La tragedia di Cuorgnè

La tragedia di Cuorgnè La tragedia di Cuorgnè Eroismi e disperazione agli orli della vasca della morte — li lutto della popolazione Cuorgnè, 10, notte, td{E. Q.) La popolazione della grazio-lesa cittadina canavesana è tuttora sot-| tlo la vivissima e profonda lmpressio-igne di angoscia che ha destata la ter- lribile disgrazia avvenuta ieri nello fstabilinifiito enologico del cornili. A- odolfo Paglioni e della quale (mauro afurono le vittime, compreso lo stesso pproprietario, industriale notissimo non ssoltanto a Cuorgnò ma anello a Milano <e a Torino, dove egli aveva estesa una|,grande rete di affari e di conoscenze.(sIl comm. Paglioni è fratello del '1 eologo che ha promosso la costruzione ilei Tempio dei Caduti nella nostra città, al Rubano, e nipote del podestà di Cuorgnè. Abbiamo varcata oggi per un momento la soglia della casa dPl povero morto ed 6 venuto ad incontrarci nell'anticamera il figlio, un ragazzo di una quindicina d'anni. Egli non ha trovato la forza di parlare e a noi le domande si sono spente sulle labbra ili fronte alla sua muta disperazione. Dalle altre, camere ci giungeva il pianto delle donne, quello più alto e accorato della vedova e i balbettamenti e gli strilli incoscienti di una bambinetta di tre anni: l'ultima figlia dell'estinto. Imprudenza pagate con la vita 11 comm. Paglioni, che era succeduto al padre Giacomo nella gestione dello stabilimento, ci è stato descritto come un lavoratore indefesso e ricco di iniziative. Da giovinetto aveva viaggiato moltissimo ed egli stesso aveva lanciato nell'America del Sud e del Nord il proprio prodotto. Piccolo di statura, magro, nervosissimo, non si concedeva un'ora di riposo. Ricco e munifico benellcava quanti gli stavano vicino e i poveri del paese non di rado passavano in processione nel suo studio a riscuotere la « piccola pensione » come egli usava chiamare ridendo, 1 elemosina che a loro faceva. Il suo carattere generoso e talvolta anche impetuoso spiega l'atto eroico e purtroppo catastrofico che egli ha compiuto per tentare di salvare la vita ad un suo umile dipendente. Avendo ingrandita l'azienda lasciatagli dal padre, il comm. Paglioni aveva fatto costruire,- oltre a quelle già esistenti, tre grandi cisterne per accogliervi Il vino. A queste cisterne ricavate sotto al livello del suolo si ac: cerle attraverso piccole botole e vi si discende nell'interno mediante una gmstvlstttcpcCdmgudfemmIeqmddccvnsgpsciila a mano. .Nell'interno, tali cisicr-1 ne che sono simili ad una camera grande e spaziosa, vengono illuminate, quando è il tempo della loro ripulitura, da una lampada elettrica. Ieri si doveva appunto accudire alla «toilette» della più grande di tali cisterne che è capace di quattrocento ettolitri di vino e il comm. Paglioni, che ha lo studio vicino alla camma nel sottosuolo della quale si sprofonda appunto la vasca colossale, sera recato ad assistere al lavoro. Egli stesso aveva aperto la botola, vi si era affacciato ed avendo notato le forti esalazioni che si sprigionavano dall'interno della cisterna, aveva ordinato agli operai di soprassedere al lavoro per alcuni giorni ed era tornato tranquillamente al suo scrittoio. Nella cantina non rimasero che un lìdatissinio operaio dello stabilimento, Severino Francesco Bertoldo di 40 anni e il garzone ventenne Pietro Raimonda. 11 Bertoldo, con un eccesso di zelo soltanto spiegabile con la devozione che egli aveva per il suo padrone, propose allora al giovanotto di scendere, malgrado la proibizione che ne aveva avuto, nella vasca. 11 Raimonda, che a tale ginnastica era da lungo tempo abituato, accettò l'invito e si insinuò nella botola. Dopo aver disceso i primi gradini della scala il garzone risalì Immediatamente : nell'interno erano tanto forti le esalazioni che s'era sentito venir meno. Il Bertoldo lo trattò dì pusillanime e alle esortazioni che il giovanotto gli rivolgeva di non tentare il pericoloso esperimento rispose con una scrollata di spalle; passò le gambe nella stretta apertura e spari nella vasca illuminata dall'incerta luce della lampada elettrica. Il compagno di lavoro'si affacciò curioso e, trepidante alla botola. Egli vide l'uomo toccare il fondo della vasca, muovere un passo, annaspare per un attimo, poi cadere pesantemente sul fondo, senza un grido. La morte de! commi Pagiiotti Il Raimonda, terrorizzato, invocò al- admitscttpdrcdstgisgsgnpdmesuapltbhmmslora al soccorso, e subito apparve sul- l'uscio della cantina il comm. Pagllot- ti seguilo quasi