I sindacati e lo Stato

I sindacati e lo Stato I sindacati e lo Stato TJ Premier inglese, on. Baldwin, nel suo ultimo e recente discorso a Chippenhaam, ha dotto, a proposito dello sciopero dei minatori, cose il cai rilievo soverchia i limiti di quel pur gigantesco episodio della crisi che l'Impero Britannico attraversa per la trasformazione dei metodi e dei processi tecnici eia di estrazione del carbone che di lavorazione industriale, che esso deve compiere se vuole conservare il suo rango manifatturiero e commerciale, dopo aver perduto colla guerra il primato finanziario a beneficio dell'America. L'on. Baldwin, che non è un demagogo, ha deplorato anzitutto il rifiuto delle parti ad accettate quell'arbitraggio, che gli sembrava il migliore metodo di risoluzione di consimili controversie « fino a che non si fosse escogitato qualche organismo permanente inteso a dirimere tali contrasti », aggiungendo a titolo d'onore per il suo paese, e senza nostalgie, che « sono ormai cent'anni che vennero revocate le leggi che punivano gli operai e incarceravano quelli che si organizzano insieme per migliorare le* loro condizioni ». Ricordati poi i tentativi che si compiono per limitare e risolvere i conflitti intemazionali in modo « diverso dall'arbitrio della spada », aggiunse che « dobbiamo vedere se non possiamo scoprire una via migliore e metodi più acconci per evitare la guerra all'interno », e paragona i danni causati dai conflitti tra capitale e lavoro alle spese fatte per gli armamenti che hanno dissanguata l'Europa, augurando che i rappresentanti delle due parti, coll'assis lenza del governo» si riuniscano « per discutere qualche nuovo indirizzo che lasci indietro la guerra aperta ed occulta, che ha fatto retrocedere le industrie ». Non vi ha dubbio che il problema cosi posto da Baldwin all'ordine del giorno rappresenta dal lato economico e sociale il più importante di quest'epoca; ed a con• vincersene basterà ricordare che tutto il secolo passato fu travagliato, insanguinato e impoverito dalle lotte fra capitale ,e lavoro, cosi spesso trasformatosi in convulsioni politiche. La congiura di Babeuf e le rivolte contro le macchine, il massacro di Manchester del 1819, le cui vittime Shelley ha celebrate in versi immortali, e le esecuzioni di Newgate, le cospirazioni c le insurrezioni del Luddismo e dello Spcnceanismo, e quelle del Cartismo e del Blanquismo, le giornate sanguinose di Francia del 1831, al grido di « vivere lavorando o morire combattendo », ed in parte la stessa Comune di Parigi, ed i nostri morti del 1898, non furono se non esplosioni violente di quella guerre sociale, che accompagno, gli albori e tutto il primo secolo della grande industria moderna. pszcvlunsldnedciSsSPIl problema posto dal Baldwin. fu in Italia affrontato dall'on. Mussolini, che vi ha data una soluzione legislativa, derivata più che dalle discussioni fra i rappresentanti delle due parti contendenti, dalla sua visione personale e dalla sua conoscenza, e diciamo pure, esperienza, di tali contese economiche e sociali. E secondo tale sua visione, egli ha creato un « organismo permanente inteso a dirimere i conflitti » fra capitale e lavoro, con sanzioni assai gravi. Infatti la recente legge, che disciplina i rapporti collettivi del lavoro, e cioè la legge sui sindacati, affida alle Corti d'Appello, funzionanti come « magistratura del lavoro », la risoluzione di tutte le controversie riguardanti 6ia l'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, che le richieste di nuovi patti; e dopo avere sanzionato il divieto di sciopero e di serrata, punisce di multa i datori di lavoro che sospendano il lavoro e gli operai che scioperino, e propina da uno a due anni di detenzione agli organizzatori ed ai promotori degli scioperi e delle serrate. ; Sarebbe assurdo ed ingiusto negare l'importanza di tale legislazione e della soluzione 'data al problema del risparmio delle rovine economiche, causate dai conflitti fra capitale e lavoro, vere perdite secche tanto per i contendenti che per il paese. L'applicazione ne deve quindi essere seguita con vivo interesse, perchè essa rappresenta un grande esperimento economico e sociale. L'assenza di preconcetto ostile non può però dissipare qualche viva perplessità al riguardo. Del resto, il sistema avrà forse modo di essere messo alla prova nei contrasti tra il capitale e il lavoro che potrebbero sorgere ove le