Un viaggio qualunque

Un viaggio qualunque Un viaggio qualunque Salita dei Giovi, neanche le cinque del mattino. Squadire di ciclisti domenicali, con la gomme di ricambio, piegate, ripiegate ci appese sotto il sellino. Sorpassandoli con l'auto, ai vede quel loro pacchetto ciondolare, come un involtino di salamini,- nei primi arrancamenti su per la salita. Incitamento ironico: — Pumpa, Ghindu ! Uno sd solleva dal manubrio, e col braccio ci fa dei gesti di amichevole augurio. *** Sopra Novi. I villini abitici delle villeggiature borghesi sono finiti. La pianura, coi suoi modi di costruire e di abitare : le frasche alle osterie, le pingui corti, lo grandi porte cocchiere, gli « aldoggi con stallaggio •. Oh, san», molto più brutto il mondo, dopo ohe l'ultimo stallaggio delle borgate padane si sarà trasformato in un garage qualunque! * * A Bressana, prima di Pavia : un giovanotto che così, di prima mattina, all'ora del caffellatte, è già sul piazzale della Chiesa, appoggiato ad un albero, e. si celebra una fettona di anguria. Che stomachi, a Bressana! Ci dissero che la Lombardia era riconoscibile dalle sue acque, dai suoi canali, dalle sue conche, dalle sue rogge e dalle sue chiuse. « Fontj eterne," purissimi laghi - ruscelletti dei prati lombardi »; l'hanno messo perfino in musica. Ma ce un segno più certo, di dove comincia Lombardia. Dove compariscono le insegne « Prestino » invece di « Panetteria », « Salsamentario > invece di « Salumaio i e • Posteria • invece di « Osteria », là è terra lombarda, e si risente già l'influsso letterario dei grandi editori milanesi. »*■» Milano, per i sobborghi e la circonvallazione, da Porta Ticinese a Loreto, senza passare per di centro. Deplorevolmente spettinata. Sensazione triste, questi quartieri pallidi e sfatti, una assenza orribile di carattere e di colore, il vigile municipale che vuol già regolare una circolazione che non c'è ancora, la donna con la rete per la spesa, e i garzoni di caffè, col grembiule • attorcigliato alla cintura, che muovono qualche sedia, e rovesciano l'uno sull'altro i tavolini, lungo i marciapiedi svogliati. La Brianza, una volta, era una regione e settentrione di Milano, in cui le donne portavano una raggiera di pettini d'argento sulle chiome nere. Ora è un « settore », servito dai treni della Nord-Milano; ed è impossibile ricordarne altro. *** Certi fiumi lombardi, come il Lambro e l'Olona, mi par che debbano tremare, ad ogni svoltai.' * Ecco, ora là c'è uno, che mi prende, * ini strozza di nuovo in .una roggia e in una conduttura forzata » ! Non han più rive, non han più un corso individuato, non han più una vallata propria. Solo i massoni erano rimasti, a ricordarsi nei loro, manifesti, che esisteva una c valle del Lambro » e una c valle dell'Olona ». Arcadica gente 1 » # In quasi tutti i paesi della pianura, alle prime case, il cartolilo stradale di metallo bianco o azzurro: i Velocità massima 15 •Km. ». c 15 Km. » ! Non si capisce perohè si siano fissati precisamente sui quindici chilometri. Non ne consentono uno di più, non ne domandano uno di meno. Quindici. Nel Novese ne vogliono quindici, in Loniellina ne vogliono quindici, in Brianza ne vogliono quindici: e impongono questo numero con cartelli imperiesi, concisi, insistenti, idi tipo uniforme e standardizzato. Pare una tariffa. O £1 nuovo stemma di tutti i municipi italiani. O la formula di giuramento, concordata in una nuova Lega di Pontida.. « L'han giurato, e si stringer la mano, cittadina di cento città: le macchine, a quindici chilometri all'ora ». I nomi e gli aspetti delle borgate che abbiamo attraversato, si confondono; resta una distesa impolverata di case basse, di c posterie » infrascate, di tetti di officina ,a denti di sega ; e su tutto queste macerie di immagini, un solo ricordo preciso, quel cartello stradale, quel numero quindici, come il risultato di una operazione panoramica, come il medio comune