Il monumento a Carlo Alberto

Il monumento a Carlo Alberto Il monumento a Carlo Alberto nchei monumenti hanno la loro ■toria, e spesso, prima di poter cominciare la pubblica carriera di statue equestri sulle piazze cittadine, invecchiano malinconicamente negli ampi studil degli autori, vittime della politica, del capriccio popolare, p di qualche altra non ben deflnU ta causa. Per dieci buoni anni, ad esempio, invecchiò nello studio del Marocchetti il monumento a Carlo Alberto prima di sorgere là nella severa piazza dove oggi sorge; e per dicci buoni anni si dubitò a ragione do. molti che il largitore dello Statuto dovesse rinunciare ad essere immortalato nel bronzo. Finalmente però il 21 luglio 1861 l'Inaugurazione ebbe luogo con solennità degna nell'antico giardino, trasformato in piazza, del Palazzo Carignano, e Giovanni Prati, senatore insigne, ma sovratutto poeta innamorato del verso, potò sussurrare all'orecchio del suo vicino Federico Sclopis: Pecca il mondo c si pente in bromi [e marmi. Alludeva: evidentemente a storiche vicende, ma il verso poteva riferirsi anche alla opera d'arte, che giunse In porto appunto attraverso tutta una lunga serie di pentimenti. Fin dal 1850 l'esecuzione del mo numerato, venne affidata al Maroc chetti, giustamente apprezzato per la magnifica statua di Emanuele Filiber lo; ma l'ormai celebre scultore solo nel 1851 potè venire a Torino per intendersi con Carlo Promis, segretario della Commissione esecutiva, a cui affidò il compito di schizzargli il disegno architettonico 'della mole; poiché l'idea prima del monumento m di gettare in bronzo e marmo una grandiosa rievocazione storica, dalla quale emergesse la figura ieratica del Re magnanimo. L'architetto Promis fece quattro disegni e il Marocchetti, nella sua mutevole incontentabilità, ne tracciò e ne stracciò un numero infinito; poi parti dalla capitale subal- Irina senza aver combinato nulla, e a Commissione esecutiva del monumento cominciò a brontolare; il Promis fin dal 26 giugno 1852, in una lettera a Matteo Ricci cominciava anzi a dubitare del successo dell'iniziativa: « Pare che il monumento di Carlo Alberto s'incammini assai male. La Commissione della Camera, formata per riferire sul credito sup plemenfare di 200 mila franchi, con ta sette membri, sei de' quali sono ostili a Marocchetti. La presiede Balbo, il quale ora s'è fitto in capo di Volere la sola statua-equestre del Re, ma di gigantesche proporzioni e piantarla nel bel mezzo di Piazza d'Armi, oppure sopra una lunetta della Cittadella!! ». Nella questione intervenne ben presto anche il ministro dei Lavori Pubblici Paleocapa; poi ci mise uno zampino anche il repubblicano Ferdinando Rosellini, deputato di La vagna, che forse per ragioni di principio, non amava troppo le statue dei Re. Intanto il Marocchetti face-I va <l*i •tiisegni* sempre diflerentir ed.) il ministro Paleocapa fu costretto finalmente à fermarlo su un modello e su un progetto a mezzo di un vero e legale istrumento. Ma, va un po' a parlar di legge, e sovratutto a farla rispettare, agli artisti! Il Marocchetti cambiò un'altra volta con molta disinvoltura il progetto; e fra le idee del Balbo incerto fra Piazza 'd'Armi e la lunetta della Cittadella, il vano istrumento legale del Paleo capa, le opposizioni rosso-fiammanti del Rosellini e i quattro disegni del Promis, il monumento a Carlo Alberto parve destinato a naufragare nel mare delle buone e delle cattive intenzioni. Il cavaliere G. T. Cossato, commendatore Mauriziano, protettore di artisti e di opere d'arte, promotore instancabile dell'iniziativa fu tanto persuaso del suo fallimento che prima di partire per il Messico, Iscrisse a Cario Promis in tono de solato che era persuaso di non ve aere più mai il