Il corteo sensualista

Il corteo sensualista Il corteo sensualista flottante per il comune carattere melico oBBoaio essere genericamente ravvicinati i uTpoeti che grazie alla fortunata frase el Carducci vengono appaiati e ricordati omò i corifei della canzonetta. Ma nettamente disuniti dal troppo diverso valore ei melodrammi, il Rolli appare lontanismo dal Metastasio nella peculiare tenenza essenziale dei suoi brevi componimenti, già tanto musicali anche prima di asare'intonata : tendenza ohe nel Rolli è, ome il Calcaterra dimostra, ampiamente reludiaoido a una nuova edizione delle liiche rolliaue (ed. TTtet, Torino, 15 lire), quisitamente sensuale. Tale sensualismo è idilliaco e fine, ora elate, ara palese, nei modi proprii delArcadia; talvolta esso si mescola a una ottilo, tenera, languida tristezza e tramette all'onda musicale come una tremua vibrazione elegiaca, tal al tra riflette un ioioso ardore di vita e fa echeggiare nela melodiosa strofa un certo impeto d'amore, non banale. Sia che canti spensieraamente, ammonisca saggiamente, o scheri e sorrida, il Rolli è eccitato da un peronale sentimento della natura. Egli gusta, ssapora la vita; e ciò singolarmente rinnova nei suoi versi le usate locuzioni, le mmagini convenzionali. Considera la genile semplicità come il miglior fregio della ellezza -, e però accanto a durezze e sprezature, di che si compiace quasi per opporre classici rigori alla soverchi ante smania di morbidezze e di cadenze, propria del tempo, ecco ricerche, studiatissimo pur sse, e uou sempre disinvolte, di eleganti emplicità severe. Non occorre neppur dire he soltanto poche tra le troppe liriche deguarono perfettamente le sue poetiche magini e fluirono con vena originale. Ma a rilevata sensualità è nota tutta sua, che l Metastasio non possedette, e, forse, non avrebbe potuto intonare, lui, poeta cesaeo e non lascivo come il Casti. Altra indipendenza godette il Rolli in Inghilterra, dove visse a lungo. Derivazione marinistica è tale tendenza ensualistica, nota il Calcaterra II quale Ber giungere alla prima meta del settecento (fi Rolli, nato a Roma, nel 10S7, visse quasi ininterrottamente a Londra dal 1716 al 1744, e morì a Todi nel '65) e per accertare lo sviluppo della poesia melica m Itaia, risalì, com'era necossario, alla fine del Cinquecento. Constatala l'influenza francese, toccò poi del Cliiabrera e del Rinuccini,' e della così detta poesia musicale popolare o popolaresca in contrasto a quella aulica. A formare la solva melica del Seicento italiano, egli conclude, concorrono non solo le canzoni di Francia, no soltanto e villaneUe alla napoletana, e le villotte veneziane, padovane, mantovane, ma pure madrigali, la canzone del cinquecento, e, anche, guardando più indietro, le pastorelle, le frottole, le barzellette. Centinaia di composizioni e diecine di raccolte rappresentano l'innumerevole fioritura letteraria della lirica per musica nel seicento. fPra tutte mi piace ricordare quel vago fascio di melodie che lo Stefani riunì nel significativo titolo di Affetti amorosi e che il compianto Chilesotti ci ridonò ancora fragrante). E' vero che molte meliche, popolareggianti o cortigianesche, ricordano nel testo letterario il Cbiabrera e nel teste musicale la melodia cinquecentesca che tentava svincolarsi dalla polifonia vocale; il poeta melico più imitato e studiato Seicento non fu il savonese, bensì il Marino, ardente e voluttuoso. Inorridita, la Chiesa reagì alla melica sensuale ; e si venne ai « travestimenti »: le arie profane furono adattate alle rime sacre. Ed ecco, nella seconda metà del diciassettesimo secolo, fl cantore di amore e di Dio, Eranceico de Lemene: il vero maestro di Paolo Rolli. Quali le più notevoli liriche della voluminosa raccolta? Non le a Cantate, r oui dettero musica Bononcini, A. Scarlatti, Kandel, Porpora, artificiosi componimenti poetici, per lo più destinati a secondare le pretese dei cantanti, tanto solleciti nelle arie espansive e ornate quanto trascurati nei Barrativi recitati. Non le i Ode di serio stile » che costituiscono la parte più classicheggiante delle liriche del Rolli, condotte sul modello oraziano, e però manierate, 'freddo e talora latinamente involute. Non le « Merìboniane », odi giocose e