De Beaumarchais

De Beaumarchais Il successore d Besnard De Beaumarchais Parigi, 21, notte. ~H nuovo ambasciatore di Francia a. Roma è sfato uffi/iosamente nominato nella personaflell'attuaile direttore degli Affari «olitici e commer dadi al Quai cVOrsay, De Beau marchais. La nopna che, secondo quanto ci si asacura, avrebbe già ricevuto a gradimento di Roma, sarà resa ufficiale àdpo il Consiglio dei ministri di sabito prossimo. \ Carriera nella burocrazia Bl signor Df Beaumarchais ò nato nel 1872 ed hi il passato di un buon burocrate. Entrato nella burocrazia nel 1895 quale addetto alla Residen za generale del Madagascar, rimase in quella Jontana colonia due anmi quale ainnunisbratore; nel 1897 entrò al ministiro degli Esteri per non muovere più un passo fuori dalle suo mura fino al 1924, se si eccettua un breve periodo passato al Marocco « latere del signor Regnauilt per collaborare . alila pacificazione del protettorato. Nel 1920, la sua esperienza di cose affricane gli valse la carica di sottocapo delia direzione degli affari d'Affrica. L'ari no appresso, egli fu nominato ministro plenipotenziario. Nel 1924, andò ministro di Francia a Vienna, e vi rimase due anni, fino cioè alla sua destinazione alla direzione degli Affari politici e commerciali il 31 dicembre 1926. Quando Laroche venne mandato ambasciatore a Varsavia, De Beaumarchais gli succedette nel suo alto ufficio, secondo per importanza dopo la direzione generale tenuta da Berthelot. Fu in ques'a. sua mi alita di direttore degli affari politici che egli — il quale già in passato si era occupato della politica marocchina — venne preposto alla delegazione francese incaricata di di scutere a Parigi, con la delegazione spagnuola, la questione dello, statuto tangerino. La designazione del signor De Beaumarchais ci riconduce, fino ad un certo punto, all'ordine di considerazioni con cui avevamo accompa gnato la voce dell'offerta dell'ambasciata romana a Maurizio Herbette. Il diplomatico prescelto, non ha nel proprio passato, una pagina quale quella scritta nel passato dell'ambasciatore di Francia a Bruxelles dal conflitto di Agadir, ma il fatto di essere uno specialista di questioni affricane, il fatto di avere rappresentato e di rappresentare ancora la Francia alla conferenza per Tangeri,- conferiscono alla sua destinazione a palazzo Farnese un significato che non può sfuggire ad alcuno. Il Governo francese ha tenuto a cercare il successore del signor Besnard tra gli specialisti di questioni coloniali, mediterranee e affricane. Dobbiamo interpretare questo fatto come, un sintomo promettente o come un presupposto negativo? L'andamento delle conversazioni francospagnuole a cui il signor De Beaumarchais parteciperà nella prossima settimana — non dovendo egli recarsi a Roma prima del gennaio — ci fornirà forse i primi elementi per una discriminazione. Perchè Laroche non accettò? VEcho de Paris, commentando le prime voci circa la nomina, osserva: « Il posto ohe andrebbe ad occupare fi signor De Beaumarchais è, in questo momento, particolarmente importante. Dopo il ritiro di Barrare, si può diire ohe noi non siamo stati ancora effettivamente rappresentati a Roma. LMrisufnoienza del nostro ambasciatore è stata incresciosa nel momento in cui 'la rivoluzione fascista richiedeva un rinnovamento completo della nostra politica verso l'Italia. Ouesta insufficienza è venuta ad aggravare 11 cattivo effetto deffle disposizioni ostili che, pewjonsid&razioni di ordine interno, il Quei d'Orsay mostra verso •l'Italia nuova. Ora che il patto franccìugoslavo è concluso, è opportuno venire con l'Italia ad una fianca e completa spiegazione. Auguriamoci che il Quai d'Orsay cconiprenda questa necessità; auguriamoci anche che il nostro nuovo aìabiasciatore consigli ed aiuti utilmente il Governo in questo compito ». Precisamente qui sta la questione. Ma, neGll'associarci all'augurio dell'Echo de Paris, non possiamo fare a meno di rilevare la singolarità del precedente costituito dal rifiuto di Laroche. Cpme mai l'attuale ambasciatore di