denominatore della .pianura. **# Al ponte di Lecco, ore nove. • Come quando quei poveretti, al Castello 'deirinnominato, fanno il conto dei reggimenti che passano il ponte di Lecco : « passa il tale, passa il tal altro, passano i Croati, passa Torquato Conti; quando piacque al Cielo, passò anche Galasso, che fu l'ultimo ». Così capita questa mattina: passò prima una Lambda, poi un'altra, poi una Fiat da corsa, poi un macchinone germanico; e quando piacque al cielo, passammo anche noi, che fummo gli ultimi. E abbiam trovato, al di là del ponte, in mezzo alla piazza, la statua di un uomo seduto ; abbiamo subito capito che si trattava di Alessandro Manzoni. A Lecco, appunto, in una bottega di salsamentario. C'è una piccola commessa, che colloca la mortadella sul piatto lucente della macchina da affettate, la stringe sotto la morsa per tenerla ben stretta, fa funzionare la lamina affilata, e raccoglie le fette sottili. £ tutte queste operazioni, un po' lenta, un po' fiacca : è una Lucia salsamenteria, con quella grazia molle ohe doveva piacere al Manzoni, perfezionata dall'untume del suo mestiere. Ma non sa fare i sandwich. Allora noi le abbiamo insegnato a spartire i panini per il lungo, e a foderarli con le fette della mortadella; le abbiamo detto che il numero 28 è il numero della provincia di Genova; l'abbiamo pregata di mondare le fette della mortadella con le sne dita, perchè cosi ci sarebbe sembrata più buona; e abbiamo tenuto con lei altri discorsi degni della sua natura di donna feella e alla sua professione di donna umta.il Sottro idillio sul lago. Sulla strada, in vista della punta di Bellagio. « Addio inolili, sorgenti dall'acque... ». Mai, come questa mattina, ho sentito la estrema precisione dell'immagine del Man7oni. Egli ha detto tutto: questa intimità tra la roccia e il lago, la linea sottile dell'acqua sui fianchi del monte, tutto: e in una parola. Chissà che roba saremmo aurlati a cercare noi per descrivere il panorama del lago di Como 1 Le gallerie prima di Dervio: quando nella corsa, e nell'ansietà delle curve buie, si vede il lumino rosso dell'accumulatore tremare, dinanzi al guidatore ; e poi d'un tratte, la piena mattina sul lago, luminosa, dolce, velata, le acque leggere e madreperlacee, i monti della sponda opposta, sopra Dongo, attutiti dalla piccola nebbia diffusa, questo paesaggio senza sistema nervoso, queste Alpi in pigiama. »** Alt dopo Dervio. Il guidatore al meccanico: — Te lo dicevo io, che non hai pulito le candele? La muraglietta della strada e il lago. L'acqua fa Tappe lappe alla riva, con delle ondettine regolari, da giardino pubblico: e certi fogli di cartaccia gialla da macellaio, fracidi, sucidi, molli, portati qui alla riva con tutti gli altri detriti, rispondono ad ogni respiro del lago con dei movimenti lenti, da grandi fiori suntuosi e rari. **• Qui in Valtellina, cambia. *I paesi di monte son più capricciosi e più ameni, nelle prescrizioni stradali. Ce n'è di quelli che dopo tanti anni di benzinamenro e di polvere, non conoscono ancora l'umor della macchina, e si fanno avanti a ragionar con l'auto, come ragionavano coi cavalli: • E' severamente proibito il trotto ». Così Bolebio. Ce n'è degli altri, corno Berbenno, che cercano di proteggere la loro quiete con delle iscrizioni solenni e notarili : « D'ordine superiore, sotto comminatoria di gravi pene... ». **■» — Ferma, di' ferma un po'. Il guidatore frena, ma brontola. — Oh,- là, là, con queste fermate. Ma 10 sai che dobbiamo fare lo Stelvio? — Puoi andare. Volevo • vedere soltanto con quali articoli del codice penale ci minacciano gli abitanti di Berbenno, in quella loro iscrizione. Capisci? Tre addirittura: « articoli 480, 481, 482 codice penale ». Guarda là. E li hai tutti sul gobbo, con la tua maniera di guidare. — E tu mi fai fermare per questo? — Sicuro. Ora mi segno gli articoli, che metterò nel resoconto del viaggio, per il mio