La folgore della follia sul nido famigliare

La folgore della follia sul nido famigliare La folgore della follia sul nido famigliare Un giovane ragioniere impazzisce giocando con la sorella La ferisce con uno scalpello e poi fa strazio della madre i Via Rombò, una strada quasi periferica di Rivoli, allinea ai suoi Iati, oltre ad alcune casa agricole ed a qualche palazzo di aspetto quasi gentilizio, una maggioranza di calette a un piano, minuscole e linde, ractfhilieve in certi cortiletti da cui esce il verde di Gualche pianta o pergolato al disopra dei muretti di cinta e lungo le ringhiere dei balconi. In una di queste casette, che sembra latta per il raccoglimento e la quiete più completa, 6'è svolto l'altra sera un atroce dramma. Sullo efondo idillico del quadro è caduta, gettata da una tetra fatalità, una macchia paurosa di sangue, ha soffiato il ven. te della più esaltata follia. Un giovane, sotto l'Impulso di un'improvvisa pazzia, si è gettato contro la sorella e la madre, le ha colpite con un pesante arnese di ferro; ed ha lasciato al suolo moribonda, crivellata di colpi, una delle due creature: colei che gli aveva datò la vita! Una famiglia esemplare Da 15 anni circa abita a Rivoli la famiglia Rollini. Il padre, per lunghi anni maggiore al 25.0 artiglieria allora di stanza nella cittadina, passato in pensione aveva scelto Rivoli come stabile dimora. 11 maggiore è morto un anno o mezzo fa. Sono rimasti la vedova, la figlia Erminia, di anni 24 e il figlio Ilario di anni 23, che aveva compito a Torino gli studi dì ragioniere, ed era ora Impiagato presso una ditta torinese. I Rollini costituivano una famiglia esemplare. Il defunto maggiore era noto fra i conoscenti come una perla di galantuomo, ligio lino allo -scrupolo non meno ai suoi doveri militari che alle cure della famiglia. OH altri membri della famiglia specchiavano in tutto e per tutto queste doti di dirittura del loro capo. Erano gente riservatissima, che agli occhi di molti appariva persino un poco selvatica; ma 1 pochi amici e frequentatori testimoniano della costante ar mania dei Rollini, del loro carattere tranquillo, alquanto schivo ma cordiale e sincero. Non si è mai 6aputo di un solo screzio, di un solo contrasto fra di essi. Specialmente dopo la morte del maggiore, i superstiti parevano essersi stretti ancora di più fra di loro, come per compensarsi vicendevolmente di quella parte di affetto perduto. La cerchia della famiglia era tutto il loro mondo, specie per le due donne, ed in modo particolare per la madre, ehe non viveva, si può dire, cne peri figli suoi. II Mario era visto sovente per strada, prima per le ragioni di studio e poi per gli impegni dell'Impiego che lo richiamavano giornalmente a Torino; ma le due donne erano quasi sconosciute In Rivoli. La signora, di vista assai debole, usciva rarissimamente e forse non più di venti persone la conoscevano; la signorina era nota alla cerchia del vicini, ma non molte più in là. Gente, in una parola, per cui 11 cosiddetto mondo non ha mal potuto dire una 6ola parola di riprovazione sul suo conto. Un conoscente ce l'ha cosi definita : « una famiglia santa >. Tutt'al più poteva fare una certa impressione la srande, forse esagerata riservatezza dei BoiBai, tutti chiusi nel loro piccolo guscio, nel loro breve ambito di vita. La benda agli occhi Eppure questa piccola famiglia tutta silenaio e modestia fa parlare oggi l'intera popolazione di Rivoli, dopo aver fornito lo spettacolo di una terribile, incredibile tragedia. Mercoledì, terminato a Torino il suo lavoro d'ufficio, il giovane Mario 6 tornalo a Rivoli, comedi Consuelo, con uno dei trams serali. Appariva del solito umore. Sedette a tavola col suoi, mangiò di buon arpciito. Non il minimo gèsto, non una parola che tradisse In lui qualcosa di anormale. Dopo cena, non usci di casa, il che era del resto la sua abitudine. I tre chiacchierarono alquanto, poi fratello e sorella si misero a giocare alle carte, il che era pure nel programma quasi Immutabile delle loro quiete, raccolte serate. Mentre 1 giovani t-i fermavano cosi nel tinello, seduti al tavolo, la madre passava In uri calottino accanto per dlsrrnpegnarc ad alcune fa coendu ole. Giocando, il Mario e l'Erminia parlavano, scherzavano, ridevano. La signora, li presso, udendo quei lieti commenti all'innocente svago, doveva certamente compiacersene, tutta contenta ed orgogliosa. Ahimè, che. la tragedia, recando con 6è sangue e follia, doveva fra pochi istanti entrare, irrompere in quella quiete per spargervi la rovina, e prendere di mira proprio lei, la madre felice 1 Le partite a carie si protrassero fin oltre le ore se. Ad