Le memorie del barone Wrangel

Le memorie del barone Wrangel Le memorie del barone Wrangel Solo, vecchio ed infermo, • fuggiasco in Finlandia dove non conosceva anima viva, il barone N. Wrangel, padre del famoso comandante dell'Esercito bianco, si mise a gettar sulla carta, senza piano prestabilito, ma lasciandosi trascinare dalla corrente dei ricordi, le memorie della sua vita. Tradotte, di sul manoscritto, in finlandese e poscia in svedese, esse ebbero un successo immediato: lo confermerà il testo francese, redatto con stile vivo e frizzante, animatissimo e pieno di saporosa malizia. Il libro reca due date: 1847-1920, vale a diro comprendo i regni di Nicola I, Alessandro II, Alessandro III, e Nicola II. E i tratti caratteristici delle varie epoche sono fissati in qualche periodo breve e mordente. Vedetene un esempio: « L'imperatore Nicola I guidava il paese come un aguzzino i galeotti. Bastone, frusta, carcere, esilio in Siberia, e l'arbitrio e l'impunità concessi ai nobili, erano le basi del sistema amministrativo da lui adottato. Gli uomini d'oggi riescono diffìcilmente a rendersi conto degli orrori della servitù della gleba. Il servo era un oggetto, una cosa di cui il padrone poteva disporre a suo talento. Lo si poteva dare in regalo, separare dai suoi figli, picchiare quanto si volesse. Il padrone era autorizzato ad esiliarlo in Siberia, a relegarlo in un manicomio e — se non ufficialmente e legalmente, certo con la sicurezza di non aver noie — a farlo morire sotto il knout ». In tali condizioni viveva la società russa quando scoppiò la guerra di Crimea. Poco dopo, morì Nicola I, fra l'universale sollievo. La sua brutalità gli aveva alienato il sentimento popolare 0 cominciava a balenare l'idea che certe cose non dovevano essere più possibili: la coscrizione di 25 anni ( « i soldati erano trattati come_ dei cani, morivano sotto la sferza; poiché la parola d'ordine era: riuscire a creare un perfetto automa, anche se altri tre debbono crepare durante le esperienze » ), gli harem di alcuni proprietari viziosi, con stanze di tortura, mutilazioni.-.- L'Imperatore liberale Alessandro II, come è noto, abolì la servitù della gleba. N. Wrangel si trovava allora in Svizzera, e solo qualche anno più tardi, rientrando in Russia, doveva osservare gli effetti della concessa libertà. A Ginevra, intanto, egli conobbe Paolina Metternich, Bakouwine, © a.ssistette all'invasione nihilista. La famosa ambasciatrice è oosi descritta: ' Rossa, piuttosto brutta che bella, ma graziosa, signora sino alla punta del capelli, buona donna in fondo, perspicace, istruita, intenditrice di politica, capace di dare un consiglio utile anche su materie gravi, questa esaltata diceva le cose più sagge e profonde, e le più stravaganti. Faceva il possibile per somigliare ad una cocotte: meglio, le cocottes tentavano di tener dietro alla principessa. ma invano. Non c'era al mondo che una persona capace di 6tar a paro con questa creatura straordinaria, ed era la stessa Paolina Mettermeli, vero fuoco d'artificio di accortezza e di pazzia ». Ancor più brillante è il profilo di Bakounine, agitatore nato, « che il giorno in cui fosse divenuto Presidente della Repubblica si sarebbe dato d'attorno per rovesciar sè stesso », ma Wrangel dimostra poca sim patia per il « terzo stato » che le imperiali riforme creavano. Egli pone in rilievo che l'« intelligenza » npn sapeva quel che volesse : certo, è impossibile negare che la formazione di una vera e propria borgho sia russa andò a vuoto. II partito degli intellettuali ebbe il torto — secondo Wrangel — di mettersi conr^o l'imperatore. Le riforme dii Alessandro II avevano scontentata la nobiltà, che si era vista privata ttoi tradizionali privilegi, e nello stesso tempo delusi i contadina. Questi ultimi, nella loro ignoranza, attendevano il miracolo, ovvero l'attribuzione a loro delle terre dei signori: non ricevendone che una minima parte, protestarono, Il dispot'emo di Nicola II'chiudeva la bocca a tutti, il liberalismo di Alessandro II lasciava che 1 malcontenti sii sfogassero: l'opposizione incontrata dall'imperatore, 10 disamorò dal proseguire l'opera incominciata. Dubbi, pentimenti lo assalirono: 11 moltiplicarsi degli attentati lo spaventò. E allora, cedette effettivamente il potere ad suoi ministri, e si tenne in disparte, a sua volta deluso: « Non era un genio, nè un uomo di carattere eccezionale, ma sem plieemente un uomo buono, che voleva vedere i suoi sudditi liberi e felici, e non aveva, purtroppo coscienza della immensità dell'opera da lui intrapresa ». La preparazioni' del d sastro Il trapasso troppo rapido dall'assolutismo alla monarchia costituzionale disgregò la Russia, essendo il paese privo di quadri politici ed amministrativi. Gli uomini non si inventano facilmente: le istituzioni nuove debbono essere elaborate lentamente. Che cosa fossero esercito e burocrazia, e quali criteri regolassero promozioni, ammissioni e servizi, balza in luce dalle esperienze personali di N. Wrangel. Il racconto di pochi aneddoti basta a dimostrare l'assoluta mancanzS dei primi rudimenti di uno Stato moderno. Alessandro III, che si