Un uomo di Corsica

Un uomo di Corsica Un uomo di Corsica H bandito Nunzio Romanetti nacque nel '1682 a Calcatoggio, pieve di quella parte dell'isola detta Dilàdaimonti, nella regione di Orcino, a settentrione di Ajaccio. 'JaJcatoggio è un paese, come in Corsica ce ne son tanti. Le case, pitturate al modo della Riviera, alte e assaettate come torri, a metà costa del monte, esposte al sole, in due file, una dietro l'altra, che i tetti della prima fila arrivano, dove cominciano le mura della seconda; dietro, qualche spalliera di castagni e di olivi, divincolantisi tra il pietrame; dinanzi, lo sconsolato divallamento verso la marina di Sagone, la ripresa della grande macchia di lentischi e di timi, i filari di eucalipti Bulla strada bianca fuggente, le insaccature bavose delle acque del faune, le terre basse, consacrate alla mefite, la vasta solitudine del golfo non navigato, la linea forma del male. Ma quanto più povera è la terra, tanto più l'uomo che vi è nato l'adorna con la fantasia, l'ama con amore feroce; Romanetti, negli ultimi amu di sua vita e di sua potenza, si sente, sempre Calcatoggio nel cuore : «X'amnvii iiini'.nz'. ■ Su pac^e flurttu, .. Più torto l'ani» « TV.pò iliVJ so banditi!, li casari'! le » So' seminate .1 nane» o In quelI'Otclnu Cosi puraposu e hiancu: « A c-nanlallo i!« Mutami «EJù mal un m! ne stane» ». La sua famiglia fu di sangue buono, legata, per lunga clientela, al clan dei Gavini ; ricca di parentele e di cuginanze, con qualche terra. 11 padre morì giovane, a suo letto. La madre si chiuse m lutto stretto, sotto il mandile nero, e non ne uscì più: era donna pia, socia della Confraternita di Santa Divota, protettrice dell'Isola; si rammaricava soltanto, qualche volta, che suo marito fesso morto di morte naturale, "perchè ciò privava la sua vedova nza di ogni conforto. Il ragazzo velino su bene. A scuola gli facevano leggere, in francese : « Il y a deux mi] ans, nòtre pays, s'appolait la Gaule, et nos ancétres Ics Caulois ». Anche gli insegnarono, nel libro dei « Diritti e Doveri » ch'egli era cittadino della Repubblica Francese, che il Presidente della Re-pubblica era il signor Garnofc, che tutti i cittadini della repubblica erano liberi c uguali, che la Repubblica assicura il iliritto di ognuno e il progresso di tutti. Egli ripeteva questo catechismo dello Stato moderno, e riportò perciò anche delle meuzioni onorevoli. Como tutti i ragazzi córsi, intuiva che tutte queste cose sono soltanto formule necessarie, per diventare sottufficiale dei tiragliatori o maresciallo, di Francia, secondino alie prigioni di Tolone o ambasciatore della Repubblica: per lai carriera, per il comando, per il potere, per avere un gallono sulla manica o per riscuotere una pensione : non altro. Fuori di Ecuoia, le impressioni dell'infanzia, le consuetudini della casata, i discorsi e i fatti di tutti i giorni, i suoi occhi chiari, il suo raziocinio serrato, il suo sangue, le pietre della casa, l'aria stessa della macchia e il profilo stesso dei monti, tutta la Corsica, che respirava attorno a lui ed in lui, gli avevano dato altre nozioni più precise sulla realtà. Egli era Córso, córso di là dai monti, córso di Orcino, di una razza diversa da tutto le altre. Il presidente Carnot era certo un « pinzuto », un continentale di importanza, il capo di tutta la macchina dei gendarmi e degli arruolatori; ma in Corsica, c'era anche altra gente potentissima, tutto un r.ltro sistema di autorità