenterà la sera del 23 corrente al teatro Vittorio Emanuele per un non lungo corso di recite la Compagnia drammatica che fa capo a Romano Calò e Giulietta De Riso, e che ha per direttore Virgilio Talli. E' una compagnia di giovani, ma di giovani che già hanno un passato artistico e che il nostro pubblico ha applaudito nella scorsa quaresima al Carignano. Calò e la De Riso, tenendo conto del vasto ambiente, si propongono di dare dei grandi spettacoli. Sentiremo qualche novità e qualche interessante ripresa. Al Carignano. Questa sera la Compagnia Almirante dà l'ultima replica dellMmorosa tragedia di Sem Benelli; domani riprende Ingebora. una, fra le più singolari interpretazioni della Compagnia.

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