Il nuovo diritto del lavoro

Il nuovo diritto del lavoro Il nuovo diritto del lavoro L'inclii«sfji. ufficiale eullo istato dell'industria carbonifera inglese (della quale ha dato un ampio, opportunissimo riassunta la Sezione Italiana dell'Ufficio In. ternazionale del Lavoro, diretta a Roma da Angiolo Cabrini) pone sulla ribalta uno dei problemi più acuti della » nuova economia», corno la chiamava il Rathenau: quello dei rapporti ira Stato ed a zi ori ci a 1 irodut.tiva. Dobbiamo riconoscere che l'economia classica ignorava la nueetione. Essa comincia ad essere intraweduta più. tardi, col Marshall e col Pigou. Ma solo dopo la guerra, il problema si e imposto e si viene svolgendo con una rapidità impressionante, per quanto ancora frammentariamente. Sulla strada della soluzione, i giuristi si sono collocati prima degli economisti: i giuristi tedeschi ed italiani in parti colar guisa.. Un tentativo di costruzione generale, ardita ed anche economi* camonto elegante, ò stato compiuto di questi giorni dal prof. Giovanni Carrara, ni Roma, sulla « Rivista di diritto commerciale » dei proff. Sraffa e Vivante. 11 pernio di tutta la dottrina — e delle prime applicazioni di essa, già compiute particolarmente in Germania codificando le commissioni interne degli operai in fabbrica — si trova in un nuovo concetto della azienda commerciale. Questa non viene più concepito, come una semplice "universalità di cose », ma, con assoluta esattezza economica, come la combinazione dei fattori della produzione per il raggiungimento di determinate finalità economiche. La. combinazione è un accordo, una unione di volontà., fuse nell'identità dello scopo elicei vuole raggiungere. Siamo quindi nel campo dei negozi giuridici. Si possono vendere tutte le merci, le materie prime ecc., o non per questo si o ceduta l'azienda: e, viceversa, si 71110 cedere l'azienda, conservando la. proprietà delle merci, delle macchine, dei beni in magazzino. Ma so io vendo l'avviamento, ho venduto l'azienda, perchè non ne possiodo più l'anima, l'essenza. Esaminiamo allora i rapporti che tele accordo, tale combinazione delle forze, pongono in essere fra i vari fattori che vi partecipano: imprenditore, capitalisti e lavoratori. Tanto i rapporti fra. imprenditore e capitalisti, quanto fra il primo ed i lavoratori sono regolati da convenzioni che possono avere natura tii scambio (prestaio ad interesse, locazione d'i lavoro contro salario), oppure carattere associativo (partecipazione ad utili, od altre forme). Ma. — e qui riporto letteralmente le parole del Carrara : ..«.quando si prendono in esiline in modo éoinplet" i rapporti esistenti fra imprenditori e prenditori di lavoro, può dirsi che le convenzioni di lavoro li comprendano ed as■S'orbairio tutti ? (".ertamente no. Vi è un punto, di grande importanza, elio non trova nella convenzione nessun riferimento: ed è l'interesse che ciascun prenditore di lavoro prende allo sviluppo dell'azienda, al suo •successo, al perfezionamento dei suoi pro dotti, al miglioramento riolla sua reputazione, all'allargamento della linee degli affari.:. In altre, parole: jl oonlratto di lavoro determina obblighi reciproci nel datori e nei prenditori' di lavoro; tali obblighi tanno. un contenuto preciso 0 sono chiaramente definiti nella convenzione. I prcn«iitorl di. lavoro,' però, oltre alla esecuzione di -questi obblighi,- prestano (per quantità * per qualità) un di più; e questo di più •«•si presta.no non già in reiezione alla eseuorione del contratto di lavoro, ma al viricoto che sentono di avere con la combinazione economica di cui fanno parte e come BMOilestazione dell'interesse che prendono «] 6W«es6o della combinazione stessa». Traduciamo ora in conseguenze economiche la portata, di questo concetto. Data la definizione della, azienda come « un accordo fra imprenditori, prenditori di lavoro e fornitori di capitale, allo scopo di conseguire i risultati produttivi che. sono la ragione di essere della combinazione », ne deriva: lo. die fine dell'azienda non è il ma."