Turchi senza fez

Turchi senza fez Turchi senza fez ANGORA, settembre. Occorre buona dose di coraggio per, imporre ad un popolo il mutamento, mediante decreto governativo, del copricapo e dell'abito mentale. Concittadino: da oggi in avanti, sarai un altro Ti vestirai e penserai a simiglianza di uomini che vivono su altri gradi di latitudine e longitudine, imparerai mestieri dai quali rifuggivi, ti riposerai in un giorno diverso, ispirerai la tua vita privata a codici ignoti agli stessi giudici che dovranno applicarli, avrai un nuovo sistema metrico e ti accingerai a parlare la tua lingua con l'ausilio di certe vocali ed a leggerla secondo segni assai differenti dagli attuali. Possa anche la filologia riuscire a dimostrare, come recentemente ha fatto, che caratteri arabi e caratteri latini derivino dalla stessa fonte egizia, e che per i turchi tutto si ridurrà a leggere da sinistra verso destra — anziché, come oggi avviene, da destra verso sinistra — questo imminente e sicuro sacrifìcio dell'alfabeto rimarrà uno dei più interessanti fenomeni della rinascita turca, propugnata da un gruppo di accaniti nazionalisti. E ribellarsi all'Europa e prendere dell'Europa, il, meglio e il buono è ancora una non indifferente manifestazione di forza e di lealtà. Dove si arresterà l'opera di riforma, noi non sapremmo dire. Qui si deve demolire e creare. Riformate le scuole bisogna fornir loro i maestri, i quali di sicuro scarseggiano. Riformati i tribunali ed accettati in un solo anno il codice penale italiano, il codice civile svizzero ed il codice commerciale tedesco, vanno fatti i etiudici. Introdotti il catasto, lo Stato civile e l'anagrafe, occorre dare ai cittadini turchi dei cognomi e Ano od oggi non ne hanno portati mai, per cui si può dire che l'attività bancaria — ad esempio — si svolge quasi esclusivamente sulla base delle conoscenze personali : un (vaglia bancario girato da Mehmed 'AH o da Giavid bey, senz'altra indicazione, se manca la conoscenza personal» del girante per la banca non rappresento nulla, giacché di Mehmed Ali e di Giavid bey ce ne sono a migliaia. La questione dei cognomi mette f turchi repubblicani nella situazione in cui si trovarono gli ebrei d'Austria, dopo il liberale editto dell'Imperatore Giuseppe II; per. non sottrarsi al beneficio concesso, i più si rassegnarono a ricevere buffi e strani appellativi, i quali hanno finito col formare un mezzo palese d'identificazione. Dei commercianti turchi già hanno assunto copnomi insignificanti, o di città, o'che indicano il loro ramo di commercio, e che vengono preceduti dalla parola zadé (araba come la grande maggioranza delle parole turche), figlio. Il signor Mehmed, diciamo, negoziante in farina, facilmente adotta il cognome di Bulgurlu (negoziante di farina), epperciò abbiamo: Mehmed Zadé Bulgurlu: suo figlio Kemal si chiamerà Kemal Zadé Bulgurlu e via di seguito. Qualche cognome del genere esisteva anche nel passato: un deputato, ex-ministro della Giustizia, si chiama Turscudji Zadé, che vuol dire « figlio del venditore d'insalata». Altri ancora, discendenti da illustri famiglie, hanno riesumato antichi cognomi, ma si tratta di poche eccezioni : la Turchia mai ebbe caste e mai ebbe aristocrazia. Gli stessi consiglieri dei Sultani furono quasi tutti di umile origine: gli eredi, lungi dal preoccuparsi di tener alto il nome dell'antenato, pensavano solo a godersi in un periodo di tempo lungo o hreve i quattrini che egli aveva potuto accantonare. Il problema della scuola e della cultura è veramente serio e ben si capisce che il Gazi intenda favorire l'insegnamento scolastico. La media degli analfabeti oscilla, in Turchia, fra l'ottanta e il novanta per cento; in certe Provincie tocca il novantacinque. Nella sola regione di Costantinopoli si è recentemente constatato che il numero dei ragazzi i quali non frequentano le scuole è di almeno 110.000. Ma si è forse dimen. ticato che la Camera