Proiezione di un grande Porto mediterraneo

Proiezione di un grande Porto mediterraneo PANORAMI SUL MARE Proiezione di un grande Porto mediterraneo GENOVA Enrico Cavacchtoll Inizia da Genova, per «La Stampa.», una rassegna dei maggiori porti mercantili del continente europeo. Le qualità dello scrittore che al senso realistico dell'Indagatore e de lo studioso, unisce la sensibilità dell'art sta, consentiranno al lettori una visione istruttiva e commovente Insieme di uno del più compendiosi spettacoli eli vita del tempo nostro: l grandi scali marittimi. GENOVA, ottobre. Socchiudere gli occhi, quasi per concentrare la penetrazione dello sguar'do nel passalo. Vedere. Lblmacarsi di sole, nella azzurra meraviglia del mare. O lasciarsi Pervadere dalle raffiche invincibili, che sgroppano sull'acqua le tumultuose cava caie del libeccio, tra frangiami e polverizzazioni di pioggia, mentre II porto ansima nella oscurila, con la intermittente lucciola della Lanterna Ritrovare nel quadro primitivo due epoche remote: quella, che comprende sii sforzi del Comune Genovese per riguadagnare quanto ha perduto con li conquista di Costantinopoli fatta dai Veneziani e con la sue™^ di S Giovanni d'Acri; l'altra, che raccoglie i privilegi della Convenziono del 1261, conchiusa dalla Repubblica con l'Imperatore dei Greci Michele Paleologo „1om„„ti Ricostruirle allora, neg i elementi venerali di vita e di colore, dalla Lanterna al Molo, dal Capo di Faro alla Punta di Sarzano, diviso m due dalla pendice di S. Tommaso, mentre il Porto si sventaglia a poco a poco, conquistando spiaggia su soiaggia, insenatura su insenatura, e si nutrisce di palafitte su cui sorgeranno le case della città, che gin si protende sul mare. F;cco l'opera insonne dei maestri d'ascia e dei calafati. La «Fontanella., e la spiaggia sono un solo cantiere primordiale. Ridono le legna stagionate, al taglio sotti e Fumicano le peci delle impegolature. ,e'vertebre osatile dei navigli, sirim.nlpano sotto il picchettin degli inchiodatori. Guizzano navi buccistartele, galee, galeoni, saettie. panfili, ponzarli, cetee, gatti, golilahi sotto > mura dell'Arsenatn. Una foresta ui alberature, cresce e si moltiplica, su le stive incatramate. La darsena si popola di vele e di tagli di remi. Non canti. Preghiere. I Consoli del mare provvedono. Si stillano trattati a oriente, coi Tartari coli'Armenia, con l'Antiochia coi Principi che dominano l'Asia Minore. A ponente, con la Provenza, la Linguadoca e la Spagna. V mezzogiorno, con le coste settenrionali dell'Africa e la Barberia. Tutte le vele, palpitano nel grande fiato oceanico. Tana, Caffa e Pera, diventano tre colonie. La guerra antiopa o commenta l'esplosione dei irafncl. E germina gli emporii di ■Meppo, di Egitto, di Tripoli, di Tunisi, di Ceuta, di Garbo, di Costantinopoli. . i e Passano, bordeggiando, la « ban Marco», la « Leoparda», l'n Oliva », ia « S. Salvatore », la « S. Stefano ». il « Gran Paradiso », a vele spiegate, fra clamore di ciurme, rintocchi di campane, e fremiti di stendardi. Scivolano, sfrecciando come saette, i navigli corsareschi, in paurosa comparsa'notturna, fra lampi lividi e scrosci di tuoni infernali Dai castelli di poppa e di prua, gli equipaggi invocano tutti i santi, striati dal sangue delle ferite e dai piumacci delle ondate che li accecano. E, intanto, nel tempo, le quattro vie si tracciano: per il Caspio, per il Capo di Buona Speranza, per Ponente, per il Volga fino al Baltico. Sovrastano le ombre di Vivaldi, di Doria, di Colombo, di Centurioni, mentre il Mandraccio si allarga, il ponte della Legna, il ponte della Mercanzia, il ponte Spinola, il ponte Calvi. Santa I.imbania, si allungano sul mare, e i Brevi delle Compagne genovesi, stabiliscono i patti interni di lavoro... Che meraviglia, se qualche navigatore, sfuggito col suo carico di endaco, di lacca, di seta, di pietre preziose, agli artigli e ni purganti d'acqua di mare e di tamarindo dei corsari di Guzuràt. abbia veduto apparire la stella tramontana alta sei braccia? Gli occhi socchiusi, sì riaprono sul ! 