Le altre nove ore

Le altre nove ore VITA TRIPOLINA Le altre nove ore a r ,. — Tu, con i treni adesso o. con le automobili che l'Italia ha portati, puoi raggiungere Zuara od Homs in tre ore, quando invece prima ne impiegavi dodici. E Ali ben Mudati risponde: — E che farò delle altre nove ore? Buon matematico e profondo osservatore Ali ben Muftah I Per lui il grande problema del vivere è tutto li: -trovare l'occupazione facile, che, dopo una spinta iniziale della volontà pigra, lo trascini per forza di inerzia, a traverso un periodo di tempo lungo quanto pili è possibile. Prolungare quant'è possibile la fumata del narghilè, prolungare quanto è possibile il viaggio a dorso del cammello: le forze creative dello spirito s'addormentano, la coscienza si richiude in se slessa e la fantasia ricama i sogni. Anche il predone del deserto nelle sue favolose galoppate fra le dune, per inseguire una carovana o per fuggirne i difensori, è un sognatore, che interrompe le sue fantasticherie solo quando la necessità lo richiama ai bisogni della vita materiale. Con una simile popolazione si trasformerebbero in deserto le plaghe più fertili. Gli occidentali vinsero e vinceranno sempre nel contrasto millenario con gli orientali, perchè la loro attività, spirituale è una forza centrifuga: l'Io si afferma trasformando il mondo esterno, con una lotta senza tregue. E della lotta gioisce. Lo spazio e il tempo, forze metafisiche uniformi contrastanti, sommergono la volontà se lo spirito si abbandona fra i flutti del loro contrasto: l'Io si sente piccolo e debole e non tenta una reazione che gli sembra inutile. E' la morte. L'occidentale trasforma le due forze, non le contempla soltanto; annulla lo spazio col tempo: col minuto secondo del motore a scoppio consuma il decametro: c.ongiunge con la sua persona i punti, prima iontani. della sua attività. E' la vita. L'orientale riduce all'indispensabile le sue necessità per eliminare, quanto è possibile nei limiti della natura, i 6U0i sforzi; l'occidentale moltiplica incessantemente i suoi bisogni e lotta gioiosamente per soddisfarli. Ouello crea la povertà dell'ambiente, questo costringe l'ambiente a dargli la ricchezza. L'Islamismo, come tutte le religioni dell'Oriente, è sopraffatto dalla caducità dei beni terreni e li disprezza, supervalutando. nel raffronto, la \ ita effimera dei «ogni; la religione occidentale (sia pur essa d'origine orientale, ma lo spirito di Roma l'ha permeata della sua forza) colloca l'eterno nel puro mondo dello spirito, lasciando ai beni transeunti tutto il loro valore di doni divini, che non devono essere spregiati: i frutti della terra, i frutti dell'amore, i frulli della gloria, che nel loro insieme costituiscono la ricchezza di un popolo. Ne deriva che lo scopo della vita, per l'orientale, è l'ozio; l'operosità è fatica, che interrompe, come parentesi dolorosa, la beatitudine della contemplazione sterile di un mondo fantastico. Per l'occidentale l'operosità creatrice è gioia, soddisfacimento armonico di tutte le energie spirituali c fisiche: l'ozio è breve na rentesi di riposo che prepara a nuovi 6forzi. a cui lo spirito anela. Perciò nell'orientale la melanconia è caratteristica; nell'occidentale la nota fondamentale è la gaiezza, indizio del sano equilibrio di tutte le forze perennemente ringiovanite dall'operosità. La nostra storia coloniale e specialmente quella della Tripolitania è arri vata al punto critico della lotta fra le due tendenze. E' facile prevedere la nostra vittoria. Non è il ca.so di illudersi che possa essere trasformata la mentalità dell'indigeno: 6i notano, ò vero,. tentativi di occidentalizzazione nei giovani educati già intieramente alla nostra scuola; ma sono casi sporadici, che gioveranno a facilitare la nostra vittoria, come fattori neutrali, non come attività operanti per il nostro fine. La nostra conquista civile — ora che la conquista militare e politica è un