difficoltà che l'industria già avverte dovessero accentuarsi, sia in causa dei crescenti intralci alle csportazioni e della ridotta capacità d'acquisto dei mercati esteri e di quello interno, sia in causa del progressivo rincaro della-j vita, che il nuovo deprezzamento della lira non potrà non accentuare. Il punto di maggiore incertezza rimane per noi il funzionamento all'atto pratico di quella che è la chiave della nuova legisla zione, e tó^e l'obbligatorietà della rappre sentanza di tutti gli appartenenti a ciascuna categoria da parte dell'unico Sindacato che sarà riconosciuto dal Governo, se anche ad esso sarà iscritto solo un decimo dei componenti la categoria. E' questo il punto in cui il sistema assume un colore fortemente politico, staccandosi dai tipi esistenti o generalmente discussi di organizzazione sindacale. Fra le due soluzioni tipiche, o dei Sindacati liberi e plurimi o del Sindacato unico ed obbligatorio per ciascuna categoria, il Governo ne ha scelta una terza, e cioè quella della unica ed obbligatoria rappresentanza dell'intiera cate. goria da parte del Sindacato riconosciuto dal Governo, se anche esso raccoglie solo il decimo degli iscritti alla categoria, rimanendo gli altri eventuali sindacati delle semplici associazioni di fatto, prive di qualsiasi funzione nella elaborazione, discussione e stipulazione di patti di lavoro cogli industriali. Questo è il punto su cui non TKintinmn. tacere qualche riserva, menffavO. riconoscimento giuridico e la regola- cgmrtfsdsiglctzsdsuvrcscdcriqtm rizzazione legislativa dei Sindacati é della loro funzione economica, a tutela dei loro diritti e a garanzia dei loro obblighi, non può essere comunque contrastata. Sono le stesse condizioni odierne sia della produzione industriale che dei pubblici servizi, che hanno creati i rapporti collettivi di lavoro, i quali esigono una loro disciplina legislativa. I Sindacati in quanto hanno una loro effettiva ed incontestabile funzione economica, devono pure trovare corrispondente riconoscimento giuridico nella legislazione. Non solamente, ma ad essi dev'essere data la dovuta partecipazione negli istituti e nelle assemblee di carattere economico e tecnico, facendone veramente degli organi essenziali della vita economica del paese. Se di ciò non può dubitarsi, ci sembra invece che si corra troppo volendo fare dei Sindacati i capisaldi e la base di una trasformazione politica e costituzionale dello Stato. Non vediamo ancora, e sarà forse miopia politica la nostra, né che. il cittadino, oggi investito come tale della sovranità politica e soggetto dei diritti pubblici, debba cedere il campo al corporato, ne che le assemblee legislative e gli organi dello Stato debbano profondamente trasformarsi per diventare emanazione delle corporazioni ' Nessun dubbio a nostro avviso che i Sindacati, riconosciuti giuridicamente, debbano esercitare nella vita pubblica del Paese quella influenza politica che deriva dalla loro forza, e perciò dalla partecipazione dei loro iscritti, come cittadini, alla costituzione dei pubblici poteri e delle assemblee legislative. Il ohe però è cosa ben diversa dal plasmare sulla base dei sindacati l'organizzazione politica e costituzionale del Paese. Non si può identificare la vita' dello Stato con quella dei Sindacati, e ciò perchè le funzioni e gli interessi dello] Stato non si confondono e non si esauri¬ scono in quelli delle corporazioni. Anche nello Stato vi è la ragione pura e la ragione pratica, l'etica e l'economia. Vi sono tutti i problemi ideali, colturali, morali, quelli della giustizia, dèlia scuola, della difesa, della politica estera, e infiniti altri, che stanno al di fuori ed al di sopra degli interessi, economici, e che appartengono al cittadino, il quale non è una creazione demagogica della Rivoluzione Francese, ma una realtà politica e storica. La sovranità dello Stato — che oggi, per la parte che ne spetta al popolo, è unica nel cittadino — correrebbe il rischio di risentire i contrasti degli interessi delle corporazioni o di corrompersi nelle loro coalizioni. Non vorremmo poi che, insieme alle corporazioni, anche la lotta di classe s'inserisse negli ordinamenti costituzionali dello Stato. Perciò noi continuiamo a credere che la conclamata morte dello Stato liberale non sia definitiva. MARCELLO SOLBRI .

Persone citate: Baldwin, Mussolini

Luoghi citati: America, Europa, Francia, Italia, Manchester