costituite, note a tutti, provvedute di sanzioni terribili e definitive: i Roccbini a Portovecchio, i Nicolai a Sartena, il Poli a Pnmelli e per tutto il Fiumorbo, i Pietri a Marsiglia e per tutta la Casinca: e sovra ogni altro bandito, alla Bommità di questa gerarchia fulminante di vendette e di schioppettale, i Bellacoscia di Péntiroa, uomini di guerra e banditi di onore, famosi per tutto il mondo. A dodici anni, suo nonno gli aveva messo tra le mani il fucile di suo padre, l'arma ch'egli chiamava col nome antico di « portarispetto » : e questo era stato il riconoscimento della maggiore età, secondo l'uso dei Còrsi ; qualche cosa di simile alla consegna dello chiavi di casa, che nelle famiglie cittadinesche si costuma, quando i ragazzi hanno una certa età, e sono giudiziosi. E giudizioso, il Nunzio era: di umori tranquilli, piuttosto uomo di casa, che uomo di macchia. Sui vent'anni, risparmiato dall'imposta sul sangue, perchè figlio unico di madre vedova, non si arruolò nemmeno. L'umore còrso, che tira aMa avventura, in lui sonnecchiava, sopito dal fatto che suo padre non gli aveva lasciato inimicizie da saldare, o che la parentela non l'aveva trascinato in nessuna disgrazia. Era un possidente qualunque, di quelli che calano spesso in Ajaccio, davanti al caffè Grandval, e cominciano alle tre del pomeriggio a sorseggiare l'aperitivo del Vm du Cap. Aveva fatto all'amore, s'era accasato. Politica — dico, politica còrsa — poca: era stato legato sempre alla clientela gavinista, ma non aveva prime parti nel Comune. C'erano, sì, sette o otto persone ch'egli doveva tener d'occhio: gente con cui aveva avuto da dire per qualche furto campestre, il giudice di pace che gli aveva dato contravvenzione per mancata custodia di maiali, due « stimatori », che in un affare avevano dato dei tagli un po' troppo secchi alle sue richieste; ma cose grosse, coso da dover staccare la carenerà di dietro all'uscio di casa, e cingersela per sempre alla cintura, no. E sette 0 otto persone da sorvegliare, non sono troppe, per un uomo di Corsica ; se anche queste mancassero, la vita sarebbe troppo piatta, non resterebbe da far altro che sappare 0 legar viti. Vero è, che con una di quelle persone, eerto Carbuccia, il Romanetti aveva avuto da grattare una rogna più pruriginosa; e 1 vecchi della pieve, i « babboni » seduti a concilio sul piazzale della pieve, granili masticatori d'terna tabaccai, avevano già fiutata quella faccenda come cattiva. Ci 6on delle occhiate, ci son dei modi di metter lo schioppo traverso la sella del somaro, ci son dei modi di prendere il passo I Lamenti di Romanetti, raccolti du Maistrale, Stamparla di • A. Nuora », Ajaccio, ìftJtì. Homaneitl poetò in d'inietto còi^o Poche parole- dei versi citati, abbisognano di traduzione « l'oinbu * vuol dire ucciso« duvellu », duello; « l'istatina ». l'estate«li corei», poveretti. Cinarca è una regione deila vwaca. isdpvndsuvbtmCpnamtrcglapcvpnmapdngcodcagmtedtippgdza« stba il mdsodmtidentàreplactoil RretagitasctratEmneegceutsededepotolainsccosatotriI si stoCitacòchi becògoritsegebao unIv in processione, che in Corsica dàn da pensare ai competenti, ai conoscitori delicatdi cose della vita e dell'onore. Ma lo schioppo parlò più presto ancora di quanto vecchi si fossero immaginai ; non ebbero neppure il tempo, come dicono in Corsicadi mettersi il dito sotto il naso, e di star sull'avviso. Come racconta Romanetti : - TI primo Imbroglio » ch'in vita me accaduta > (•'» par un ixiie • Da ino loinbii u vlndutu». Cioè, Nunzio, su terreno suo, abbatto un bove, che credeva di un parente; e lo vendette. Era invece dell'altro, del Carbuccia. Nunzio fece offerte por risarcimento. Il Carbuccia finse di accettarle, e pomandò i gendarmi. • Eli 11 da ladro • Varsocna di a (.'Inarca • A me27.a fronte • Vulia dammi la marca ■ Cosi .