Il processo contro la "mafia,,

Il processo contro la "mafia,, Il processo contro la "mafia,, Osa si difende uno deiprincipaliimputati tiare del frumento. E' tutto falso 60no innocente. D'altra parte il Di Gio >»' » rapina, ne subì un;al- llm- e <luel5a voUa venne a conflitto Termini Imerese, 8, notte. Oggi si 6 proceduto all'interrogatorio di Nicolò Andalotro, uno dei capi più potenti dell'associazione a delinquere. A richiesta del Presidente il det.'mit-o si alza, e con voce chiara dice le sue complete generalità: Andaloro Nicolò fu Cataldo e di Salvi Giuseppina, d'anni 27, da Gangi. Egli non. appare molto impressionato. Non s! accalora e neanche per un istante pe-de la sua calma. Si incornimela dalla rapina im danno di Di Gioia Leonardo. « Sono un forte proprietario » — Il Di Gioia, ossejTO il Presidente, nel maggio del 1917 ricevette una lettera minatori.i a firma Gaetano Kerrarelli, Salvatore Ferrarellft e AndaInro Nicolò. Non raspose ed allora, il 31 agosto delio slesso anno, cinque persone armiate si presentarono nel suo fondo e lo rapinarono di dne cavalli e di ventìdue quintailì di frumento. Andaloro segue l'esposizione del presidente poi scatta: — Faccio notare, signori giurati, che sono un forte proprietario, e nella mia qualità mi sarei vergognato di rapilo y o o : e : e : coi rapinatori, dei quali ne uccise uno. Egli sa quindi dond-e veniva la mano. Certo è che io 6ono innocente. Presidente: — Conoscete Michele Lipuma e Giuseppe Albanese? — Conosco il Lipuima che fu mio mezzadra, ma non posso essere responsabile se egli si presentava in mio nome, commi-ettendo estorsioni. Cono sco pure l'Albanese e so che era un lavoratore. Avv. Romano: — Faccio istanza che sia richiamalo il processo riguardante l'uccisione del rapinatore ad opera del Di Gioia. Si piissa alle altre imputazioni: lesioni ed estorsione in dònno di Sabbatino Giuseppe. Presidente: — Conoscete Sabbatino"/ — Sì, lo conosco. Il Pre&wtente, ai giurati: — Il Sabbatino, dopo avor ricevuto ttna lettera minatori/a, alla quia-te non rispose, ricevette un giorno, nel luglio del 1920, la visita poco gradita di alcumii individui, mio de.1 quali disse: «Io sono Nicolò AndaloTO », e Lo malmenò. Do po questa viisila, il Sabbatino ricevette una seconda ietterà e questa volte consegnò a tale Pte1.ro Palazzolo lire 5'JO per darle ad Andaloro. Imputato: — Non è vero nulla. 11 Presidente leggo la lettera ricevuta dal Sabbatino: « La vostra sentenza e fissata dopo il vostro silenzio. Avete ancora due giorni di tempo e poi verremo a succhiare il vostro sangue e quello di vostro zio. O accogliete la nostra richiesta, o faremo ili vostro corpo a pezzi. — FerrarelM e coni pagnl ». AndaJoro: — Nego di aver scritto questa lettera. L'aw. Camini, della Difesa, prega che aia fatta una perizia sulla lettera, rinunciando anche n reclamare un perito di parte, nell'interesse del suo difeso. L'avv. Lo Presti si associa, e ili Presidente si riserva di provvedere. Si contestano quindi quindi aU'lmpu tato la tentata estorsione, il furto qua •Meato e l'estorsione di 10.000 lire in danno di Edoardo Rinaldi e di Gennaro Loreto. Imputato: — Non è vero, io non c'entro per nulla in questa faccenda. Estorsioni ed omicidi Con questo reato si esaurisce quanto viene addebitato all'Andaloro colla sentenza della sezione di accusa del 30 maggio 1922. Si passa quindi a quelli addebitati colla sentenza 20 dicembre 1924, e si contestano così all'imputato le estorsioni a danno di Rosadio Galdi, di Giuseppe Agostoni, di Giosuè Di Giaconia e di Eugenio Calascifetti. L'imputato nega di conoscere queste persone. Si contestano successivamente all'Andaloro una leniate, estorsione di 2000 lire in danno di Russo Francesco, una violenza privata contro Procido Napoli ed un'estorsione di lire 1000 ai danni di Giuseppe Abbate. Di tutti questi reati l'Andaloro si protesta innocente, dicendo di non conoscere le parti lese. Si passa quindi al terzo gruppo di reati, quelli addebitati all'Andaloro coll'ultima sentenza della sessione di accusa. Comincia questa serie di delitti coU'.Qiiiicìdio di Franco Vincenzo. Il Presidente riferisce i particoi«rì del delitto. Imputato: — Vincenzo Franco era mio amico, e nessuna ragione avevo di farlo uccidere Nulla so della divergenza tra lui e mio cognato Palazzolo. Si passa all'omicidio del Battaglia, avvenuto il 14 marzo 1922. Si contestano successivamente all'Andaloro una rapina di tre giumente appartenenti a Giovanni Cirino; una tentata estorsione di lire 10.000 in danno del commerciante Giuseppe Portovenere, e l'accusa di associazione a. delinquere di cui egli si dichiara innocente. Viene interrogato poi l'altro imputi to Carmelo Andaloro, al quale si contestano gli omicidi di Giuseppe Palaz zolo e di Giuseppe Cassarà, nonché la correità nell'omicidio di Vincenzo Franco., L'imputato si protesta innocente. n presidente gli contesta alcuni altri capi di accusa, ma l'imputato continua a mantenersi sulla negativa. L'udienza viene quindi rinviata.

Luoghi citati: Gangi, Napoli, Portovenere, Termini Imerese