Il salario reale

Il salario reale Il salario reale ..... . . ,. IfleNegli attuali dibattiti intorno agli. wilup- dtepi della crisi che affligge un po' tutte le nazioni europee, e sopratutto intorno ali" possibilità di pararne lo conseguenze coy. misure restrittive, non va trascurata la ricerca di uno degli elementi fondamentali della situazione: la reale condizione economica del lavoratore, operai e impiegati, vale a dire una grandissima parte della popolazione di ogni paese industriale. IL' fatale, purtroppo, che ogni crisi economica, per quanti giri viziosi faccia, finisca sempre col risolversi in una diminuzione del tenore di vita delle classi lavoratrici e medie, le quali vivendo soltanto di un salario o di uno stipendio o di una pensione, oppure di modesto risparmio, sono con. dannate a.l ribasso senza essere ribassiste. Infatti, il salario lo stipendio la pensione il piccolo risparmio appena bastante a vivere, sono i soli titoli di reddito su cui coloro che li posseggono, e non posseggono altro, non possono speculare... nemmeno al ribasso, mo che pure ribassano, a loro danno, se non subito nominalmente, in definitiva nel loro valore reale, attraverso la svalutazione monetaria e il rincaro della vitaOra, la ricerca delle reali condizioni economiche del lavoro — ossia del salario reale del lavoratore, dello stipendio reale dell'impiegato, del reddito reale del pensionato o del piccolo risparmiatore — ha molta importanza in tempo di crisi, perchè solo conoscendo questa realtà è possibile renderci conto degli effetti economico-so ciali dei provvedimenti restrittivi intesi a fronteggiare la crisi stessa. In ogni paese che la crisi travaglia, tutti i provvedimenti in questione, sia da narte delli'ndustria che da parte dello Stato, mirano, direttamente o indirettamente, a questo resultato essenziale: ridurre il costo dei prodotti e dei servizi; « questa riduzione si ottiene, com'è noto, prima che per altre vie, con l'aumento delle ore di lavoro, con la riduzione delle paghe reali. Ma è chiaro che per questa via la possibilità di ottenere un incremento effettivo (non soltanto un guadagno economico immediato per l'industriale, ma un sostanziale durevole vantaggio per il Paese), dipende dalla possibilità o meno delle masse lavoratrici di subire una certa diminuzione del tenore di vita, senza cadere nell'inedia, senza menomare la propria forza-lavoro, senza caricare il bilancio statale di un troppo gravoso onere per sussidiare la disoccupawone. Perchè se tali dovessero essere le conseguenze del rimedio, se tanta parte 'dèlia popolazione dovesse ritrovarsi depauperata, in strettezze fisicamente e moralmente deleterie, se l'esercito dei disoccupati ' db-' vease diventare cosi imponente e costosa com'è già in Inghilterra e in.Germania, quel rimedio, per la nazione, sarebbe socialmente peggiore dei male. Ebbene, quali possibilità hanno oggi le classi lavoratrici, salariati e impiegati, in fatto di stringimenti di cintola? La media delle paghe reali è oggi tale da lasciare all'operaio e all'impiegato qualche margine non diciamo per il superfluo, ma per il riducibile, senza che il sacrificio individuale o famigliare debba risolversi in un danno sociale, anche dallo stesso punto di vista economico? La ricerca delle paghe reali non è naturalmente facile, tanto vasto e vario è il campo d'indagine statistico, tanto mutevoli gli elementi da cui dipende il rapporto tra salario nominale e costo della vita. Lo stesso Ufficio inter nazionale del Lavoro, nel suo più recente bollettino sulle fluttuazioni dei salari nei diversi paesi dal 1914 al 1925, giunge a indicazioni piuttosto vaghe, tra continue-ri serve per la insufficienza e approssimazione dei dati su cui ha lavorato. Il solo accertamento interessante al quale è pervenuto l'Ufficio di Ginevra è questo: elio l'adattamento del salario al livello dei prezzi è divenuto molto più esatto e il livello dei salari reali si è elevato progressivamente, almeno per i lavoratori qualificati, nei paesi che hanno proceduto al risanamento della propria moneta (Germania, Austria, Polonia). Ma il bollettino