'j a a n , i a i i o r a e o e i e i l ! miracolo del Porto Mediterraneo. 'Antivedono, oltre lo sbarramento del jMolo Principe Umberto e del Uuca di Galliera, le formidabili branchie della città marinara, dilatate fino allo spasimo. Attrezzato, a portato all'estremo della sua potenza dalla tenace volontà del suo grande Capo, S. E. l'Ammiraglio Cagni, il porto proietta nel Bacino Benito Mussolini e nel Bacino Vittorio Emanuele III le braccia vive delle sue nuove bandi ine. Tutto un fremito nuovo, invade e pervade questa specie di alveare ma rino, in cui gli uomini scompaiono dinanzi alla grandezza delle opere ed ai congegni mostruosi delle macchine. Le formidabili scodelle di tre Racini, usi alla chirurgia dei martinetti, ingoiano navi e piroscafi. I bracci degli elevatori si irradiano a veni aglio dalle calate, scivolando sui binari aerei delle loro guide. Moltiplicate per tre, le sessantotto gru idrauliche da mille e cinquecento chilogrammi, le tre da duemila, le tre da diecimila, le quarantaquattro gru elettriche da mille e cinquecento, le venti da tremila, le quattro da sei a diecimila, i venticinque elevatori eilettrici da cinquanta tonnellate all'ora, e i venti da settanta 1 Aggiungete la flottiglia dei pontoni dai polenti bighi di sollevamento, veri titani galleggianti. Date vibrazioni a questo popolo di ferro, che eseguisce la morbida ginnastica dei pesi massimi, sventrando i boccaporti da cui estrae tutte le mercanzie, per istradarle, volta a volta, sulla nervatura dei binari, e i notturni vasi dei tunnels di comunicazione! Il Porto, il cantiere, il magazzino, si estendono ingordamente. Le banchine offrono dodici chilometri di frenetica estensione alle merci; lo specchio acqueo del porto si lacera per duecento ettari, sotto la prua decisa delle navi. I « Silos » impinguano le loro quattrocentoventinove celle di deposito con sessantamila tonnellate di cereali, aspirando dale proboscidi gigantesche degli apparecchi pneumatici, fino a quattroceniosessanta tonnellate all'ora, sicché i « Cargo-Boats » emergono a vista d'occhio, come lenti ascensori, alleggeriti a un tratto della propria ricchezza. Dispersi e moltiplicati, i rigidi tentacoli degli elevatori svuotano i piroscafi di carbone, chiudendo le mandibole delle grandi benne nelle stive, e riaprendole sui carri ferroviari sottoposti, in una nuvolaglia di terra nera. Il prodigio meccanico, lo sforzo idraulico, il miracolo elettrico, si sono consorziati come gli uomini. E, d'altra parte, il cantiere unisce la fragorosa sincronia dei suoi ru mori a questa musica orgiastica della fatica. La città di carbone e di fumo, la colossale gradinata ai palazzi ricchi abitati, e ai giardini pensili, si moltiplica all'infinito al piede della cit tà vecchia. Alza il massicciò della nuova centrale elettrica. Ordisce idealmente le « silhouettes » vertigi nose dei grattacieli, che dovranno popolare la zona commerciale, colta dalla paralisi di un retroterra troppo limitato. Fa esplodere in linea verticale i suoi fabbricati, che si al lineano piano su piano, mentre la Grande Genova si dilata fin che può, ingoia i Comuni limitrofi, allontana le cinte daziarie, aumenta in estensione ed in altezza. Reco l'idroscalo fluttuante da cui balzano quotidianamente gli idrovolanti, per il trasporto dei passeggeri. Avvoltoi trascurabili, sembrano segnare la via ai piroscafi veloci, alle motonavi robuste, ai mostri divoratori del mare, ai sommergibili pàlmiti come delfini, ai « caccia » nevrotici, alle dreadnoughts punteggiate di cannoni, ai "grandi pulmanns delle distanze oceaniche. Le piccole vele sono morte, nella fiottante foresta di ferro. Ed ò qui, che la potenza del mondo convoglia una parte della sua attività. Il numero delle na.vl arrivate e partite' nel 1926, raggiunge infatti la cifra di diecimila duecentoquarantatre, di cui