MADAMA URSINI

 MADAMA URSINI MADAMA URSINI l»a signora Saint Bene Taillandier ha pubblicato — per i tipi della libreria Haliette — un volume su La princesse, des Urinn, volume che fa parto di quella serie a ui uomini politici come l'on. Barthou o i presidente Deschanel e letterati come Emile Faguet o Marcello Tinayre avevano i;i dato alcune imperlanti monografie. Ma ueat'ultimo lavoro è abbastanza superliiale o non privo di errori. L'autrice iguora —- o per lo mono dà l'ini pressione di ignoare — che cosa abbia significato per i popoli di Europa la guerra per la successione di Spagna, guerra intorno alla qualo s'impernia l'attiviti della sua eroina. Inoltre lla cade in errori di fatto che non sono giustificabili e inlirmano il valore storico rii tutta quanta l'opera. Così, per esempio, parlando del Protendente inglese fa una deplorevole confusione fra Giacomo Stuart — colui elio i francesi chiamarono le, Chemlier de Maini Georges o the old pretender, gl'inglesi — e suo figlio Carlo Edoardo, atribuendo- a quest'ultimo l'amicizia della Principessa Orsini che morì quando costui ion aveva ancora compiuto un anno ! Poi baglia tutto le suo citazioni spagnuole, creando per conto buo una specie di lingua 'ianco-iberica-portoghese che ci riporta ai tempi, oggi in gran parte superati, in cui uno scrittore francese ferratissimo su quanto si riferiva al suo popolo, appariva di una gnoranza infantile per tutto cib clic apparteneva allo altre nazioni. Con tutto ciò e non ostante tutto ciò, il libro si legge con piacere conio si leggerebbe un bel romanzo e l.i figura di colei che fu Anna Maria do la Tremolile principessa Orsini e duchessa di Bracciano balza viva dallo sue pagine e prendo il posto che la storia le ha assegnato. E che magnifica figura rappresentativa fu quella principessa Orsini! A vederla nel ritratto dipintole dal Largillière, apparisce ubito come una di quelle preziose elio in abito di parata, col guardifante o la linda, non esitavano a rappresentar© le divinità Iella mitologia greca o romana nei boschetti artificiali di Versailles o fra le agresti magnificenze di Saint Gormain e di Fontainebleau. Poi, leggendo il suo epistolario ò «no spirito nuovo che si rivela. Ignara di grammatica e di ortografia, noncurante di lenocinì stilistici, ella si rivela fin dalle prime frasi una magnifica scrittrice di lettere familiari, sia che racconti gli ozi estivi nella villa viterbese di Bagnara, sia che si attardi a descriverò i particolari della vita ntima alla corte di Spagna. Piena di arguzia, senza preoccupazioni retoriohe, lanciando correrò la penna a seconda del suo pensiero, ella appartiene veramente alla grande razza deÙe Sévigné: ma sopravvengano giorni di miseria o d'orrore, i giorni di sacrifìcio e di eroismo, ecco la mondana cedere il posto all'agente politico o il chiacchiericcio frivolo trasformarsi in ammonimento severo. E allora ella acquista una nsospettata grandezza. Messr» da Luigi XIV a fianco del giovinetto Filippo V, in pochi mesi diviene la padrona della situazione. H Re l'ascolta come un oracolo, la Regina non può passarsi di lei. I grandi di Spagna che da principio a odiavano perchè straniera e diffidavano dei suoi tentativi di riforme, finiscono col piegarsi alle sue esigenze ad accettare ogni sua innovazione. E' lei che, divenuta Camarera mayor, regola le udienze, riceve o respinge gli ambasciatori, promulga il codice di una nuova etichetta nei vestiari e nella vita, tiene ben tenacemente le chiavi del cuore e degli appartamenti della sua signora. E' lei che discute con i diplomatici e coi ministri, che consiglia o redarguisce gl'inviati del Re di Francia, sicura che ogni sua lettera sarà accolta come un oracolo nel gabinetto segreto di Versailles dove il grande Luigi e la Maintenon non invieranno più un dispaccio a Madrid se non la l'approvazione della Principessa. E questa sventa i complotti, viola le immunitàdei corrieri, si pone sopra ai grandi funzionàri del Regno, comanda in nome del Re e al momento in cui il duca di Venderne viene ad apportare un tardivo aiuto al reuccio oramai senza regno, discute con lui della prossima campagna e lo lascia tutto sbalordito per il suo acume e la sua competenza. E il popolo, la plebe minuta delle campagne e delle città finisco col venerarla corno nna santa, tanto che il giorno in cui dopo una breve assenza dovuta agli