Confratelli calunniati

Confratelli calunniati Confratelli calunniati I Becchini americani minaeoiaao nnove Idimostrtutioni al presidente Coalidge. Lamamfno d'easere miaoonosoiuti, vilipesi, pennino, dai loro conterranei, e domandano giustizia. La loro professione è ritenuta qualcosa di nnistro, che atterrisce e repugna; omasi che il canto della civetta ne annunci la presenza anche al dancing o al bar, quando essi tornano fra i vivi. E sono foggiti come i negri; essi che hanno ani voto «H nobile pallore plenilunare» del necroforo di Poe; essi che hanno l'onore d'aeeompagnarai, ultimi, alle soglie del Mistero I Ma gli Americani hanno paura della morte, e quindi dei beoohini. Strana lobi* di un popolo, che dà alla oronaca quotidiana il maggior numero di suicidi! Dopo tatto, il bocchino è un essere inoffensivo. Egli non si occupa di noi che quando non sdamo più in caso di soffrirne, e se ci mette le mani addosso, è con tanta finezza da non risvegliarci neppure. Non è lo stile dei boxeur», che gli Americani ammirano tanto, ma è uno stile suo. Il suo abito è nero come quello del signore in frach, o del ffìno dicitore », o del cameriere che ed versa l'elisir di lunga vita. Nero, e irreprensibile. _ . II suo aspetto è necessariamente tranquillo. Egli ha tanta confidenza con la morte, che non ne sente più l'orrore, allo e tesso modo che l'alpinista non sente più la vertigine, il pugile gli uppercut», l'allevatore di pulci il solletico. Il cimitero è fiorito come un giardino. Il colombario è sotterraneo come un /Tabarin. E illuminato. E fresco. Sempre ghirlande liete e lampade accese nella sua casa, sorrisa dalla curiosa ilarità dei teschi, e talvolta dai fuochi fatui che nelle notti calde, come sapete, vagano per l'orizzonte degli Ossari. Nè c'è, in quella sua casa, inquilino che si lamenti. Neanche della crisi degli alloggi. Le clessidre tombali misurano, a differenza delle meridiane, oro tutte sereno. Ed egli cresce in tranquilla confidenza col tempo, con la coscienza e con lo spazio. Inoltre egli e un ottimista. I discorsi che ascolta presso le fosse, gli elogi che compita sulle lapidi, lo persuadono che quaggiù som tutti sposi felici, madri fedeli, padri onorati, figli compianti; meritevoli, tutti, d'un --^rto di semprevivi. Se vi è da temere qualche cosa, quaggiù, non è dagli uomini, ma dal c crrcdel morbo», che ha però la virtù di stroncare i peccatori che siamo per farne subito degli angeli. Egli è un nomo esemplare. Negro l'abito, ma l'anima tutta chiara. Il signor Presidente Ooolidge ha da riceverlo, ascoltarlo e contentarlo. •#» là vedo passare, i dimostranti. Sono un esercito, jfn piccolo esercito con carri e cavalli, armi e divise. Riconosco le fanterie. E il Genio, che misura le strade agli ultimi viaggi, i recinti agli ultimi riposi. E il servizio logistico;: e gli uomini dei trasporti; e i zappatori. Ecco là il generale. Porta un cappello napoleonico e sta issato là in serpa, là in cima, con le redini di due o di quattro cavalli per mano. Immobile.' Non c'è dignitario, quaggiù, '--he abbia la sua immobilità, che si mostri, nell'elevazione, così sicuro e integrale. Come alle statue equestri, le redini gli stanno in mano per figura. I camalli andrebbero da Bob, Conoscono la strada. La direzione del cimitero è infallibile. Vanno come se Dio li chiamasse. L'uomo, lassù, è compunto come Brama e immemore come Pausole. Nella sua parrucca bianca non c/è alcuna frivolità goldoniana. Ha l'aria, se magro, d'un giùdice inglese. Ma generalmente è grasso. La sua maestà sta allora nella sua soddisfazione, e guardandolo vien voglia d'inchinarsi. Forse, salutando i morti tanto spesso immeritevoli, forse, involontariamente, non salutiamo che lui. Garbati, composti, scrupolosi, lo seguono i suoi accoliti; e in nessuno di loro è la preoccupazione che distingue, generalmente, l'uomo nell'esercizio delle sue funzioni. I conducenti, in ispecie, appaiono di una totale tranquillità. E infatti, se nn vetturale di vivi non è mai sicuro^ di