La gloria della Prima Armata consacrata sul Pasubio

La gloria della Prima Armata consacrata sul Pasubio La gloria della Prima Armata consacrata sul Pasubio II monumentale Ossario aperto dal Re « al culto dei secoli » = Fiumane di popolo e di combattenti in pellegrinaggio per le vie del monte conteso » Le accoglienze di Vicenza e di Schio al Sovrano Vicenza, 29, notte. ( D e» 1 noatro ln>; oto) Belletto sosta ed ammira, poi ritorna sulfla emulo dell'antico legionario romano, creò in Vicenza, 29, notte. Rosate dal primo sole, le strade dolomiti, che del Pasubio sembravano alzare cóll'alba, alti nel cielo, orifiamma di gloria ai morti della prima armata, di cui il Re celebra oggi l'apoteosi, inaugurando l'ossario del Pasubio Privilegio auspicatissimo questo della perfetta serenità del Pasubio, ebe solo possono apprezzare coloro che conoscono 1 facili capricci meteorologici dì questa storica montagna delle Dolomiti' e delle vallai* del Trentino Perciò la scalata notturna. dal colle di Bellavista alle sorgenti del Leogra ed alla vallata della Luna, accarezzata dalla refrigerante brezza montanina, è stata molto facilitata. La serenità del cielo si rifletteva anche nel sereno degli spiriti di coloro che dovettero affrontare disagi non lievi per tributare il loro omaggio ad un tempo al Soprano ed al moute del Pasubio. La maggior parte di questi pellegrini, date le severe restrizioni alla circolazione, dovettero rassegnarsi a salire a piedi la montagna per due o tre ore di cammino ed anche quelli che usufruivano di automobili e di autoCarri dovettero assogettarsi a sveglie antilucane per trovarsi pronti all'Ossario due o tre ore prima dell'arrivo del Re. Qualche migliaio di combattenti, venuti coi treni dalle varie parti d'Italia, fu anzi trattenuto agli sbarramenti di Schio, perchè le autocolonne non erano passate prima delle 6 del mattino. Uguali difficoltà di accesso si ebbero anche dal, versante del Trentino, da Rovereto per la Vallarea, cosicché si può calcolare che presenziasse alla cerimonia odierna appena un terzo della gente che vi avrebbe affluito, 6e gli impedimenti fossero stati minori. Tuttavia lo spettacolo riuscì ugualmente imponente. Gran parte infatti delle popolazioni del Lepgra, dell'Agno, del Posina, della Valterse e della valle Terragnolo erano presentì assieme a innumerevoli gruppi di combattenti. 1/ lindo cimitero di Schio Quando il Sovrano transita per Vicenza alle 7,20 ed arriva a Schio alle 8,15, già il Cornetto ed il Pasubio sono come vestiti di un paludamento umano, che dà alla montagna palpiti e brividi. Mettendo piede sulla terra vicentina 11 Re volge il suo pellegrinaggio .Terso i morti della fronte tra Leogra e l'Astico, raccolti nel cimitero di guerra monumentale di Schio e sulle cui tombe gloriose va a deporre il lauro dalla sigla reale. E dal suo labbro augusto viene la prima parola di austero compiacimento: «Cosi si onorano i morti per la patria l » d ice egli al cav. Pucci, commissario prefettìzio di Schio. E guardando intorno il lindo cimitero soggiunge: « Mi piace I >. Schio, infatti, ha curato questo cimitero di guerra con la fedeltà e coll'ardore the fece dell' industre città laniera la forte sentinella del Novegno e del Pasubio. Il vec/chio cimitero, che inquadra la sua cinta sotto 11 padiglione piealpino del Summacco, da abbandonato ed isterpato che era, fu trasformato in uno dei più bei cimiteri di guerra della fronte tra l'Adige ed il Piave; e ciò particolarmente per te cure di quell'innamorato e colto seledense che è il cav. Guido Cibili. Iniziata cosi la sua giornata per i morti Bella Prima Armata, il Sovrano si dirige, fcon il rapido corteo automobilistico, verso l'Ossario del Pasubio. Attraversando le affollate contrade della pulsante Schio, egli sente subito il fremito di patriottismo di queste fedeli popolazioni, che. per essere state testimoni e spesso anzi partecipi della guerra, fcen sentono profondamente l'alto significato Ideale del rito che si va compiendo. Ugualmente Tordelvicino e Valli del Pasubio e tut. te le contrade della Val Leogra, che il Sovrano risale tra lo sfolgorio della mattinata incantevole, sono agghindate a testa e nella nota del tricolore trionfante testimoniano la Inesausta devozione della loro italianità. Persino i casolari della montagna mostrano la fede