La jena! la jena!

La jena! la jena! La jena! la jena! La scappata dal serraglio del Giardino della Cittadella e la passeggiata per Corso Siccardi e Corso Vittorio - II panico della gente, gli urli e le foghe •• L'inseguimento in motocicletta U salto sai binari della ferrovia, la zampa rotta, la cattura in nn vagone a Porta Sasa ■• La belva torna al serraglio in carrozza: dolorante e avvilita. Ieri mattina una Jena Mirko, fuggita da un Serraglio che fa parte del Festival al Giardino della Cittadella, ha percorso alcune vie centrali destando qualche panico e molta curiosità nei passanti. 11 peggio è toccato a lei, che è tornato a casa colle ossa peste e la testa rotta. La fuga avvenne alle ore il. Un inserviente del serraglio Minoni, che stava facendo pulizia alle gabbie, alzò la serranda di quella della iena. Questa doveva aver meditato da lungo tempo l'evasione, poiché non appena vide alzarsi la saracinesca, si caccio in quel vano e d'un balzo; prima che l'inserviente si fosse riavuto dallo stupore, passando davanti alle gabbie delle altre bestie rimaste in cattività, fu fuori del baraccone. Trovatasi, sulla piazza, si guardò attorno, vide tulle quelle costruzioni m tela e in legno e, certo si sarebbe contentata di restar ji a curiossre se le grida dell'inserviente che l'aveva lasciata scappare, non l'avessero fatta accorta del pericolo di riperdere subito quella libertà co6l improvvisamente conquistata.. All'allarme del guardiano cominciò infatti ad accorrere gente, e tru la gente vide, con non poco disappunto, il proprio domatore Minoni, coi quale aveva personali ragioni di rancore, ed altri domatori di un serraglio vicino. Fra i primi a giungere in vista della Jena fu il capo squadra fascista Panie, di servizio al Giardino della Cittadella, il quale 6i uni al domatori per veder di catturare cubito la belva. Ma Questa non attese che s! organizzasse la battuta; colla velocità di una freccia attraversò il riazzale, percorse il breve tratto di corso Galileo Ferraris e, senza curarsi di cercare la porta d'entrata, balzò al di sopra della cancellata che limita il Giardino Pietro Micca cacciandosi fra i cespugli. Quel po' di Verde le aveva data l'illusione di ritrovarsi nelle natie foreste imbalsamate. In quel luogo essa si credeva al sicuro, ma ben presto comprese di essersi illusa. I suoi inseguitori, che meno veloci di lei ma più tenaci non volevano abbandonare la caccia, raggiunsero il giardino. Fu allora costretta ad uscire di fra le piante e a riprendere la strada. Usci dal giardino collo stesso sistema col quale vi era entrata, cioè saltando i cancelli, e si trovò nuovamente sul corso Galileo Ferraris. Coi suoi garretti agilissimi le fu facile guadagnar terreno sui suoi inseguitori. Di tratto in tratto si fermava per guardare a deètra ed a sinistra. Da bestia giudiziosa voleva renderei ragione dei luoghi e dei costumi di quel mondo che essa non conosceva, pieno di gente che scappava urlando. Ma le sue 606te erano brevi perchè uno dei cacciatori per raggiungerla aveva inforcata una motocicletta, che faceva un fracasso indiavolato. In tal modo la Jena giunse all'incrocio di corso Galileo Ferraris con " corso Vittorio Emanuele, dove, dopo un attimo di esitazione, proseguì in direzione delie carceri. Quando 6i dice l'innocenza! Aveva forse l'impressione che quel largo viale l'avrebbe condotta in aperta campagna ed il suo istinto non l'irreannava. Provava però un po di stordimento per tutte le grida che l'accompagnavano nella sua corsa. Grida lanciate dai suol inseguitori e da tutte le persone che incontrava sul suo commino. Ad un tratto, quando 6ì trovò all'angolo di corso Castelfldardo, si vide la via sbarrata da automobi' li che giungevano strombettando a tutto spiano e da un tram che, scampanellando, veniva contro di lei. In quel momento, la Jena fuggiasca, vedendo che tutto 11 mondo si coalizzava per impedirle di godere un po* di liberta ebbe una decisione improvvisa, disperata. LI vicino un piccolo parapetto divide la straaa dal tunnel nel quale scorre la ferrovia di Milano; con un balzo la belva scavalcò il parapetto e 6i precipitò sui binari come un qualunque innamorato de'uso. Fortunatamente nessun treno era in quel momento di passaggio- ma pur sen7a 11 treno la belva dovette rimetterci nel salto, una zampa. Gliene rimanevano sempre tre, e con tre zampe la Jena riprese a correre lungo i binari verso la stazione di Porta Susa. Però, discreta, essa non 6i spinse fin 60tto la tettoia incontro ai viaggiatori che stavano attendendo la partenza di un convoglio, ma vista una