Francia a Varsavia, che ha passato a Roma i 15 anni più belli della propria vita di diplomatico e che tra l'altro vi possiede delle proprietà, come mai il migliore conoscitore delle cose italiane che annoverino i ruoli del Quai d'Orsay ha creduto di non accettare -l'offerta fattagli da Briand di tornare a palazzo Farnese? Dobbiamo noi interpretare la sua decisione come un se gno di scarso entusiasmo per i mutamenti di persone e di cose prodottisi dal 1913 ad oggi nella capitale italiana o non piuttosto come una prova di sfiducia nelle difettive politiche che gli venivano assegnate, e a cui egM non si sentiva in grado di conformarsi? La stampa francese e i Balcani Il Temps, occupandosi oggi della situazione balcanica scrive : . Ogni malessere tra l'Italia e la Jugoslavia deve avere delle ripercussioni sulle relazioni! desìi Stati balcanici tra di loro, poiché si trovano sempre in questa rejrione degli elementi sospetti che cercano di sfruttare qual" orisi locale per dei fini particoLa détente tra Roma e Belgrado ie perciò la condizione primordal consolidamento della pace Balcani. La diplomazia deve con. a determinare questa détente ». the là diplomazia debba porsi coli ideale il ristabilirnento dei buoni porti tra Roma e Belgrado dopbe essere un assioma confinante Dleanasma. Ma che cosa la diploma debba fare per raggiungere —«ale in questione, nè il Temps nè gli Stri fogli francesi che ragionano allo!stesso modo sembrano sinora di- ararlo capito. Lo avrebbe forse capii» il - signor De Beaumarchais, queeb classico esemplare della mentalità del Quai d'Orsay alila cui intima collaborazione coi suoi diretti gerarchici, Berthelot e dobbiamo la elaborazione paziente, e certo non poco meditata, dell'alleanza franco-jugoslava? Un inviato speciale dell'Ecfto de Paris a Belgrado riferendo le confidenze fattegli da un uomo politico serbo, del quale tace il nome, traccia oggi della politica italiana nei Balcani il quadro seguente : « L'Italia ha stabulilo un vero protettorato sull'Albania: i ricordi storici della dominazione veneziana, il' desiderilo d,i chiudere l'Adriatico — il mare nostrum., dicono già italiani — la cura, infine, dà assicurarsi un giorno la strada dell'Oriente verso Salonicco, militavano in favore di uno stabilimento italiano in Albania. Vi è un drang nach osten italiano, che si disegna nettamente. Guardate la carta: la viaJ ipiù breve verso Salonicco e versta l'Asia minore, meta segreta di certi sogni italiani, passa per KorJtza e Florina. L'Italia tiene già la testa, nell'Adriatico, delle due strade transbalcaniiche. Da Fiume parte la vda che lungo la vallata del Danubio, raggiun ge il Mar Nero. Montagnosa ed arida, .l'Albania non può costituire per se stessa uno sbocco, una colonia per l'Italia. Ma essa può costituire una baso strategica e soprattutto un punto di partenza dal quale -slanciarsi per la penetrazione economica dei Balcani. Stabilita in Albania, ecco che l'Italia, seguedo l'esemplo dell'Austria di prima della guerra, diventa la potenza protettrice del Balcani. Questo noi non lo tollereremo che difficilmente ». Sino a tanto che la stampa francese, anche meglio intenzionata, si presterà ad avallare col proprio credito questi artificiosi libelli dell'allarmismo jugoslavo, è difficile che gli osservatori italiani obbiettivi possano aprire l'animo a grandi speranze circa la chiaroveggenza di quella diplomazia a cui il « Temps » tende In braccia. Ad ogni modo, in attesa di un migliore domani, non vogliamo mancare di rivolgere al nuovo ambasciatore di Francia a Roma, nel giorno della sua desi- gnazione, un saluto scevro di pre- venzione, non fosse altro che per non inflictrere una r>pnr>«i vmnnfHs, nVh> 3ElTk?i^ smentita alla conclusione che al « Figaro » di stamane credeva di dover fare se- guire alla riproduzione della nostra nota del 18 corrente: « Queste riflessioni sono una prova delle eccellenti disposizioni d«U'opinione italiana per tutto quanto sembra annunziare o preanminsdare un r.iavv.ic-inamento tra le due grandi Nazioni latine ». ' C. P.