Il vecchio giardiniere di Vittorio Emanuele II

Il vecchio giardiniere di Vittorio Emanuele II Il vecchio giardiniere di Vittorio Emanuele II 'A novantadue anni Giacomo Ferrerò, il più Vecchio giardiniere di Casa Reale, solamente dall'età costretto ad un ozio forzato, dopo aver trascorsa la vita all'aria libera.fra i fiori e le piante, passa ora i suoi giorni :n una modesta stanza della casa N. 78 di corso Casale. Un'infermità dovuta alla vecchiaia, gli ha tolto quasi completamente la vista. > Recentemente uno specialista lo ha operato di cateratta all'occhio destro ed egli ora riesce, se non a distinguere i particolari, a vedere almeno l'Insieme delle cose. — Non arrivo mei a capire se parlo con un uomo o con una donna — esclama allegramente 11 buon vecc-liio. Il piccolo regno fiorito Per riempire il vuoto delle 6ue lunghe giornate l'ex-glardinierc fuma. Ha una corta pipa che non l'abbandona mai e che cu tratto in tratto riempie col tabacco che tiene in un vaso da fiori: una scatola di nuovo genere ma in armonia con la sua professione. Il Ferrerò e un fumatore impenitente, imanco la notte, quando si sveglia, accende la pipa e riempie la stanza di una nuvolaglia irrespirabile. — Un bicchiere di buon barbera, una tazza di caffè ed un po' di tabacco sono le uniche soddisfazioni che mi restano — dice 1 exgiardiniere — il quale come per giustifica re queste sue debolezze aggiunge: — Ormai esco tanto di rado, una volta la settimana per andare dal barbiere, e le «ne giornate le passo qui In compagnia dei miei pensieri. Questo dì ricordare la propria giovinezza è cosa naturalo in tutti i vecchi i quali, non prendendo più parte alla vita attiva, si rifugiano volontieri nel passato. In quel passato che parla al loro spirito di cose ormai tramontate ma che viste così di lontano appaiono bellissime, insuperabili. E quanti episodi, nella sua lunga vita rammenta il vec: chio Ferrerò. Quando trova qualcuno a cui parlare de! suo soggiorno al Castello di Moncalieri o al Giardino Reale di Tonno, non la finisce più. I suoi racconti hanno sempre un uguale inizio: . — Avevo quindici anni quando fui assunto 'dalla Casa Reale come aiuto giardiniere. — (Per il povero vecchio questa data 6 veramente memorabile, poiché decise della sua vita). Ero cresciuto in campagna; i primi miei giuochi erano state le piante; avevo imparato od amarle e conoscerle come se fossero degli amici. I miei compagni sognavano, per quando sarebbero stati adulti, di fare il soldato o qualche altro mestiere, io non avevo che un'ambizione: diventare giardiniere. Entrando al Giardino Reale di Moncalieri, credei di toccare il cielo con un dito. Mi pareva di essere il padrone di tutti quei begli alberi delle aiuole, delle serre. Non vi è un altro parco più bello. Quarantacinque giornate di terreno, parte a bosco, a frutteto, a fiori e Piante ornamentali. In suo confronto anche il Giardino reale di Torino è ben poca cosa. 1 giardinieri erano otto od il lavoro non mancava mai: potare, concimare, aggiustare piante e siepi seminare liori, curare le piante dei vasi, fa serra, sarchiare i viali del giardino... Trovai nel capo giardinie.re. un certo Scavarda. che mori alcuni anni dopo, un maestro che mi iniziò in tutti i segreti della botanica. Che giornate serene e piacevoli si passava ir. quel luogo! Presto divenni esperto in ogni lavoro. Avevo imparato a conoscere quel parco come lo mie tasche: avrei potuto girarvi ad occhi chiusi. Non vi era albero di cui non conoscessi i pregi, ì diletti, l'età. Tenevo nella mia testa lo « stato civile » di quella popolazione vegetale. Ma maggiormente amavo gli alberi più giovani, cuelli