fatto compiuto — avviene con :a trasformazione di vastissime zone i::colte In terreni fecondi, che alimenteranno a centinaia di migliaia i coloni italiani sovrapposti agli indigeni divenuti una minoranza. In questo preciso momento storico, il ritmo di quest'azione si va accelerando, cosicché il ct-mpiniento è assai più vicino che non paia a un osservatore disattento. Il programma agricolo del governatore De Bono è assecondato con entusiasmo da schiere di concessionari; linee ferroviarie e linee automobilistiche aumentano ogni giorno la loro portata e la loro lunghezza; le abbondanti actpie del sottosuolo son condotte a sgorgare per dar vita alla vegetazione novella; nel Garian, nella Mediata, nei meravigliosi oliveti di Zuara. di Zavia. di Zanzur. di Tagiura, di Homs, di Sliten, di Misurata, le abitazioni civili degli italiani — opere pubbliche ed opere private — accolgono e proteggono la riuova vita di operosità; si affermano già le nuove industrie per lo sfruttamento dei prodotti naturali: molinf elettrici, frantoi, raffinerie d'olio, concerie, e, quanto prima, una grande industria piemontese per la lavorazione meccanica dello 6parto, i cui prodotti non hanno nulla da invidiare a quelli della juta. Non si tratta più dunque di opera di preparazione, ma di azione in pieno svolgimento con successo crescente. II nuovo spirito che anima i fascisti irradiantesi dalla mente serena ed operosa del Governatore, sa mine si rendono feconde le nove ore cziosc di Ali ben Muftah. Ma il vicino che, ammiccando con aria trionfante, mi citava la risposta di Ali come un assioma granitico, contro cui è opera vana misurarsi per abbatterlo, intendeva farmi capire che il nostro compito 6arà frustrato dalla resistenza passiva dell'indigeno. Non sono molti i coloniali che la pensano come lui ma ve ne sono purtroppo. E come essi molti regnicoli, o per ignoranza di fatti, o per ispirilo antiquato, o per proposito di critica ad oltranza, non sanno ancora comprendere qual è il nuovo indirizzo della nostra politica coloniale: lenta, ma costante Immigrazione, via via che s'allargano le zone riconquistate dall'aratro: Ali o s'adatterà, come già moltissimi ilei suoi pari, a colmare gli ozii 6uoi vendendo l'opera sua alla nostra volontà intelligente, o cederà il posto- alla nuova gente ebe sa la fatica. E andrà a tuffare la sua filosofìa nelle melme dello Tsehad. Un altro dei fattori negativi che ten rgcprcrgdmcfiatamplslecnbqfscvpfld jtano di opporsi alla nostra opera di IACPcdrtmeC«smpilcIdisi anavsddrb redenzione agricola è l'impazienza ^ gli osservatori oziosi. L'impazienza, che è spesso virtù nell'oprante, che per essa si sente spronato a scavalca, re gli ostacoli, nell'osservatore è vìzì0 che corrompe le buone iniziative, con rodendole con la mormorazione, con i giudizi anticipati e precipitosi, con la disapprovazione che talora sventuratamente riesce, a tagliere all'uomo fótta, che lavora, la possibilità di proseguite fino alla fine. Si grida alla corruzione,• all'impazienza, alla lentezza premettitata, si proclama l'insuccesso Quando ancora l'opera è nel suo pieno svolgimento, solo perchè non se ne vedono pronti i frutti. L'ozioso che attende solo i frutti per papparseli a spese degli sforzi altrui, non vede che quelli nella sua fantasia di egoista burbanzoso; e ci 6ono anche gli imbecilli superbi che. pur di vpdere avverati i loro pronostici disastrosi, stroncano sul più bello le attività più preziose, anche quando in cuor loro sono persuasr-dH far male. Tutta quesla gente .vorrebbe, per suo sollievo, assistere periodicamente a cambiamenti di governo. Ma chi governa la colonia mira diritto allo scopo, che è certo di raggiungere, ed alle forze negative dei brontoloni oppon'e la tenacia dei propositi e la gaiezza dell'operosità. GIUSEPPE DENTE. ;

Persone citate: Ali Ben, De Bono, Giuseppe Dente, Vita Tripolina

Luoghi citati: Italia, Misurata, Roma, Tripolitania, Zanzur