Dal paese degli "apaches,, al paradiso californiano

Dal paese degli "apaches,, al paradiso californiano Dal paese degli "apaches,, al paradiso californiano o a e pNel mio recente viaggio attraverso l'America del Nord ho visto anche il paese degli « apaches ». Lasciando El Paso per la California, si attraversa 11 Rio Grande abbandonando il' Texas ed entrando nel Nuovo Messico, uno degli Stati più giovani dell'Unione, che non ha che 368 mila abitanti. La linea seguita dai treni espressi che vengono da Nuova Orleans, fila diritta sino a Tucson da dove si distacca un'altra branca per il Messico (frontiera di Nogales) attraverso un territorio recentemente strappato al deserto con le irrigazioni ; ma un'altra linea più meridionale, coste già dappresso la frontiera, congiungendo località ' molto romanticamente note in America per l'avventurosa esi stenza, che vi trascorsero gli intrepidi « settlérs » in lotta con gli Apaches indiani di brigantesca memoria, 1 discendenti del quali, pur essendo dlmi nuiti grandemente di numerò ed aven do dovuto rinunciare alle brillanti gesta dei loro avi, hanno la soddisfazione di non ignorare che 11 loro nome, passato in Europa, serve oggi a designare la specie di gentiluomini che tutti sanno. « Cerco sassi » I punti più notevoli su questa linea meridionale sono : Rodeo, fra una chiostre di aspre montagne, teatro delle gesta di un insigne brigante, Geronimo, che messosi al!ai testa di una banda di Apaches, terrorizzò la regione per molti anni, sino a che venne catturato e fucilato da una spedizione militare inviatagli contro; Douglas: punto di partenza di capi rivoluzionari messicani che, come Villa, seguiti da turbe di lndios, scesero nel confinante Stato di Sonora ad affrontare le truppe governative del loro paese ; Nacozari de Garcia, cosi chiamata in memoria di un macchinista di locomotive, Jesus Garcia, che nel 1907 salvò la vita di parecchie centinaia di minatori (il territorio è molto ricco di miniere di rame) sacrificando la sua, attaccando la sua macchina a due vagoni carichi di dinamite che s'erano incendiati e spingendoli ad esplodere lontano dalla città. Prima di raggiungere Tucson, dove il tronco meridionale si congiungo alla « main line », cioè alla linea principale, si passa ancora da Charleston, una delle più vecchie città di frontiera, resa già famosa da Stewart Alien nei suoi racconti, prima che l'indiavolato ballo che porta il suo nome — e che è preso non dai negri, come comunemente si crede, ma dalle danze degli «indios» messicani — si divulgasse in tutto il mondo. E finalmente si vede Tombstone, che ogni americano conosce come il più insigne antico covo di Apaches e come la più ricca fornitrice d'argento del vecchio Ovest. Tutti questi luoghi, collocati in alta montagna e soffusi dei ricordi della guerra degli Stati Uniti contro il Messico, condotta dal generale Taylor e delle guerriglie contro gli Apaches, sono diventati oggi delle stazioni climatiche alla moda Tombstone, per esempio, è specialmente designato come luogo di « eccellente atmosfera morale per educare dei ragazzi ». E mezzo secolo fa Tuo mo che le dette il suo lugubre nome (si chiamava Ed Schieffelin e batteva i monti allora inospitali, esplorandoli) interrogato da un indios su quel che era venuto a fare nel dominio degli A paches, rispose: « Cerco dei sassi ». « Fate attenzione — risposo l'indios — perchè non troverete che sassi per la vostra tomba ». Viceversa, Ed Schieffelin trovò una ricca miniera d'argento e la chiamò appunto « Tombstone », pietra sepolcrale. La testa di Cochise Sulla « main line » le varietà naturali ed i ricordi romantici non sono meno interessanti di quelli sulla linea meridionale. Partendo da El Paso, dopo Deming, fra le montagne Florida, gli orridi delle quali ricordano il non lontano « Grand Canion » (sorpassano i 2-100 metri) si raggiunge la stazioncina di Continental Divide, cioè lo spartiacque americano. E' di qui veramente che incomincia il West, le correnti del quale vanno a gettarsi nel Golfo di California. Quaranta miglia più ad ovest si abbandona il Nuovo Messico e si entra nel singolarissimo Stato dell'Arizona (334 mila abitanti), sahariano nella sua parte bassa, che è quella percorsa dalla « main line », ma in procinto di diventare, con le irrigazioni in