the avevo visto plantare od avevo piantati io stesso. A primavera mi fermavo ad osservare le gemme con una passione che non può capire se non chi si è occupato di'giardinaegio. « Ho una faccia da far panra? » _ Chi abitava in quel tempo il castello 7— Vi veniva la Famiglia Reale in villeggiatura. La prima volta che vidi Re Vittorio Emanuele II, neppure lo riconobbi. Era vestito da cacciatore, camminava tutto so.o per i viali, fumando come una ciminiera. Fu un mio compagno a dirmi: «Quello e il Re d'Italia ». lo che l'avevo creduto un buon borghese, impiegato della Casa Reale, mi fissai bene in mente la sua flsonomia. cosa ohe per altro non era difficile tanto tuia Maestà aveva una figura caratteristica, e da quel giorno, per rispetto, tutto le volte che10 vedevo arrivare scappavo a nascondermiUn giorno mi acchiappò mentre stavo appianandomi dietro una siepe: — «Ho forse una faccia da far paura, che scappato come Tina lepre"» — mi di6se Sua Maestà. A quella domanda rivoltami ognuno può pensare coms rimasi impacciato. Per quantsforzi facessi per rispondere non trovai una parola. 1 miei compagni per questo mio ridicolo contegno mi presero a gabbo per un bel pezzo Finalmente, vedendo l'affabilità con la quale il SovTa.no si intratteneva con tutti, perdetti anch'io la naturale timidità e quando, ir. seguito, lo vedevo giungere, non scappavo più. Re Vittorio si fermava, mchiedeva informazioni su di una certa o cert'altra pianta che l'anno precedente aveva sofferto per il gelo, mi parlava dei Mori e bene spesso si interessava pure a chiedernotizie del personale addetto al giardino. ■ Ma la sua maggior passione — continua11 vecchio giardiniere — era la caccia. Essa srivelava esteriormente con l'abito da cacciatore che indossava sempre a preferenza deglaltri ed anche dal 6uo conversare. Apriena giunto a Moncalieri domandava subito squell'anno vi fosse abbondanza di selvaggina. Anch'io in pochi anni ero diventato un discreto seguace di Sant'Uberto; ini servivo del fucile con buoni risultati, ma mi ero più che altro specializzato ne! tendere le reti nell'allevare uccelli da richiamo. Ero l'unicfra i miei col leghi che amasss alternare lfunzioni di giardiniere con quelle di cacciatore c questo mi valse la considerazione decav. Debili, il direttore di caccia del Re. Con lui per nove anni di seguito mi recai, nellstagione di caccia, nelle riserve reali. « Che colpo d'occhio aveva quell'uomo — esclama 11 vecchio giardiniere con compiacente ammirazione alludendo al gran cacciatore del Re — non falliva un colpo ed erugualmente abile sia con la selvaggina dpiuma che con quella di pelo. Aveva cencani poi che erano una meraviglia per purezza, bellezza e abilità. — E 11 Re non l'avete mai seguito allcaccia? . ,. — Una volta sola. Ebbi l'ordine di prenderle mie reti e di portarmi insieme al personale di caccia in regione » La Lanca ». Pocdopo arrivava Re Vittorio con alcuni personaggi del suo seguito. VI era anche la contessa di Miraflori che io non avevo mai veduto prima di quel giorno. Ma fu una caccidisgraziata, non venne sparato un sol colpdi fucile. Re e sudditi, contessa compresaaltro non presero se non un'acquazzone teribile, da inzupparli fino alle ossa. EravamIn aperta campagna quando scoppiò qutemporale di una violenza eccezionale, .tè vera possibilità di ricoverarsi in alcun luogL'unico che acchiappò qualcosa fui io e fun... terribile raffreddore il quale non volevpiù lasciarmi. • A Quell'epoca — riprende dopo un istanfi buon vecchio rovistando nelle sue memori_ ero stato promosso 60tto-capo giardinier C'unta promozione, oltreché ai progressi fatti nell'arte del giardinaggio