Con un Maresciallo d'Italia all'alba, sul mare...

Con un Maresciallo d'Italia all'alba, sul mare... Con un Maresciallo d'Italia all'alba, sul mare... La psicologia del condottiero e l'anima dui soldato FINALMARIHA, Agosto. Il mare e di latte, all'alba. Lambe appena la riva con uno seìacnulo sommesso. Come un buon mostro placato 6'accontonta, in quest'ora, di rimasticare i piccoli sassi Bianchi della riva. Il cielo e vasto, pallido, esausto. Non c'e palpito, non soffio. Pace. Un astro lacrima ancora su di un palmizio. La luna, diafana come una medusa, sembra andare alla deriva net silenzi altissimi. S! direbbe cho il mare s'ia per sbocciare in una chimera. Le acauc, a levante, si tingono di rosa... Allora le squille della! basilica marinara rompono in canti mattutini e lo rondini, amiche delle 6miille, saettano voli e gridi intorno al festoni e agli alati putti della facciata'. Dai vecchi pasticci di case del borgo ligure, dalle fenditure dei vicoli cavalcate di ponti, della gente oscura scende al mare. Spinge le barche variopinte nelle acque, barche con nomi dt santi e di donne. Prima che l'ultimo astro si 6penga è buono partire. Una piccola Vergine turchina guarda dal suo rosso tabernacolo in una casa della riva. Ave marls strila! I pescatori vanno a ritirare le reti dal mare. Il mare, la guerra, il gioco Siamo in barca con due vecchi uomini di mare. Uno rema. H più alto, 11 più eretto, quegli che sembra' piuttosto ài padrone dell'imbarcazione, ci spiega di quando in quando, qualche circostanza, fissandoci con uno eguardo grigio, metallico che è dura fatica sostenere : — Le reti Tengono calate la Sem', • salpate 7> la mattina. Quel promontorio è la Caprazoripa. C'e intorno un buon maro, pescoso. Ma se non troveremo niente, abbia pazienza. Avrà ilo stesso qualche pesce nel suo piatto. Ce chi torna a reti vuote, c'è chi trova. IH mare talvolta ripartisce le sue ricchezze. E' grande e giusto. Neri liguri crediamo nel mare. Il vecchio pescatore dalla fronte troppo alta, dal mento da condottiero si china di quando in quando dal bordo della barca e sflora l'acqua; ei direbbe cho la carezzi. Poi anolw lui prende i remi. Vogano con silenzioso vigore e la barca risponde con crudi, precisi scrcCli alle pallate. Giungiamo cosi sotto il promontorio. I remi si ripiegano in dentro, cadono nel fondo della barca. II pescatore che non ha mat parlato scandaglia il punto dove le reti sono calate. L'altro — il mio interlocutore — seduto sulla banchetta con le braccia abbandonato in grembo, guarda con occhio intento l'operazione. — Al mare — egli riprende — 6 come alla guerra e come al gioco. Non basta essere bravi: bisogna essere fortunati. Dove comincia il rischio deve intervenire la fortuna. Chi non ha navigato, chi non ha combattuto, chi non ha giocato non può comprendere il significalo di quella parola stupida e significativa che si chiama in gergo scaramanzia. Si ascolta un po' perplessi questo padrone di barca insolito, che mescola al flutti e ai delfini, le carte da gioco e i simboli di Marte. — Un buon condottiero in guerra — egli seguita — è nello 6tato d'animo del giocatore. Citando egli ha preparato nel modo miglioro possibile secondo lui, e nel modo migliore possibile in quel momento un'operazione e lancia le truppe all'esecuzione di essa, sente che le affida alla fortuna. Egli gio- eS una carta, ma dopo averla giocata, deve star bene attento e sorvegliare l'andamento dell'azione, perdio sovente altre carte pos-sono calare cui tappeto a mollificare il gioco.Il cesarlano alca jacta. est. non è sempre cosi assoluto come sul Rubicone. La verità su Adua Vorremmo chiedere a questo pescatore autodidatta, in quale vecchio scaffale di bordo o in quale bottiglia abbandonata ai frutti ha trovato queste parole clic sembrano venire dalla profondità dei secoli. Un sorriso lievemente ironico sflora la bocca vasta: — t Ed ò bene che il condottiero si spogli ridillo zelo, questa bella qualità giovanile, così utile negli esecutori perché hanno una via tracciata, ina altrettanto pericolosa nel condottiero perchè gli ottenebra la visione di quelli che sono t cambiamenti della situazione. Non si sfida la fortuna e tuttavia il buon condottiero, prima dell'azione, deve infondere negli esecutori Oa fede sicura nella vittoria. Essi, più o meno, 6ono giocatori come Qui. Per i minori la posta del gioco è più spesso la vita. Ma il condottiero sfida la fortune, mxando vuoile inutilmente infondere negli estranei attrazione diretta — siano essi giornalisti, uomini politici o superiori — la certezza defila vittoria. Le frasi avventateper manifestare una in verosimile o mal sentita sicurezza di vincere lasciano nell'ascoltatore il dubbio che il condottiero voglia far coraggio a se 6tes60. Meglio è non parlareO, se si deve parlare, meglio è mettere innanzi tutte le difficoltà e più specialmente