Gente al mercato

Gente al mercato CRONACHE ROMANE Gente al mercato ROMA, agosto. r(G A'.). Non bisogna perder le occasioni Hi incontrarsi qualche volta col popolo di Roma. Questo personaggio nascosto dietro I caratteri S.P.Q.R. si mostra qualche volta alla buona, lo l'ho incontrato un giorno, di domenica mattina, scendendo a riazza Montanara, quella piazza che discende verso l'argino del Tevere come un delta, e stagna presso la spalletta del fiume, in quel lago che è la piazzetta di Santa Maria In Cosmcdin. LA il Tempio di Vesta e quello della Fortuna Virile rimangono come navicelle vaganti 6ulla correlilo intorpidita del tempo: inani, coperti di embrici avi attestare l'origine paesana di Roma, d'un color grigio di scavo, la luce è 6U di essi come un perenne stupore. La piazzetta, tra le piante delle rovine, è tranquilla come una foce. Risalendo la pigra strada, verso il teatro Marcello, a ridosso del Campidoglio, si anima una vita popolare e medievale. Tra poco il piccone avrà sconvolto i pittoreschi rifugi di cotesti scampati alla storia, che si sono scavate le abitazioni in quel mondo incantalo. Già 1' primi carri ne hanno trasportati molti'nei nuovi quartieri popolari dove non usciranno sulle porte illustri delle vecchie case, o sui halconi delle cieche stratiuzze, o lungo il muro capitolino, il muro tarpeio che ha perduto il suo impeto sul terreno della sepolta voragine. Si tiene qui la domenica il mercato del burini, cioè degli abitanti il suburbio di Boma. Dai banchi dei venditori parto a vooe tranquilla l'invito ohe vuol mettervi a vostro agio e-intanto darvi il senso d'un impegno: ■ Amico, che cosa volete? ». Questo è l'emporio dogli utensili delle case sull'urbane, del corredo dei vinattieii e dei contadini. Non vi si trova un segno nobile so non sul banco del rivenditore di libri, quasi tutti vecchi libri di devozione. Voi stesso, vi sentirete, col vostro vestito di stoffa inglese, un burino, coi ginocchielli alle brache, il cappello di traverso che nessuna cura varrà ad aggiustarvclo in capo nel solito modo disinvolto. Le scarpe vi diventano pesanti sul selciato rumoroso, e la voce della 'donna clic vende mutande di cotone coi legacci alla caviglia, o fàzzolettoni per Frosinone, dice anche a voi: » Amico, che cosa volete? ». Mentre gli abiti delle vetrine nelle città sembra che debbano slaccare il passo per traversare frettolosamente la strada, tanto movimento hanno nei loro atteggiamenti, qui 1 vestiti appesi sono come pelli messe a seccare. Il burino se li vede già addosso rigidi, com quelle smisurate pieghe che lo accompagnano ora e lo accompagneranno quando farà il soldato con l'abito dì tela da caserma, quel mondo di pieghe che segna il ritmo del suo cammino e eli atti della sua fatica. Snlende la latta degli arnesi da cucina su cui le 6gocciolature dello stagno già segnano la storia delle minestre familiari. I giocattoli da una lira mantengono appesi la loro vita pericolosa: essi si spezzeranno appena saranno in pugno al piccino cui pensa la donna dal grembiule turchino, soffermatasi a guardare, e l'uomo che sente ancora nelle orecchie la voce dei sonagli del suo carretto e l'abbaiare del cucciolo, nei tragitti notturni della campagna romana. Inferno delle cicche di tabacco è questo. Le cicche di quasi usi milione «li romani, raccattate durame la notte, o nelle soste della giornata, sono tritate e sciolte nelle graveolenti scatole, e pesate al compratore, su una bilancia da farmacista, dal venditore col viso scabroso di uomo che voglia la notte. Vi si .vende la cicca dì sigaro già appallottolata e niente è più gravemente povero di questo spaccio di obli! usati. Casti pinoli stanno tra la bianca tela presso gli sgabelli delle donne riparate all'ombra dei vecchi archi, con un senso intimo e solingo di angolo di casa in cui rogiiii una semplice ghiottoneria. Una donna, sottile, pallida, in una veste nera, sai cut vecchi ricami segnano un'accurata e antiquata calligrafia, b'ò fermata a un banco, ha preso uno specchietto foderato di celluloide, si guarda il suo viso di bionda non più giovane, i suoi occhi che furono azzurri ed ora grigi, i capelli aridi e come impolverati: la bellezza che è riuscita a risparmiare insieme con le sue robe; con le 6ue mani lunghe; e sorride pallida, irrorata dal riflesso dello specchio, ne! 60lc giovane. 