un dato punto il Mario, che appariva in vena di prolungare quel divertimento, proposo alla sorella un nuovo gioco. La ragazza accettò. Era una specie di indovinello, diceva il giovane, per cui sarebbe occorso cho la sorella si fosse lasciata bendare gli occhi. L'Erminia accettò, senza obbiezioni, ed anzi divertita da quella Insolita trovata. Egli prese un tovagliolo e glielo passò sulla fronte, coprendole gli occhi e annodandoglielo sulla nuca. — Sta ferma —- disse poi — bisogna pure che ti leghi, che ti Imbavagli. Cosi egli le passò ancora attorno al collo ed al volto dei legacci, ma tenuti allentati. — Ecco, ora ci siamo — conchiuse. A scalpellate Ci fu un intervallo di silenzio, in cui l'Erminia aspettava la continuazione e l'epilogo dello strano gioco. Ma, improvvisamente, inaspettatamente, essa 6entl un forte colpo al capo, vibrato con un oggetto metallico, e poi un altro ancora. Diede in un grido: — Che fai, Mario, che fai ì Con mosse rapide e convulse si sciolse il capo dai legacci e dalla benda e si voltò. Ed ebbe davanti agli occhi uno spettacolo ira pressionante. Tutto si sarebbe atteso la poverina, tranne quella scena. Il fratello, con gli occhi sbarrati e lampeggianti di una .sinistra luce mai vista, col volto pallido, quasi cadaverico, con un convulso tremore diffuso in tutto il corpo, stava davanti a lei, brandendo un oggetto di ferro, un lungo scalpello da muratore, e con quello la colpiva una terza volta. Egli non parlava: pareva diventato muto; tutta la sua vita era concretata in quegli occhi diventati paurosi, demoniaci, in quel gesto di uomo che vuole ferire, abbattere. La disgraziata fuggi. Raggiunse la 60glia, sali una scaletta che porta al piano superiore, e quivi bussò alla porta di due inquiline, le uniche della casa, due ragazze che lavorano esse pure in città. Ad esse chiese aiuto ed ospitalità, tutta tremante di terrore. Il fratello non l'aveva inseguita. Però, poco dopo, le tre donne dal piano superiore udirono provenire dal basso grida disperate. La signorina riconobbe la voce della madre. Un dubbio terribile, cho si tramutò tosto in certezza, le attraversò l'animo. 11 Mario percuoteva la madrel Infatti le implorazioni della signora continuavano, ed era in esse una angoscia più che umana. Al dolore fisico .si univa la sorpresa di colei che si vedeva col pita dalla propria creatura... Una delle vicine di casa corse alla caserma dei carabinieri, che dista non più di una cinquantina di metri. Accorse il maresciallo con un paio di militi, ed entrarono. Già nella casetta era subentrato il silenzio; un silenzio stipo, come di attesa a gravissime cose. E infatti, ai loro occhi apparve una scena di una pietà, di una tragicità indimentica, bile. Nella cucina, stesa al suolo, giaceva la povera signora Rollini. Era irriconoscibile. Il capo ed il volto erano tutta una ferita, una piaga sanguinosa. Una chiazza di sangue «1 allargava sul pavimento, e la poveretta vi poggiava nel mezzo il volto, come sopra un raccapricciante cuscino. Era infatti immota, come nel sonno, svenuta, agonizzante, ih seguito ai terribili colpi che le avevano màclul. lato il capo! Allucinato Nel salotto stava if Mario. Pallido, ritto, come uno spettro. Gli occhi non brillavano più della ferocia di poc'anzi, ma lo sguardo era StntscdvsdpcLupuqsnrsdgpsuvbEnlscslinibambolato, istipudito. U'giòvane pareva as- sente. Tremava ' tutto,- verga a verga." Non parlava. SI mandò tosto a chiamare il dottore Bruno, amico della famiglia Rollini. Visitò la signora. Respirava appena. Diede ordine che fosse subito trasportata all'ospedale. II. giovane ragioniere era sempre li, in quel suo atteggiamento da estraneo, da folle. Soltanto alla vista del medico, antico amico di famiglia, egli parve scuotersi. — Sei tu, Mario, che hai fatto questo? Perchè? Egli rispose con parole e gesti da allucinato. Disse che non era stato lui. Mentre con la sorella giuocava alle carte, era entrato un uomo, piccolo e malvagio, cho li aveva entrambi Imbavagliati, che 11 aveva percossi, e cho poi aveva uccisa la mamma... C'era nelle sue parole un accento bambinesco, futile. 