La "rosetta,, di Yvette Guilbert

La "rosetta,, di Yvette Guilbert La "rosetta,, di Yvette Guilbert PARIGI, giugno. Yvette Cruilbcrl. ce ne ha fatta jer l'altro una delle sue. Veramente, dall'epoca in cui recitava la Giù di Ricliepin, le bello braccia inguantate di nero come una Venero di Feliciano Rops, sullo tavole verdi eli gas dei caffùconccrlo dei Campi Elisi la celebro artista aveva dati ai parigini segni non dubbi di ravvedimento. Da tempo si era mossa a cantare, in luogo di ritornelli scollacciati, vecchie canzoni popolari ; e fra queste il suo rinnovato candore sembrava proporle di preferenza le leggende di argomento pio, lugubre o drammatico. I suoi numeri favoriti orano la cantica di San Nicola: Il était tròia -petit g enfant»... e quella di Jean Renaud. San Nicola risuscita tre fanciulletti che un beccajo senza cuoro ha acciuffati mentre coglievano fiori pei campi, scannati e messi in salamoja; Jean Renaud torna moribondo dalle Crociate, spira'sulla soglia di casa nel punto che la moglie, di sopra, è presa dalle doglie del parto — l'eroe mancava da meno di nove mesi — c viene seppellito in una sola fossa con la donna e col putto, ohe si rifiutano a sopravvivergli. Yvette Guilbert dictlva le due nenie con la sua calda e materna voce di contralto, e immancabilmente un brivido di spavento dolce correva" per le vene dell'uditorio. Non c'era, dunque, più nulla da' ridire. Il repertorio dell'eccentrica si ora ormai convertito in quello di una placida o un po' tetra matrona delle Otibliettes rouijes, la truce taverna di San Giuliano il Povero sepolta, a edificazione .dei provinciali, nei sotterranei ferod di Filippo Augusto: o ciò significa che non poteva ossero più castigato di così. A casa propria, del resto, la bella Yvette, andava nel Trattempo sposa a un uomo di largo censo e di specchiati costumi, aveva proso l'abitudine di circondarsi di contrassegni palpabili della conversione. Per lontano che aguzzassi lo sguardo, ricordo io medesimo di non averci veduto se non santoni di legno, leggìi da messalo, pale d'altare, trìttici, pianetc, ostensorii, il tutto avvolto nella mistica penombra di vetrate a piombi che facevano del loro meglio per sapere di chiesa.... Portava ancora le braccia nude '— all'epoca di cui parlo non usava, ma quando le braccia erano belle sarebbe parso anche allora inumano chiederò a una donna di nasconderlo — tuttavia i suoi gesti avevano ugualmente dell'jeratico e del medievale, e a vederla nraoversl lenta per le sale avresti creduto scorgerle eni capelli color di rame l'ombra del cono velato delle badesse o delle castellane del Trecento. In conclusione : una giusta o una .bfata. Ma, dopo la guerra, che è, che non è, Yvette Guilbert torna quella di prima: abbandona la tonaca alle ortiche, getta la cuffia al di sopra dei tetti, diserta dalmatiche e messali, si taglia i capelli, ed eccola, in preda all'antica febbre, cantare di nuovo la Giù, i Vieux messieiirs ed anche di peggio davanti ai lumi sfacciati delV Empire e di simili luoghi di perdizione. Prima di darle la croce addosso, accordiamole, almeno un'attenuante. Quello che ha 'fatto lei, lo hanno fatto tutti. La guerra è stata uua grande sterminatrice di rinunzie c una spietata'violatrice di romitaggi. Prima o poi, chi nel 1914 credeva di essersi golosamente ritirato dalla scena del mondo, ha dovuto finire col fare alle gomitate per rientrarvi. Quante celebrità dell'arte, della politica, della vanità non avevano giurato a se stesse di morire, lasciando intatto nel pubblico il ricordo del loro apogeo, di sparire come Romolo, assurto in cielo in piena gloria e in completo asaetto di guerra, in un nembo di apoteosi? Ma allorché nel 1918 yàlori industriali, titoli di Stato e biglietti di banca presero a capitombolare, anche i più restii dovettero farsi spergiuri. Necessità non ha legge. La Duse dove rimettersi a correre il mondo, Zacconi a re citare il Cardinale Lambertini, Succi a digiunare, la bella Otero, non essendo più tanto bella, a scrivere le proprie Memorie, Paderewski a sonare il pianoforte, Lloyd George a rubare il pane ai giornalisti, Pasich a governare i