intrighi dei suoi nemici, ritorna ognipossente presso i Reali di Spagna, le decreta il trionfo e la trascina plaudente alla Cattedrale dove tutte lo suore dei conventi spagnuoli inionano a gran coro la preghiera per la sua salute. Je. vous laisse pcnser, ella scrive la sera stessa alla Maintenon, eri quel étdt jiouvpit ciré ma lète/ Vi è nel suo carattere, un lato magnifico rd è la sua fedeltà. Anche nei momenti più terribili ella non abbandonò i Sovrani che serviva e da cui era servita. Nò meno quandi, l'arciduca Carlo spadroneggiava a Madrid e il Papa da B-oma lo riconosceva sovrano legittimo. Né meno quando Luigi XIV abbandonava alla sua sorte il nipote, ritirava dal territorio spagnuolo lo poche soldatesche francesi mandate a fronteggiare l'invasione e a Filippo V che lo supplicava di faro almeno tacere i gazzettieri c i libellisti cho a Parigi sparlavano di lui, rispondeva non senza dignitosa fierezza: Je souhaitcrais yu'oii puf fnirr ersser les d'scourx doni mire. Majisti se plai.nl, màis il (st. impastable (Voler au puhlic la liberté de parler; il ne l'est attribuée cri tpnt lenip et- cu France plus r/ii'ail/eurs. E finì col vincere. Finì col ricondurre a Madrid i suoi sovrani fra le acclamazioni del popolo delirante. Ma per noi italiani la princesse des Urtimi ha un interesse particolare ed è un peccato che la signora Saint Réne Taillandier sorvoli i periodi romani della sua vitaQuando rimasta vedova del primo marito «— un conto di Chalais compromesso in un affare di duelli — venne a stabilirsi a Roma, era stata subito conquistata dall'ambiente e aveva finito col rimaritarsi sposando il principe don Flavio Orsini, duca dBracciano ed ultimo della sua stirpe. Imatrimonio fu celebrato con grande pompa nel 1674, un po' per interessamento del duca d'Estrée ambasciatore di Francia cunon dispiaceva di avere l'aiuto della sua suggestiva compatriota e un po' per la volontà stessa della vedova che realizzava l'antico sogno della sua vita di essere principessa, sul serio. "Divenuta romana, comincia ad esplicare lutto lo sue attività mondano in quel vecchio palazzo del circo agonale'.TiJ cui angolo si addossava — c si addossa a a o e o a a e e o i , a t , a i i , a i i a e n o a i e a l e n , à i ò i i e i i a o i a a i o o l i e a l i e e nn àoe e l ui o e a ui ite ne li a e dt o ù e naoioogpri i, : es is é p a ni rn na. to n omndi Il pa el ui ua onciia no e, sa tuttora — la loquace statua di Pasquino. Donna di gusto finissimo si compiace di belle statue antiche, di preziosi quadri moderni, di sontuose tappezzerie, di mobili rari, di medaglie e di gingilli d'ogni genere. Grande dama di razza apre i suoi vasti salotti alle più brillanti < conversazioni * ed esercita il suo fascino fra i cardinali che si affollano nei suoi appartamenti e fra gli ambasciatori ohe lusinga con le sue grazie conquistatrici. Poi, a pona l'estate comincia a divampare sui selci dolio vie romane, eccola partire in gran pompa verso il suo tristo castello di Bracciano, la Rocca 6enza fiori, che a specchio del lago malinconico sembra comandare le strade che conducono a Roma. Castello truce d'aspetto e tragico di ricordi, dove Isabella Orsini muore uccisa nell'aureo laccio dei suoi capelli biondi e contro le cui mura ferrigno si esercita invano l'arte guerresca di Cesare Borgia. Corto al cupo arnese di guerra ella dovette preferire le eleganze più moderne della Villa di Bagnaja, dove sua sorella — che era riuscita a maritare col duca Lantc —• regnava da sovrana. Questo matrimonio lo aveva regolato durante un suo viaggio in,Francia dove si era recata a trattare con re Luigi, dopo il suo perdono. E a Parigi ella fu romaniBsima; esaltò le bellezze della città di cui era divenuta cittadina; feco ammirare ai signori francesi i palazzi e le ville romane di cui aveva recato con sè una collezione di disegni e di stampe ; dette concerti di musica italiani con artisti venuti espressamente con lei da Roma e cercò di persuadere quante più ragazze poteva di venire a prender marito nella città papale, dove la vita era facile e il clima un paradiso. E gli anni che trascorse a Roma con sua sorella Lante furono certo fra i più felici della sua vita tumultuosa. A leggero le sue lettere pieno di entusiasmo si ha come una visione fantastica dell'esistenza trascorsa a Bagnaja, fra un balletto e una rappresentazione, fra una partita di