Il problema del disarmo

Il problema del disarmo Il problema del disarmo llprezzo da pagare Norman Angeli, che inizia con questo articolo la mia collaborazione alla • Stampa • deve la sua fama mondiale al profetico libro ■ I* grande illusione» in cui. anteriormente alla guerra europea, prevedeva gli elementi del grande conflitto, che poi Illustrò, nelle sue conseguenze, in un recente volume: ■ Lo illusioni della paco ». Ha pacifista' con gli orchi aperti: st potrebbe definirò cosi Norman (Angeli. Egli infatti comprese di primo acchito che un conflitto mondiale avrebbe avuto gravissime ripercussioni comuni al vinti ed ai vincitori, o non st è mal nascosto — come prova anclie l'articolo che puhbltchia. ino — le difficoltà pratiche che l'idea delia pace trova jul suo cammino. Mettersi ad una grande impresa senza la «debita preparazione vuol dire correre il pericolo di vederla fallire, e ogni nuovo ifailim antri di un'impresa come quella del disarmo o della, riduzione degli armamenti rende, sotto diversi aspetti, più arduo il icompito futuro, li' possibile che non ci sia Ida attendersi dei frutti (cosi io, personalmente credo) da un albero piantato male in un terreno insufficientemente lavorato. La preparazione del terreno è stata coltiva perchè l'opinione pubblica, pur desiiderando sinceramente il disarmo, non si è mai occupata, sul serio delle sole condizioni che lo rendano fattibile. Essa lo accetta in modo vago e generico, « in teoria », ma quando viene il momento di sotitoBcriveme le condizioni, tentenna ed indietreggia. Mancandole una chiara nozione del prezzo da pagare per il disarmo, l'opinione pubblica non si decide. Lasciateci ora predire, alla buona, il prezzo in ijuestione. Che cosa ha indotto gli uomini del passato — o induce oggi gli abitanti di comunità dePgenerc dell'Armenia e del Texas ■— a smettere l'abitudine di andare in giro jeon coltellacci e pistole? Essi avevano preso tale abito per essere protetti dai disordini che avvenivano nella comunità in cui (vivevano. I colpevoli si arrendono e vediamo cessare il disordine, e nascere la fiducia in un nuovo mezzo di difesa, su tui ciascuno può conlare per essere sicuro di non esser molestato. In altre parole, si ha una legge ben definita e una armatura sociale per sostenerla e farla rispettare. Se, in ima comunità del genere di quelle menzionate, gli unici mezzi per proteggere la nostra famiglia dai furti e dalle' offese sono dati dalla nostra forza materiale, dobbiamo armarci. Non ei tratta puramente e principalmente di far fronte alle offese, ma anche di evitare che la parte avversaria 6i costituisca giudice della questione in causa, e per far ciò nop vi è altro mezzo che quello di essere più forti. I disordini più persistenti non sorgono, in tali comunità, fra i briganti e i galantuomini, ma sono creati dalle dispute tra fazioni e famiglie che reciprocamente credano nel loro buon diritto. Quando la comunità, più forte delle due parti in lite può dire; «Nessuno può giudicare una causa che lo riguardi, ma deve sottomettersi al giudizio di un terzo, e se jegli si sottrae a tale obbligo noi proteggeremo la sua eventuale vittima » allora soltanto la possibile vittima, nutrendo fiducia in questa garanzia, non ricorre alle armi contro l'aggressore. . Tn tutte le forme sociali da noi conosciute, tale è sempre stata l'alternativa: o «individuo si e appoggiato alla comunità, o egli ha avuto fiducia solo nella propria forza. Là dove sono mancati una società forte, una legge, uri codice, gli individui hanno ricorso alle armi, e queste 6ono etate abbandonate unicamente allorché Ih comunità è'stata in grado di imporre il podice, la legge, e tale uso ha cominciato ja prevalere. Comunemente, noi discutiamo