Le mogli di Cortes

Le mogli di Cortes Le mogli di Cortes Sempre tragico e romanzetto è il MmmÓo Le notizie della esecuzione dei generali Serrano e Rueda Quijauo — la coi morte ha segnato la fine della rivolta contro il governo di Calie» — rientrano perfettamente nel quadro della tradizione messicana. Nel mio ultimo viaggio al Messico, questo miscuglio di tragedia e di romanzo che s'agita al fondo di tutta la tua, storia, in cui gli elementi di usa natura misteriosa si combinano volta a volta con quelli psicologici delle più straordinarie figure umane, mi fu palese per diversi aspetti dei luoghi visitati, per tante memorie di eventi trascorsi. A Ouemavaca, presso città di Messico, dove Cortes si sta' bili dopo il suo ritorno dalla Spagna, nel 1530, dedicandosi alla coltivazione della canna da zucchero che egli stesso aveva introdotta da Cuba, i ricordi del grande conquistatore spagnuolo, il vincitore dell'imperatore Montezuma, sono tutto un tessuto di amorose e crudeli vicende. 'Cortes fu uomo di molti amori e di numerosi matrimoni. Egli lasciò l'Università di Salamanca a sedici anni, in seguito ad una avventura d'amore; e non ne aveva che diciannove quando partì per San Domingo dove s'invaghì e sedusse una bella spagnuola, chiamata Catalina Juarez. Dapprincipio non voleva saperne di sposarla, ma vi fu forzato. Catalina portò in dote al marito terre e denaro, nonché l'amicizia del governatore Velasquez, che da Cuba gli affidò il comando della spedizione per la conquista del Messico. Il primo punto della costa del Centro America che Cortes toccò fu sulla spiaggia dell'attuale Stato di Tabasco, dove s'impadronì d'una avvenente fanciulla india: Marina, la stessa che doveva rappresentare una parte così importante nella conquista. La moglie legittima di Cortes era rimasta a Cuba, ma in seguito raggiunse il marito al Messico, nella sua residenza di Coyoacan. L'incontro degli sposi fu tragico. Donna Catalina morì il giorno stesso del suo arrivo, alcuni dicono strangolata da Cortes stesso, con la collana che la moglie portava al collo, altri per suicidio. Marina, causa di questi eventi, venne dopo qualche tempo ripudiata anch'essa da Cortes, che la diede in moglie ad uno dei suoi ufficiali. Quando il c Conquistador i ritornò in Spagna, fu accusato di assassinio della moglie, sottoposto a giudizio, ma assolto. Mentre si trovava in- patria prese moglie di nuovo, conducendo all'altare Donna .Tu arni a de Zunigay Arellano, che gli diede un figlio, Don Martin, il quale fu l'erede di molte delle sue proprietà. Ma l'amorosa brama di Cortes andò anche più in là: egli si prese come amante la figlia di Montezuma, l'imperatore da lui vinto. Si chiamava Isabella, dello stesso sposa di Gruat*Sook, nipote di Montezuma e suo rraoftvjpsore. Guatemok fu l'ultimo imperatore azteco: lottò contro Cortes e fu messo a morte dagli spagnuoli nel 1552. Cortes fu accusato'di averlo fatto uccidere per impadronirsi ' di Isabella. Del resto, anche questa donna non durò molto accanto a Cortes ohe se ne stancò presto e la passò ad nn partigiano. Il primo marito di Isabella, l'imperatore Guatemok, è oggetto tuttora di un profondo culto da parte dei messicani, appunto perchè fu torturato dagli spagnuoli che gli misero i piedi sui carboni ardenti per fargli confessare dove aveva nascosto il suo tesoro. Un altro grande capo azteco, che presso l'imperatore stava subendo lo stesso tormento, gridò che l'imperatore solo poteva rivelare il nascondiglio. Guatemok, scrollando tristemente il capo osservò: e Sto forse prendendo un piacevole bagno? i. Questa scena della forza d'animo azteca è riprodotta in un gran quadro al Musco Nazionale di Messico e le parole di Guatemok sono diventate laggiù proverbiali. E' noto che Cortes, chiuse tristemente la sua carriera. Quando lasciò il Messico l'ultima volta per tornare in Spagna