accorse d<a caca esistente, cercò di fame macchina indietro, ma era troppo tardi. L'umica sua qualità, del resto, era l'energia: troppo poco per un compito delicatissimo. Il controvapore non fece che sconquassare ancor più lai gran macchina messa in moto da Alessandro II. Alla persecuzione degli ebrei, ai famosi « pograms » che destarono rindignazdonjs! del mondo civile, Nicola li aggiunse quel-i la dei scismatici. Eppure, egli non era uni selvaggio, nè un mostro. Cosi lo presenta N. Wrangel: < E' difficile caratterizzarlo. Non si può" definire il nulla, ed egli era una nullità. Non aveva no qualità nè spiccati difetti, non amava nessuno, niente gl'importava: non teneva neppur a rimaner sul trono, come la sua abdicazioirae ha provato. Si lasciò spodestare eemza resistenza, come un bambino ohe viene mandato a letto. Affabile e cortese, seduceva in sul principio, ma appena lo si conosceva meglio lo illusioni cadevamo. Mancava di fermezza, non di testardaggine. Ripigliava la sua parola con la stessa facilità 0.011 cui l'aveva data. Istintivamente attirato dalle nullità, temeva gli uomini di valore. S'entusiasmava per il primo venuto, ed era pronto a abbandonare su due piedi gli uomini che gli erano più devoti. Il principale suo difetto era quello di esser nato su di un trono, ed un trono di autoorati. Posto a compiere una funzione sociale infima, si sarebbe dimostrato un uomo comune. Così, invece.volle forse il bene del suo paese e gli teca un male incommensurabile ». Tale il sovrano, tale la Corte, dal gemerale Skobeleff (avventuriero di gran olaa* se) al mmniistro Witte: « Ministro delle Finanze, Witte ha reso 'dagli immensi servigi all'industria russa, che gli ha dovuto il suo grande sviluppo degù ultimi anni, ma — in fondo — egli ha fatto più male che bene. Considerami, quasi sempre gli interessi del fìsco, e nó*n quelli del paese e del popolo : per lui come per gli altri membri del governo, gli « abitanti » rappresentavano un elemento trascurabile. E polche non era troppo scrupoloso nei mezzi che1 impiegava, parecchia gente ne soffriva ». L'esempio che cita Wrangel per illustrare i procedimenti finanziari e le a trovate » di Witte, scandalizza la nostra mentalità democratica, ma se sii continuano a sfogliarle queste memorie, l'episodio diminuisce singolarmente d'importanza. Che cosa è una truffa in grande stile davanti allo scandalo dei ciarlatani che erano i veri disputatori dello Czar? E le ripercussioni sociali, e la stessa condotta delia campagna contro ii Giappone, non bastano per edificarci? Kerenski e la Rivoluzione Gli anni dal 1904 al 1914 segnano dutfque l'inesorabile sviluppo della crisi. La guerra farà scoppiare il tumore, ma l'organismo arriva infracidito al momento1 culminante. Guardate — meglio ancora che in alto, dove Rasputin impera — la folla : lo spettacolo dell'apertura della Duma è triste. Disordine sul trono, disorganizzazione nel popolo, insipienza dei leaders. Il 1917 era inevitabile. La testimonianza di Wrangel va accolta con cautela, ma non si può negare il colore delle sue pagine, nè la loro sincerità. Se siano vere non so, certo sono efficaci,, sobrie, eloquenti senza declamazione. Vedete questo ritratto di Kerenski: « Fece tutte le parti. Fu ministro della Giùstizia, tribuno, buo'i diavolo, attor giovane, padre nobile, ministro-presidente, comandante in capo degli eserciti. Beoilò tutto, e mandò tutto alla malora. Al posto dell'ingegno, possedeva l'impudenza. Suo padre, un povero ebreo a nome Kirbis o Kirbitz, morì quand'egli aveva una diecina d'arni, e sua madre,dopo essersi fatta battezzare, 6posò certo Kerenski, impiegato al ministero della Pubblica Istruzione. Costui adotto il piccolo Aronne, 10 fece studiare. Avvocato in provincia, passo poscia a Pietrogrado, facendovi meschina fi-' gura. Grazie alle sue frasi reboanti, a dei discorsi isterici che presero gli operai, diventò deputato. Alla Duma, perorò senza posa, fece da tribuno, e nonostante prestasse il fianco al ridicolo, diventò popolare. L'ondata di marzo lo portò al potere. Più pauroso del suoi colleglli, non si accontentò di non urtare 11 Soviet,' che diveniva ogni giorno più forte, ma si mise ai suoi piedi. I' gran pubblico non capi che Kerenski era schiavo, mentre sembrava padrone. Sempre in scena,«guitto di natura, si metteva in tutte le pose; di'frante, di profilo, di tre quarti, ergeva il busto, roteava gli occhi, sveniva dalla disperazione, ruggiva come un leone, scattava come una pantera, recitava, insomma, la commedia, cambiando sempre parte. Si prendeva sul serio, ritenendo di essere un grande stat'sta' ed un gran capitano, ma quando io vedevo onesto fantoccio di cui i Soviet tiravano 1 fili, non pensavo ad un uomo, ma ad una! » Alle Elisa » sentimentale che, pur concedendosi al primo venuto, voleva restar fedele alla memoria dell'eroe di romanzo che era stato il suo primo amore ». Le peripezie del barone Wrangel attraverso la Rivoluzione, e la sua fuga dalla Russia, ricordano altre odissee, qui analizzato. Ma tra i libri degli esiliati russi ben pochi hanno la vivacità, la baldanza, il brio delle memorie di questo vegliardo,. Ad.