In attesa della Nona Sinfonia al Regio

In attesa della Nona Sinfonia al Regio In attesa della Nona Sinfonia al Regio a a a l é o e » l à i i o i , , è , ì i , a i è . e. e eoi ne, e o ro e lvi i, o, a, nier ma lo ti, ge il la La le ueIo Il di ine» Del sta lo rono VitanL'Ode alla gioia da Schiller a Beethoven Domani sera, domenica, Toscanini dirigerà al Regio la « Nona », quella che meno « divulgata in Italia, u cagione della mancanza di società corali numerose e addestrate. Ricordiamone perciò qualche dato e qualche animilo importante. E' noto che Beethoven, componendo la IX, la destinava all'Inghilterra, ove pertanto non gli riuscì mai di recarsi. Dapprima non s'era proposto di concluderla con una parte corale, esitò.poi a lungo fra il finale cortile e quello strumentale. D'altro canto la melodia adattata al coro dì Schiller già si trova negli schizzi beethoveniu.ni del 1812-13, è anteriore, cioè, di circa dodici anni alla composizione dei primi tre tempi; negli schizzi del primo « allegro » e del «molto vivace n non v'è poi traccia idi riferimento al tema dell'ode alla gioia. Notteboiim, l'acuto interprete dei taccuini beethoveniani, constata pure che prima del luglio '23 non v'ò accenno di un'introduzione o d'una transizione strumentale che- prepari l'entrata del coro. Alla fine del '23, Beethoven, lavorando attorno all'ode di Schiller pensò di far precedete la melodia principale del coro da una specie di preludio iti forma di reoitaitiivo, nel quale avrebbe richiamato temi d'a/ltri movimenti della sinfonia. Consultante gli schizzi, il Nottebohm notò che 60tto un tema, di cui il disegno ricorda quel ritornello dei flati che apre il finale, Beethoven aveva scritto: « Lasciamo questo caos, che ricorda la nostra angosciosa situazione » ; accanto al tema del Lo tempo:.» Oggi è un giorno solenne; sia festeggiato con canti e... » ; accanto al motivo dello scherzo: «Oh, no, non chiedo ciò, ma qualcosa di più piacevole » ; accanto al tema dell'adagio : « e neanche ciò, benché sia più gaio »; e poi: « e neanche questo, è troppo strumentale; ora lo canto io 6tesso » ; e qui un abbozzo strumentale del tema della gioia; ed il recitativo concludeva: « Ecco quel ch'io volevo », ed intonava: Freude, Sclióner Gotterfunken... ». Per trenta anni Beethoven recò nel suo spirito l'ode schilleriana, ne fu domina/to, la rivisse, «O Provvidenza! fa che un puro giorno di gioia sorga per me, ancora una volta sola; da quanto tempo più non odo la intima eco della vera gioia! Quando, oh ! quando, Divinità, potrò di nuovo udirla, nel tempio della Natura e degli uomini? Mai? No, sarebbe troppo atroce ». .Cosi egli, che mai si contaminò di retorica, aveva scritto nella mesta e notissima lettera di Heilingestadt. Egli aspirava a sciogliersi da ogni vincolo terreno, sublimandosi nell'arte che era per lui superamento delle contingenze e delle avversità, e. come tale, era gioia, la divina scintilla che tutti affratella. Schiller gli offriva una magnifica visione concretata in arte del linguaggio. Beethoven vi ritrovò se stesso. Era già nel suo spirito quella visione. Quel mondo spirituale era suo. Egli aveva già provato quel tumulto di passioni di cui altre 6ue opere erano state l'eco parziale. Si trattava ora di realizzare tutto il suo mondo interiore, di interpretarlo tleltnitivamente. Ogni più dura necessità, ogni più triste miseria lo incalzava, lo attanagliava; lo spirito resisteva mirabilmente e superava la tristizia del mondo. Egli rappresentava fuori di sé la propria imagine, l'imagine dei propri dolori, l'imagine dell'umanità. Tutto il mondo sentimentale detll'ode si era transfuso nel suo spirito; egli lo serbò profondamente ; ne abbozzò dapprima un'espressione musicale, e non ne fu contento ; ne tentò più tardi un'altra, e neanche questa gli parve adeguata. Pensava, raffinava, sublimava. Finalmente, quando il travaglio fu compiuto, liberò le nuove strofe, in duplice contemporanea espressione; aveva raggiunto nel sito spirito i limiti della visione. Intanto, nel lavoro della creazione aveva espunto alcune parti della lirica, serbandone soltanto il nucleo poetico essenziale. Con quella eliminazione e con questa scelta fissava l'ambito della 6ua opera. Egli scelge abilnieute, nella non breve ode, le sole imagini, autentica vita di poesia musicale, e tralasciò quei pensieri non esprimibili musicalmente, che nella lirica 6CtùEeriana non erano pervenuti a sublimarsi in imagini poetiche. Si identificò col poeta nella forma e nello spirito della composizione ; non solo musicò coralmente ciò che il poeta aveva verbalmente coralizzato, ma segui la fantasia del poeta in quel suo ingenuo, mirabile, incessante umanizzarsi e divinizzarsi, ora levando lo sguardo, come uomo, a Dio, ora parlando agli uomini un linguaggio divino, ora sentendosi mortale fra i mortali, ora trasumanandosi in virtù della divina poesia, ora soffrendo i mali terreni, ora presentendo i beni celesti. Fece suoi il sentimento della natura generosa che consola, quello