Un pessimista

Un pessimista Un pessimista "Sanzionala dai Governi di Parigi e Berlino. 1'operii che Briand c Slrescmann hanno intrapresa per la coopcrazione francotedesca attende ora la sanzione dai fatti the la realizzino. Tutta l'Europa ha interesse che le trattative in corso per il grandioso 'accordo di Thoirg riescano senza troppe difficoltà, (beninteso in armonia coti i diritti essenziali che alle altre na. zioui derivano dall'aver combattuto e vinto . la guerra insieme alla Francia), perchè senza pace effettiva sta Reno nessun popolo europeo può avere lo. sicurezza del domani, veder soddisfalle le proprie legittime aspirazioni. Ma. anche se Quest'opera pacificatrice dovesse ossi sciaguratamente fallire o attardarsi, non. su questo verrebbe meno la benemerenza di. coloro che ne ■ vollero fissato il principio a. Locamo — purteripe e garante il Governo italiano — e poi ne oppugnarono l'attuazione a Ginevra. Tra essi- emerge indubbiamente ■ 'Aristide Briand come ministro degli Esteri di Francia, del quale ecco qui un ritratto psicologico disegnalo con mano d'artista. Già trent'anni fa, ai congressi socialisti jlcl suo paese, egli saliva alla tribuna così. Le sue spalle parevano, iiu d'allora, più curve, quando «gli cominciava il- suo discorso: i suoi occhi da bel tenebroso, sotto 10 uere arcate delle ciglia, parevano spenti ; 11 gesto con cui si appoggiava alla ringhiera, spossato. Tra Jaurès, sano e prosperoso come l'immagine della rivoluzione nella testa di un vignaiolo provenzale, e Guesde, rimpresciuttito o' preciso come l'idea della giustizia sociale nella testa di un portinaio della capitale, Aristide Briand pareva spirare l'anelito alla vendetta di tutti i e compagni » morti consunti nelle Sfabbriche e negli ospedali. I delegati della ■provincia, grandi amatori del teatro di [Dumas fils, e dolla « Signora dalle camelie », si toccavano del gomito, accennando il suo pallore. » E' la tisi che lo divora ». Impassibile corno un oracolo, sicuro come 1111 assioma, egli tracciava la linea retta di tutto le rivendicazioni sociali: la voce si alzava a poco a poco, la bocca prendeva una piega amara, gli oochi lampeggiavano: — Sciopero general-» rivoluzionario» Prendere per la gola la società borghese. Quando tutti i lavoratori saranno sulla strada qualche cosa succederà. La prima barricata chiamerà le altre. Perchè avete paura dei ■soldati? I ferrovieri non li trasporteranno. E se avranno l'ordine di sparare, sceglieranno altri bersagli, diversi da quello degli scioperanti. Soluzione: c Ni Dieu ni maitre ». Niente riformismo, niente Jaureeiamo. Soltanto chi accetta lo sciopero generale, quegli prepara la giustizia sociale. Poi, Io stesso atteggiamento, le stesse fcpalle incurvate, lo stesso gesto desolato e tiatico, egli portò al banco dei ministri, quattro anni dopo il Congresso di Tours, quattro anni dopo queste parole. Quando coloro che erano stati i suoi compagni lo accusavano a Palazzo Borbone, 0 Jaurès lo investiva con tutta la forza della sua eloquenza cotennosa e sanguigna, e Guesde lo pungeva con tutta l'insistenza del suo marxismo linfatico, Aristide si levava in mezzo all'emiciclo, e con la piccola mano faceva in silenzio dei segni, che lo lasciassero parlare, che lo lasciassero spiegarsi, per favore : mai egli pareva essere stato così «.ffranto, così fiacco, sotto il peso dei ricordi Tivóluzionari e della responsabilità del governo. E gli uomini di Estrema Sinistra, incorreggibili amatori delle situazioni patetiche, per spiegare quel suo pallore, quella sua stanchezza, si dicevano fra' di essi, ed anche glie lo gridavano sul viso: « E' il rimorso del tradimento, che lo consuma ». Ma no. Adagio, adagio, nell'aula di Palazzo Borbone, quella voce si alzava ancora, limpida, chiara: gli occhi da primo amoroso nei ruoli della Compagnia Stabile della Terza Repubblica si fissavano arditamente contro gli avversari: — Cambiato? No. Non sono cambiato. E' la vita che cambia. Inutile arrabbiarsi, tignori. Il paese vuole quiete e tranquillità. La maggioranza mi dà quest'ordine, io obbedisco. Lo sciopero rivoluzionario dei ferrovieri non si farà. Chi lo impedirà? Io, signori : io lo impedirò : ho già preso tutte le misuro necessarie, l'azione governativa trionferà di ogni tentativo rivoluzionario. Re foste al mio posto, fareste quello che faccio io. La vita è breve, la scienza è scarsa: voi siete giovani, siete privilegiati 0. rimanere eternamente giovani. Vi illudete! E anche pochi giorni or sono, al tavolo della Presidenza, nella sala della Riforma, a Ginevra, Briand si è alzato a parlare come nelle aule dove, anni © amai fa, egli ' auspicava la grande alba livida della rivoluzione: lo stesso cenno annoiato, per far tacere gli applausi, come un tempo per tacitare le invettive di Jaurès e le apostrofi virulente di Grosclaude. Ahi, le spalle sono incurvate sempre di più, e non per effetto della supposta e romantica consunzione giovanile, non per i rimorsi che non le gravarono mai; ma per gli annetti, hclas! E gli occhi, sono più che mai Enorti, eotto il grande arco, ormai grigio, elle cespugliose sopracciglia. Ma poi, ancora una volta, l'assemblea deve trovare un juomo e una voce:i ajlora Briand parla, i «suori degli •uditori e l'orecchio del mondo )-«ono presi dalle parole armoniose. »** : Qua!'è il segreto di quest'uomo? Esso è tutto nel suo gesto é nella sua eloquenza. Questi non sono forme esteriori, artifizi retorici destinati a captare l'intetesse del pubblico. Sono espressioni di un temperamento e risultato di una educazione. Briand è un pessimista. Di sangue_ bretone: di una vecchia razza malinconica e tetra, di una terra ohe ha la dilettazione della tristezza. Fu educato cattolicamente. «Del Cattolicesimo, strada facendo, lasciò cadere i dogmi, la pratica, la fede: ma gli restarono le abitudini intellettuali, i gusti intimi, un profondo senoo della vanità delle «fase umane* jm ironico disprezzo delle ideo. che appassionano ile folle. Egli'è un uomo che più volte, guardandosi la mano, deve aver pensato a quando questa sua bella mano sarà putrefatta, sotto terra ; pensieri, i quali non capitano che ai cattolici. La sua cultura è classica, umanistica ; le sue letture, i suoi, modelli letterarii e oratorii, tutto ha rafforzato in lui la tendenza a considerare la vita degli uomini e dello nazioni come difficile ad essere governata, dolorosa ad essere vissuta. Da giovine ha creduto — forse sì, creduto — alla bontà di una rivoluzione sociale. La visione ch'egli ebbe della lotta di classe fu singolarmente tetra; la propaganda rivoluzionaria, com'egli la fece, era fortemente improntata al « Dies irae ». Egli voleva punire la società moderna più che farla felice. Poiché la società moderna non corrispondeva a giustizia, ebbene, fosse sovvertita. Ecco il punto. I progetti di felicità, universale non entravano nel suo socialismo. Egli non li accoglieva, neppure allora. Poi, in prosieguo di tempo, nella maturità, tra i grandi affari di Stato, quella aspirazione rivoluzionaria gli dovette apparire come una oltracotante confidenza giovanile. Non furono semplicemente l'interesse, l'ambizione, il calcolo, a determinare quella ritrattazione. La vita non è mai così semplice, e gli uomini non sono mai così in mala fede. Fu, veramente, l'esperienza delle sommosse, l'esperienza del governo. C'era proprio la spesa, a mettere in moto la gran macchina della rivoluzione, a far morire tanta gente, per delle idee? Per la giustizia? Ma la giustìzia è una parola. La dottrina antica, insegnatagli nell'infanzia da sua. madre, la sapienza riposta della sua educazione religiosa, ripresero, nel suo cervello, il predominio sul razionalismo giacobino. No, la giustizia non c'è. C'è la carità, ch'è un'altra cosa. Bisogna tirare avanti, tamponare corno si può le ferite più dolorose. Tutta l'arte di governo consiste in questo. Ma niente mutamenti apocalittici, niente tentativi violenti di migliorare il mondo. L'ordine sociale che è in piedi oggi è forse ancora quello che coBta una minore somma di dolore. E soprattutto, impedire che gli uomini si uccidano ; impedire che i popoli si saltino addosso da, una parte e dall'altra delle frontiere, com'è loro desiderio costante ; impedire la guerra, questa aspirazione suprema di tutto le generazioni nuovo, questo sacrificio enorme, che ogni tanto lo democrazie chiedono a