riportarci vivi, un cocchiere di morti è quasi certo di non deporre al luogo d'arrivo un resuscitato. H servizio è garantito da ogni cattiva sorpresa, per sè e per gli eredi. Ora, a che pensano i becchini? A tutto, certo, meno che al loro uffizio; a tutto, meno che al loro incomodo. # * * Me, una volta, m'hanno ohiamato il terzo becchino dell'Amleto. _ • < Confesso ohe la definizione non mi dispiace. Mi par di ricordare d'avere avuto, ragazzo, una vocazione del genere. Certo io non sognavo allora, come tutti i fanciulli, d'essere soldato o tenore, ladro gentiluomo o poliziotto dilettante. Due sole attività, veramente, mi tentavano: quella del ' becchino e quella del cuoco. Dal primo, tutto nero, al secondo, tutto bian«i mi naxeva fossa compresa l'i co, mi pareva fossa compresa l'intera gam- veramente, a noi, entrambi alquanto taciti e reconditi, com'è il costume dei geni benefici, l'abitudine dei maghi. Poi compresi come il necroforo non sia_ affatto un essere lugubre, benché cammini a testa bassa — gesto di poetica umiltà, non di tetra mortificazione — e come gli stessi affossatori dell'Amleto diano prova di un umore tutt'altro ohe atrabiliare. In verità il loro dialogo è amenissimo, più che non sia1 quello degli ufficiali, dei cortigiani, de- Sli stessi commedianti che figurano nel ramina, della stessa vergine Ofelia, d'età sì fzssca e pure già così turbata. Quel loro scherzo, ad esempio, sulla polvere d'Alessandro Magno che potrebbe tappare un barilo di birra, si potrebbe benissimo ripetere * qualunque tavola universitaria, o in compagnia di qualunque innamorata portata a bere un back. Ora, badate, il becchino è sempre così. Vidi una volta — la cosa accadeva una dozzina d'anni fa _— altri affossatori compiere certi scavi, dietro comando del Museo Archeologico, nel vecchio cimitero del Gentilino. Vidi e ne parisi, ricordo, in un giornale milanese, diretto allora da un uomo che se ne rallegrò molto, benché oggi sia diventato un remo grave. In verità il quadro era lepido. Quegli uomini zappavano cantando. (Uno scavata una buca, ci saltava dentro per vedere come ci stava, e diceva di starobeniskimo: pareva fatta su misura. Poi, sa s'imbattevano in un cranio ridente, ri devano a loro, volta per ricambiargli labuvomnemnomdediecnede—rialsaadconail vo.nezavedi coreridchdavlevgblintrsuaccngciccodbcidcceqbttoegEcsqBcvpigacmtnncgpvamcsmcnrivlcpcl è o e i è o i A a l , o nne al m- ini mn ta di fn tà on e- el tà ro buona essa. Avverto ohe i becchini non bevono nei crani, come fanno qualche volta, maleducatamente, i principi del eangue nelle ballate, e i primi attori nelle commedie espio»ornate tedesche; ma certo non hanno per loro nè il terrore degli uomini volgari, nè quella mostruosa confidenza dei filosofi ch'è una specie di terrore diverso. Essi li considerano con semplicità: ecco tutto. L'osso, come il fiore, appartiene alla terra. Essi scavano la terra. Quelli del Gentilino — considerate il dolce nome — tra due zappate, nell'ora meridiana del riposo, avevano impegnato una partita alla morra; e ognuna delle parti in contesa aveva a lato un teschio capovolto, dove ad ogni punto guadagnato lasciava cadere, come in un salvadanaio, un sassolino sonante. Pareva, ad ogni introduzione, che il teschio td mettesse a ghignare un'altra volta. .% . Il becchino è sempre un savio. Ob, ma nel senso antico: senza pedanteria e sen~ za partito preso, senza pena e senza apavento. Ho conosciuto, nel' camposantino di Moltrasio, un necroforo notissimo, tra i reduci del Lario, come un vero eroe. Dicova d'aver paura d'una sola cosa: d'essere sepolto vivo. Al fronte, coi 305, questo rischio non c'era: ohi andava giù, andava definitivo. Non era come certe malattie, che fanno il tradimento di guarire quando sei già chiuso fra quattro assi I Costui aveva in casa un nugolo di medaglie. Non le portava, però. E non per modestia. Aveva, non so come, il senso dell'eleganza, e gli pareva gridassero sopra l'abito nero. Il beccamorti è sempre un uomo sensibile. Egli