trovò che era caduto in disgrazia nresso Carlo V, che non voi le neppur vederlo. Ma un giorno Cortes si lanciò sulla carrozza imperiale, mise il piede sul predellino. Stupefatto per l'audacia, Carlo V domandò ohi fosse: <— Sono un uomo, Sire — rispose Cortes che vi ha donato parecchie provinole, mentre i vostri antenati non vi hanno lasciato che delle città ! » Poco pri ma di morire, H conquistatore della i Nuova Spagna » prese il titolo di Marchese del Valle di Oaxaca, una grande proprietà nel paese che aveva conquistato in nome del buo re. Possedeva pure delle proprietà personali presso Città di Messico, vicino a Cueruavaca, all'istmo di Tuantepech e a Coyoacan. Una costruzione, che ancora esiste nella capitale, è detta il Palazzo di Cortes ed ha servito lun gamente come sede del Consiglio cittadino e da prigione. Fu la prima costruzione eretta da bianchi nel continente americano. Il Palazzo cortesiario di Coyoacan è pure notevole per un f patio i moresco. Ha l'aria più di una fortezza che d'una dimora. Vicino sorge la chiesa di San Giovanni Battista, che fu eretta nello stesso tempo, e il convento domenicano dove Cortes avrebbe strangolato la sua moglie cubana. Quando Cortes morì, lasciò la sua proprietà di Cuernavaca all'ospedale del Gesù, dov'è lepplto. L'ospedale sorge sull'area dell'antico palazzo dei Montezuma. La cattedrale di Cuernavaca è delle più antiche del Messico, e il convento di San Francesco pare che sia stato il centro da dove si irradiarono per le intere Americhe le missioni francescane. Ti campanile di questa chiesa — mi ricordava il principe Pignatelli, che abita nel palazzo ohe fu di Cortes — contiene una campana donata al Conquistatore da Carlo V, che intanto gli concedeva in proprietà tutte le fertilissime vallate cdrco■tanfci. i Sullo stesso cammino della conquista messicana dd Cortes si ritrovano modi e costumi caratteristici. Dalla costa di Tabasco Cortes passò alla baia di Vera Cruz. Quivi sbarcò e i stabilì la sua prima base fortificando- la con cannoni portati da Santiago di Cuba. Aveva in quel tempo dieci vascelli nella rada e le sue forze mobili consistevano in circa ottocento spagnuoli. Lasciando Tabasco aveva mandato all'imperatore Montezuma un messaggio annunciandogli che desiderava fargli pervenire i doni del suo Signore, l'imperatore Carlo V. La lettera fu compilata sotto forma di pittura. U messaggero con la risposta ritornò dopo uua sola settimana malgrado che la distanza superasse i trecento chilometri: Montezuma mandava' a dire a Cortes che la strada per la capitale era lunga e pericolosa, meglio che gli spagnuoli rinunciassero a farla. Aggiungeva l'imperatore : « Vi prego di tornare indietro nel vostro paese con i doni del vostro potente Signore ». Con la lettera, il sovrano azteco inviava anche dei presentì, tra i quali due grandi e pesanti piatti, uno d'oro e l'altro di argento, d'una circonferenza di tre metri. E rubini di perle. Si può facilmente immaginare l'effetto di questi doni sull'animo degli «wentnrderi. Cortes replicò immedia temente a Montezuma che aveva attraversato seimila miglia d'oceano, per conoscerlo e che non avrebbe mai rinunciato al proposito d'incontrarsi con lui. Era del resto questa la volontà del suo re. Gli aztechi risposero ancora con un cerimonioso invito agli spagnuoli di abbandonare il paese. Ma Cortes, con il suo piccolo esercito, prese la via delle montagne pensando di conquistare una nazione di milioni di uomini. Aveva con sè un migliaio di portatori indii mancando assolutamente di bestie da soma. Giunto alla città di Tlaxoala, presso Puebla, si alleò con gli indii di quel nome. Intanto un gruppo di spagnuoli ascendevano il Pòpocatepetl per raccogliervi lo zolfo e fabbricare la polvere da sparo, segnalando a Cortes la miglior strada per sboccare sull'altopiano della capitale. ARNALDO CIPOLLA.