filza di carri merci fermi su di un binario morto, credendo di aver trovato dopo tante peripezie un rifugio sicuro, si cacciò dentro uno di quei vagoni. Una gabbia anche quella, ahimè 1 Forse fu questo lo sgomento che la vinse, e quando giunsero i domatori Giuseppe Minoni, Emilio Pellzze. cogli aiutanti Francesco Moroni e Francesco Bozzone, non oppose che una resistenza prò torma Nel lasciarsi tirar fuori di sotto il vagone toccò alla bestia un'ultima disavventura si snello tutta la testa. Non appena quegli uomini la ebbero fra le mini, largarono stret.amente, la portarono a braccia fin fuori la stazione e la caricarono su di una vettura da piazza. Vedendola in quella condizione di cattività e di impotonza. la cente si raggruppò curiosamente attorno a lei e la segui coraggiosamente con... lo sguardo quando la vettura si mosse e si avviò verso il Giardino delS Cittadella. In carrozza, la lena, come S-r^s1"-'* «.-a »c^enza Percorrendo in senso inverso la strada già fatta, la belva fu condotta al suo do-"3^'p^VMaf^Sante e spelacchiata >o?a oggetto della curiosità dei visitatori del Fwtfval* Essa sopporta cori stoicismo 111 snp-SS a' — orrho avuta io; nonsiete ancora soddisfattiIT ». sa^Ton^^^ comoda e bella. , Le sue confidenze Siamo a Torino o nel cuore '^Affrici equatoriale? Se andiamo avanti di que=to Passo bisognerà far venire in cronaca Arnaldo Cipolla* viaggiatore ed esploratore, e noi tii mìWno taun convento Noi vediamo che. malgrado i nobili sforzi della . Farn a turinotele quelli addirittura eroici della . Pro Torino v, il paesaggio va scomparendo e (scompaiono usi e tradizioni. Adesso viviamo come nella jungla: leoni che scappano, corse di struzzi, carneficine di tori e peremo di sciagurate vacche, caccie al cinghiale e — Ieri mattina — caccia alla Jena. Abbiamo ritrovato nel suo serraglio la povera bestia molto mortificata. Le sgorgava il sangue dalla, faccia come, domenica scorsa, Frattini Uopo il suo incontro con Bosisio. Zoppicavaè la beetia, essendosi accorta dei nostri commenti, si raggomitolò in un angolo brontolando: — Niente da meravigliarsi. Chissà ma ante signore zoppicano più di me I A poco a poco l'animale si calmò e quanto ride che »veva dà fare con un giornalista 6i nenO lusingato e si abbandonò ad alcunec0nfl^££j|j _ ci disse. — E" tempo che la aiamóaisi occupi di noi « dei nostri dirittistarna, profittando dell» nostra disorganlz ,J*7jI eiamo stato un» classe diffamata S^nV'persino che andiamo a nutrirci neSrdSri perche abbiamo, come afferma un STuaSS/l denti molari conici taglientammanti è l'intiere nostra struttura crat<2Tlembm formata per mettere in opertj&TSSwTw&l tormldaWa .tmrnerfSto^STTeul noi avremmo U potonza di enervare gli ossi più Curi- Sono f*TOie dKlen^tt VoTuWird si che avete la atoutte?non solo craniale ma di tutto U corppeVapezxare gli ossi più duri So»Mte_chxdi bob essendo testtti 11 ossa M a o e » - a l - n i o i o a a o , o — a i a; me .poi le buttate via. Calunnia, pure, che noi mangiamo i cadaveri umani. Gli uomini non 6ono digeribili neppure morti. Non abbiamo mai avuto una buona stampa. Plinio e qualche altro naturalista dicono non solo che la Jena è bisessuale ma eziandio che cambia sesso essendo ora maschio e ora femmina. No, queste cose le lasciamo fare a voi civiOd. E non fatemi parlare di più perchè non voglio arrossire... La bestia cominciò a percorrere a passo zoppicante la gabbia e prosegui: — Plinio, quel vecchio catarroso, dopo avere propalato in latino questa infamia del cambiamento di sesso, aggiunge: « Aristotiles negat ». Il quale è l'unica persona dabbene che ci abbia difeso nei secoli, più lardi un certo naturalista inglese ha ripetuto anche lui la storia dei morii, ma ha aggiunto che mancandoci ogni altro cibo ci nutriamo delle piante e dei teneri germogli delle palme. Si può pensare ad mia bestialità maggiore? Sarebbe come dire che l'uomo, mancando di carogne, 6i nutre d'insalatina e di frutta. Un altro grande naturalista ha scritto che la Jena è il terrore dell'Affrica giacché non si contenta (6iamo alle solito) di divorare i cadaveri, ma ontra negli ovili dove fa scempio del bestiame. Ma, scusatemi, l'uomo che entra in un ovile o in un pollaio, non dico in Affrica, ma in Europa, come si comporta? Nelle vostre campagne, a quel che mi dicono, di notte tempo, sotto gli occhi dei carabinieri, si fanno tali 6tragi dì polli da mortificare un branco di Jene. sono 1 viaggiatori d'Affrica che ci han rovinata la riputazione. Dovendo mandare in Europa delle fiere panzane, ci hanno preso particolarmente di mira. L'uomo