ottenuti mercè la passioni! colla quale vi attendevo si pud dire giorno e notte, la dovelti allo speciale interessamento che mi dimostrarono l'allora Principe Umberto ed il Principe Amedeo, Quel gronde giardino era tiri"osservatorio me raviglioso per chi avesse voluto e saputo sin dinre la Famiglia Reale nella sua intimità e e A i a n à n e n i o e e a i i a e gn o ù e o e al n a — aaa di ni ua e oo onea o a, ro el vi o. fu va te rie e. Ci venivano tutti. Di tonto in tanto 6i face vano leste ed aJlora il Parco si illuminava la sera di infinità di palloncini alla veneziana, iligdcCle orchestrine suonavano semiuasooste fra i sbosebetti di verzura. lo non ero molto cntu 6iasta di tali divertimenti poiché a volte, il mattino successivo, trovavo i bordi delle aiiole calpestate, delle piantine di bori spiccicate. Non tutti gli invitati avevano la stessa delicatezza, uè lo stesso amore por i liori. Chi più raramente di tutti veniva in giardino era la Principessa Cloutde. Non che essa non amasse i liori, tut.t'altro. Quell'anima cosi pia die faceva tanto bene ai poveri, li adorava. Se ne faceva portare tutti i giorni dei gran mazzi coi quali adornava la cappella nella quale si può dire passava le sue giornate. < La Principessa Margherita, la futura prima Regina d'Italia, invece, quando veniva a Moncalieri 6i dimostrava entusiasta di quel nostro magnifico giardino. Vi coglieva essa stessa, con le sue mani dei grandi fasci di rose ed era tanto fresca e bella da sembrare essa stessa un flore. Il giardinetto delia Principessa Laetiiia Gli occhi del vecchio, semi velati dalla cateratta, si inumidiscono di lacrime a questi ricordi che sono intimamente legati alla di lui giovinezza. Dopo una breve pausa egli però riprende con nuova lena il suo racconto. — Por la Principessa Laetitia poi il giardino era un vero paradiso terrestre. La ricordo ancor bambina quando veniva a pregarmi di aiutarla a costruire una piccola aiuola, tutta per se. Era una bimba di pochi anni graziosissima. affabilissima, ed io che altro non ero se non un povero giardiniere senza coltura, non potevo comprendere che con ima bambina esistessero disianze sociali. La sua passione per i fiori me la rendevano tanto cara che io la consideravo come.. una mia figliuola, guanti un poi e non mi peritavo di baciarla sulle guancie (piando veniva a dirmi, con quella sua graziella tutta particolare, di andare ad innHlare il suo minuscolo giardino. Se mi trovavo a lavorare nei pressi del caslello guardavo sempre verso la galleria per vedere se la vedevo spumare. L'anima di quel magnifico giardino era lei che lo riempiva coi suoi piccoli gridi, con le sue esclamazioni di sorpresa e di j?ioia. Allorché una dama veniva a prenderla, essa la seguiva con evidente malavoglia e si voltava sempre verso di me come por dirmi: « Vedi, non si può mai essere felici, neppure nascendo Principessa ». — Siete rimasto lungo tempo a Moncalieri ? — Come posso ricordarlo con precisione? Circa trentacinque airirii. Lo lasciai per venire sotto-capo al Giardino Reale di Torino. Mi ero sposato da qualche tempo e mia moglie si dimostrava entusiasta di trasferirsi nella capitale del Piemonte. Io no perchè già lo sapevo che un giardino cosi bello come quello di Moncalieri non l'avrei mai più ritrovato in tutta la mia vita. Poi là io vivevo con nulla. La paga era piccola, basta pensare che avevo cominciato con una lira al giorno, ma gli ortaggi non mi costavano nulla, nella buona stagione non mancava la cacciagione, potevo pescare a volontà nel laghetto dove vi era abbondanza di pesci. La frutta «ra a mia disposizione, senza contare che si potevano