dei deputati eletta dopo la Costituzione del 190S era comnosta di analfabeti nella misura dell'ottanta per cento? Contribuiscono ad ostacolare la diffusione della cultura la miseria del popolo e la difficoltà delle comunicazioni ferroviarie e postali: non tutti i principali paesi della Turchia sono riuniti da linee ferroviarie, nessuno da telefono interurbano, che non esiste nemmeno fra la capitale nuova Angora e la vecchia capitale Costantinopoli. Per andare da Costantinonoli ad Erzerum. ancora otrsri si impiegano circa diciotto giorni, dei quali soltanto tre di traeitto ferroviario; d'inverno, quando il maltempo trasforma le rudimentali strade in ruscelli di faneto, o la neve ricopre osm' cosa, le comunicazioni :sono semplicemente impossibili. Centri intellettuali se ne possono "Crovare a Costantinopoli e ad Angora, sebbene la capitale nuova non abbia, a simiglianza dell'antica, una Università con facoltà di letterescienze, medicina, legpre e teologia. ,1 professor.' sono turchi e francesi e *i proposito di inseomanti stranieri è sintomatico che nelle scuole sia stato conservato l'inseenamento del francese e del tedesco e soppresso,'invece, quello dell'inglese, con la speciosa obiezione che « non se ne ha più bisogno ». Ma più che desìi stu di superiori, ogsri occorre preoccuparsi della benedetta scuola elementare, la vera dirozzatrlce delle masse, il vero fonte battesimale d'ogni cultura. La Turchia dei Sultanfino al 1874 lasciò che l'insegnamento scolastico fosse religioso e solo in seqnito abbozzò una rudimentale organizzazione statale. La rivoluzione del MOS seppe crearsi il merito di accentuare la distinzione fra corsi primari e secondarli, specie dal pnntn di vista pprìnn-ntrion. pprft questo poco o nulla ha influito sulle condizioni generali del paese, ciacche le indicate statistiche sull'analfabetismo parlano lintrnaKctio chiaro e il corpo magistrale non 6 neppure in V$a di formazione. Le conseguenze della deficiente cultura trovano riscontro nella irrisoria attività editoriale — il libro turco venduto a duemila esemplarpuò gloriarsi di eccezionale successo — e nel lentissimo sviluppo del giornalismo r il più diffuso giornale avr& S e o i i o o n a i i o n a , . e è o a i i o n e oggi una tiratura di 18.000 copie e tutti i giornali turchi messi insieme non fanno un terzo della tiratura della Stampa. Certo nelle idee e nel metodo si nota un'evoluzione della quale i nostri colleghi di Turchia hanno pieno diritto di compiacersi e uno di essi in questi giorni ha scritto potersi asserire « che nel dominio del giornalismo i turchi non la cedono per nulla all'Europa». Il collega alludeva alle qualità critiche e polemiche degli scrittori ed all'emancipazione nel frattempo sopravvenuta dai giornali europei, che prima le redazioni turche solevano essere uffici di traduzione di giornali francesi, italiani ed inglesi. Ma la causa principale dell'analfabetismo e dell'ignoranza consisterebbe nei caratteri arabi e nell'imperfezione della lingua turca, la quale manca dì precise regole ortografiche e quando abbisogna di espressioni nuove le piglia in prestito dall'arabo o dal persiano (esempio pratico in turco non esiste la parola manutenzione). Il presidente del Consiglio Ismet Pascià, che legge spesso opere letterarie e scientifiche europee, ancora di recente s'è lagnato con amici delle difficoltà che incontra se vuol tradurre in turco quel che legge ed ha esortato a trovare equivalenti delle più comuni espressioni occidentali. Trovarli dove? nell'arabo inviso che .1 vanta di poter tradurre qualunque espressione tecnica o scientifica? La rivoluzione glottologica è incominciata da mezzo secolo: a fianco a coloro che danno addosso al turco ed ai caratteri arabi, stanno gl'intimoriti dal pensiero che procedendosi e radicali riforme si dovrebbero rinnovare biblioteche inte: . e altri che obiettano come, malgrado tutto, si sia riuscito a tradurre in