dell'Ufficio internazionale del I-avoro tralascia d'indagare attraverso quali ecatombi di miseri e quale aumentò della disoccupazione quei paesi sono pervenuti a quel risultato. Per l'Inghilterra, le fluttuazioni del salario reale tendono piuttosto al ritasso che al rialzo; per la Fran eia non si ha alcun dato persuasivo; per l'Italia il liollettihò di Ginevra si limita a scarsi accertamenti, per due grandi città (Milano e 1 ionia) e per alcune grandi industrie, i quali non consentono che conclusioni assai relativi. Così, ad esempio il numero indice del livello relativo dei salari reali (sulla base 100 del salario medio di Londra nel luglio 1924), ò dato come stazionario in 4G dal l.o lùglio 192-1 ad l.o luglio 1925 per Poma, c in diminuzione di un punto (da 4G a 45) per Milano. Nell'industria del ferro e dell'acciaio, secondo i dati di Milano c Lombardia, i salari reali avrebbero raggiunto, per gli operai specializzati, circa il 97 % del loro valore d'ante, guerra; nell'industria tessile l'avrebbero anche superato. Ma a parte questi indici particolari è approssimativi, che abbracciano il decennio 1914-24, pare a noi piuttosto attendibile la conclusione generale a cui è giunto il Mortara nelle sue « Prospettive economiche 1926», cioè: che se ne! dopo guerra la media dei salari reaii 6 venuta risalendo verso il livello 1913-14, e per alcune categorie d'industrie lo ha anche suprato, « è da ritenere che il livello medio dei salari reali nel 1924 sia stato inferiore anche a quello del 1913 », bene intendendo 'dire, con ciò, che « il salario giornaliero percepito dall'operaio nel '21 gli consentiva di acquistare una quantità di merci e 'di fiervigi inferiore a quella consentita dal salario del '13, ossia che il tenore di yita dell'operaio era peggiorato ». A queste conclusione il Mortara giunge non soltanto attraverso « il risultato aritmetico del confronto tra un numero indice dei salari e un numero indice del costo della vita », bensì attraverso « un'ampia jt ponderata considerazione di tutti i segai Bat isjDfiii idi vita del lavoratori». erleapa docldesocestè mrifadelalariLcpeblevhfodtu'dqDsfigdmrsaptpigcfsnsspbmtslrsvbcpp Dal '24 ad oggi — specie in questi ultimi mesi — la attuazione non può dirsi certo mutata in meglio; e quando ed rifletta che allo scoppio della guerra le con- dtehml economiche del lavoratore italiano erano pur sempre assai inferiori a quelle lei lavoratore delle altre grandi nazioni, appena allora cominciando esso a sollevarsi a umane condizioni di vita e di lavoro dopo l'antica miseria, non si può non concludere che l'attuale realtà economica delle nostre classi lavoratrici — e nonsolo gli operai : diversa gente dei cosi detti ceti medi, piccoli impiegati specialmente, sta anche peggio di molti salariati — non è poi tale da poter consentire umanamente, senza danno profondo, i tagli e le rinunce su cui alcuni datori di lavoro fanno oggi assegnamento per la riduzione dei loro costi di produzione. Orto, la crisi economica impone, come la guerra, sacrifici a tutte le classi; e come la guerra, non si vince senza una solidarietà morale che impegni tutta la nazione in imo sforzo eroico : sarebbe un errore, anche dal punto di vista dei rendimento economico del sacrificio, contare unicamente o principalmente sulle classi che già si trovano al limite delle necessità di vita, e la cui efficienza produttiva è essenziale allo sviluppo dell'economia nazionale. Di ciò si mostrano preoccupati gli stessi dirigenti dalle Corporazioni fasciste. Le dichiarazioni fatte in questi giorni dall'on. Rossoni, quel che ha scritto ieri « n Lavoro d'Italia » in merito al caroviveri e agli « spacci », certi interessanti rilievi fatti dal fascista «Popolo Agrario» dì Cari-ara proprio a proposito di risparmi' operai attraverso gli spacci di quell'Ente autonomo, ammoniscono gl'industriali sulla necessità di salvaguardare ai lavoratori, nell'interesse stesso deU'ifodustria e soprattutto nell'interesse generale del Paese, quelle condizioni economiche che, oggi come oggi, non rappresentano se non un minimum di esistenza civile.

Persone citate: Orto, Poma