semplice degli abitanti delle valli diru-.panti del Pasubio. A Valli del Pasubio, il .commissario prefettizio, console Piazza, pre.feenta al sovrano l'omaggio di quella popolazione, e sale quindi sull'automobile reale accanto al generale Cittadini, mentre alla sinistra del Re siede il ministro Alfredo Rocco. Nelle automobili del seguito 60no il vice presidente del Senato, sen. Zupelli, il prendente della Camera, on. Casertano, il sot' tosegretario di Stato alla guerra, gen. Ca, vallerò, l'ammiraglio Lodolo, per il Mini/ stero della Marina e le alte rappresentanze 'dell'esercito, il maresciallo Diaz, il comandante di'armata Petitti di Roreto, acclamato dagli scledensi come 11 difensore del Pasubio, il gen. Ferrari, i gen. Albricci e Morroni. parecchi comandanti di corpo d'armata ed altri ufficiali generali, oltreché il cerimoniere di Corte, conte Suardi, il generale lo<■ rio. secondo aiutante di campo del Re, ed il C prefetto di Vicenza, comm. Cavalieri. Dinanzi al solenne sepolcreto Con precisione mirabile, alle 9,30, il Re scende sul piazzaletto che si apre prima dell'accesso all'Ossario del Pasubio. Le truppe presentano le armi e la banda deUT80.o fanteria intuona l'inno reale. La folla dalle pendici sovrastanti acclama entusiasticamente. Incontrano il Re il maresciallo Pecori-Gdraldi con i membri della Fondazione 3 Novembre 1918 • della Prima Armata e del Comitato Nazionale per l'Ossario del Pasubio, il vescovo di Vicenza, mone. Rodolfi, il vescovo castrense mone. Panizzardi, e tutte le altre autorità presenti. U Sovrano, a piedi, tra Incessanti acclamazioni, camminando tea i lue marescialli d'Italia, Diaz e Pecori-Giraldi. va all'Ossario, innanzi al cui portale (l'onore sosta ammirato. Quivi gira intorno alla grandiosa mole ed entra nella cripta di bnore ove arde il quadripode votivo, sbalzato nel ferro e nei vetro da Umberto Bellotto. U Re rende omaggio ai duemila ■ Ignoti > ivi sepolti, ed alle 17 prime salme di decorati, deponendo una grande corona di fiori dai pastri sabaudi. Altre corone sono profuse sullo spalto esterno. Il Re è evidentemente commetto alla vista di tanti teschi ed ammira le prime decorazioni di Tito Chini, tra cui i grafiti, terminati appena iersera ed ancora freschi di colore. Anche dinanzi all'artistico cancello del Belletto sosta ed ammira, poi ritorna sulfla fronte principale della torre monumentale e sale i primi gradini dell'imponente scalea, dove si ferma, guardando verso la sconfinata pianura ed i monti combattuti, dallo Zugna al Grappa. Di fronte gli si mette il maresciallo Pecori-Giraldi e gli fa corona un gruppo brillantissimo di ufficiali generali. Sopra di lui, sulla balaustrata ed ai fianchi delle poltrone, 6ono schierate le bandiere decorate dalla croce di guerra dei comuni vicentini che furono campo di battaglila ed in testa di esse sta la bandiera di Vicenza, decorata di medaglia d'oro al valore, delle croci di guerra italiana e francese. Dopo che sono cessate le acclamazioni, il maresciallo Pecori-Giraldi porge al Re il reverente saluto del Comitato nazionale per il Sacello-Ossario del Pasubio, che primo ideò ed Iniziò l'Ossario, e della Fondazione della Prima Annata che lo condusse a termine. Egli ha parole di intenso e commosso ricordo per tutti i caduti della Prima Armata • la silenziosa » ed invita « il Re vittorioso — come si esprime la lapide — ad aprire al culto dei secoli l'Ossario del Pasubio, di italica fede altare e faro ». Termina col grido, che animò coloro che caddero e che anima oggi i superstiti: «Viva il Re! Viva l'Italia!». Il Sovrano, che guardava fisso il Pasubio, sinché parlava l'invitto condottiero della Prima Armata, mentre la folla applaude, gli si volge a stringergli calorosamente la mano. Quindi, invitato dallo stesso maresciallo, sale al Sacello, al cui ingresso il vescovo di Vicenza accoglie, pontificalmente parato, il Sovrano e gli rende omaggio. Le Messe e le esequie Nel Sacello non possono prendere posto ohe una cinquantina di persone. Per il Re vi è un inginocchiatoio ed una poltrona nel niochione di sinistra, sotto la vetrata di San Martino ; ma egli preferisce stare in piedi accanto alla poltrona, avendo vicino, i marescialli Diaz e Pecari, gli on. Rocco, Zupelli, Casertano e i comandanti di corpo d'armata. Nel nicchione di destra, dove è la vetrata di