Casone San Teodosio

Casone San Teodosio Casone San Teodosio Trecento famiglie torinesi hanno inviato ni Ministro degli Interni on. Federzoni questo telegramma, che non potemmo far noto prima di oggi ni lettori della nostra cronaca : « A S. li. Federzoni, Minislro Interni «lìoma. — Trecento inquilini e Minigli" ca« saggiato San Teodosio borgo san Salvarlo, « Torino, pensionati, impiegali, operai, vo« dove, ex-combattenti, llilueiosi alto senso • giustizia e umanità Governo nazionale, ri« volgono viva preghiera V. E-, perchè com« piacciasi intervenire contro iniqua spccu« lazione proprietario casa, procedente ven« dita alloggi e conseguente sfratto in massa e suddetti impossibilitati compera». Il cu.so non è nuovo, purtroppo: sfratti » blocchi se ne sono già veduti nella nostra e in altre grandi città. Ma a trecento famiglio d'un colpo non si era ancora arrivati, crediamo; tutto un alveare umano, questo casone torinese di San Teodosio, che si rovescia sulla strada per farlo vuoto da cima a fondo, via tutti con la propria roba., al 30 giugno, che lor signori non hanno voluto saperne di mettersi al sicuro BCQuistando l'appartamento 1 Lor signori .--quei trecento capi famiglia del casone — sono operai o impiegali. L'appartamento potevano acquistarlo pagando delle miserie- al quinto piano, per esempio, sopra il oornicione, non più di 10 o 11 mila lire per ambiente... E la cronaca informa che ìl casone di San Teodosio, costruzione economica, fu edificato venticinque anni fa, (quando il costo di ogni stanza non poteva «saltare molto superiore alle mille lire. In venticinque anni di affitto è probabile che i proprietari abbiano già ammortizaalo il capitale da essi impiegato nella costruzione; comunque, rivendendo oggi a iqueì prezzi, si tratta par lo meno di raddoppiarlo, tenuto conto della svalutazione della moneta. Ma non è l'affare del proprietario o dei proprietari che pubblicamente interessi: se mai, potrà interessare kVagento del fisco di cui il ministro Volpi ha minacciato la visita ai padroni « rapaci ». Quel che interessa è l'affare dell'inquilino; e questo è davvero un brutto affare, nel quale la minaccia fiscale ai proprietari non può «lilla, se pure, in sviluppo di tempo, essa non varrà, realizzandosi, n determinare ulteriori esigenze padronali. Ora, il caso torinese denunciato al Ministro degli Interni è di quelli che superano l'interesse riolla cronaca cittadina non soltanto por l'entità dello sfratto collettivo, ma anche e soprattutto per le circostanze tipiche del [fitto, le quali, mentre scoprono uno dei lati più aspri della crisi — quello della vendita degli appartamenti — riconducono a considerazioni d'ordine morale e politico d'interesse nazionale. Tn linea di principiò, culla vendita degli appartamenti, in luogo dell'affìtto, non c'è nulla a ridire. Ognuno che possiede una casa è padronissimo di venderla, se e come tmva chi gliela compra. Questione di convenienza economica; e la convenienza deve esserci stata, in questi ultimi anni, se la vendita ha battuto su larga scala « l'appigionasi », specie per le case signorili, per lo case di nuova costruzione. Anzi, il sistema ha consentito la prima ripresa edilizia nel dopo-guerra; che tante ricchezze, accumulate con la guerra hanno creato tutto un vasto celo di gente danarosa, clic dall'affitto della soffitta ha potuto passare all'acquisto del piano nobile, boati Ioni! Ma in linea di fatto, trattandosi della casa — cioè di un genere di assoluta necessità per tutti, poveri o ricchi — bisogna vedere quale effetto d'ordine generala il sistema della vendita produco nell'attuale situazione di crisi. Un effetto peggiorativo, indubbiamente, in quanto limita la già scarsa disponibilità degli alloggi allo borse privilegiate, a coloro che, disponendo di un capitale, possono, anche senza convenienza economica, sacrificarlo pur di assicurarsi una casa, ma che sono una minoranza in confronto degli altri, che nessun capitale posseggono e non possono comprare nò bene né male. Va bene che, a lungo andare, con l'esaurirsi delle borse capaci, la convenienza di vendere cederà iiuovameaiile il posto a quella di affittare; ma in tempi come questi, con la perdurante penuria di case, con tante famiglie ir» ariti, non è possibile rimettersi alla naturale lenta risoluzione del gioco economico, intanto che ogni appartamento sottratto alle piccole e medio boi-se vuol dire una famiglia di pi ù sulla strada. E gli appartamenti