«bidono 0 ciarbelle « Da Ja me prim'arma circa ». Così fu cho lo cervella di Agnolo Maria Carbuccia andarono in tanta poltiglia, la prima volta chi; il paci lieo Nunzio Romanetti imbracciò l'arma, e sparò.. *** Quando, nel 1013, in seguilo a questo ammazzamento, Nunzio Romanetti prese la macchia, aveva trentunenne Aveva statura più alta che la media dei suoi conterranei, i tratti risentiti e vivi, le mascelle che nei momenti gravi si serravano con un gioco di giunture e di muscoli visibili sotto la pelle bruna o glabra, lo sguardo che impiombava gli imbecilli e le spie. In Corsica c'era un gran vuoto. Nella città della costa, si moriva di noia. La gioventù poteva farsi poco largo pel mondo: pace dappertutto, c'era poco avanzamento nell'armato della Repubblica. Su per i monti dell'isola, un cinquecento latitanti appena, tra veri banditi e galantuomini prudenti che pigliavano per qualche tempo delle precauzioni. Ma il banditismo, giorno per giorno, intisichiva nel malandrinaggio. I grandi vecchi erano morti; i Bellacoscia erano argomento di novelle ; il « banditi! di l'onore » di grande fama, mancava. Romanetti lo fu. Egli aveva, per giungere a tanto, i mezzi fisici, e più ancora i mezzi economici. Benestante, possedeva terreni e relazioni di affari in una decina di Comuni della Cinarca; rendite sufficienti per campare largamente senza dover imporre taglie; una moglie, dei figli minori, parenti sicuri al nome dei quali intestare gli acquisti di immobili, i conti correnti delle Banche, tutte le operazioni di gerenza della propria fortuna patrimoniale. « Bandito di l'onore », a farlo bene, è mestiere da possidenti. Egli lo diceva: • Di rivinuU «Pieni sò 11 me burseW... -Mal In la vita » rmmandaiu dinaro - Qui al ah nulla si Triglia « Ed ognun mi tiene care ». Perciò, il grande alone delle t rispettabilità » cominciò a irradiare presto attorno a lui. Romanetti, l'amico detti «oarrateri», il protettore delle strade ; Romanetti, l'amico detti c pasturo ni », che quando scendono giù dai pascoli del Niolo rispettano solo le chiudende e i seminati raccomandati da Ini, per amor suo; Romanetti, l'amico detti t cantai neri » ch'egli assicura dai tiri dei ladri di bosco ; Romanetti, l'amico dei « mulinaghi », dei mugnai, gente danarosa, che si mette in viaggio per la città più volBntieri se sa ch'egli gira per la regione ; Romanetti, che quando un aeroplano si fracassa su una spiaggia deserta, accorre, dà le prime cure ai feriti, non tocca un soldo dei loro portafogli, avvisa il Comando di gendarmeria e se ne va; Romanetti, che quando sa che im disertore atta macchia, nel Sortenese, impone tasse in nome di lui, accorre, e fa fulminea giustizia. Romanetti ! Tutto la Corsica aveva aspettato quest'uomo; e appena egli fu sulla scena, come « banditi] di l'onore ». si ritrovò in lui. si coccolò nelle storie dei suoi atti generosi, si compiacque del suo nome. E il suo nome crebbe, senza ch'egli versasse molto sangue. Tre soli omicidi, tre condanne capitali. Un solo gendarme ucciso, come egli spiega : • Sola una Tolta • Da 'e brlgade accampata, » In la casetta « na lu pkimmi assaltata. • Vidn casca a me crumata • F. tandu frati un piccata. • Fora surtìu ■ An durellu Indi l'orto. « contr'a cin<jttanta • Un so se abb'i nran torta. • Ma dopo la sbararla « Un clan danne cascò morta. .