Il ritorno di Mefistofele

Il ritorno di Mefistofele Il ritorno di Mefistofele PARIGI, giugno. Mefistofe!*, o, più semplicemente, il diavolo, fa la Mia ricomparsa nella letteratura francese. Chi gli ha riaperto la porta 5 uno scrittore di provincia, appartenente, se non alla generazione, ial gruppo di quei Bloy, di quei Maritain, di quei Vallory-Radot, di quei Massis che tanto hanno fatto, in questa ultimi anni,, per la rinascita dello spirito cattolico in .Francia. Giorgio Bernanos è al suo primo romanzo : ma Daudct e l<efèvre, primi ad averlo letto, assicurano che Sotto il sole di Satana (Paris, rion, 1926) supera quanto s'era scritto di meglio in questo paese da Balzac e da Stendhal in poi ; e il secondo dei due mallevadori aggiunge di aver riconosciuto nell'abate Donissait, protagonista dell'opera, « una magni fica illustrazione del senso cattolico del dolore e dell'impiego della sofferenza-poi bene delle anime 1. La critica ecclesiastica, sola competenti* in materia, non ha ancora manifestato il suo parere. Vedo tuttavia che già, qua e là, segni di allarme, non mancano: e mi affretto a dire, a rassicarazione dei lettori, che l'allarmo non mi pare ingiustificato. TI Hm-na.nos ha rifatto, a modo suo, il Santo del Fogazzaro: ma l'essersi tenuto su un terreno totalmente diverso non basta a promettergli da parte dell'autorità romana indulgenza maggiore di quella che non fosse stata accordata al suo predecessore. Quest'ultimo aveva veduta e prospettata la santità sotto una specie, per dir co3Ì, pragmatistica; anzi, più che la santità, aveva avuto in mira un certo modo dell'azione cattolica, un certo sforzo della coscienza cristiana per rifarsi, di contemplativa, operante; si ora interessato, più che al problema della coscienza religiosa, a problemi di sociologia e di politica che religiosi erano solo mediatamente. Io scrittore francese vede la santità sotto un riguardo rigorosamente interno e statico e la risolve in una tenzone astratta fra Bene^ e Male, non accordandolo altro teatro d'azione fuorché quello ristretto di una coscienza individuale. Il dramma di Piotro Maironi era il dramma dell'obbedienza cristiana ; quello dell'abate Donissan è piuttosto il dramma della cristiana libertà. Dicono ohe il Bernanos si sia ispirato, nel costruirlo, alla vita del curato d'Ars. In tal caso, questa bella figura cattolica della fine dell'Ottocento è stata da lui bizzarramente deformata e, oso dire, sciupata. Il suo romanzo la spoglia di tutto quanto c'era in essa di comunicativo e di edificante. Il ministero d'amore si è ridotto a un'ipotesi, l'attività precisa e lucida, visibile a distanza come un vasto panorama di colline e di piani, e scomparsa dietro lo spesso fumo delle crini e dei fantasmi dell'introspezione. I»e poche volte che vediamo il « Santo i> di Liunbres entrare .come attore nella vita del prossimo, il. suo concorso ci si dimostra di una sterilità affliggente. Mcwtchelte, questa Margherita da Barbey d'Aurevilly, che a sodici anni uccide l'amante e spegne nelle proprie viscere il frutto rìollr, colpa, quaiwio il romanziere la getta sulla strada di colui che dovrebbe Tesserne il salvatore, la» parola di questi a null'altro serve fuorché- a precipitarla nel 'suicidio: Il curato d'Ars l'avrebbe salvata. E anche il secondo episodio capitale di questo libro estremamente parco di elementi narrativi, il tentativo di miracolo o piuttosto la tentor'.ione del; miracolo al letto del moribondo, si risolve in una sconfitta. Il curato d'Ars non- avrebbe probabilmente resuscitato il morto, perchè non avrebbe avuta la temerità di provarcisi: ma avrebbe senza dubbio consolati i rivi. L'abate Donissan lascia invece dietro di sè una madre in preda a un accesso di demenza. Dall'intera Normandia uomini e donne, attirati dalla sua fama, vengono a lui per aiuto. Ma in che consista quest'aiuto e su di cùe riposi quella fama il romanzo non dico. Più che un benefattore, ci troviamo davanti un uomo posseduto da un « senso di impotenza a fare il bene, che lo umilia senza rendergli la pace ». Non occorre un grande sforzo per prendere tale impotenza alla lettera. L'ossessione dell'impero del Male non costituisce una semplice crisi formativa della cosciènza religiosa o del carattere di Donissan: ingombra tutta la sua vita. E poiché non si chiude con una vittoria del Bene, l'impressione prodotta ne.l lettore è che per lo meno Bene e Male effettivamente si equivalgano. Se non si equivalessero, l'una delle