Chi salvò l'esercito serbo?

Chi salvò l'esercito serbo? Chi salvò l'esercito serbo? Il merito dell'Italia confermato da documenti serbi c austro-ungarici Vienna, novembre. Mentre il ministro degli Esteri juoslavo, Marinkovic, firma a Parigi un trattato d'alleanza, vale la pena are un nuovo sguardo alla pagina di storia che l'Italia scrisse nel gennaio e nel febbraio del 1916 salvando 'esercito serbo, quindi salvando la ita dello Stato che oggi s'intende on i nostri vicini del nord. Sotto gli occhi ho il superbo fascicolo Ser-t bia eroica, che vide la luce a Milano nel 1917, ricco di impressionanti di» egni di Aldo Carpi, di una prefa* ione di Leonardo Bistolfi e di not«| di un valoroso ufficiale italiano te» rito in guerra — Paolo Giordani —• l quale descrisse l'opera dell'Italia e lo stoicismo serbo con parole che a stampa jugoslava ha poi evitato di riprodurre. Ben diversa eco trovò a Belgrado, sei mesi addietro, un discorso del ministro della Marina francese, Leygues, che per la sua flotta tentò di accaparrare tutti i meriti: egli disse che le navi i. e r. non abbandonarono Pola per timore della flotta rancese nell'Adriatico e aggiunse disinvolto che il salvataggio dell'esercito serbo rappresenta un'impresa magnificamente riuscita della marina francese, mentre la marina itaiana si limitò a collaborare con alcune navi-trasporto. Al Leygues, nel giugno, non mancarono sollecite repliche italiane; ma nel frattempo a me è parso interessante compiere un'inchiesta consultando tecnici e documenti austro-ungarici e jugoslavi, cioè a dire delle parti che in quel fosco inizio del 1916 più direttamente si trovarono di fronte. Al capo dello Stato Maggiore di una delle armate austro-ungariche che nell'inverno 1915-1916 combatterono agli ordini del generale feldmaresciallo von Mackensen ho cominciato col porre il quesito come mai le truppe serbe siano allora riuscite a sfuggire alla stretta degli eserciti del blocco centrale. Egli mi ha testualmente risposto: «L'operazione degli austro-bulgari-tedeschi mirava in primo luogo a stabilire, mediante la sconfitta della Serbia, comunicazioni con la Turchia, fortemente impegnata dalla spedizione anglo-francese dei Dardanelli. Tale obbiettivo fu raggiunto alla fine di novembre del 1915, con la conquista della vecchia Serbia. L'avanzata dell'ala meridionale bulgara impedì all'avversario sconfitto di ritirarsi a Salonicco, dove l'aiuto del corpo Sarrail era giunto troppo tardi, e perciò i serbi fuggirono in direzione sud-occidentale, verso la costa albanese dell'Adriatico. « Certo, una puntata attraverso il Sangiaccato di Novi Bazar e oltre il confine meridionale del Montenegro avrebbe indubbiamente potuto tagliare dal mare i serbi, che sotto difficoltà infinite ripiegavano al di là delle montagne, e costringerli a deporre le armi. Ma le forze a disposizione delle Potenze centrali per la operazione balcanica, limitate dalle molteplici esigenze su altri teatri di guerra, dovevano essere anzitutto dirette contro l'avversario principale, ch'era la Serbia: esse erano insufficienti per sconfiggere anche il Montenegro con la rapidità che per quella puntata sarebbe stata necessaria. Mentre la fuga dei serbi, che lasciavano nelle mani degl'inseguitori tutti i cannsni e il materiale e gran numero di prigionieri, si svolgeva con relativa sollecitudine, ci era impossibile distaccare forze. Noto è poi quali ostacoli oppongano alla avanzata ed ai rifornimenti, nella regione povera di risorse, il suolo, le stagioni e le vie di comunicazione. Allorché alla fine di gennaio del 1916 le nostre truppe raggiunsero la costa, a San Giovanni di Medua, gli ultimi serbi si erano già imbarcati». Con la deposizione dell'autorevole tecnico militare austriaco rimane dunque assodato che in materia di operazioni terrestri la Francia non diede all'esercito serbo nessun aiuto. Quanto alle operazioni marittime, un critico che nella scomparsa flotta austro-ungarica era ufficiale in servizio attivo, il tenente di vascello Hans Sokol, mi scrive « che dal punto di vista della guerra marittima il merito principale della evacuazione delle forze serbe spetta i7teon(es(abilmente all'Italia»; la Francia ha invece contribuito nella più larga misura a organizzare il campo di Corfù. L'azione svolta dai due incrociatori corazzati francesi Victor Hugo e Jules Michelet si ridusse a scortare i soli trasporti per Biserta, dove andarono appena 13.000 soldati serbi su oltre 160.000, mentre gli incrociatori Edgard Quinet ed Ernest Renan, sopraggiunti più tardi, stazionarono a Brindisi in riserva. Come naviglio leggero la Francia aveva mandato 12 cacciatorpediniere che ad un certo momento salirono a 15, 3 sommergibili che poi salirono a 10, e una flottiglia di battelli da pesca: l'Inghilterra era rappresentata dai due incrociatori leggeri Dartmoulh e "Weymouth, da 6 sommergibili che poi diventarono 10 e da numerosi battelli pescamine e da pesca. Per contro l'Italia appoggiava il grosso della sua flotta a Brindisi, dove aveva puro fatto venire da Venezia otto rn,,„;.,f„,.npr]im-„,.p rnrii*: r.— Zefi"r.^p^ del, ^P0 „3 A»\ìt\l%?* aValonale due navi da battaglia Regina Elena e Napoli. Rammentato che il generale francese De Mondésir avrebbe voluto riunire i serbi a Valona e che.furono S11 lta»am ad opporsi a tale peri- goloso progetto, inducendo invece ad ut in zzare la più comoda isola di Corfù, e rammentato altresì che l'Italia, , la protezione della Francia, il entico dimostra come sia stata anche l'Italia ad approntare la gronda non appena entrata in guerra, s'era impegnata a provvedére a tutti i trasporti marittimi per la Serbia ed il Montenegro, prima avvenuti sotto