11 dottor Bruno non tardò a comprendere. Il giovane era stato assalilo da repentina pazzia. Lp. vista della sorella da lui stesso imbavagliata, chissà per quale recondito, sciagurato gioco della sua mente, aveva agito su di lui in modo così tremendo, impensato. Istinti di oscura ferocia si erano improvvisamente svegliati nel fondo del suo essere, erano venuti a galla prepotentemente. Ed egli aveva colpito prima la sorella e poi, quando questa si era sottratta alla sua forscnmata crudeltà, la madie... II contegno stesso del giov.ane non tardò a dare ampia ragione all'ipotesi del dottore. Si vide il Mario ora prorompere in un piano dirotto, ora mettersi a ridere, sempre prò-. nunciando parole e frasi staccate, lncòngrueni. Lo stesse medico decise allora di far trasportare all'ospedale anche il disgrazialo, a con lui la sorella. Egli riscontrò in lui evidenti, fortissimi fenomeni di epilessia. Aveva 130 pulsazioni al minuto, la pupilla smisuratamente dilatata, ed una temperatura da febbre incipiente. Il viso rimaneva eempre straordinariamente pallido, quasi non vi circolasse più una goccia di sangue. La povera madre: trenta ferite! 11 giovane fu messo a letto, piantonato da un carabiniere. U dottor Bruno lo visitò ripetutamente. Egli accusava ed accusa tuttora un fortissimo mal di capo. Interrogato su quanto ha fatto non risponde, e guarda il suo interlocutore con occhi senza espressione. E' opinione del sanitario che egli non ricordi affatto, ancora, quanto ha commesso, e che, del resto egli abbia agito in lstato di completa incoscienza. La signora Rollini è stata ricoverata in gravissime, disperate condizioni. Essa ha riportato al capo ed alla faccia numerosissime ferite. Orribile a dirsi, saranno forse una trentina!'Certamente essa ha avuto la volta cranica fratturata. Un colpo del terribile scalpello le ha abbattuto tutti i denti. Essa giace tra la vita e la morte, e i medici non nutrono, purtroppo, speranza di salvara. Sul suo corpo sono state riscontrate, e specialmente alle mani, numerose echimosi, che denotano come la poveretta abbia sostenuto una lunga e disperata lotta contro la furia sanguinaria del figlio. Invece lo 6tato della figlia, la signorina Erminia è soddisfacente. Nessun pericolo esiste per essa. Ha riportato tre ferite non gravi al capo, sul lato sinistro, guaribili.In una decina di giorni L'inchiesta condotta dal Sostituto Procuratore del Re barone ScaMaro e dal giudice istruttore Soldanl, ha assodato che, nella sua terribile, esaltazione di follia, il giovane ha sparato anche alcuni colpi di rivoltella* Difatti la signorina, mentre era ricoverata presso le vicine, ha udito rintronare, due colpi. Sembra che il pazzo abbia sparato così, alla cieca, forse in aria, quando già aveva com piuta la sua strage, poiché sul corpo della madre non fu rinvenuta traccia di ferite di arma da fuoco. Gli 6pari della rivoltella sarebbero stati l'qltimo sfogo di quella morbósa, feroce esaltazione. La figura del mentecatto . Il rag. Rollini è un giovane alto, smilzo, magro, pallido. E' sempre stato di gracile costituzione e prevalentemente anemico. E gli stessi caratteri fl6ici si riscontrano nella sorella. Nulla, però, avrebbe lasciato supporre nel giovane una cosi latente deficenza, un cosi grave squilibrio del sistema nervoso, da generare un tracollo tanto improvviso « funesto. Anzi, nella famiglia Rollino c'era, si, un qualche cosa che poteva parere anormale, ma questo, alla prima apparenza, poteva anzi far pensare ad una certa quadratura del sistema nervoso. Quest'anomalia dei Rollini consisteva in una mancanza di capacita alla sorpresa, alla tc-eravàgìia. Egli non si istupiva di nulla. Una specie di insensibilità, cioè proprio il con- trarlo di quella ipersensibilità ohe denota appunto una qualche tabe del sistema nervoso. Quando ad esempio, il maggiore Rollini 6i ammalò della malattia che doveva condurlo a morte, il medico curante dott. Bruno duTò fatica a far comprendere ai famigliari che il caso era gravissimo. Le sue reticenze, doverose ma trasparenti, i suoi vaghi ma espressivi accenni non erano afferrati e compresi nel loro giusto valore. Allora il medico, preso in disparte il Mario, gli disse apertamente : — Tu oramai sei un uomo, e posso parlarti senza veli. Bada che il papà età male essai, e che sarà difficile salvarlo. Ebbene, il giovane non si scompose gran ohe, non manifestò molta meraviglia. — Davvero — disse — che il papà sta cosi male? Non l'avrei supposto. E ciò riesce tanto più strano, in quanto è fuori dubbio che 11 Mario nutriva pel genitore un sincero intenso affetto. Questo episodio, considerato ella luce dei fatti odierni, può forse dar luogo a considerazioni e interpretazioni che ti ricollegano olla tragedia. Altrettanto può dirsi, forse, di queir abitudine ad appartarsi, a straniarsi dal mondo circostante, proprio dei Rollini, e clic era forse una mania, ima forma di misantropia; segno anche questo di sistemi nervosi debolmente costituiti. Ieri sera lo condizioni deliba signora Rollini erano disperate. li rettore dell'ospedale don Peiraro. le imparti l'estrema unzione. I

Persone citate: Bruno Dutò, Rollini

Luoghi citati: Rivoli, Torino