11 flato vinoso delle osterie fi spande 6ulla strada e fa subito lega con l'afa. Presso il tempio di Vesta, 6u un capitello, all'ombra d'un giovane cipresso, un uomo si lascia sbarbicare da .un barbiere scamiciato, porgendo la guancia al pizzico ed alla lama, in un atteggiamento sosjwso e pensieroso. A tratti sembra che i due si debbano azzuffare, tainti sono i salti del barbiere attorno al suo baffuto soggetto. 11 barbiere pulisce il rasoio come uno strumento chirurgico; il cliente si leva, si spartisce i baiti con un gesto largo, profilandone per guardarsi, tra le braccia levate, le scarpe e i pantaloni. Si rimpulìzzisce tutto come un gatto. Si vede la moneta di nichelio splendere nella mano abbronzata che la riceve.. il mercato degli oggetti usati si tiene in Campo di Fiori il mereoledì mattina. Vi si teneva un tempo un mcrcnto del tutto popolare, lungo il palazzo bramantesco della Cancelleria che levava la sua nudità lineare d'archilei tura esangue sul chiasso delle baracche. Ora i mercanti di stampe, di libri, ! di stoffe, di oggetti rari vi piantano una baracca di rappresentanza. Ma nelle vie laterali brulicano ancora i bandii di oggetti usati. Vi si trova una viuzza in cui si" possoin vedere i preti adunati a comperare, ciò che ò raro da, vedere anche ti Roma. Vi si vendono lineilo cosi; che forniamo l'interno delle caie sacerdotali, e che ricordano le cose sacre con un'arte sovraccarica e barbara, quella stessa arte che si abbatté dalla controriforma in poi sugi; oggetti die ricordano le cose supreme; l'arte lin di secolo, della cornici ili stucco dorato, lutto volute ambiziose, o le glandi oleografie che fanno ripensare all'abisso scavato tra il Cinquecento e noi. lì cpii ha tutto !o stesso siile, anche il lume c l'attaccapanni, le statuine dei papi accatastato in terra, anche la iiiuiìélu, a olio « lutto olio » come dice il mercante, che oiarébbe bene nello studilo, sulla caria Morata, sulla Illa n,~-'i liei breviari; e lo specchio in cornice dorata dovè tutto questo angolo di strada si rifletto colpito da vertigine a seconda elio giri la lastra, ridotto a un mondo geometrico convergente, in cui si agitano i nostri senza rumore, soffici e volanti in quella • bierìlit. Più oltre, allineati in terra, i diiodi, le serrature, le ciiiav: arrugginite, sono un mondo pieno di stridore. Girano tutte insieme le serrature che non si riesce ad aprire, sotto i colpi di tutte quelle chiavi .stridono le spranghe e i catenacci non oleati, e spingendo le porte sconnesse vi rimane in pugno il pomolo di ottone, di ferro, di porcellana. I cardini delle porte abbandonate sono caduti. Qualcuno prova quoti ordigni come um archeologo che voglia rendersi conio d'un oggetto antico. * Che cosa non v'ò di usato? Tutto (inolio che si nasconde nei cassetti è naufragato ijui. Su un miserabile banco, dove si giti ano gli occhi interroriti, v'ò tutto quello che è servito a curare non una malattia maligna, ma alcune dozzine. V'è un tetri:',metro infranto, come scoppiato per l'alta febbre, accanto a una pipa recante lungo la cannuccia un termometro. Si riattaccano i compratori alla vita mettendo in moto certi vecchi ordegni da assorbire la polvere che soffiano rauchi, o un soffietto asmatico da fuoco, caduto chissà da quale buona intimità. Ln giovane prate ho preso fra le dita un sigillo da cardinale, come un carbone spento, e ne scruta attento lo stemma.

Persone citate: Boma, Vesta

Luoghi citati: Frosinone, Roma