« Scalili scappata » Fendo foca cu l'arnie, > Dispiace assai ■ D'ave torab'un Rlandarme, - Ma In d'ora battagli'a morte « Un c'è posta pa le lanne ». Egli ebbe, netta sua vita di córso, 3 piacere della ricchezza, perchè le quoto agli utili e le contribuzioni affluirono a Ini, senza ch'egli le cercasse. Ebbe il piacere dell'influenza politica, perchè fece e disfece deputati, e Moro Giafferi ne sollecitò l'appoggio, come del più grande dei suoi elettori. Ma più dolce al suo cuore, egli ebbe a gioia dominatrice e selvaggia di tenere in sua mano la vita altrui, di sentirsela scricchiolar tra le dita e di risparmiarla, con un gesto di superbia e di grazia: ■ DI li Riandarmi. « D'a ser'a la mattina. • Pa 11 stradoni, ■ ],'invernu e l'istatina, « Quanta ne passa, 11 cord. • A tira di carabina. ■ Tutti 11 vegu. • Mal li faceta male, « A so consigna ■ E' cosa naturale • F. beta a la so salute • Da capo d'annu a Natale ». Questo è il potere, il potere voto, la sensazione fisica del potere: il gran godimento, che la razza còrsa, guerriera e dominatrice, ama sopra ogni altra cosa al mondo. I giovani córsi di oggi, che a vent'anni si arruolano nei tiragliatori, cercano questo, all'identico modo che gli isolani del Cinquecento, lo cercavano andando a militare con i Medici e coi Valois. Il sergente còrso, sperduto in fondo al bled marocchino gode di reggere con pugno di ferro gregari della legione straniera ed i berberi, come l'agente di pubblica sicurezza còrso, in servizio alle Svreti di Parigi, gode di far sentire il peso della sua autorità e della sua carica, sciogliendo un assembramento con brutali colpi di sfollagente Tutti i cor.1- '-he lasciano l'isola bauuo bisogno di -.Lo: un campo vasto o ristretto, per la loro voglia di comando, un impero loro personale, riservato e assovto. Onesto è ii dru'fwn» dflN "nVtì-i-• ne córsa, fatta di umiliazioni e di rivincite sgargianti, di scarsi salari e di galloni lucenti. Romanetti fu il più grande dei còrsi contemporanei, perchè risolse il dramma, senza passare il mare: si ritagliò il suo impero nell'isola stessa, tra gli alti monti e la macchia. Egli tenne la Corsica, incontrastato, ammirato, amato, per più di dieci anni ; tutta la Corsica, la Balagna ricca di castagneti, il Niolo ricco di armenti, la graude piana di Aleria allucinata dal sole e dalla malaria, gli scenari granitici delle Cailanche, le montagne del Sartenese, disperate alle faccio del mare, le foreste, le strade, gli uomini. Così, secoli e secoli fa, tenne la Coreica Sambucucciu d'Alando; così la tenne Sampiero; così la tenne Romanetti : in pugno. Egli fu della stessa tempra di quegli antichi ; ma sperduto in mezzo ai tempi nuovi, dovette contentarsi di essere t bandito di l'onore ». E nella solitudine e nel silenzio di quella sua vita, egli pensò. Le intuizioni della sua infanzia furono confermate dalle avventure virili ; la voce e la esperienza della sua razza si affinarono in lui. Ebbe una opinione, su tutto. Lo grandi parole del Continente, essere astuzie di pennaroli; bene pubblico, democrazia, progresso, essere tutte invenzioni di Parigi. La libertà essere venuto al mondo, ob, non da quando i Parigini presero la Bastiglia, ma da