giornale. — Ci" metti della bella ròba, nei tuoi pezzi per il giornale. E trovi chi ti paga? — Trovo chi mi legge, caro mio. -«*• Ore 13,52', traversato Cosio. Paese da citarsi a titolo d'onore. Niente cartelli im pericsd, niente ingiunzioni comminatorie. Una parola sola, pitturata su di un vecohio muro grezzo, tra riquadri bonari e modesti: < Adagio ». Come una raccomandazione pacata, piena di saggezza e di esperienza. < Adagio »..Non ammazzatevi, per piacere. Grazie. Come questa parola tranquilla e gentile, < adagio », sa ài antico! **# Rettilineo prima di Sondrio. Una cunetta che traversa ila strada, con acqua corrente. Un uomo che fa un pediluvio. Passando con velocità appena rallentata, tra il sussulto delle balestre, si sente d'un colpo entrar negli occhi tutto: il verde della forra, la lucentezza- delle pietre sotto 11 sole, la freschezza di quell'acqua corrente, e fino il color vivo delle calze, rosse, che quell'uomo si è cavato, e ha disteso su un cespo, al sole. E' un momento : si sente10 soiaguattio rapido delle gomme, e lo schizzo delle acque sulle frasche delle robinie. Mi volto: le gomme lasciano per pochi giri una traccia umida sulla strada bianca. , ■>•V Nel vecchio albergo di provincia, a Sondrio, per la colazione. Stampe incorniciate e appese ai muri, del tempo in cui il garage si chiamava ancora rimessa: vedute a colori dei laghi, le solite, quelle delle cartolino che avevamo wAValbum da bambini: rimbaroadero a Cadenabhda, le spalliere di palme a Villa d'Este, le barche con ile tende bianche, e certe figurine di signore còl puf. Poi: tutta una serie di incisioni illustranti la conquista del Messico: Cortez tra le figlie degli Aztechi, dicitura in francese, spagnuolo, inglese, le figlie degli Aztechi con certi gonnellini tutti penne e piume ; sopra il lavabo, cromolitografia con Dante e Beatrice. Un poulet à la grille, trentacinque lire. # # Al tavolo accanto, discussione. Sui laghi. Quello di Como è più pittoresco. Quello Maggiore è più maestoso. Quello-di Garda l'è putii grand, ha delle tempeste terribili, come il mare. I più belli alberghi sono sul lago di Lugano. Una signora, che è venuta a tavola col casco da auto, per staccare dal volgo, dichiara di preferire il lago di Iseo : « L'ha mai veduto? Oh, indescrivibile! ». 11 signore non l'ha mai veduto, ma conosce il lago dei Quattro Cantoni, in Svizzera. Oh, il Lago dei Quattro Cantoni! E* dichiarato il più bello. Via, via. In macchina. Meglio il sole a piombo sulla cuticagna, che questi dialoghi ragionati sulle bellezze dei laghi. »*• Rettilineo Sondrio-Titano. Su un fianco della valle, quello rivolto verso l'Italia, tutti i paesi a mezza costa del monte, appesi ai campanili bianchi, le facciate delle ohk-se aperte e lucenti da lontano come ostensori, le toppe dorate dei campi di grano non mietuto ancora, il verde lavato dei ronchi colmi di viti, i colori vivi, lo splendore del meriggio che matura i grappoli sui tralci, l'umore meridionale ; sull'altro fianco, quello rivolto verso oltr'Alpe, nessun paese, nessun campanile, nessuna pianta di vite; gruppi di larici neri, toppe bianche delle ultime nevi e i quella grande ombra avvolgente delle «Ite valli, quella rassegnata mestìzia dei terreni male esposti al sole, tutto l'umore settentrionale. E sul fondo valle, tra nord e sud, l'Adda, la strada, e noi. Dialogo a ottanta chilometri l'ora. A Tirano, rifornimento. Una gran piazza, un garage luminoso, e la cassiera che gentilmente ci assicura che abbiamo « sviluppato una bella velocità! ». Che frase da grande turismo! Non la sapevo. -u. * * L'Adda giovinetta, tutta verde e bianca, con quelle acque che, anche a distanza, « sentono gelide, figlie del ghiacciaio e delle vedrette alpine, con quei gorghi e, quegli spruzzi sempre uguali e ritmici, attorno ai massi neri imbrillantati di schiuma', questo sì che è un fiume da Bel. Paese, un fiume da Abate Stop pani ! E infatti l'Abate