conviviali suggerite da allegri ritrovi sulle alture di Mary-lo-bone, nelle quali l'atteggiamento scherzoso è spesso inceppato da artificio letterario. Non le « Tudortine i, le odi composte verso i sessant'anni a Todi. E neppure gli epigrammi. Ma le vere e proprie « Canzonette », dalle quali si distinguono pel loro speciale tono lo « Ode d'argomenti amorevoli », e gli « Endecasillabi ». Le « Canzonette » sono il più felice saggio melico del Rolli. Egli stesso ne musicò alcune e le diffuse cantandole con voce calda e armoniosa, sicché dai contemporanei fu giudicate valentissimo musico. Egli si avvicinò dunque alla musica più dello stesso Metastasio. Ad altre canzonette dette il suono il fratello suo, Giovanni. Ma chi accerterà mai quali e quanti compositori volsero le sue canzonette in ariette? Nella grande diffusione che lo poetiche canzonette del sei e del settecento ebbero sia nell'aristocrazia come nel popolo andò spesso smarrito il nome del poeta. Nò esso ci è trasmesso con le ariette musicali, pci.-liò queste solevano recare soltanto il nome del compositore, no gli storici badarono molto a indagare su coloro che ai compositori stessi offrivano l'inspirazione letteraria. Accadeva così che nello stesso secolo del Rolli, una fra le sue più leggiadre canzonette) quella che comincia: .La neve e alia montagna, l'inverno s'avvicina; bellissima Nerina che mai sarà di ine? diffondendosi anonima, poteva parere al Frugoni, esperto conoscitore, quasi popolare e così viva o da poter piacere anche agliintendenti ». E quanti sanno che proprioil Rolli ispirò a G. B. Pergolcsi l'arietta Se tu m'ami, se sospiri sol per me, gentil pastor, un piccolo capolavoro di grazia malinconica? E quante altre canzonette furono poi musicate dagli Scarlatti, da G. Bononcini, dall'Ariosti, da Hàndel, da Porpora, daicento e cenlo compositori teatrali del secolo deciniottavo? Anche del teatro settecentesco troviamo un'eco nelle liriche del Rolli. Il quale, vivendo, come fu detto, in Inghilterra, si sfogò in certi epigrammi, che egli sperò gustosi quanto quelli di Marziale; contro competitori e cantanti. Ma i! Ciclo « Marziale in Albiou a è soltanto curioso come catara degli istrioni io chiave di tenore ema nel avtsgdcncilpttcvtpn di soprano; o specialmente contro le lantatrici il Rolli preferì la rude sferza, alla maniera di Salvator Rosa, anziché il cortese dileggio di Benedetto Marcello. Poiché anche attorno ai cantanti italiani, per le virtù canore dei castrati e per le loro pretese finanziarie e le loro ridicole borie, si svolse più affannosa che splendida la battaglia teatrale londinese nella prima metà del settecento. Non solo le beghe locali, che facevan capo al Re e alla Regina, ponevano alle prese Kandel, Porpora, Bononcini, Ariosti, e i loro librettisti. Anche gli istrioni canori rovinavano lo sviluppo dell'arte con i pettegolezzi, dei quali sono piene., del resto, le cronache teatrali di tutti i tempi. Il Rolli fu contiro le contatrici feroce e acre tanto che non è possibile citare neppure un suo frammento. Ma si volse anche contro gli impresari! e i librettisti e i compositori. Quando, ad esempio, più ferveva la lotta fra Kandel e Bononcini. egli scrisse questo epigramma contro chi millantava i proprii lucri teatrali: Cinquecento l'ajino a primo e ghinee seicento or hai; e alla pioggia e in questo limo, IJononciiiiin, a pie tu vai? Seggia v'è per un se l'Uno, e tu prodigo pur sei. Ah, non credo, o Bononcii.no, nè alle cinque ne alle sei. Del compositore Ariosti, dell'ordine dei Serviti di Santa Maria, disse: Qui giace il padre Attilio Ariosti : damar ti chiede ancor, se te gli accosti. Fu vero frate: tutti i giornii sui visse e mori sempre alle spese altrui. Del resto il Rolli non ebbe importanza come librettista. Scrisse ventiquattro melodrammi, d'argomento storico o eroico, e altri ne raffazzonò alla moda del tempo. Scarsamente riusciva a sostenere il tono drammatico. Cadeva, senza volerlo, nel leziosetto o nel comico. Tornato in patria, si riconosceva abile sceneggiatore ma ignoto in Italia. E francamente qualificava i suoi libretti i drammatici scheletri ». <r Detestabili * li giudicava poi il Carducci. A. DELLA CORTE

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