finisce per assumere la spiritualità, la diafanità di quelle figure giapponesi che vivono nel clima dei crisantemi, tra gli odori leggeri e le luci fievoli. La sua anima si raccoglie. Il suo sorriso si affina; e forse finisce per ripetere, mimeticamente, quello degli angeli sepolcrali. Io credo ch'egli carezzi la sua bella, nelle notti di giugno, con le stesse mani avvolgenti, ma sfioranti, ma squisite, con cui ci pongono tra lo bende e negli abeti. Qualche cosa di transumano dev'essere nei suoi contatti, di sacro nelle sue comunioni. E d'indulgente, insieme: poiché le labbra badanti potrebbero pure, tra qualche decina di secoli, sigillare la bocca d'un barile di birra. Ho scritto un giorno la novella del becchino innamorato. Immaginai ch'egli tacesse l'essere suo alla donna diletta ; e con quanta secreta compiacenza, con che riserbo, con che ironia, con che finezza e voluttà di galgenhumow diventasse lo spettatore di lei e di se stesso. Galante compito, egli le offriva le rose dei morti e i madrigali che si leggono sulle colonne spezzate. Ed ella era sorpresa ch'egli l'abbracciasse con sì strane braccia: trepide, nello stesso tempo, e anelanti. Sì, anelanti, come quelle dei poeti, verso spirali d'eternità! Braccia prolungate, immense; che la raccoglievano, esanime, sul petto, quasi dovessero custodirla per sempre. Nel letto profondo come una tomba aveva allora, il fino amante, nn senso strano che lo sbigottiva: < quel » cuore batteva. Pensava ad altri petti agghiacciati ; ad altre fanciulle bellissime composte così, sui lini, a mani giunte, e un brivido di misteriosa trepidazione portava l'abbandono su, su, nell'estasi, dove nna stessa musica notturna confondeva la realtà e l'immagine, l'alcova e il sepolcro, l'idillio e il mestiere, gli angeli alabastrini e la forma viva, il pallore del bacio e quello dei supremi convegni, quando l'anima si rassegna, anziché agli uomini, a Dio. A quel punto cantava l'allodola, e l'uomo disciolto tornava alle sue fosse. **# Ma perchè gli Americani considerano così poco, e così male, questa professione spirituale fra tutte? Il n'y a pas de tot» métter». Non ce n'è neppure di melanconici. u boia, in Cina, è scolto tra gli uomini faceti. Monsieur Deibler era, all'osteria, un uomo esilarante. Perchè non dovrebbe esistere nel becchino quest'amabilità riconosciuta nel carnefice? Chi ha il cattivo gusto di temere la morte, dovrà pure decidersi ad aprir le braccia a colui che, ultimo, rinchiuderà le proprie su di lui. Questo professionista è pure estraneo alla partita che, viventi, noi abbiamo impegnato col destino. Nel momento in cui essa si chiude, se il necroforo interviene, è per esserci utile, per salvarci dalla putrefazione e dai corvi. Visto un cadavere, egli corre a nasconderlo. Quale modo migliore d'onorare la vita? Purtroppo, è una professione che va diventando rara, da quando guerre e cicloni la rendono sì spesso inutile, ed io quasi mi rallegro di non aver seguito la vocazione fanciullescache a quest'ora mi vedrei forse costretto a incrociare le braccia, e ridotto a far partite di morra nel Gentilino, o comizi dprotesta contro il presidente Coolidge. C'è crisi di necrofori, come c'è crisi di poesiaE voi, poeti, non sdegnate il paragoneNon anche voi raccoglievate sulle vostre braccia le salme delle belle illusioni, deponendole tra i crisantemi a pie di qualche lampada gentile? Ebbene: anche voil prossimo, non in America soltanto, considera su per giù dei menagrami. Per meterzo becchino dell'Amleto, vi giuro chnon parlo per invidia. Ma il vostro abito scuro, la vostra fronte curvata, il vostrchiuso sorriso, e quel modo di carezzare lcose, come fosse per l'ultima volta, e quell'ambizione, ilare q grave,, di eternità, vha reso molto sospetti tra i vivi ; voicome quegli altri idealisti in abito nerotanto calunniati in Europa e in Americaai quali somigliate come fratelli. MARCO RAMPERTI.

Persone citate: Alessandro Magno, Coolidge, Lario

Luoghi citati: America, Cina, Europa, Moltrasio