Santa Barbara, c'è il vescovo da campo mona. Panizzairdi, su di un damascato inginocchiatoio: vicino a lui il prefetto di Vicenza, gli artisti del monumento ed i segretari della Fondazione e del Comitato, Zamarra e De Mori. Dallo stesso lato dei gradini dell'altare si pone la bandiera decorata" di Vicenza, che ha ai lati la medaglia d'oro vicentina, generale Vaocari e il generale Ghersi, cb.2 comandò il corpo d'armata del Pasubio. Sulla soglia del portale, sotto alla lunetta della Madonna di Loreto, sono il generale Ferrarli, comandante la divisione di Torino, già capo di Stato Maggiore della I Armata e presidente della Fondazione, renatoti e deputati e le medaglie d'oro presentii alla cerimonia. Il vescovo celebra la Messa e contemporaneamente, all'esterno, altre due Messe sono celebrate dall'arciprete di Schio e dall'arciprete di Valli del Pasubio. All'elevazione uno squillo di tromba propaga per le montagne un'eco di devozione e di raccoglimento. Rapidamente, alle 10,20, le tre messe sono finite e il Re esce col seguito. Precedono i vescovi, che vanno a celebrare le esequie sopra l'Ossario, sulla balaustrata che guarda la folla sciamante per le pendici del Cornetto. Mone. Rodolfi pronunzia brevi parole di esortazione religiosa e poi il ministro Rocco celebra i fasti della I Armata. // discorso del Ministro Rocco L'oratore, accennato all'opera di sentinella vigile, compiuta durante il primo anno di guerra dalla La Armata, continua: « Poi col dissolversi delle nevi ecco scatenarsi contro la sottile armata del Trentino la bufera della prima offensiva austriaca, quella che si volle chiamare spedizione punitiva, destinata, nel pensiero orgoglioso del condottiero, che la ideò, a fiaccare definitivamente l'esercito italiano, cadendo 6Ul tergo delle armate schierate sull'Isonzo. Da allora appunto più fulgide apparvero le virtù dalla stirpe. Dopo il primo inevitabile indietreggiamento, il soldato italiano ritornò rapidamente su se stesso; il ferreo impulso, la incrollabile fede del capo di Stato Maggiore dell'Esercito, la chiaroveggente serenità del nuovo comandante dell'armata, che salutiamo oggi qui maresciallo d'Italia, la fermezza e l'eroica dedizione di sé degli ufficiali di ogni grado e dei gregari di ogni arma, compirono quello che sotto molti aspetti pare, oggi, più d'allora, un miracolo. Dal Garda alla Valsugana si può ben dire, col vecchio Omero, « che i petti degli uomini fecero da muraglia ». I bastioni di questa muraglia, che molti di coloro i quali sono oggi qui presenti hanno bagnato col sangue, la storia d'Italia li ricorderà nei secoli. Essi si chiamano: Coni Zugna, Passo Buole, Pasubio, e Valiarsa, Novegno e Cengio, Lemerle e Zovette, Castel Gomberto, Montefior e Monte Zevio, per non menzionare che i più famosi. Quaranta giorni dopo l'inizio della orgogliosa spedizione, il 24 giugno 1916, in quel 24 giugno, sacro ormai ai fasti militari d'Italia l'esercito austriaco abbandonava l'impresa e si ritirava. Ma non dappertutto abbandonava la presa e qui, in questa zona altamente contesa, donde aveva creduto e continuava a credere di dovere precipitare su Schio, su questo Pasubio l'impeto avversario si rinnovò invano. Gli austriaci lanciavano quel formidabile assalto del 2 luglio che si infranse contro gli incrollabili petti dei difensori, ognuno dei quali il comandante della divisione, generale Oraziani, avrebbe voluto baciare. Da allora e fino al precoce inverno il Palon, le Sette Croci, la Lara, il Cosmagnon, il Monte Corno, che vide partire per quel martirio di Cesare Battisti e Fabio Filzi, furono teatro di epiche battaglie. Sui due denti di macigno l'austriaco e l'italiano, guardandosi biecamente, come due mostri immani alla lotta sulla terra e sull'aria, si aggiunse, per mesi e per anni, la orrenda guerra sotterranea. Battaglia di giganti che vide il Re tra l'imperversare degli elementi del più crudo inverno e fra il continuo esplodere delle mine, in prima linea, tra i suoi soldati. a Dopo il grande sforzo, la prima armala ridivenne silenziosa. Silenziosa, ma essenziale nel vasto quadro dalla guerra italiana Con opera assidua e geniale il soldato della prima annata alternando la zappa al fucile, emulo dell'antico legionario romano, creò infrangibile baluardo. In tal modo, dopo la ritirata sul Piave, le schiere della