l'alternativa in questione come se si trattasse di un problema di « forza » e di « non forza », ma nella società quale la conosciamo, il dilemma è diverso. Si tratta di vedere se la forza deve essere adoperata dall'individuo per imporre le proprie vedute ed i propri diritti (in questo caso la vittoria Bpetterà al più forte); oppure se la forza deve essere adoperata collettivamente onde prevenire che l'individuo si faccia giustizia da sè, e il forte opprima quindi il debole. In qual modo la comunità può far valere la legge, e renderla ognora più imperativa? Col rendere la protezione di un individuo — e di tutti gli individui — materia di interesse generale. Il governo può 6pendere 30 mila sterline del contribuente per agguantare, a ino' d'esempio, l'uccisore di una donna di cattivi costumi. 11 contribuente non deve poter dire: «Le donne di tal specie non m'interessano, e io non voglio che i miei denari siano epesi per rintracciare chi ne ha ammazzata -una». (Persino i quaccheri non fanno eccezioni a questo genere di spese). Soltanto dal fatto che il cittadino sia preparato a sostenere la legge con cieca imparzialità nasce la protezione di questa a suo riguardo. L'operazione e la contribuzione sono automatiche, e il principio essenziale e fondamentale resta elio nessun cittadino è autorizzato a sostituirsi alla legge. Se ciò fosse permesso, la sicurezza generale sparirebbe. Ogni costante rallentamento di coorciziokM ha avuto luogo col passaggio della forza dall'individuo (avvezzo a far valere le proprie idee, i propri interessi, i propri diritti) alla comunità, la quale impiega tale forza a prevenire le singole affermazioni dell'individuo. Mediante questo trapasso — l'impiego della forza regolato dalla comunità anziché dall'individuo — si è giunti a compiere l'eliminazione de:,a forza : stessa dall'organismo sociale. Ebbene, nel nostro atteggiamento verso i Untativi di creare una Società, delle Na¬ staladecunpllSbbgpad«lmSlnptacds a a à o e è ò a e i o a i ¬ zioni « dei sistemi di protezione per ciascuna delle nazioni che ne facciano parte, tutti questi ealdi principi vengono gettati al vento. Nei nostri tentativi per ridurre l'elemento « forza » in un campo nel quale l'anarchia è stata più forte ed ostinata che altrove, noi cerchiamo di saltare il gradino intermedio e di evitare il processo evoluzionistico, saltando — con uno slancio tremendo — dall'estrema anarchia ad una forma tolstoiana di società, tale che non è stata neppur raggiunta ancora da parecchie tra le meglio ordinate e regolate nazioni. Ciò equivale a dire che, in luogo di occuparci anzitutto di creare una Società capace di proteggere le nazioni deboli e disarmate, ed atta a ispirare visibilmente fiducia a quelle che dovrebbero guardare ad essa come ad un buon genio protettore contro il male, noi ci rivolgiamo alle nazioni singole, e chiediamo loro non di deporre le armi (in fondo, il vocabolo « disarmo » è improprio, poiché si può, lutt'al più, parlare di.» riduzione degli armamenti) », ma di lasciarne giù qualcuna. Sarebbe come se tutti gli sforzi per ristabilire l'ordine e la sicurezza in un campo minerario del West, privo di tribunale e di polizia, consistessero nell'invitare i minatori a portare un fucile invece di due, o ad accorciar di due pollici la lama dei loro coltelli. Ma non abbiamo fatto qualcosa di considerevole per creare un ordine internazionale? Non v'è una Lega delle Naziopi? C'è, ina, per parlar schietto, nessuno crede che i suoi deliberati per correre in aiuto di uno dei suoi membri vittima di un'aggressione, abbiano qualsiasi valore impegnativo. E' appunto per ciò che Lord Cecil si mise a lavorare intorno ai trattati di mutua assistenza, e MacD'onald al Protocollo : entrambi 6i