Stoppand ne parla spesso dell'Adda, nel suo libro famoso. In Ginnasio, quando ci fecero leggere il Bel Paese, ci misero tra mani l'edizione accentuata, l'edizione, cioè, seminata di accenti ; accenti a bizzeffe, su tutte le parole anche le più comuni; per inculcare la retta pronuncia agli scolari : e anche l'Adda aveva il suo bravo accento. ' Quant'è stupida la scuola, e come ci hanno tormentati, da bambini. Beco l'Adda vera, l'Adda viva, mugghiante tra gli abeti, luccicante, corrente • altro che accento sulla prima sillaba ! * »*# Sullo Stelvio, più di trenta macchine ferme al valico. Ci sono i campi di neve ancora fresca, ci sono le vedute dei ghiacciai dell'Ortler, ci sono i resti di trincee e di reticolati a venti passi dalla strada, c'è il bar dell'albergo con delle eccellenti mè- ltnribancdtdlQpQnzcmndcqdntlu langes; ma è inutile. La cosa più importante dello Stelvio, quest'oggi, è una donna in motocicletta, eoa la tuta da motorista. E' alta, bionda, lentigginosa: non bella, ma flessibile. Gli uomini gironzolano attorno alla sua motocicletta. Macchina danese. E lei anche, danese? Scende verso il Trafoi. E tutti si affacciano al muriociuolo pe.- vedere come prende le prime curve. Le prende bene. Viva la faccia sua! E trova ancora il tempo di voltarsi a guardare, se noi la guardiamo. *** Al valico dello Stelvio, a venti passi dalla strada, sulla neve, trovato un melone. Qualcuno ne mangiò una fetta, poi ebbe paura della colica, e lo buttò, così aperto. Qui si è conservalo in fresco, meglio che nella ghiacciaia di un ristorante. Sugoso, polposo, dorato, esiliato in mezzo a questo bianco, straniero, il melone chiama su di se tutto il solo e ss ne infiamma. E' la più bella cosa delle Alpi, que- Discesa dallo Stelvio, nelle prime penombre. Nei pochi tratti di strada diritti, odor di pini. Nelle curve, odor di freni bruciati. Alternate. **# Al Trafoi, appena arrivati. Una voce di donna, di tra i tavolini di questo terrazzo, dove hanno appena finito di prendere il tè. Inflessioni da campionessa di tennis, rapide : — E lei, lei gliel'ho detto. E' ancora troppo giovine. Ha un musetto da cucciolo, da piccolo cucciolo di bracco, uguale uguale a quelli che abbiamo noi a Malnate. Il giovin signore col muso da cucciolo di bscapusqzclTsssCc bracco è appoggiato alla ringhiera: indossa una maglia sport, con la bordura rosa, che gli termina, a punta sul petto. Dietro a lui, il gran ghiacciaio dell'Ortler, ha già perduto il suo riflesso azzurrino: resta solo una massa biancastra sul monte già scuro. «** E ludibrio dei santi tirolesi. Povere statue di S. Michele e di S. Cristoforo, sbozzate e rifinite, un giorno, da qualche scultore montanino, adorate sugli altari, tra le spalliere di fiori finti, negoziate poi dagli antiquari, e finite qui, inchiodate sulla mensola del rivestimento di legno, torno torno all'AaW dell'albergo al Trafoi. *** Il pranzo è stato servito, e i camerieri sgombrano la sala, per il ballo di tutte le sere. Una signorina si leva da tavola col papà pingue, con la marna ingioiellata. Questa signorina ha una gran voglia di ballare. Commovente. Come le piacerebbe una «ballerà » del Monferrato ! Le si vede lo jazzband nelle giunture. Tanto per fare qualche cosa, prence al tavolo di' servizio una guantiera di argento, con gli avanzi del ilwee, e prova ridendo a reggerla con una mano sala, in alto. La regge benissimo. Ha delle belle braccia, dolcemente rosolate dal sole delle villeggiature. Siamo rimasti gli ultimi, nella sala, dinanzi ai bicchieri piccoli. Colla faccia bruciata dalla lunga oocrsa, e un po' stanchi. Basta coi panorami : basta con la pianura, coi laghi, con le valli alpine, con gli sviluppi di velocità. 433 chilometri ! Ora ci piace guardare le braccia di questa signorina di buona famiglia, che fa le sue prove di cameriera.

Persone citate: Abate Stop, Alessandro Manzoni, Cortez, Cosio, Galasso, Manzoni, Novese, Torquato Conti