immediatamente dalla|moglie e dal figlio che, come lui, ave-i vano udite le grida del garzone. L'in-I duslriale in un attimo capì quello che era avvenuto, e si precipitò verso il rabocchetto mortale. La moglie e il figiio si aggrapparono disperatamente a ui scongiurandolo di desistere dalla folle impresa, e tant'erano alte e dioperate le preghiere della donna, che alcuni passanti, transitando per la piazza Pinelli. dove sorge la casa e lo stabilimento del Paglioni, le udirono i(| entrarono, per il grande portone |ai qUaie si accede direttamente dalla strada nella cantina Essi ebbero appena il tempo di scorgere il capo dell'industriale che si Immergeva nella vasca. E si ripetè la stessa fulminea scena che era avvenua pochi momenti prima. Madre e figlio, che con le teste una vicina all'altra scrutavano attraverso 'apertura, videro'il loro caro piegarsi sulle ginocchia, poi cadere, con un tonfo, sulla schiena. Il loro dupli e urlo echeggiò nella cantina, disperutàmente. Altre persone accorsero. Il locale si gremì. Uscivano in quel momento i milleotocento operai che sono impiegati nel cotonifìcio, e la massa nereggiò sulla piazza, ondeggian o. Intervennero i carabinieri par sbarrare le porte conro le quali la calca sì pigiava. E fu la volta <li un pompiere, Ercole Cerosa, di 51 anni. Eccitato dalle grida dei presenti e dalla vista dei due uomini che a pochi metri sotto di Ini giacevano inerti, egli si fece legare una corda sotto le ascelle e, aiutato dai sarto Giuseppe Genisio, si calò nel fondo. H gas asfissiante gli mozzò di eolpo il respiro, e allora con un supremo gesto disperato alzo le braccia come per aggrapparsi ad un appiglio. Quel gesto istintivo fu la sua rovina. Il cappio della corda gli si sfilò dalle braccia, ed egli si piegò su se stesso e si abbandonò vicino ai due corpi di quelli che l'avevano preceduto. Chi scenda a salvarli 1 Una voce 'sconosciuta gridò in quel momento forsennatamente: « Chi scen de a salvarli?». Si fece avanti, fendendo la calca un certo Daniele Melchiorre, un robusto uomo di trentacinque anni, da Rivarolo. Egli non volle essere legato: si afferrò alla fu ne con una mano e cosi discese la scala. Non mise il piede sull'ultimo gradino, che rotolò come fulminato in fondo alla cisterna. E ancora un altro ardimentoso pompiere vuole discendere, ma al collo di ni si lancia la sua bambina e vi 6i avvinghia e non si stacca più, ed egli deve desistere dall'audace tentativo. 11 muratore Giovanni' Tempo sguscia nosservato fin sul margine della boola, tenta la discesa, ma è subito preso dal capogiro e viene estratto prima che precipiti nel vuoto. Bisogna porre termine a questa corsa pazza alla more, e interviene il sergente dei pompieri Lorenzo Gianotti il quale, persuadendo la folla che ogni altro tentativo riuscirebbe vano, fa costruire un gancio di ferro c con questo incomincia dall'alto l'estrazione dei cadaveri. La scena a questo punto diventa di una ragicità indescrivibile. La povera signora Pagiiotti, alla vista del corpo nerte del marito, scoppia in una risata che agghiaccia ai presenti il sangue nelle vene; la moglie del Cerca, seguita dai due figli e dalle due figliuole, si apre un varco tra le persone clic le contendono pietosamente il passo, e arriva a gettarsi sul cadavere del marito. Quella del Bertoldo, 11 primo degli asfissiati, riesce invece ad essere trattenuta da un gruppo di persone che la sospingono lolcemente in un caffè della città, ed ella si lascia andar docilmente su una sedia senza potersi spiegare 11 perchè di tutte quele premure, di quelle occhiate che attorno a lei la gente si scambia, di quel brusìo, di quel vociare che ode sulla piazza. A casa ha lasciato tre tombini in tenerissima età. L'opera inntile dei dottori I dottori Peraldo, Franchini e Gaj hanno tentato tutto quanto è umanamente possibile di tentare per richiamare in vita gli asfissiati. Le farmacie di Cuorgnè hanno portato sul luogo tutto l'ossigeno che avevano; altro ossigeno è stato portato da Rivarolo e dal farmacista di Pont, dottor Piana, che lo ha recato egli stesso in automobile: ma ogni tentativo è riuscito vano. La vasca omicida non ha restituito che quattro cadaveri. Pendono per le strade della bella cittadina, nella dolcezza dell'aria autun- naie, le bandiere a mezz'asta. In quat tro case, uomini, donne e bambini, Piangono e vegliano 1 loro cari scom parsi. Domani avranno luogo i funerai! delle generose vittime. cocgvdcsdpdcpgdangadcct

Luoghi citati: America Del Sud, Cuorgnè, Milano, Rivarolo, Torino