serbi. Yvette Guilbert, lei, dovè raschiarsi la voce e rimettersi a cantare la Giù. La guerra, che ha distrutto tante cose, avrà commessa anche la suprema indelicatezza di fare scempio di un mucchio di glorie che la nostra genera' zione aveva beli'e incamerate, catalogate e messe al sicuro. Domani, quando gli archivisti dell'epoca vorranno stabilire il bilancio della medesima, non troveranno più al suo attivo se non un libro d'oro di cantanti sfiatati, di attori venuti a nausea alle platee, di ministri compromessi in politiche disastrose, di eroi nazionali scesi al'livello dei tenori da operetta, di concertisti travagliati dalla gotta, di etere ridotte a vivere degli amori altrui. Dopo avere, in somma, impedito a varii milioni di uomini di varcare i limiti di quell'età in cui un frutto'sul esser considerato acerbo quindi incommestibile per cucino meno grossolane della sua, la stolida giardiniera ne ha costrette, per ristabilire l'equilibrio, parecchie migliaia d'altri a varcare i limiti della maturità sino a diventare sfatti, cioè altrettanto incommestibili. Non è colpa dei frutti : perchè dovremmo prendercela con loro? _ Per tornare a Yvette Guilbert, non me la prenderò dunque nemmeno con lei se ha profanata la sua leggenda rimettendosi a vivere la vita di prima. Dirò semplicemente, per debito di cronaca, che giorni or sono ne ha fatta di nuovo una delle sue. L'avevano invitata alla colazione dei giornalisti esteri, a questa annua cerimo nia mercè la quale un centinaio di scribi che non si conoscono o che se si conoscono preferirebbero non conoscersi incontrano una cinquantina di farisei che non conoscono neppure ma che vorrebbero conoscere, o almeno lo si suppone, e dove, insie me col solito pesce in bianco e il solito poi lo di un altro colore si masticano durante Un paio d'ore quei pochi luoghi comuni eu cui al monarchico è lecito fare assegna mento per non offendere la suscettibilità del repubblicano, al dottore in lettere per non offendere quella dell'avvocato, al polacco quella del lettone, al redattóre-capo quella dello stenografo, allo specialista di meteorologia quella del cronista sportivo, Perché avessero invitata anche Yvette Guilbert non saprei dirlo, e non avrebbe saputo dirlo probabilmente nessun altri dei commensali. Il seguito della storia proverà, ad ogni modo, che lei, almeno; lo sapeva. Lo sciampagna facevasi raro in fondo alle coppe, e la fine dei discorsi ufficiali cominciava già a render legittima, la n e a a o i i o o e u à r o i speranza che il pericolo dello conflagrazioni fosse passato e che non restasse più so non andarsene fuori dell'uscio a fumare in pace il sigaro compreso nel prezzo pagato; allorquando, a due metri da Briand, distanza classica scelta dagli autori di attentati politici — non vi ho dotto che la coazione era presieduta da Briand, ma ormai lo avete capito — ecco la popolare artista sorgere dietro una barricata di bottiglie vuote e, rivolta come l'etichetta comanda verso il capo del' Governo, profferire : — Signori e Signore. Sapete tutti chi sono. Sono Yvotte Guilbert. Ho vissuto cantando canzoni. Ho girato il mondo cantando canzoni. Ebbene: mi ò grato trovarmi oggi qui fra tanti uomini d'ingegno... (segui di prudente consenso lungo le tavole) e soprattutto a due passi dal presidente del Consiglio... (tentativi di applausi soffocati) poiché ho anch'io una cosa da dire. Briand interrompe, agitandosi sulla sedia: non solleviamo incidenti Attenzione diplomatici. Ma l'oratricc, senza scomporsi: — C'è una cosa cho nessuno mi ha mai offerta, che nessuno ha"mai chiesto per me, che mi sta a cuore e che domando io stessa: signor Briand, domando la legion d'onore. Nient'altro. Ha dotto proprio così? Abbiamo sentito bone? Lo stupore impietra persino i camerieri, equidistanti lungo le pareti di stucco, con in mano un'ultima bottiglia di Muinm avvolta quasi scottasse in un tovagliolo. piegato nelle forme strettamente regolamentari. In trent'ànni di servizio è la prima volta che capita loro di sentir domandare a un ministro la legion d'onore a tavola, ad alta voce, conio si domanda del gelalo. Senouohè lo stupore — Yvette sa anche questo -- è uno stato d'animo essenzialmente provvisorio. Di lì a un attimo serenità e scetticismo ripigliano il sopravvento, e da ogni punto della sala centinaia d'ocohi volgonsi ironici a interrogare il capo del Governo. Brian 1, preso di mira.