costruzione e in progetto, assai produttivo anch'esso. L'Arizona è il paradiso archeologico degli americani poiché vi si scoprono frequenti rovine di costruzioni preistoriche. La conoscenza pratica di questo territorio data, si può dire, dal ISTI, dopo la guerriglia contro gli Apaches. Soltanto allora l'Arizona cominciò ad essere abitata dai bianchi. Alcune singolarità lungo la linea sono degne di nota. Cosi San Simon, dove sulla cresta delle sterili montagna Chiricahera, si può vedere il profilo della testa di Cochise che fu uno dei più temibili capi Apache. E' inteso che noi vi scorgeremmo la testa di Dante, i francesi quella di Napoleone e gli inglesi, forse, quella di Wellington. San Simon non è che un'oasi artesiana circondata da montagne sugli aridi pendii delle quali alligna una specie di euforbia formata da una sola grossa colonna, per modo che dove i tronchi son numerosi, par di vedere i colonnati di una città morta. A Bowie, viceversa. In una fertile valle a 1300 metri d'altezza, incomincia la « Riserva » indiana, dove vennero riuniti cinquemila superstiti Apaches, oggi tranquillamente detliti all'agricoltura e alla fabbricazione dei loto pittoreschi oggetti, comprese le superbe criniere di penne, che vengono ad offrire ai viaggiatori nelle stazioni. A Miani si è già nella regione attraversata dal cosidetto «Apache trail », che è poi la strada nazionale dell'Arizona. Tutti i turisti che visitano questo Stato, abbandonano la ferrovia a Globe, dove il « trail » incomincia, e percorrono in automobile l'« Apache trail»» sino al lago artificiale di Roosevelt (quello dove s'incendiò il «Santa Maria » di De Pinedo) e alla capitale dell'Arizona, Phoenix, nome assai appropriato al capoluogo di un paese di questo genere, dove par miracolo che 1* ricchezza debba scaturire da una terra che a prima vista pare un assoluto deserto. E' questa la più straordinaria gita automobilistica che si possa fare in America, per 120 miglia, attraverso 11 cuore dell' « Apacheland. » in una regione ricca di restì- preistorici, di strane leggende messicane e Su¬ turdiErrscrlbdmscsc'AdfdnmtnbmafetsandumvsgtgeqccdlcmqntrumsqmledpFrgltddbdcrdcPLgelipqng6ctàgcctutamsrcmdlaFl'laglansdlBdSBcf1diane, ma soprattutto di spettacoli ria-ì urali : tortuosi « canions » e bizzarre roccle, stupefacenti di forma, di grandiosità e di colore. La ferrovia... d'argento In verità l'entrata in California dalia parte meridionale è ben disgraziata. E' il paesaggio del Mar Morto ch« vi ritorna nel pensiero. E prima di arrivare alla soglia di quella ubertoslasima « Imperiai Valley • californiana, che venticinque anni fa era la naturale continuazione del deserto di NIland, che penai il treno, nel deserta basso, sembra smarrirsi In un dedala di paludi, che viceversa non sono che miraggi su antiche distese coperte di stagni ; e finalmente, dopo India, si ricomincia a salire, a respirare, su, su, sino al San Gorgonio Pass, che è 11 colle che adduca alla vera Califoml8> A Bonriing, poco prima del colle, compaiono superbe montagne di quasi quattromila metri d'altezza, dalle cima tinte di neve. Sono i Monti di San Bernardino, che ricordano degnamente 1' alpestre passo nostrano. Soltanto, San Bernardino della California, lnveoe di essere un convento, è una città' di 36 mila abitanti, in mezzo al suol grandi moniti e forma una delle attrattive alpinistiche più notevoli degli Stati Uniti. Vi esiste una ferrovia elettrica chpe conduce a certi laghi che è ila più sfarzosa del mondo — dicono gli americani — a causa del suo materiale di legni preziosi incrostati d'argento. Ma gli americani dimenticano sempre le altre umanità e gli altri paesi e, a proposito di ferrovie, più o meno vanamente sfarzose, quelle mancesi dell'ex Russia zarista, che avevano le locomotive con 1 finimenti pure di argento. Dal « San Gorgonio Pass » a Los Angeles — quattro ore di treno — si viaggia continuamente negli aranceti. Al Rivierslde, anzi, che è una cittadina sepolta in una foresta di magnolie, di alberi del pepe e di palme, e dove le costruzioni riproducono lo stile delle vecchie missioni francescane (quel pesante stile coloniale secentesco dilagato in Messico), vi mostrano in un « patio » un antico albero d'arancio, venuto nel 1870 dal Brasile, le sementi dei frutti del quale hanno