?simo guadagno dell'imprenditore, ma il migliore sviluppo di essa; 2o. che a questo scopo lauto piti volonterosamente coopereranno i prenditori di lavoro, quanto meglio lo vedranno realizzato e cioè quanto' più saranno garantiti che. il fine per cui lavorano non è unicamente quello di arricchire il singolo imprenditore o capi Mista; 3o. clic solo con una norma la quale .assicuri l'azienda contro il prepon derare degli interessi cgoisliH di uno dei tre gruppi della combinazione, a scapito degli altri, essa può raggiungere i suoi fini produttivi, i quali si possono inquadrare. Tiel'interessc della collettività intera. E' partendo da questi principi" che la Scuola, giuridica, tedesca, con il Potthoff, il Silberschrnidt, lo Hedemann, hanno spiegato, giustificato, sostenuto la nuova legislazione sulle commissioni operaie di fabbrica (esLesaM in Cecoslovacchia, in Austria e nella Norvegia). In quanto essa 6i propone la. migliore, coordinazione giuridica dei vari fattori che collaborano agli scopi della, produzione e la tutela della vita dell'azienda, al line di impedire che, con atti di forza economica, essa venga, per opera di un fattore, snaturata e sviata dallo scopo produttivo per il quale è stata costituita, degenerando invece in uno strumento di oppressione economica operata da uno degli elementi della combinazione a danno dell'altro. .E' vero che, quando rù discute dei metodi e della entità della ripartizione del prodotto, fra \ tre fattori — impresa, capitale, lavoro — esiste contrasto di interessi. Ma. ciò avviene allo stato iniziale, quando la combinazione si forma. Dopo però, stipulati i rapporti fra imprenditore c capitalisti e fra il primo ed i lavoratori noi contratto di lavoro, per tutta la. durata dell'accordo gli interessi delle parti necessariamente convergono. Edf è evidente che, una volta risolto equamente all'inizio il punto fondamentale di controversia, il vincolo dei capitalisti c dei lavoratori verso l'azienda — in quanto essa tenga fede alsua definizione - - allontana, se. non elimina, il pericolo che una. lotta sia condotta in guisa da danneggiare irreparabilmente l'Organismo sociale. Una volta ammesso .questo concetto, tutto si inquadra giuridicamente in esso. Ad esempio, una scalata dell'azienda appare in sè 6tessa illegittima f, quindi ognuno dei tre fattori avrà uguale diritto di farne dichiarare l'illegittimità. Perchè anche agli impiegati ed agli operai interessa che non muti la persona dell'imprenditore, e magari anche addirittura la finalità dell'azienda, unicamente pel beneplacito di un gruppo di capitalisti. Ed anche a questo scopo le rommisioni interne possono servire egregiamente. Non parliamo poi di tutti gli atti con cui, specialmente intraverso ai sistemi a catena, un gruppo di Jmprenditori-capitalisti usa oggidì una società unicamente come pompa, ai propri servizi, dei benefici realizzati nelle altre aziende collcgate. Qui pure, l'intervento degli altri fattori della combinazione rappresenta un diritto indiscutibile; e lo Stato deve fornire i mezzi legali perche simile diritto si traduca in atto, ogni qualvolta risuiti utile ai fini societari. Ogni soggetto, insomma, ha l'obbligo di coordinare la propria azione al fine comune, che è il fine del negozio giuridico, e di non fare nulla «io possa nuocere al miglior conseguimento di esso. E questo dovere costituisce un diritto attivo per gli altri cooperanti c cointeressati. L'imprenditore pur rispettante-tjnwtì diritti fondamentali, resta scmsra' la figura predominante dell'azienda, perchè la rappresenta in proprio ìn tutti i rapporti esterni di «ssa, ossia nei negozi che abbia coi terzi, in quanto essi non offendano i rapporti interni fra i fattori della produzione. *** Dato questo insieme di vincoli fra i fattori della produzione, quali risultano su bordinatamonte alla sopra indicata definizione della azienda, è indiscutibile che lo Stato, quale tutore del diritto, duo o deve intervenire in quei rapporti medésimi. Non si può quindi fare una questione di principio, ma solamente di limiti : ed è chiaro che, qualunque sia la soluzione che si dà a questa determinazione dei limiti, essa nulla toglie all'importanza di quanto già si è detto sopra; e soprattutto al fatto fondamentale che il raggiungimento degli scopi di vita dell'azienda è- subordinato alla convinzione, nei fattori che vi concorrono, che si opera per il massimo sviluppo di essa, e non come puri stranienti di sfruttamento. Ora, la questione da risolvere è se e fino a quale punto tali fattori siano liberi di usare i mezzi che meglio credono opportuni per far valere i propri interessi — quali lo sciopero, la serrata, il boicottaggio, e così dicendo — senza un controllo dell'autorità statale; oppure se questo controllo possa utilmente esercitarsi con azioni repressive o preventive. Senza volere entrare qui nel pieno del tema, mi accontento di rilevare che l'economia classica 6 partigiana del lasciar fare, perchè ritiene che il miglior modo per raggiungere il massimo benessere collettivo sia il dare mano libera all'esperimento. D'altra