molto tempo prima, da quando i Còrsi presero l'abitudine di girare armati. La uguaglianza, dinanzi alla legge, una fola: perchè l'uomo forte si teglia sempre la legge secondo gli piace, e le generazioni si aprono come solchi dinanzi a lui, appena compare. Lo Stato, essere una macchina fatta per portare via i figli alle madri, e i raccolti ai paesani. La Patrie, la Gioire, la Rtpw blique tutti specchietti per gli arruolatori : esservi invece poche cose vere, più semplici, degne di sacrificarvi la vita. La piccola patria, stretta tra i monti e il mare. L'onore. Il proprio fucile. Finché un giorno dell'Aprile passato, fu ucciso. Da delle sue creatore, che lo tradiono; storia eterna di Corsica, fine da lui preveduta con la sicurezza dell'uomo forte he intorno a se misura gli odi e le frodi : ■ et termi solu, » v. la nruclamu cinici. » Va la me vita • li piombu di l'amici • Ingrassati a lu me pane. • Mal un tenni li mimici! ». E poi la farsa macabra, che in Corsica egue sempre ali'ammazzamento di un bandito famoso : i gendarmi che, avvertiti, rrivano a cose fatte, trovano il cadavere, tendono un verbale, e si attribuiscono il merito della uccisione, e la taglia: anche uesto egli aveva ironicamente profetato: • I>opu a me morte. • VI faran'una voce « Pa 1» lardone » Di a vartrojjna la foce: « Tinnhateml! dille volle « Par avo d'or» la croce I suoi funerali furono solenni. V'erano utti gli automobili padronali di Ajaccio, na gran folla, un gran duolo. Sul giorale più giovane e più audace di Corsica, più popolare poeta dialettale dell'Isola crisse: « Queste cose, chi un'è córso, un e poh: rapisce ». *** Nel mio soggiorno in Corsica, non cercai mai di vedere Romanetti. Non lo intervitai, come molti giornalisti fecero; non mi feci donare da lui uno stiletto, come acevamo i turisti inglesi. Amo però il suo aese. Perciò conosco lui. Un pomeriggio, da Bonifacio alla estrema punta di Corsica, ero andato al gol fotte di Sant'Amanza. Quando fui atta marina, il caldo della camminata mi diede voglia di un bagno. Feci sulla spiaggia un mucebietto della mia roba, e giù. I momenti che passai là a SanVAmanza furono tra i più intensi della mia vita. Quelle acque fonde e scure per 1 ombra dei monti già gettata sul mare, quello rivo deserte, quella solitudine da approdo Odisseo, quel silenzio, mi fecero sentire la bellezza della Corsica, quasi con un vago dolore, con uno struggimento, ch'essa fosse così eroica, così forte, tanto più alto di me. e del mio cuore. Tornai a terra, mi asciugai tra le alte erbe, mi ripnlii i piedi dai granini di arena, mi rivestii, ripresi a camminare. Ero triste : ma mi sentivo insieme più semplice, con la testa più libera di idee e di parole altrui, con occhi più chiari; più còrso, in una parola. Ora, leggendo i » Lamenti di Romanetti », raccolti a cura di amici, ho ritrovato quei momenti. E' come approdare laggiù, in qualunque parte dell'«Isola persa 0: alla Marina di Sagone, alla Marina di Porto, alla Marina di Sant'Amanza. Si cammina tra le alte erbe della macchia, tra la solitudine e il silenzio; e poi, finalmente, liberati di tutte le dottrino inutili, ripuliti di tutte le ideologie, un po' tristi, si riconosce deve sia la austera bellezza della vita umana : le passioni vigorose e nette, l'animo impavido, l'accettazione virile del destino: • Qatcl ftalscu: • Di tutti so cuntentu, • A II me amici. • Fidai» e sempre, attenta. - DI lu bandito d'onore • Kicu-tnandu lu lamenta ».