generato, a quanto pare, i milioni di alberi d'arancio che esistono oggi In California. L' affermazione è convalidata ufficialmente, ma c'è poco da credervi, dato che i nostri italiani d! California, pretendono di aver portato le sementi dei loro aranci dalla Sicilia.' La città nababbica Los Angeles, diventata in questi ultimi anni, una delle più popolose a nababbiche città americane, meriterebbe molte pagine per tradurne la veemente e superba ascensione. Essa deve anche la sua crescita fenomenale al fatto di trovarsi ail centro d'una vasta e fertilissima regione, sviluppatasi intensamente, ai vantaggi di essere assurta a metropoli della frutticultura americana, aranci e limoni alla testa, di aver trovati nel suo sottosuolo ricchissimi giacimenti di nafta e di avere assistito alla conquista mondiale della sua industria cinematografica, che a Hollywood, a 30 minuti dal cuore di Los Angeles, ha stabilito il suo centro universale. Los Angeles, fondata nel 1781 con il nome di « Nuestra Seflora de la Reina de los Angeles », non contava, dopo un secolo, che 12 mila abitanti, ma rimane anzitutto una città residenziale, vale a dire che due terzi buoni della" sua popolazione attuale, hanno emigrato qui da ogni parte d'America, attirati dal suo tersissimo cielo (trecento giorni all'anno di firmamento sereno) e dalla dolcezza del suo clima che ò quello di un'eterna primavera. E cosi, con quella rapidità che in America accompagna invariabilmente le iniziative degne di successo, appena Los Angees cominelò a risentire un accenno di crisi di sovrapopolamento, sorsero Immensi quartieri di villini fra i fiori, al quali seguirono un centro metropolitano con relativa fungaia di grattacieli, eatri ed alberghi di migliaia di camere, musei e gallerie, ventidue parchi, un « Mammoth Coliseum » per centomila spettatori, viali interminabili e superbamente alberati, pittoreschi quartieri speciali per 1 cinesi e per 1 messicani, innumerevoli scuole e colegi e una Università della California del Sud che minaccia di sorpassare, per numero di studenti, quella di San Francisco. Non si trascurò neppure di ripristinare le venerabili Missioni spagnuole dei frati d'Assisi, che furono 'embrione di tutte queste luminose cità costiere del Pacifico; e poiché quindici città fra grandi e piccole circondano Los Angeles come altrettanti sobborghi, si curò la viabilità in guisa tale da renderla la più perfetta d'America,; che pure è la terra dell'insorpassabile rerfezione stradale. Una passeggiata attraverso quei quln-. dici centri è, per un americano, la corsa nel mondo della completa gioia: Pasadena, Monte Lowe, Monrovla, Long beaeh (140 mila abitanti, sei miglia di magnifica spiaggia da un lato e i giacimenti petroliferi di • Signal i 111 Oli » dall'altro); San Fedro, che è poi il porto di Los Angeles, chiuso da' quasi quattro chilometri di molo che ne hanno fatto un eccellente ancoraggio; Santa Monica, dove esiste una 6trada semovente dalla spiaggia alla cima dei monti che circondan la cità; Vcnice, che si dà l'aria di assomigliare alla regina dell'Adriatico, perchè è sulla laguna fra canali e ponticelli, ecc., ecc. Una di queste località, uttavia, è unica al mondo: Santa Caalina Island, che è un'isoletta a 24 miglia dal porto di Los Angeles, dove i può vedere un « acquarium » natuale, cioè il mondo sottomarino del Piiuco con le sue foreste e i suoi pe»ci meravigliosi, da certi barconi profondamente immersi con le chiglie costelate di occhi di vetro. Sulla rotabtle fra Los Angeles e San Francisco, oggi 6trada automobilistica,* 'auto mi ricondusse alla bella città dela «Porta d'Or'o». Sono quasi 500 mi-, glia di strada: quel «Camino Real» di' atina memoria, 6ul> quale viaggiarono nella notte dei tempi americani (due secoli fa), i frati di San Francesco, an-i dando e venendo lungo la costa del'oceano, fra le loro missioni di Santa.» Barbara, Guadalupa, San Luigi, Solodad, San Carlo Borromeo; Santa Cruz.'1 San José, Santa Clara, San Mateo, Saa Bruno, che oggi sono giardini oceanici. Benché.io abbia viaggiato In auto-, fra città della California felice, ed essi. 1 poveri fraticelli, andassero a piedi nell'allora boscaglia Iffsidiosa, mi parve di rendere un omaggio a quei fratelli d'anima e di stirpe e alla lorovirtù di pionieri. ì' ARNALDO CIPOLLA.