prima Armata poterono fieramente opporre sulle Melette, in Val Frenzela, sul Tonderacare, sul Sisemor e sul Val Bella una resistenza, che riuscì a fermare il nemico, come già un anno e mezzo innanzi, sul granito sovra[ stante alla pianura. Anche queste volta la prima Armata fu granitica barriera contro la valanga nemica, e, cosa che parve e fu veramente mirabile, appena un mese dopo le ardue giornate di dicembre, i resti di quelle battaglie, rinsanguate dai giovanetti diciannovenni, osarono affrontare in campo aperto il nemico, e lo scacciarono da Monte Val Bella, dal col del Rosso e da Cima Echar con combattimenti gloriosi, che testimoniarono del rinnovato spirito offensivo dell'Esercito ». Dopo aver detto ohe la Prima Armata fu come il sanatorio fisico e morale dà tutto l'esercito, e che partecipò, colla sua estrema destra anche alla battaglia del Piave, l'oratore conclude : t Quattro mesi dopo alle 15 e mezzo del 3 novembre le avanguardie della Prima Armata entravano a Trento e issavano il tricolore sui castello del Buon Consiglio e pochi giorni dopo raggiungevamo al passo di Ressia ed al Brennero. Janna barbarum, i confini invocati dalla Maestà Vostra, ove il fante d'Italia potè ripetere alfine come il suo antico progenitore, il legionario romano: « Sic manebtmus optime ». L'opera della Prima Armata era finita; e quando, il 20 settembre 1919, la Prima Annata fu sciolta, tutti, dal capo all'ultimo gregario, sentirono che essa aveva compiuto il suo dovere. Lo avevano compiuto i vivi ed i morti, quelli le cui ossa sono raccolte In questo sacrario e nei cimiteri di guerra e quelli ancora insepolti, uccisi dalle valanghe e dalle frane e precipitati nel burrone. E tutti la patria intende, con questo monumento consacrare alla gloria ». // salato notturno di Vicenza Il discorso è salutato da lunghi applausi. Cosi alle 10,40 la cerimonia austera è finita e ne danno il segnale 220 colombi viaggiatori, che si alzano a portare la novella a Bologna, a Verona ed a Treviso. Viene portato al Re un artistico albo, al quale egli appone la propria firma. Quindi il maresciallo Pecori presenta al Sovrano l'architetto Ferruccio Chemello, il pittore Tito Chini, lo scultore Giuseppe Zanetti, il fabbro Umberto Bellotto, il costruttore Giorgio Pravatò, Il segretario della Fondazione, capitano Zamarra, ed il segretario del comitato, De Mori. A tutti il Re esprime il suo augusto compiacimento e stringe la mano a ciascuno, n Sovrano ha espresso più volte, anche nei dettagli, la sua ammirazione al maresciallo Pecori per questo grandioso monumento di guerra, che non ha eguale, non solo in Italia, ma nemmeno in Europa. Specialmente durante la Messa aveva accuratamente guardato gli affreschi del Sacello, eseguiti dal Chini, la Madonna scolpita dallo Zanetti, la lampada votiva del Bellotto e tutto il magnifico assieme dell'austero e devoto ambiente. Alle 10,45 il Re, salutato ancora una volta dalla Marcia Reale e dalle acclamazioni del popolo, lascia l'Ossario e va col commissario di Valli a tagliare il nastro, che apre la riattivata strada militare di Campogrosso. Quindi scende a Schio ove arriva alle 11,30. Qui si rinnovano le acclamazioni entusiastiche. Va ad inaugurare la Mostra delle Visioni del Pasubio, compiacendosi cogli organizzatori di essa per il suo magnifico successo. Speciale successo ottengono i quadri del Sartorio ed i dipinti dello scheldense Marchloro, scenografo alla Scala. Alle 12.30 il Re è salito sul treno reale, dove ha fatto colazione, arrivando alle 13,30 a Vicenza. Anche qui si ripetono . le scene di entusiasmo, che culminarono quando il Re 6i affacciò all'affollatissima e mirabile piazza dei Signori, dalla Loggia del Capitanato, e quando usci dalla Basilica di Monte Berico sul piazzale della Vittoria, donde ammirò il pittoresco cerchio delle prealpi, dal Pasubio a! Piave. Alle 15 riprese il treno per Racconigi. Mentre il Sovrano rientra nel fedele Piemonte, sul Pasubio si accendono le Croci dell'Ossario ed a Monte Berico si infiamma la basilica della Madonna, architettonicamente illuminata da diecimila lampadine elettriche. Anche la Torre di Vicenza accende il suo faro tricolore. La terra veneta, la terra dei campi di battaglia, esprime cosi in ardore simbolico la sua riconoscenza a quanti per l'Italia morirono. _ OIU8EPPE DE MORI.