turco Kant e Schopenhauer. Ora il problema è deferito all'esame di un Comitato di venticinque professori, ma nel Comitato non si ha troppa fiducia e si reclama la creazione di un'Accademia. L'alfabeto turco — gridano — non ha vocali e il modo in cui le parole debbono essere pronunciate viene indicato mediante caratteri quasi stenografici che sono di difficilissimo studio; ecco il motivo per cui non la si spunta nella lotta contro l'analfabetismo, mentre, se si adottassero i caratteri latini, parecchi sono convinti che i ragazzi imparerebbero a leggere eri a scrivere il turco in tre o quattro mesi. Sic, e valga, se mai, d'incitamento e mònito agli scolaretti di Europa... Il vice-presidente dell'Assemblea Nazionale. Hassan bey, definisce la adozione dei caraiteri latini l'unico mezzo per risolvere la questione della lingua: l'attuale generazione ne soffrirà, la futura coglierà buoni frutti. La nuova Turchia reclama una lingua analilica, e poi soltanto i caratteri latini potranno da questa lingua sceverare quanto è persiano ed arabo. Un altro accanito sostenitore della riforma, oltre a garantire il rapido accrescimento del numero degli alfabeti, sentenzia: « Quelli che impareranno a scrivere in caratteri latini, non leggeranno più le sciocchezze del dispotismo passato, semplicemente perchè non potranno leggerle. La scrittura dell'era dell'assolutismo è una fonte costante di pericolosa reazione; i caratteri latini sono un mezzo potentissimo affinchè tutti i turchi aderiscano alla rivoluzione. E' possibile immaginare un fattore rivoluzionario più efficace di questo? ». Così dice il glottologo riformista in nome di esigenze rivoluzionarie,' ed aggiunge che siccome l'Azerbejgian ha già adottato i caratteri latini, se la Turchia resterà fedele agli arabi perderà ogni contatto con i fratelli di laggiù; contatti spirituali, s'intende, negando i turchi di fare politica irredentista. » * * Nell'attesa che i dotti o la erigenda accademia decidano in merito alle sorti di questi garbati geroglifici che rendono simile ad una pregiata pergamena anche il certificato doganale rilasciato (lire italiane 110) a chi osa viaggiare, in nome della cultura, con una macchina da scrivere, si cerca di affrettare un'altra decisione, e cioè se la domenica deb ba diventare o meno giornata di riposo settimanale. Attualmente si riposa al venerdì, quindi a Costantinopoli, per tre quarti europea, si fa vacanza due volte la settimana, il che a qualcuno non è apparso delitto. Vale la pena sollevare una questione, si è sentito dire, ment. : nulla impedisce dì godersi due giorni di festa anziché uno? Il venerdì fu a suo tempo consacrato al riposo, unicamente perchè i musulmani dovevano fare la preghiera del mezzogiorno (una delle cinque quotidiane, che ora si van no saltando sempre più) mila mo schea. Ma se per gli ebrei è peccato lavorare al sabato, per i musulmani il Profeta mai disse che fosse peccato lavorare al venerdì; du::que già dal punto di vista religioso, ove questo punto di vista continuasse ad avere alcun valore, ostacoli non ce ne sarebbero. E non si può occidentalizzarsi bene se, dopo i avere adottato il calendario gregoriano e la giornata di 24 ore, si ozia in un giorno in cui il mondo intero la vora, con l'aggravante che il sabato inglese, oramai introdotto dappertutto, finisce con l'interrompere rapporti commerciali fra '.x Turchia e gli altri Stati dal giovedì sera al lunedi mattina. Tale riforma verrà quindi presto e pare che si provvederà ad attuarla con rna trovata di semplicità sbalorditiva: la domenica si chiamerà venerdì, cambiando in Dioumar il suo nome attuale di Posar. ITALO zingare!.LI. fatrgagarireneTra'li redazitanaunmun• c> prso'■ sptatenp•ataP•osipN'ltnll«•aleili■ nsteoossbo■>ieSeip-•liro•'.ali~lIplts■•orCsmcnmttaDnzgnmcmivpf:p1mpla?cvrlnpllsevvglrgtjbf•Udmqn

Persone citate: Kant, Kemal Zadé Bulgurlu, Mehmed Zadé Bulgurlu, Profeta, Schopenhauer, Turchi