gran voce, dalle piazze, con l'identico cuore ingenuo e feroce, con cui nelle città antiche le assemblee degli anziani e dei padri reclamavano di poter immolare i primogeniti a Moloch. Così, cadute ad una ad una, le romoroso e ventose illusioni di gioventù, perdute, come scaglie, come grumo, tutte le dottrine fallaci sulla bellezza delle rivoluzioni, praticati tutti i programmi di azione, esaurite tutte le combinazioni ministeriali e tutte le transazioni ideali, disincantato, vissute, Briand sulla soglia della vecchiezza, finì per avere un solo principio politico, ancora, e una sola fedeltà: la pace. In questi ultimi anni, che furono chiamati gli otto anni perduti, egli servì la pace comò nessun altro uomo del suo paese. Fu un lavoro noioso, sottilej delicato. Le Conferenze e le assemblee rotolavano da una città all'altra, un po' sotto il sole della Kiviera, un po' sulle rive dei laghi svizzeri ; la gente, in tutte queste discettazioni interminabili, si stancava, non capiva, scherniva. Briand arrivava in treno *tepecialo a Cannes, a Ginevra, a Locamo: trovava sempre, sul marciapiede della stazione, il solito picchetto di gendarmi, e il solito gruppo di giornalisti : e sempre qualcheduno, nella ressa dei curiosi, notava il suo piede incerto sul predellino del vagone, il suo viso sfatto dal viaggio: ma, Dio mio, che la Repubblica non abbia nessun altro da mandare, che questo reduce da tutti i ministeri, che questo scettico periegeta di tutte le esperienze politiche, ohe re vieux gagà de Briand, come dico Leon Daudet? All'uscita dalla stazione, c'erano sempre i soliti fotografi che facevano dei grandi segni dietro all'apparecchio puntato: « Arretez, arretez, s'il vous piatti ». Briand si fermava : all'indomani i fogli del pomeriggio, a Parigi, avevano l'istantanea, c La déleoation jrancaa.se qui anrive à la pare de Cannes » oppure c à la gare de Locamo » oppure « ò la gare de Genève ». I lettori guardavano un minuto, sfogliando il giornale: oh, là, là, un'altra conferenza internazionale! Poi, per due, tre, dieci mattine, sempre la stessa corvè : il passaggio nell'hall del grande albergo, la limousine 'chiusa, la sala delle riunioni. Qui si trovava di fronte, ogni volta, uomini diversi, e una questione identica; a Cannes il cranio ermetico di Rathenau, a Locamo gli occhietti di Stresemann, a Ginevra i visi e gli spariti bianchi di tutte le diplomazie del mondo: e sempre il rinvio. Commissioni, sottocommissioni, esperti, giuristi, colloqui: e quelle gite domenicali, perseguitate dalla muta dei giornalisti : e quei resoconti ufficiali, scipiti e reticenti. Oh, la monotenia esasperante delle Conferenze internazionali ! Ma ohe pace sarebbe stata mai questa, evocata a Cannes nel salone dello Yachting-Club, t gentilmente concesso », e preparata a Locamo in un batteHetto adibito alle ricreazioni sul lago delle coppie in viaggio? La gente rideva. A Cannes, quando le alte inglesi fiore della < season » sulla Riviera, passavano dal «alone da pranzo al dancing, si accorgevano appena di quel signore che era là, nell'angolo, affondato in una poltrona di cuoio, e ohe le guardava con l'occhio morto di un 'vecchio gatto, anzi, di un c chat bossu », di un gatto gobbo. « Ah, quello è Briand? » Come a dire: c Quella è la pace? ». A Locarno, a Ginevra, gli ospiti dei Kurhaus che dedicavano una mezza giornata alla causa della pace, e volevano farsi indicare i protagonisti «iella discussione, restavano disillusi quando vedevano Briand sotto gli ombrelloni arancioni o rc«si.:infitti sulle .terrazza g degli alberghi sorbirsi un caffè in silenzio, dopo colazione. « Ah, quello è Briand? » Come a dire: a II est mou, vons savez? ». Sì, veramente, una grande fatica passare attraverso le città internazionali con una borsa di cuoio sotto il braccio, sbirciando appena i monti i laglii il mare attraverso il vetro dell'automobile: e 'quei giornalisti, che braccano e bloccano alla uscita dalla seduta, all'ascensore dell'albergo, mentre si prende un po' d'aria; e quel doverseli levare di torno con dei motti e dei giochi di parole; e poi la pace sempre allo stesso punto, e il treno ancora, il discorso dinanzi alla Camera, le fila