-inghiotte il rospo con gaibo - osserva, tentando di sorridere : — Oli n'est jamai's sì. bien sèrvi quo par soi-méme. ■ Un respiro. L'incidente sembra cliiuso. Ohimè! In piedi in mezzo al chiasso e non del tutto sicura di aver vinto, Yvette giura, a' buon conto, di stravincere. Le donne son fatte così. Ho portato in trionfo attraverso il mondo le vecchie canzoni di Francia: sissignori. E aggiungerò un'altra cosa. Come tutti possono attestare (e qui l'oratrice si appella con un'occhiata a un critico teatrale suo vicino di tavola) non ho mai alzata la gamba. I quattrini che ho guadagnati li debbo alla mia gola. Giacché sono una donna onesta! (o si batto il petto, che a vesto scopre con liberalità). Perfettamente : una donna onesta ! Arcano potere delle parole 1 Perchè l'inatteso e non richiesto aggettivo suona aloreoohio di tutti come uua stonatura? I camerieri spariscono nelle pareti. I volti dei commensali ai soffondono di sùbiti rossori. Briand martella con le dita la tovaglia cosparsa di briciole. Yvette, Yvette, eterna monella di Parigi, cho hai fatto? Non capisci che davanti a duecento persone non si parla di certe cose? Non capisci che vantare la tua onestà affinchè ti diano a rosetta equivale a dire che l'hanno data anche a persone ohe non potevano vantare la loro? Non capisci poi cho non aver alzata la gamba non basta per meritare di fregiarsi della prima onorificenza nazionale? Parla dei tuoi viaggi, pària delle tue cannoni, parla dell'amore che porti al tuo paese : ma lascia l'onestà da parte. L'onestà di una donna è schoking, soprattutto quando è lei stessa a metterci su il dito. Come il pigiama, come le babbucce, come qualche altro accessorio intimo, il suo posto è in camera da letto. A tavola non sappiamo che farcene, essendo inteso che tutte le convitate la posseggano. Che sarebbe se, alla stessa stregua, gli uomini dovessero parlare della loro? Le riunioni mondane piglierebbero l'aspetto di udienze di Corte di Assise, i salotti diverrebbero preterii. Tu che sai di latino, ignori dunque che excttsatio non -petita... Ma Yvette Guilbert non porge ascolto a queste ragioni. Eretta e statuaria, bersagliata dallo facce dei commensali come da altrettanti cannoni grandinifughi, non la farebbe sedere nemmeno San Nicola, che pur resbuscitava i fanciulletti dai barattoli dei beccaj. Per salvare la situazione sarebbe di mestieri un'altra donna. Fortunatamente, l'altra donna c'è, ed è degna della prima: R-achilde. Alla canuta e un po' satanica autrice del Signor Venere la rosetta l'hanno data da un pezzo e, manco a dirlo, quel giorno lì non l'ha lasciata a casa. Ma l'imprudenza di Yvette l'ha forse impietosita? Il sermone sull'onestà le è viceversa parso un'offesa personale, una freccia diretta a lei? Rinunzio a rispondere. La storia, del resto, è finita. Rachilde si alza e, staccatosi dal petto il nastrino e allungato il braccio al disopra della testa di Briand, lo porge, col più caritatevole e micidiale dei sorrisi, alla postulante. Yvette l'afferra senza farsi pregare, se lo preme sul cuore ed esclama, con l'entusiasmo della vivandiera decorata sul campo di battataglia: . ' ■— Mai prima d'oggi il mio seno sinistro aveva palpitato così ! .Questa volta l'incidente è chiuso davvero e nessuno ardisco pronunciare una parola nel silenzio sepolcrale in cui nemmeno le coppe vuote tintinnano, più. Soltanto Briand, con l'aria di voler sancire, a scanso di peggio, il decreto propostogli dalla direttrice del Mercure de France, aggiunge, Dell'alzarsi, a mp' di conclusione : — Sapete, signora Guilbert, come si chiama quello che avete fatto? — Si chiama: diplomazia diretta. E riaccend*, filosofo, il sigaro. La colpa, dicevo, è tutta della guerra. CONCETTO PETTINATO. nvsClosGfivmprfisgpatavavcdaDleAzstestmnmMFfdsMtItuvtaittmvrsdifpttcfvtsscdTcpnTpsrCmnmd

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