caccia e un trattenimento di giocolieri e di virtuosi. E la virtù coniugale? Per quante ricerche siano .state fatte e per quanto i suoi nemici aguzzassero il loro ardore inquisitivo, sembra che non abbia corso nessun pericolo serio. Amoretti, flirti, come si direbbe oggi, ma nulla più. Quella donna tutta presa dai suoi grandi sogni di conquista non aveva tempo di pensare all'amore. Vi penserà forse più tardi, quando, rimasta vedova una seconda volta, comincia la bella avventura di Spagna. Ma anche questa volta non vi annette troppa importanza e se prende per amante il suo segretario d'Aubigny non cerca uè meno di nascondersene, tanto che con la serena impudicizia di chi si ritiene superiore alla morale corrente, apostilla di sua mano un rapporto segreto . scritto contro di lei per essere mandato al Re Luigi, rapporto nel qjale la si accusava di avere sposato segretamente il d'Aubigny, con queste semplici parole : « In quanto a marito, no ». E lo rimanda tranquillamente al destinatario. Del resto era troppo fiera del suo titolo di Principessa romana per barattarlo col nome di un dlouro gentiluomo francese. Ne era tanto orgogliosa che dopo la catastrofe di Spagna,- quando la seconda moglie di quel Eilippo V, ohe ella aveva conservato re e aveva fatto guerriero, la scacciò ignominiosamente per il tortuoso consiglio dell'Alberoni, tornò a Roma nel suo palazzo del Circo Agonale, vendette bensì il ducato di Bracciano ma volle crearsi quel titolo di Princesse des Ursins che nessuno le riconobbe ma che nessuno si prese la pena di contestarle. Il suo ritorno a Roma era stato un a-sconfitta: le si poteva bene concedere quella magra consolazione! E fu a Roma, il 20 novembre 1722 ohe madama Ursini si mise a letto indisposta. Fidando nella robustezza della sua fibra, credette si trattasse di un malore passeggero e sperò di essere in piedi per le prossime feste natalizie. Ma il male andò aggravandosi e il 4 dicembre senza troppo soffrire passò all'altra vita in età di 80 anni. Il Diaria, dando notizia di questa sua morte, le restituisce tutti i suoi titoli, così : « Donna Maria Anna della Tremoille, principessa Orsini che fu moglie dell'Eccmo signor Don Flavio ultimo duca di Bracciano, sorella del fu E.mo cardinale della Tremoille, e aja della fu Regina di Spagna, donna Maria Luigia Gabriella di Savoia ». Ma non ostante tutti questi titoli, il funerale fu malinconico. 11 cadavere rivestito con gli abiti delle monache di San Francesco di Sales fu portato, allo scoperto, nella cappella degli Orsini a S. Giovanni in Laterano. Otto servi in livrea recavano intorno al feretro torce di cera bianca, e il parroco della sua parrocchia seguiva in una carrozza nera d'acciaio adorna di flocchi d'oro. Il giorno dopo fu celebrato il funerale c il Re.e la Regina della Gran Brettagna — poveri sovrani di un chimerico regno — vollero,assistere al funerale della loro amica. E furono tra i pochi che si ricordarono della scomparsa, perchè nessuno dei molti che frequentavano le suo conversazioni si prese la pena di salire fino alla lontana basilica latcrancnse. Ma c'è di più. Non ostante cheli Cardinal Vicario avesse concesso che un vescovo officiasse allo esequie, questi credette bene di non presentarsi o per dimenticanza o per trascuroggiiie tanto che facendosi tardi fu il sagrestano della basilica aiutato da due beneficiati che detto l'assoluzione! Poi il cadavere mes60 in cataletto fu portato nel chiostro dove « dalle sue dame accomodato nelle solite casse ebbe finalmente sepoltura ». Nella cappella gentilizia dei principi Orsini — che è la prima nella navata di destra — si legge anche oggi l'iscrizione di colei che fu quasi regina e che per un quarto di secolo tenne in pugno i destini di due grandi popoli p di due grandi sovrani. L'iscrizione dice semplicemente così: D. Maria Anna de In Tremoille Frincipissu Ursina — Uxor Flavt Ursini Brachiani Ditcis et S. li. E. Princeps — Obiti die Veneris quarta deccmbris — Anno 1722 — Aelatta siine 80. E questa voluta semplicità potrebbe anche spiegare l'esclamazione* di una delle ultime discendenti di Madama Ursini, a cui avevo chiesto qualche informazione Id'archivio intorno alla sua antenata: « Nou ini parlale di quella donna ! E' ila lei che ! cominciano tutte le disgrafie della nostra I gente ! ». • I DIEGO ANGELI. inErdbrldqmidzgudsgfhm«nnaaorafdptcvpnalzdsldltrraliPm