preoccupavano, infatti, di precisare e codificare le obbligazioni da cui può' sorgere una vera Società delle Nazioni, e che avrebbero dovuto costituire, sin dal principio, la base di tutto. Perchè i progetti di Cecil e di MacDonald fall fono? Appunto perchè il loro esame rivelò il fatto che, sotto di essi-c'era, in determi nate circostanze l'obbligo di fare la guerra onde sostenere alcuni principi fondamentali di legge (quale il deferimento delle dispute al giudizio di un terzo, ecc.). Gran parte del pubblicò fu immediatamente e ol tremotìo spaventato, e i rilievi critici, nella loro sorpresa, rivelarono in un baleno che nessuno aveva considerata la clausola più elementare .di tutta la.faccenda. «Automatico obbligò di far la guerra! » si cominciò^ a schiamazzare. « La guerra per delle cc«e' che non ci riguardano! La guerra per ordine di stranieri! Dover prendere magari a combattere i nostri amici! ». Le due estremità dell'opinione concordarono nel rifiutare di assumersi l'obbligo della guerra. I pacifisti tolstoiani, quelli della non resistenza al male, non vollero sapere di impiegare la forza, e a loro si unirono i comunisti, increduli in tutte le Leghe o combinazioni, dei governi « capitalisti ». Dall'altra parte, nazionalisti e chauvins fecero altrettanto: l'obbligo da assumere implicava l'internazionalismo, la limitazione dell'indipendenza nazionale, la sottomissione all'autorità di una Corte costituita principalmente di stranieri. E i due estremi suindicati, con i loro alleati politici, isono abbastanza forti per rendere impossibile la creazione di una leggo europea o gli inizi tli un governo degli Stati Uniti d'Europa realmente capace di proteggere le nazioni disarmate. Ora, la posizione di coloro che dicono « Nessun obbligo di fare la guerra » sarebbe logica e rispettabile ad una sola condizione, che essi si dichiarassero disposti a votare la radicalo abolizione degli eserciti e delle armate. Ma tutti quelli di destra, e non pochi di sinistra fra i sostenitori di tale opinione, votano invece perchè gli eserciti e le armate vengano conservate. Il macchinario della guerra è appunto questo, ed essi lo lasciano stare. Ciò che essi votano è quindi l'adozione de! principio che ciascuno deve esser solo ed unico giudice dell'uso delle proprie anni, un principio cioè che costituisce un'affermazione anarchica ed antisociale, e che devo esscro ripudiato se si vuole rendere possibile la. costituzione di una comunità di qualunque specie. Lasciatemi chiarire questo punto. Degli eserciti e delle annate (cioè, in pratica, forti eserciti e armate numerose) rimangono, e dietro ad essi, le vaste risorse militari che possono, come tutti sanno, venir rapidamente approntate. Coloro che sanzionano tale stato di cose, avanzano al. tresi il diritto di far uso della forza in una ipotetica circostanza, « puramente difensiva ». Benissimo. Di quale difesa si tratta? I# quella decisa da un tribunale imparziale? .No, perchè noi ci rifiutiamo di sottoporci a tali obblighi. Allora, si tratta della nostra difesa? E chi ne sarà giudice? (Non v'è stata guerra al mondo in cui ciascun combattente non abbia asserito di aver combattuto « per difendersi »). Noi stessi, e il giudizio sarà dato in quel momento, di passione e di confusione che segna il punto culminante delle acri diatribe internazionali. Aver lo mani libere? E' proprio il caso clie.no! Se esistono le. armi, ciascun amico della pace deve augurarsi che noi abbiamo le mani legate, e vuole assicurarsi che se deve esser fatto uso della forza, questa deve essere impiegata a rafforzare la legge e non per lo scopo anti-sociale di imporra un singolo punto di vista o dei singoli interessi. E, se tale rimane il nostro scopo, l'uso della forza