riannodate, ancora una volta! Una grande fatica. Una di quelle fatiche nascoste, esaurienti, che solo i pessimisti dichiarati si assumono, per avere un sostegno nella vita. La pace. La pace, guadagnata giorno per giorno, ora per ora; la pace, creata in silenzio, nel silenzio dello cancellerie e delle riunioni diplomatiche, e imposta al mondo che non ne vuol sapere. Egli sa ohe la sua opera è labile, che altri' verranno, e romperanno la trama da lui tessuta. La sua cultura è troppo fine, il suo cattolicdsmo troppo radicato e consanguineo- in lui, peroh'egli abbia • l'ingenua sicurezza di aver garantito la pace eccellènte o perpetua, come calvinisticamente credeva di sé Wilson. Più ancora. Egli sa clic la sua nazione non lo amerà mai, non gli sarà mai riconoscente per l'opera da lui compiuta a favore della pace. La pace non entusiasma; gli statisti conservatori della paco 71011 sono mai coronati dalla popolarità clic dura. Questa corona solo gli statisti dell'altra famiglia spirituale, quelli che suscitano lo guerre, quelli che stringono in pugno le nazioni, e le fanno urlar«> di amore e di dolore. Briand sa tutto ciò. Ma egli -percorro la sua strada. L quando una tappa ò raggiunta, quando egli riesce a stringere un risultate, quando — conio la settimana passata — i rappresentanti della Germania entrano nella Sala della Riforma, a Ginevra, egli concede un premio alla sua fatica nascosta. Egli parla; e^'li sogna. La sua eloquenza, dispogliata di tutto le attitudini giacobine, dà come nossun'alìra la sensazione della vanità di tutte le lotte umane, della piccolezza di tutti i rancori. Si sente allora, nella Bua voce, l'esperienza di tutta unavita; si vede elio le rugli-e del suo volto non sono una maschera. Briand il cattolico, in cui la fede è morta, ma cho ne conserva la im¬ pronta, sogna la pacifica Città di Dio fatta terrena; Briand il bretone sogna la armoniosa città di ,Tes, dissepolta ed emersa di*sotto allo acquo cristalline della speranza. Non piii guerre. Egli riassicura le madri, egli grida indietro alle mitragliatrici e ai cannoni. Quale distesa di gloria sarebbe mai questa!... Ma poi invece, d'un colpo, l'ironia lo riprende; il panorama tragico della storia del mondo torna ad aprirsi dinanzi a lui; egli sorride con eleganza sull'opera sua, su se stesso; e ricondotto, sullo ali della sua stessa voce, al tavolo verde della Presidenza, è pago in cuor suo di questo, almeno; di aver potuto guadagnare alla pace ancora una giornata. **# Questo antico teorizzatore dello sciopero .rivoluzionario, questo capo parlamentare dei radico-socialisti, questo presidente di ministeri di sinistra e di concentrazione democratica, è oggi, in Europa, lo statista che somiglia di più ai diplomatici della Restaurazione. La somiglianza spirituale di Briand con quegli uomini è nel piglio, nell'aria, nello sguardo: nel pessimismo fondamentale, con cui egli e quegli altri considerarono la politica e la vita. L'anno passatoia, Locamo, prima che si iniziasse la Conferenza, avevano condotto Briand a visitare la sede delle riunioni. Bella, bella, jr. vous en Jais 7n.es complimenti. I gendarmi svizzeri sulla porta, il sindaco cho fa un disoorsetto. Oh!... Quando Briand uscì, vollo pur faro due passi sulla passeggiata lungo il lago. So ne andava con le mani dietro la schiena, la canna ciondoloni, e una noia mortale addosso: una noia domcnicalo, svizzera, da vigilia di conferenza. Tutta un tratto si arrestò, e colla, canna mostrò un cartellino, appiccicato a un albero del viale. Era il cartellino botanico dell'albero, come si costuma noi nmniedpii della metodica Elvezia. C'era' scritto:' « Chamacrops excelsa». Briand lesse, e ripetè a mezza voce, due o tre volte : c excelsa », «■ eccelsa », e execisa ».: Gli era piaciuta, questa cosa eccelsa, una' palma, capitatagli dinanzi, a lui ch'era venuto per combinare un'altra cosa eccelsa,la pace. E vi sorriso su. E' assai diffìcile, è impossibile rendere l'arguzia 0 la tristezza, insieme, di quel sorriso : ma chi lo osservò,sa, da quel momento, cosa pensa Briand dì tutti i miti, su cui di secolo in secolo la povera umanità appiccica- il cartellino © l'epiteto di-c-eccelso,.»..