dell'umanità che soffre per difetto di spiritualità c di gioia pura, quello della divinità ovunque presente, nella natura e nell'umanità. E questi sentimenti rivelò con l'ingenuità del poeta-fanciullo, che ora parla per bocca dell'uomo ed ora per bocca di Dio, e che talvolta canta semplicemente il suo 60gno. • Gioia, bella 6cintiUa divina, figlia del l'Elisio, noi entriamo, ebbri di fuoco, o celeste, nel tuo santuario. Il tuo fascino riunisce ciò che le abitudini han separato. Tutti gli uomini diventano fratelli, ove la tua lieve feilsscvPtbsqb3qlapsdsltesfdfvmmmeabsidcSdadqgtigacssbvpltssmlntmlfScdcscssDsdSia posa (Strofe I). Siate affratellate, uman». Jgenti; fratelli, sopra la volta stellata, certo abita un amato padre. Colui il quale è_ riuscito ad essere amico d'un amico, chi ha conquistato una deliziosa donna, confonda la sua gioia con la nostra; e anche chi può chiamare sua, sìa pure una sola anima sulla terra! Ma chi non ha mai potuto far questo, 6e ne vada pure, piangendo, da questa lega! (Str. 11). Tutti gli esseri, buoni e cattivi, bevono gioia al 6eno della natura e ne seguono la rosea traccia; ne ottengono ugualmente tutti baci e vino, e un amico provato nella morte. Al verme fu concesso il piacere, mentre il Cherubino sta davanti a Dio -(Str. 111). Vi inginocchiate, o folle? li tu, o mondo, senti il Creatore? Cercalo sopra la volta ce]P6tc; sopra le stelle egli deve abitare (Coro della str. IV). Lieli, come i suoi soli volano per i meravigliosi spazi! del cii 10. seguite, o' fratelli, la vostra via, lietamente, come un eroe verso la vittoria » (Coro della Str V). l'ale la scelta delle strofe, delie imagini, ilei concetti nella lunga ode schilleriana; scelta che è una sintesi della parte più trascendente deUa poesia, ed anche la meno concettosa e la più sentimentale. In ciò si veda non solo Taccona selezione di ciò che Più conviene all'espressióne musicale, il sentimento e non il concetto, ina anche l'elaborazione intima ilolla poesia quasi preesistente nello spirito del musicista. L'ode era spicciata dalla vena di Schiller quando di romanticismo non v'era il nome, bensì l'intenzione. Goethe, conversando, nel 31, con Eckenmann, gli rammentò che, cinquamt'aiuiii prima, su per giù l'epoca dell'ite alla lìioia, egli, Goethe, e Schiller non avevano pensato che dulia distinzione di poesia « ingenua » e poesia ■ sentimentale » sarebbe sorta la distinzione di classicismo e di romanticismo. Ma certo Beethoven ripenso l'ode romanticamente e si cullò in quell'onda lirica, sognò, fantasticò c meditò, inoltre l'ode, già popolare, era intimamente espressiva della vita tedesca. C'è in essa il senso della solidarietà, della coralità. Dalla festosa contemplazione dtMla ricca natura, dall'osservazione dei propri! mali, l'uomo, forte ed agguerrito per le lotte sostenute', leva lo sguardo a Dio, con libero esame del mondo e della sua coscienza; identifica l'umanità e la natura nella divina creazione, ma non conosce, e non vuol conoscere, altri enti divini oltre il suo Dio; pensa a un Dio, al quale lutto riconduce, pur lasciandosi libertà di azione e di critica. Questo modo di sentire è essenzialmente tedesco. Più tardi, il Manzoni invocò la Madre dei Santi quale datrice di gioia ai mortali. Per te sollevi il povero Al eie), ch'ò suo, le ciglia, Volga 1 lamenti In «giubilo». Pensando a cui « somiglia ». Schiller aveva esaltato la divina gioia, dicendo al mondo: « Non presenti il Creatore? Sopra il cielo eteWato certo abita un caro PadTe. Miserie ed angustie sieno accomunate alle ricchezze; chi conosce l'amore e la fedeltà mescoli il suo ambilo con chi ha trovato quaggiù .un'anima gemella. E' bello, somigliare a Dio ». E se il Manzoni ricondusse tutta l'umanità nella chiesa cattolica, forse in un tempio lombardo, per sperare e pregare, Schiller, invece, aveva immaginato di adunare le moltitudini, forse fra le arboree colonne e le volte fronzute d'una patria foresta, iier esaltarle ed accomunarle con la visione della gioia, senza dimenticare che un bicchiere colmo di biondo vino si sorseggia volontieri da buoni tedeschi. A Beethoven piacque certo trovar rispecchiati nella popolare poesia i caratteri essenziali del popolo tedesco, solidarietà, virilità, spiritualità. Ma se ciò egli avesse rappresentato, l'opera non sarebbe risultata universalmente ed eternamente poetica, bensì legata ad una particolare espressione, ad una limitata e temporanea interpretazione del mondo. E però Beethoven superò forme e contingenze, ed immaginò una qualsiasi moltitudine, forte nell'animo, accomunata negli intenti e negli affetti, ammirata della natura. Ascese dallo Sturm und Drang agli inni di Novalis. E poi che ebbe messo se stesso, come un oscuro individuo, nel circolo dell'umanità, pronto a collaborare per l'universale fratellanza, disposto a mirate con ingenuo occhio di fanciullo e di poeta l'eterna maraviglia delle stelle e dei fiori, sciolse i canti dal commosso suo spirito. a. d. e i

Luoghi citati: Inghilterra, Italia