ha sem nre avuto bisogno di inventare degli esseri più feroci di lui. Ad esempio, ha pprsino in ventata la ferocia del cinghiale. Come sia pericoloso questo disgraziato maiale allo staio selvaggio hanno potuto constatare i lo rinesi assistendo alla caccia del cinghiale due domeniche fa nel vostro Stadium, che, come ho vi6to passando stamane, è il più grande del mondo. « Noi bestie, salvo io che sono una ecce zione, non abbiamo la parola, che è stata concessa come supremo dono solo all'uomo perchè ne usi. Ne usa e ne abusa. Ma anche nel negarci la parola fu provvida madre ria tura, perchè gli animali avendo per facoltà principale, anzi, per istinto, la sincerità, avrebbero espresso senza peli sulla lingua i loro sentimenti. E lei, caro giornalista, può immaginare quale terribile conflitto sarebbe stuta la nostra e la vostra esistenza fra le verità enunciate dalle bestie e le bugie pronunziate dagli uomini. Addio allora pace domestica I E invece ora lei va allo Stadium e vede gli struzzi che corrono rassegnati per l'educazione fisica della gioventù. E vede i cinghiali che per beneficenza si prendono sei o 6ette palle in silenzio, cioè senza neppure osservare che la. carità pel prossimo comincia dalla compassione alle bestie. • Essendoci stata negata dunque questa facoltà della parola che, secondo un vecchio adagio, è stata data all'uomo per nascondere il pensiero, lei, caro signore, può en trare tranquillamente in un serraglio senza essere preso a fischi o a sberleffi da noi bestie cosidette feroci, che non abbiamo niente da invidiare agli uomini. A questo punto ho interrotto la conversazione: — Insomma, signora iena, converrà che ci sono al mondo delle bestie veramente feroci, il leone, ad esempio, che è il re del deserto. — Cairo signore, lei e gli altri uomini — ha Interrotto la mia interlocutrice — vi vantate di conoscere tutto e tutti. Non conoscete neppure la donna e volete conoscere le bestie. Il leone da quando è stato feroce? Lo fanno feroce i domatori, perchè non possono deprezzare la loro merce. La ferocia è un istinto primordiale vivo, insopprimibile. 11 leone, a pancia piena, è un pigro da prendere a schiaffi, perchè non pensa al domani. Lo si dice coraggioso ed ha paura dell'uomo, di un essere cioè del quale non hanno paura neppure... le donne. Si giura che è nobile, che è magnanimo, e si mangia i propri figli appena nati, se la leonessa non è svelta a nasconderli. Sembra maestoso e cammina come certi commendatori arricchitisi in tempo di guerra. La tigre? lei dirà. Infatti, per dir male d'una donna, si dice che ha un cuore di tigre. Ma, signore mio, io ne ho conosciute delle tigri, ho vissuto loro vicino, e posso dirle che la tigre ha la virtù di amare potentemente e di essere furiosamente gelosa e fedele. — Lei, signora Jena, demolisce la, razza bestiale e le sue virtù. — Ce le siamo forse attribuite da noi? Ha mai sentito un leone proclamarsi magnanimo, generoso, forte, integerrimo, benefattore?... Siete voialtri uomini che, dopo avere scoperto a casaccio in noi qualità e difetti, ve 11 siete appropriati per vostro uso e consumo, Se un tale passa per coraggioso, lo chiamate leone, con una evidente usurpazione di titolo punito dal Codice Penale. In Francia "on chiamano « Tigre • un ex-Presidente del Consiglio? Che bisogno c'è per giudicare male una donna di affibbiarle il nome di pantera o di qualche altro animalo domestico e tutta via rispettabile? Voi vilipendete, a questo proposito, l'onesta esistenza del marito buono e laborioso, chiamandolo bue, la bestia che vi dà la sua fatica e la sua carne; date del cane a un artista sfiatato o ignorante, il che offende... 11 cane intelligente; date del maiale alle persone sudicie, e invece il maiale appare sugli altari in compagnia di un Santo, e date del somaro a chi è ignorante, mentre il vero somaro raglia d'amore nel mese più bello. Avete inventato infine le cose più atroci- la rivoltella che uccide a distanza; il nodo scorsoio, che soffoca più del serpente boa; U veleno insidioso più del morso dell'aspide, la calunnia che è un venticello. Vergognatevi! La Jena era alla fine delle sue confidenze, e voltandomi la schiena, mormorò: '— Imparate a conoscere le bestie e perderete la stima negli uomini. - VHIHIB. gl'vichbtoDsalasidnnGgnvlastcouvanvascfoninpdloanddpppvccctdsspnfrnlgdsledtrinssndlosapladsRabqmsrapQdeElenbpaccetesU

Persone citate: Arnaldo Cipolla, Bosisio, Emilio Pellzze, Francesco Bozzone, Francesco Moroni, Frattini, Jena Mirko, Pietro Micca, Sasa

Luoghi citati: Cairo, Europa, Francia, Milano, Ton, Torino