parte, però, sta in via di fatto che in tutti i paesi in cui le lotte di lavoro hanno raggiunto larga vastità c quindi asprezza, il controllo giudiziario sulla liceità dei mezzi per condurre tali lotte è, si può dire, all'ordine del giorno e le sentenze nell'uno o nell'altro senso sono numerosissime. Il periodo inglese fra -il 1900 ed il 1910, ci offro, larga messe in materia: superata forse dalla giurisprudenza tedesca, e, senza forse, da quella americana. Se quindi-sta in via di fatto che dei rapporti, anche, dopo J'application e delle sanzioni contrattuali, sono stati e vengono sottoposti al controllo statale, è inutile parlare di autonomia giuridica, dei rapporti stessi. Questa autonomia in numerosi Stati non esiste. Quindi, ripeto, più che di un contrasto in proposito fra l'economia liberista ed i principi nuovi di diritto, quali sono steli esposti cosi vigorosamente, ad esempio, dal prof. Santi Romano nel suo forte lavoro su «L'ordinamento giuridico», anche qui si tratta, a parere mio, di un problema semplicemente di limiti. Ma suppongasi ora invece che, in base alla qui data definizione, taluno ragioni cosi. L'azienda ha una finalità produttiva sua, superiore al semplice utile che le parti che in. essa si combinano possono ricavare singolarmente. Quindi l'andamento di quell'organismo forma parto del gmii tutto produttivo dello Stato, sicché questo ha interesse a clic l'azienda sorga con basi solide, eliminando sin dall'inizio e nel corso delle, sue operazioni il possibile sfruttamento dei fattori produttivi operato per fini particolaristici, che ne porrebbero in forse il raggiungimento dello scopo associativo. Se tale ragionamento, che scaturisce logicamente dalla definizione, trionfa, allora andiamo ben più in là delle deduzioni del Romano e del Carrara. U problema si tramuta di pianta e noi arriviamo ad una forma più o meno completa di elaborazione collettivista della produzione. Tale elaborazione può assumere la forma iniziale del sindacato obbligatorio (che l'on. Mussolini considera giustamente come un primo passo prudenziale verso svolgimenti più evoluti) oppure può dar luogo a soluzioni caso per caso, sul tipo di quella che l'Inghilterra si prepara ad adottare per la gigantesca 6ua industria carbonifera; od ancora può dar vita ad un. numero sempre più vasto di organismi parastatali: e cosi dicendo. Ma è. indiscutibile che, ove. una qualsiasi di queste formo si adotti, il principio liberista dei rapporti economei nel dopoguerra esce profondamente vulnerato e che non poche delle affermazioni del sig. Ratheuau nel suo celebre libro, scritto nel 1918, acquistano un sapore profetico. D'altra parte forse nessuno al mondo pili di coloro che scrivono sui giornali può intendere meglio il valore della definizione data più sopra dell'azienda. Nell'industria giornalistica il concetto che al di là del contratto di lavoro il prestatore d'opera dà un quid imponderabile, strettamente vincolato alla finalità dell'impresa, è chiaro, piano ed indiscusso: non 60I0, ma questo quid, rappresenta un elemento cospicuo pel fortunato andamento dell'impresa stessa. Dato un valore dell'azienda giornalistica rappresentato come indice da 100, forse 20 costituiscono la massa dei beni materiali dell'azienda, mentre il residuo 80 6 « avviamento », formatosi mediante l'abilità dell'imprenditore e l'energia, la forza nervosa, la coltura, l'ardore e l'intelligenza del personale. Onde è logico che una cessione dell'azienda giornalistica ad altri elementi che ne modificassero l'indirizzo, non possa verificarsi senza che i diritti materiali e morali del fattore lavoro vengano completamente tutelati. E questo principio, come gli altri sopra enunciati, resta vero — in misura più o meno larga — per tutte le imprese commerciali in cui i tre elementi della direzione, del ]a.voro o del capitale si intrecciano. La nuova legislazione sindacale italiana dunque, pur ccjsl vasta, rappresenta solo un parziale aspetto dei problemi vastissimi noi rapporti fra impresa, capitale e lavoro, che sorgono e si agitano ancora confusamente nel diritto positivo del mondo trasformato dalla guerra e che il Carrara ha cosi energicamente compendiato nel suo studio sulla definizione dell'azienda; di cui qui ho voluto dare un generico e sommario commento, per rilevarne meglio la portata e le conseguenze economiche. ATTILIO CABIATI.

Persone citate: Angiolo Cabrini, Giovanni Carrara, Mussolini, Potthoff, Santi Romano, Sraffa

Luoghi citati: Austria, Cecoslovacchia, Germania, Inghilterra, Norvegia, Roma