monumento al Re Magnanimo. Fu buon profeta, ma inori nel senso ch'egli credeva con troppo scetticismo? venne infatti tru-l decasillabo! cidato dai briganti messicant sulla strada di Vera Cruz; e l'opera del Marocchetti, bene o male, fra ostacoli di ogni specie, prosegui invece lentamente verso la mèta. Nel marzo del 1852 lo scultore rifece ancora una volta ì disegni, e la Camera dei Deputati votò un ordine del giorno del Balbo, che invitava il Ministero a richiamare nuovamente l'attenzione della Commissione sulla scelta del luogo e sul programma del monumento al Ré Carlo Alberto. Ma gli ordini del giorno servono, ed hanno sempre servito a poco; cosicché si continuò a discutere, a polemizzare, e a cercare il posto migliore per situarvi il monumento. Scartata la lunetta del a Cittadella e scartata anche la Piazza d'Armi, il'Marocchetti designò con audacia la piazzetta Reale; ma le opposizioni furono tali e di così alta provenienza che l'artista ripiegò sulla piazza dietro il Palazzo Carignano. Gli oppositori però non mancarono neppure qui, e fecero an zi, con la loro canèa, tramontare una prima volta nel 1853 questo progetto destinato otto anni più tardi al successo. Sullo slargo posteriore al Palazzo Carignano si ergevano la Stamperia e la Casa della Posta, che dovevano essere conservate e tuttavia apparivano sconvenienti per fronteggiare un gran monu mento come quello al Re Carlo Al berto. Vi fu chi propose allora la Piazza Carlina, ancora disadorna e un po' malinconica fra le sue vecchie case; ma non tutti, e nemmeno il Marocchetti, furono persuasi della località, la quale parve poco solenne e poco -frequentata. Insomma per allora non se ne fe ce di nulla; tanto più che il depu tato Lorenzo Valerio si schierò decisamente contro la Commissione, e fece sospendere dalla Camera l'ulteriore richiesta di 200 mila lire per ultimare i lavori. Nel 1856 però ri prese l'iniziativa Camillo di Cavour, e fece approvare dalla Camera il progetto definitivo, perfezionato co si per la parte finanziaria come per quella artistica. In quanto al luogo venne adottato il progetto del senatoro Roberto D'Azeglio, secondo il quale il monumento doveva sorgere tra il Palazzo Carignano, se^Ì3 del la Camera dei deputati, ed il quar tiere dei Granatieri, destinato a di ventar più tardi la Scuola di Guerra; naturalmente doveva venir soppresso il giardino che tra i due edi fici esisteva, sistemando la piazza e costruendo una vasta ala di fabbricato- che servisse di seconda fac ciata al Palazzo Carignano. Così avvenne, e dopo altri cinque anni di lento lavoro, l'inaugurazione ebbe luogo nell'anno l.o del Regno d'Italia, 14.o della Costituzione, 12.o dopo la morte dell'ultimo Re di Sardegna. E il 21 luglio 1861 fu così giorno di festa per Torino, La nuova piazza Carlo Alberto era tutta un» sorriso—di- bandiere e. di pennoni alzati su basi d'armi e di strumenti militari; le rappresentanze dell'esercito e la Guardia Nazionale tenevano sgombro lo spiazzo attorno al monumento; e addossato al Palazzo Carignano (allora ancor privo della bella facciata moderna) si stendeva- un ampio padiglione adornato di stemmi e di scudi, sotto al quale erano radunate tutte le autor rità del nuovo Regno d'Italia. TI Principe di Carignano, che presiedeva alla solennità, diede il segno dell'inaugurazione, e il ministro Ricasoli. Capo del Governo'; esaltò" la figura del Martire di Oporto, e conchiuse la sua calda orazione affermando che ventidue milioni d'italiani redenti salutavano in quel giorno Moffnammo il Re grande e sfortunato. Forse fu proprio nel momento dell'applauso più vibrato, dopo la perorazione del Ricasoli, che Giovanni Prati sussurrò all'orecchio di Federico Sclopis il suo filosofico en- LUIGI COLLIMO. 55872