due forze trionferebbe dell'altra. Roberto Kemp ne trae argomento per accusare il Bernanos di manicheismo. Dall'accusa, indubbiamente eccessiva, l'autore si difende confidando al Lefèvre: c Non capisco che cosa vogliano dire quando parlano di manicheismo. E' vero che in questo o in quell'altro momento della sua vita dolorosa la grazia sembra messa in iscacco nell'anima travagliata ma comunque tanto pura dell'abate Donissan. Ma che per ciò? Ne viene forse che io attribuisca egual potere ai due prinoipii avversi del Bene e del Male? D curato di Lumbres pecca senza intenzione. Sarò ora forse obbligato, per non destare sospetti, a scrivere libri in cui tutti i personaggi oppongano alle tentazioni la medesima resistenza vittoriosa?... Vorrebbero fare del diavolo un semplice spettatore che non interviene se non per applaudire o fischiare. Ma di qui a negarlo puramente e semplicemente non c'è che un passo. Ora, tolto di mezzo il diavolo, il moralista non esercita la propria magistratura se non per breve tèmpo: l'igienista fa presto a sostituirlo. Niente diavolo, niente morale : tutto diventa igiene ». La risposta non è troppo convincente. Ma_ col Bernanos sarebbe inutile discutere. Egli ha concepito il suo « Santo » di Lumbres, vero campo di battaglia di Dio e del diavolo, come ai poteva concepirlo in un'epoca di psicologismo parossistico, dopo la comparsa di Proust e di Freud. Tra la formula fogazzariana e la sua corre tutta la differenza che divide l'Ottocento attivo ed ottimista dal Novecento pessimista e negativo, divorato dal tarlo dell'autocritica. Benché figlio dell'aratro e della vanga, il suo c Santo • è un casuista e un metafisico. Nulla per lui è semplice. La sua innocenza è ridotta' in cenere dalla vampa inestinguibile della paura di peccare: con l'aggravante die il peccato non si risolve per lui come per l'anacoreta dei primordi nelle seduzioni del senso ma si annida e si cristallizza nelle seduzioni incomparabilmente più equivoche dell'intelletto. Questa concezione puramente cerebrale de? peccato è probabilmente l'unica che potesse sedurre lo spirito di un cattolico sa¬ tinlcusgdlscccvscMpltddnlnidteBszagcriPnsrdts a e e e i e e e e ¬ turato, come ormai tasti altri, di velleità intellettualistiche. La prima tentazione dell'abate Donissan è la gioia: i l'anima arida, che non conobbe mai altra dolcezza fuorché una malinconia muta e rassegnata, stupisco, poi prova sgomento e da ultimo si sdegna di questa soavità inesplicabile ». Se il diavolo gli si manifesta, è anzitutto sotto la specie ambigua e progressiva di un mero senso di euforia, di benessere. Il prete cammina di notte sulla strada di Boaulaincourt verso Etaples, dove devo recarsi a confessare: ma un misterioso sensale di cavalli lo raggiunge a mezzo cammino, lo svia, lo riconduce a Eéaulaincourt, e l'incontro con questa bizzarra incarnazione del Maligno è preceduto c da un moto di impazienza quasi allegro... La strada si allunga o scivola sotto di lui come se lo portasse di peso, dritta e facile, in un declivio dolce, mentre gli par d'ossero alacre, ben disposto, leggero come dopo un buon sonno nella frescura mattutina ». So vogliamo, la novità non è grande : Fausto ringiovanito per grazia, di Mefistofele (lave provare impressioni di molto simili. Ma l'euforia della dannazione Goethe la dissipa nel vortice opaco di piaceri troppo soliti per non escludere un benessere soprannaturale : Bernanos la fissa allo stato puro, nella sua sostanza psichica. In Mouchette, la presenza del Maligno è rivelata, ancora più astrattamente, da una pace muta, solitaria, gelida, paragonabile al piacere dell'annichilamento. Riflettete alle conseguenze di questa teoria del diabolico e ne rimarrete spaventati. Per lo scrittore che gli zelanti ci presentano come « una magnifica illustrazione del senso cattolico del dolore » la pace, la serenità, la quietudine, questa quintessenza del sentimento cristiano, costituiscono altrettanti inviti di Satana. L'abate Donissan ha orrore di « quei tiepidi che il Signore vomita ». La semplicità del cuore gli diventa una camicia di Nesso che occorre strapparsi di dosso a forza, per giungere al divino : il Nemico se. no vale come il libertino della semplicità delle vergini. Naturalmente, a forza di strappare, strappa anche la pelle, anche le fibre più segrete. E quando la pace si è irrimediabilmente allontanata da lui, quando la disperazione 10 tiene senza tregua, eccolo scoprire con raccapriccio che questa