deve essere regolato da nonno che lo ren dano u automatico » e il meno possibile soggetto ad essere influenzato dalle pas sioni del memento. Locarne-? M;. l'intiero accordo c in pericolo, causa principalmente il mancato riconosciniento- dèlia natura reciprocairsute-elusiva di guest© alternative. Noi nboNanegngiqndebpse non abbiamo affrontato il prezzo che dobbiamo pagare per una comunità europea o per il principio di un governo europeo. Noi abbiamo chiesta la pace, ma abbiamo altresì voluta conservare intatta la nostra indipendenza nazionale, la nostra sovranità. Abbiamo chiesta la legge, ma voluto esser liberi da ogni obbligazione, non legati a nessun patto (la clausola arbitrale non è ancora stata firmata dall'Inghilterra). Abbiamo voluto il disanno, ma senza voler assumere nessun obbligo di aiutare coloro che possono essere da questo minacciati. Non è possibile ottenere una società organizzata senza creare delle determinate istituzioni politiche. Si tratta ora di creare queste istituzioni sul terreno internazionale. Non possiamo averle per niente. Se decidiamo che esse non valgono la spesa, e che l'anarchia è preferibile, ebbene, abbandoniamo le nostre Leghe e i nostri patti di Locamo. Ma se intendiamo sul serio uscir dall'anarchia, familiarizziamoci col prezzo che deve esser pagato per le necessarie istituzione, paghiamolo, e realizziamole. Così, e non altrimenti; può esser ottenuto il disarmo. NORMAN ANQELL. Copyright della . London General Press •. Riproduzione totalo e parziale assolutamente vietata. Peret lascia Londra oggi Il franco a 171 Londra. 18, ii otta. Le di^ussioaù tra. Churchill e Péret irrtófno ed debito francese sono etate riprese oggi, e possono dirai effettivamente terminate stasera dopo una serie di conferenze al Ministero del Tesoro, con l'intervento di paxecclii esperti di ambedue le parti. L'esito, finora, è praticamente .nullo. Esso ei conforma del resto all'aspettativa, che il medesimo Péret incoraggiava ieri sera prcaiinunaiaario il suo ritorno a Parigi entro domani, e una seconda visita a Londra nel futuro prossimo. 11 ministro intanto laseierà qui alcuni degli esporti che io hanno accompagnino. Questi continueranno a dlisoutere col loro colleghi tiol Tesoro britannico certi aspetti tecnici della questiome. E' sempre più chiaro che Péret non aveva .portato seco alcun progetto definitivo, por cui, a quanto afferma il collaboratore, diplomatico del Dailii Telegrafili..tutto rimane a mezz'aria Li partenza di Péret sarebbe avvenuta domani in ogni caso, essendogli imperioso di partecipare all'importantissima riunione del Gabinetto francese fissata più- giovedì. Ma a fargli anche maggior premura e intervenuto il nuovo tracollo cambiario, olio ha portato stasera la valuta francese a 171. Sulle spalle di Péret, si rovesciava oggi una pleiade di telegrammi da Parigi che gli chiedevano tinti quali provvedimenti debbono prendere ji Ministero dello Finanze e le grandi Banche per scongiurare ulteriori tracolli. Conferendo stasera con A giornalisti, il ministro delle Finanze ha accennato piuttosto al problema cambiario (al quale ridentemente lo impensierisco assali che non alla questione del debito, Egli si era. abboccato in giornata con parecchi banchieri, ed in ispecie con il signor Lamont rappresentante della Banca Morgan, mentre i funzionari della Banca di Francia, giunti a Londra con Péret, conferivano con il Governatore della Banca d'Inghilterra, non tanto intorno al penoso discorso del debito commerciale quanto sull'opportunità d.i aprire nuovi crediti per stabilizzare il franco.

Persone citate: Churchill, Lamont, London, Lord Cecil, Macdonald, Norman Angeli

Luoghi citati: Armenia, Inghilterra, Londra, Parigi, Stati Uniti D'europa, Texas