il valore e la perizia dell'avversarlo, le-condizioni atmosferiche e tutti gli altri innumerevoli impedimenti che possono da un momento all'altro sorgere ad ostacolare la vittoria ». Una punta d'acciaio sorge ia fondo alla pupilla delio straordinario pescatore. Egli appoggia la mano larga e dura sul bordo della barca ed esclama: — Intanto, ripromettersi in fondo ial cuore di picchiare sodo se l'occasione ei presenterà propiziai Ricordo l'impressione penosa provata due giorni prima della battaglia di Adua... — lyoi è stato ad Adua? — Allora ero capitano di Stato Maggiore. Ho detto prima della battaglia d'Adua, quando uno dei comandanti di (brigata, per togliere ogni incertezza dall'animo di Baratieri... — Ma non è ormai opinione definitiva che fu il generale BaraiUeri a volere ad ogni costo la battaglia T — ...per togliere ogni incertezza dall'animo di Baratieri ed infondere fiducia nella vittoria gli diceva: « Quando gli abissini sentiranno gli effetti delle nostre batterie, si ritireranno ». Egli sfidava la fortumi perchè sapeva che le nostre batterle ertimo podiocomposte di pezzi da montagna e diluite sulla vasta fronte tenuità da 100.000 fucili abissint contro i quali noi ne portavamo 1GOO0 circa ». Anime in trincee Dopo questo rilievo di alta importanza storica non possiamo più dubitare. Abbiamo davanti a noi, nei panni dell'umile pescatoreuna personalità misteriosa intorno alla quale 1 più grandi eventi del nostro tempo ssono aggirati in ritmo di bufera. — » Ricordo pure, egli prosegue, che poco prima d'una grande mitraglia nel l'ultimi a enarra, il mio capo di Stato Maggiore urna sera mi presentò per la Urina una lettera Kra un inabile dociinirnio burocratico, (gli nomini d'azione sono inabili in quotila guerra d'inchiostro) dell'Ufficio Operazioni. Esso rispondeva ad a.luune superflue questioni d'un analogo ufficio del Comando superiore, aj*ai lontano dall'azione, troppo lontano per ben conoscere la psicologia del soldato. Ho detto che non bisogna sfidare la fortuna. Io ritornavo in quel momento, pieno di fiducia, da una visita allo trincee di prima linea. Seduti in basso i soldati alzavano la te.'.ia verso di me, che ero in piedi, per fissarmi nel bianco degli occhi come se volessero leggervi il destino. Tutta la loro anima era concentrata in quello sguardo che a isna volta li scrutava. Se io ripenso alle mie trincee, da comandante di brigata a comandante d'Armata, le vedo ripopolale da quelle concentraz-ioni di anime. Ed io passavo sorridendo e parlavo loro paternamente. E pure a tratti pensavo quanti di questi occhi fiduciosi non avrei più veduto rivendere, pieni d'intelligenza e di vita. Io ritornavo dunque dalle trincee quella sera pieno di fiducia, perchè la questione più importante per me era risolta. Le truppe avevano tede velia vittoria. Davanti alla lettera del mio ottimo capo di Stato Maggiore, rimasi un po' perplesso, perchè e.".?a non rispondeva al mio Kìato d'animo. Ma d'un tratto mi decisi a firmare per scaramanzia. Tutti i veri soldati mi capiranno. L'uomo d'azione pieno il cuore e la mente della battaglia vicina, detesta tutte le questioni inutili o secondarie ». Non v'è dubbio. Siamo di fronte ad uno dei grandi condottieri della guerra europea. Egli seguita: — » ... perchè anzitutto e soprattutto io ho avuto sempre una alta, suprema fiducia nel valore e nell'abnegazione del soldato italiano. Sono convinto che nessuna fanteria al mondo, salvo forse la giapponese (che vidi in azione come addetto militare italiano durante la guerra russo-giapponese) e la tedesca, si sarebbe potuta portare a cozzare per tante volte contro le stesse rocce, come la fanteria italiana sul Curso e sull'Isonzo. Tutti i miei soldati sanno cho io ho sempre camminato eretto nelle trincee, sotto' il fuoco nemico. Ma questo esempio (lo rammento sempre con commozione) mi è venuto da un umile caporale di fanteria nel primo mese della guerra. Ero sulla posizione di Bosco Cappuccio e comandavo la Brigata c Bari ». Il caporale, un emiliano, mentre io passavo un po' ciiino nella terribile spaccatura bersagliala dal nemico, stava jn piedi, quasi dalla cintola in su scoperto, fissandomi. Quello sguardo mi parve — anche se in realtà era riverente — un'ammonizione viva. Mi rialzai sul torso. Da allora ho SPmpre caniminato diritto per le vie contristate della guerra. ili condottiero quindi ammutolisce, n suo sguardo rivive lontano, sul mare, che scinlilla ormai sotto il sole, l'acheronteo ricordo. Sulla riva ci congeda sorridendo: — Buona pesca? Buona pesca, L'uomo che ci ha così parlato m un mattino d'agosto nella tranquilla baia 'ti Einalmarina, è il vincitore di Vittorio Veneto, un Maresciallo d'Italia: Enrico Caviglia. OURIO MORVA RI.

Persone citate: Agosto, Bosco Cappuccio, Enrico Caviglia, Lambe, Ricordo, Rubicone

Luoghi citati: Bari, Italia, Vittorio Veneto