stessa disperazione è un nuovo invito di Satana, e che la 6ua rinunzia è una seconda tentazione. Gladiatore indomabile, accetterà di perdersi affinchè la sua esperienza serva a salvare gli altri. L'esperienza più atroce di tutte: la necessità di diffidare. "In un mondo di creature fiacche, educate a transigere e a cedere senza lotta, Donissan diffiderà di tutto: della pace e dell'inquietudine, dell'amore e dell'odio, del bene e del male, della ragione e dell'istinto. Furia gigantesca e primitiva, sfida lanciata all'impossibile! Trovato morto nel confessionale, dalla bocca spalancata del suo c Santo » lo scrittore immagina di sentir sgorgare quest'ultima protesta contro Lucifero: « Signore, non è vero che Vi abbiamo maledetto; perisca, piuttosto, questo mentitore, questo falso testimonio, vostro derisorio rivale I Egli ci ha preso tutto, ci lascia nudi, e mette sulla nostra bocca una parola empia. Ma la sofferenza ci resta, che è la parte che abbiamo comune con Voi, il segno della nostra elezione, ereditata dai nostri padri, più attiva del fuoco casto, incorruttibile! 11 nostro intelletto è opaco e grossolano, la nostra credulità infinita; e S subornatore è sottile, con la sua lingua dorata... Sulle sue labbra le parole più familiari pigliano il senso che gli piace e le più belle ci fuorviano meglio. Se stiamo zitti, parla lui per noi... Periscano con lui le perfide parole!... L'universo che il peccato ci tolse, lo riconquisteremo a palmo a palmo ve lo restituiremo quale lo ricevemmo, nel suo ordine e nella sua santità, al primo mattino dei giorni. Non lesinateci il tempo, Signore ! La nostra attenzione non dura, il nostro spirito si distrae oosì presto! Senza posa lo sguardo cerca a destra o a sinistra una impossibile uscita; ogni momento uno dei vostri operai getta il martello e se ne va. Ma la Vostra pietà non si stanca, e dappertutto dove ci presentate la punta della spada il fuggiasco ripiglierà l'opera o perirà nella solitudine »... Eminentemente drammatico, nonostante l'estrema semplicità di uno schema narrativo ridotto a tre o quattro scene senza nesso apparente, il romanzo del Bernanos ci riconduce in pienu notte medioevale, il suo « Santo » appartiene, astrazion fatta dal modernismo del proprio apparecchio logico, al nono o al decimo secolo : c noi non siamo di quei santi vermigli dalla bionda barba, che la brava gente vede dipinti e di cui gli stessi filosofi invidierebbero l'eloquenza o la salute ». Esteriorità, intenzioni, mezze misure non lo accontentano. Gli uomini cui ha votata la vita non gli ispirano meno orrore che compassione. Dicono: « Cerchiamo la pace ». Ma non la pace cercano, « bensì un breve riposo, una sosta nelle tenebre. Vengono a gettare la loro bava ai piedi del solitario: e poi tornano ai lor tristi piaceri, alla loro vita senza gioia ». Quello che Donissan vuole è sommuovere lo Btagno delle anime addormentate, turbare per sempre le coscienze, introducendovi il lievito febbrile dell'inquietudine e dello sgomento di sè stesse. Nel proposito dello scrittore questa evocazione appassionata di un cristianesimo eroico dovrebbe dunque servire a risanare e rioristianizzare. « Qualunque cosa, dirà egli ancora a Lefèvre, è preferibile all'equivoco alimentato dal secolo XIX, alla sua anarchia, all'odiosa confusione da esso operata nei valori morali... So obbligo il lettore a discendere nel fondo della propria coscienza, se gli dimostro con evidenza suprema, che l'umana debolezza non spiega tutto, essendo a sua volta alimentata, sfruttata da una specie di Genio feroce e tetro, quale altro partito gli rimarrà da prendere tranne quello di gettarsi in ginocchio, se non per amore almeno per terrore, e di invocar Dio? ». Dubito, ahimè, che il risultato raggiunto risponda allo scopo. L'opera, illuminata qua e là da uua chiarezza di intuito psicologico abbagliante, ha grandi meriti letterali, ma lo spirito del lettore ne esce offuscato ed oppresso da un nembo di spessa caligine sulfurea anziché p-.-rificato e consolato da una intrawista felicità. Farà rumore in tutta Europa e non è possibile ignorarla: ma nessun'altra mi sembra altrettanto propria a turbare senza vanlap^io la fragile coscienza del credente ordinario; CONCETTO PETTINATO. BaInaldiNademil adsevamglegchpatrmpee nostDInUtsetineuntrchchnddgi(sUtirrrmsatrvqidmhcpdiictvmmvtstscsAvs6vategldrssfstplsdvutsbvlmsflgqtcoe.pccdadfbsnislsdf'brsdvmeeetsnigaScnm

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