che oggi si sottraggono col sistema della vendita a chi non può' che prenderli a pigione — sia pur caia — sono moltissimi nelle grandi città; dacché l'uso di vendere invece di affittare s'è andato estendendo dalie case nuove alle case vecchie, dagli alloggi signorili agli alloggi modesti, ed eccolo ora in voga anche nelle case popolari, dei lavoratori, dei poveri, come è provato non soltanto dal caso del « casone » torinese. E qui la faccenda si colora di atroce ironia. Il padrone del falansterio, della casa popolare, della casa operaia, che pone all'inquilino l'alternativa di acquistare l'alloggio o di andarsene, arriva allo sfratto nella maniera più odiosa: attraverso la beffa alla povertà. Perchè è vera canzonatura l'andare a proporre a dei salariati, a dei modesti impiegati, a famiglie senza beni ili fortuna, di acquistare la casa per diecine di migliaia di lire, che essi non hanno, e il padrone 1« sa bene che quei suoi inquilini non li Hanno i biglietti da mille! Che se poi non ò intenzionalmente proprio una burla, un brutto mezzo di arrivare allo sfratto del vecchio inquilino per avere mano più libei-u nel l'affittare ad un nuovo, vuol dire che il padrone, abusando della restituitagli libertà, fa sul serio, tutto in una volta, il suo bel colpo speculativo col realizzare nella vendita effettiva dello stabile un lucro eccezionale. In un caso come nell'altro, sia la beffa o sia il colpo, il proprietario fa qualche cosa che è tutto il contrario di quel che ripetutamente gli ha raccomandato il Governo : invece di p\moderare » la crisi, la inasprisce. JTc appunto, questa crescente disinvol¬ tura di tanti padroni di casa nel non preoccuparsi affatto dei moniti superiori intesi a contenere la crisi determinata dal ripristino della libertà dei fitti, nell'approfittare senza alcun scrupolo della libertà loro concessa, che richiama ancora una volta alla questione morale e politica d'ordine generale. Gii stessi organi fascisti insistono nel denunciate coinè iniqua, intollerabile, la condotta di molti padroni di casa, che l'Associazione dei medesimi non riesce a disciplinare, venendo meno così ad un impegno pubblicamente assunto, nonché .ad ogni ragion d'essere sindacale. Il presidènte della Federazione nazionale dei proprietari di case ha avuto certo una bella idea in questi giorni: si dia loro gratuitamente o quasi delle aree fabbricabili, e allora sì che essi si daranno interamente a fabbricare... case popolari! Ma non si chiede tanto sacrificio alla « benemerita Associazione presieduta dal gr. uff. Stucchi » — come scrive II Popolo d'Italia. Basterebbe che i proprietari di case non « distruggessero » le esistenti case d'affitto, come stanno oggi facendo quelli di loro che praticamente e momentaneamente lo rendono inabitabili ai non abhienti, ai lavoratori, sia con l'affare delle vendite, sia con gli esosi insostenibili aumenti della pigione. Basterebbe che le Associazioni dei proprietari di case, constatata la propria assoluta impotenza a disciplinare la crisi si risolvessero a chiedere esse stesse al Governo — come sarebbe dovere di lealtà — l'istituzione di Commissioni paritetiche, le quali esercitassero sul serio quell'uifìcio moderatore e conciliatore contro gli abusi dei « rapaci », che le spontanee Commissioni fatte di soli padroni di casa evidentemente non esercitano, non possono esercitare. Ma non solo il presidente dei padroni di casa si è guardato bene fin qui dal proporre l'istituzione delle Commissioni paritetiche, universalmente invocate, ma si è ad esse pronunciate recisamente contrario, ponendo la... questione di fiducia. Ebbene, la questióne di fiducia è ormai bell'e risolta per conto della pubblica opinione italiana. La fiducia nelle Associazioni di proprietari e nei loro posticci organi inconcludenti è ormai scossa anche nei più ottimisti. Resta da attendere l'auspicato intervento governativo perchè, mancando a tanti padroni di casa la « modenudone » cui furono invano sollecitati, questa moderazione, «secondo giustizia e umanità », venga a tutti imposta, ai fini stessi del decreto con cui si volle ristabilire la libertà dei fitti: «per avviare a soluzione definitiva la. crisi degli alloggi », non certo per arricchire quei padroni di casa tanto ingordi, che, se si potesse retrocederli oggi alla condizione d'inquilini... di sè medesimi, non si darebbe loro che una parte del meritato castigo.

Persone citate: Federzoni

Luoghi citati: Torino