millescttecentonovantatre velieri. La. bandiera, itaiixoa e?J atuetpdqnstdddrtzzlllnntmcmcrcdamaircictipmcntpdtptntsbgspn J avuto un aumento considerevole: dì trecentoquarantotto navi in più, ed una maggiore stazza di un milione e centosessantasettemila quattrocentonovantaquattro tonnellate ia confronto del 1925. Rispetto all'anno precedente, la bandiera nazionale ha dunque guadagnato circa trecentoquindicimila tonnellate. Il movimento delle merci sbarcate nel 1920 è costituito da un totale di sci milioni centonovantaduemila centoquarantadue tonnellate, di cui più di due mUioni e mezzo di tonnellate di carbone. Dalla cifra complessiva delle merci arrivate, cinquecenfoquarantanovemila novecentodieiannova tonnellate provenivano dai porti nazionali. Le rimanenti, da provenienze estere. Le merci in transito per la Svizzera e per gli altri Paesi dell'entroterra estero ascesero a tonnellate centosessantottom'ila duecentonovantacinefue : sessanl.itremila meno in confronto del 1925. Nel movimento d'imbarco vi è' stata una relativa stazionarietà: un milione trecentoottantanove mila centocinquantanove tonnellate di merce. La sproporzione tra imbarco e sbarco è fortissima, e c'è un regresso per le destinazioni americane, quelle del Levante e quelle del Nord Europa, La progressiva ascesa del traffico portuale, affermatasi poderosamep+e negli ultimi anni precedenti, subì nel 1926 una inattesa sosta a causa dello'sciopero minerario inglese, le cui ripercussioni non potevano rimanere inavvertite da un porto, in cui il carbone fossile costituisce una parte preponderante del movimento di importazione. Durante gli otto mesi dello sciopero, avendo 1' Inghilterra inviato mi milione e trecento tonnellate di carbone meno che nel 1925 diminuì in conseguenza anche l'importazione di alcune materie prime,tra cui i metalli greggi. La complessiva diminuzione del movimento delle merci di circa seicento mila tonnellate in confronto dell' anno precedente, fu dunque relativamente lieve: il porto di Genova trovò nelle molteplici correnti del suo traffico mondiale sufficiente compenso al mancato approvìgionamento britannico. Quest'anno, i riflessi della battaglia per la rivalutazione della lira, si proiettano anche sul movimento portuario. Ma l'opera del Governo nazionale saggiamente provvede a prevenire ed a reprimere le cause di una possibile diminuzione dei traffici. Chi si reca nel porto di Genova! oggi, e visita minutamente gli impianti meccanici, e segue lo sviluppo delle costruzioni delle calate e dei Modi, si può convincere che, trai un non lungo periodo di tempo, potrà essere eliminato dal Porto l'inconveniente dei galleggianti (chiatte, calate mobili). Logicamente, l'abolizione di questo mezzo sussidiario dello sbarco e dell'imbarco, porterà, una rilevantissima diminuzione nelle tariffe di sbarco ed imbarco, con enorme incremento, sia nel transito che nel movimento commerciale del Porto franco. Fìjw ad oggi, ogni imbarco di ineru-e eia eseguito per mezzo della chiatte, e da diverse calate: l'esportatore si accordava con lo spedizioni e r-; che, a sua volta, si accordava col chiat (aiolo. Questo fatto aveva, è vero, il vantaggio della libertà di concorrenza, ma finiva per accollare all'esportatore delle spese stra-> ordinarie variabili e difficilmente' controllabili, che quindi si presta- ' vano ad abusi di ogni genere e che, in ultima analisi, gravavano sulla merce. Allora, si è pensato alla soluzione più pratica; alla costituzione cioè di una Società fra il Consorzio autonomo del Porto di Genova da una parte, e gli spedizionieri, gli armatori e gli esportatori dall'altra, con un capitale di dodici milioni ed un mutuo del Coverno per la costruzione di capannoni sui sessantadua mila metri quadrati di area demaniale, costituita dal Ponte Caracciolo, dal Ponte Assereto e da parte della Calata di San Benigno, sul quali dovrebbe accentrarsi il movi» mento di imbarco delle merci. E si ò fondata la « Calatiiabàs g4