avere cedri e limoni poiché vi era un'arancera di una vastità spettacolosa. Vi par poco tutto questo? A Torino nulla di nulla. Il giardino contava piante esotiche che non esistevano a Moncalieri, ma nessuna pianta da frutta. In compenso però vi erano in maggior numero le aiuole di fiori. La mia passione per il giardinaggio ebbe in breve il sopravvento. Se non dimenticai l'antica residenza, tut- zcRrisrpdrvCafCsqdt, I I ìon la rimmansi tronno amuramen-' te. M i d e d i cu i con a in o re le SfS mansioni. Ero sempie sotto-capo, e sebbene il giardino fosse assai meno vasto, i Riardi- nieri addetti alla sua manutenzione anziché! otto, erano quattordini. Lavoro però ve ne ; era per lutti : ad ogni stagione bisognava ; preparare le aiuole con fiori diversi e poi si; voleva qui ancor maggior cura ted ordine, Sono rimasto ventidue anni, al giardino Reale di Torino e cioè fino a che vent'anni addietro, avendo ormai sorpassato da tempo i limiti d'età, fui messo in pensione. Sic transit... — Era giusto che dopo tanto tempo vi prendeste un meritato riposo — Quell'anno è stato il più brutto della mia vita. AI dolore che provavo lasciando la mia carica di giardiniere Reale, si aggiunse quello, non meno acerbo, di vedermorire la mia povera moglie. Avevo è vero una quantità di nipoti a Moncalieri nati da cinquè fratelli e tre sorelte. tutti morti al- cun tempo prima, ma io, si può dire, li co- noscevo pochissimo. Anziché tornare al mio paese natale e portare il peso della miavecchia carcassa a quei nipoti, decisi di re-PKire a Torino. Avevo conosciuto. perchè mia compagna di lavoro, una giardiniera, Kl isabella Giletti, che aveva una bimba alla quale mi ero molto affezionato. Io ero ve- devo, lei pure, accettai di andare ad abitare con lei. Dal mio matrimonio non avevo avu-ti figli e consideravo quella piccola come mia. Ma era un periodo quello nel quale la sventura mi aveva preso di mira: anche la bambina mori. La vita cominciata per me cosi brillantemente seguiva una linea decre seente. Avevo lasciato il mio bello e grande giardino di Moncalieri per quello più piccolo di Torino ; andando in pensione affittai un orto alla Madonna del Pilone e con la mia perizia lo mutai in un vero gioiello. Erapiccino me gli alberi da frutta avevano tut- ti una scelto rappresentanza nel mio orto In seguito ammalai, non lidi più nulla e abbandonai anche quel mio giardino. Ora i miei domini stanno tutti sul terrazzo. E il vecchio indica colla mano alcune latte da conserva ripiene di temi, dalle quali sbocciano piante di gerani e di garofani. D'improvviso il vecchio Ferrerò ci rivolge un'imbarazzante domanda: — Mi sanno dire quale idea balorda è stata quella di aprire un sottopassaggio nel Giardino Reale? Forsechè non era abbastanza piccino così ? L'hanno completamente rovinato. Nel posto dove il Duca d'Aosta aveva fatto costruire una magnifica pista per i cavalli farne un luogo di ritrovo per le balie ed i soldati... E' stato un vero delitto. — Ma ne ha avvantaggiato il pubblico. I torinesi, hanno avuto in tal modo un giardino di più. un'oasi in mezzo a tutte le case del centro. E poi il passaggio... — Che oasi d'Egitto, quella esisteva anche prima sebbene fosse chiusa al pubblico che certamente non ne ha nessuna cura. Con questi criteri voi rovinerete tutto... Il vecchio Ferrerò che finalmente ha trovata l'occasione di sfogare il suo risentimento, accende la 6ua corta pipa e si avvolge in una nuvola di fumo. L'intervista è finita. UGO PAVIA.

Persone citate: Debili, Giletti, Lanca, Principe Amedeo, Principe Umberto, Principessa Laetitia, Principessa Margherita, Scavarda, Vittorio Emanuele Ii