I chierici vaganti

I chierici vaganti I chierici vaganti •— Ah, i Goliardi!... — Più d'un lettore ridurrà subito fra se un termine aJTaltco, com'è nell'uso ormai da molti anni: per guardar Bolo all'Italia, fra il 1879 e il 1880 Alfredo Straccali pubblicava uu suo studio su / Goliardi ovvero i Clerici vagante» delle Università medievali, e nel 1892 Corrado Corredino (il compianto maestro del nostro Liceo Gioberti e dell'Accademia Albertina) le sue traduzioni de / canti dei Goliardi -o. studenti vaganti del Medio Evo, L'idea corrente tuttora è che ì goliardi stono stati una volta, con10 stesso nome ripreso dai moderni, gli studenti d'Università (ch'erano• tutti chierici), e che la loro poesia, che inneggia coni 'ebbra alila bellezza ed alla gioia, splenda fra le < tenebre » de] Medio Evo come un primo albore del Rinascimento. I vaganti, pellegrini fra l'una e l'altra scuola d'Europa, recavano un messaggio di amore alla vita, fugando i terrori, l'uggia e la superstizione. Li proteggeva Golia, simile ad un buon gigante rablesiano, e li convitava agli schietti piaceri d'un animo giovanile e spensierato... Tale nozione, se anche gioconda e colorita, riesce un po' angusta, quando si pensi, ad esempio, che un « chierico vagante » fu pure Sant'Anselmo, il quale si recò a studio presso Lanfranco in un'abbazia normanna ; ed è giusto osservare che il moto dei vaganti ebbe un'importanza ed un significato storico più vasto della semplice < Goliardia », e si collega a tutta la condizione degli studi e della cultura nel Medio Evo. Che non è tutta un'età pigra ed oecura, ma prosegue, nelle forme che le sono proprie, una tradizione ch'è pur sempre latina, e a cui si deve, irraggiato dalla Francia del secolo XII, un vero e precoce rinascimento letterario, dove i ritmi profani, le così dette poesie goliardiche, trovano naturalmente il loro posto. Coloro che parlavano di « precursori del Rinascimento » per la sola ragione che in queste poesie s'agita e s'espande uno spirito di festa, anzi di tripudio, che celebra i diletti del vino e dell'amore, ridussero il Rinascimento ad un affare di taverna: come se poi — a dir vero — la taverna stessa fosse cosa ignota alle consuetudini medievali... E quelle più vive espressioni di una cultura latina si dispongono, piuttosto che ai margini, nella vena centrale della storia letteraria, © l'esordio della poesia nelle nuove lìngue « volgari » se ne giova, ampliando in un giro più capace quello stesso risveglio, quell'azione più intensa della vita intellettuale ed artistica. II sogno antico, la bellezza classica aleggia siu quei ritmi, che sembrano l'eco del PeriÀgilium Veneri*, dell'estrema poesia di Roma: « Ave, rota del mondo... », 'Ave mundi rosa. Blanzlflor et. Helena Vernis generosa. Biancofiore ed Elena: la donna moderna e quella del mito, come nelle due parti del Faust; e d'intorno una lieta natura, mirata con occhi curiosi e sereni; il cigno, l'upupa (che non era ancora l'uccello dei Se polcrd), la gaia allodola' e la cicogna passano fra i boschi e su) cielo, in una luce cruda che fa più recise le linee e più distinti, e quasi campiti, i colori. *** H nuovo libro di H. WàddeH sui Vaganti raffigura chiaramente la. vi ta scolaatica del Medio Evo ed i suoi caratteri letterari, volgendosi ad un pubblico più largo di quello degli specialisti; e poiché nello stesso tempo viene in luoe II Rinascimento del secolo XII di Ch. H. Haskins (Cam bridge, 1927), che per molta parte collima con queste indagini, s'avverte con rammarico come gli studi medievali abbiano ora minor seguito fra noi, a cui resta, ultima opera che conti, quella del Novali. E persino gli Stati Uniti costituiscono una società per le ricerche storiche sul Medio Evo, con una propria rivista, lo Speeulum, che già ai dimostra laboriosa e feconda La "Waddell, giunta all'esame del secolo XII, riconosce la maggior ira portanza delle scuole di Parigi e di Orléans; sebbene poi assuma come centro per la trattazione della poesìa, profana 1* «rArchipoeta» di Colonia, a preferenza d'Ugo d'Orléans, 11 Primate, che aveva ancor tanta fama presso frate Salimbene ed il Booooaocio. San queste, ad ogni modo, insieme con Walter Map, arcidiacono ad Oxford, le figure dominanti fra gli autori della lirica latina a quel tempo ; e anche qui possiamo scorgere la tendenza della critica moderna a dar risalto all'individuo, all'artista, di fronte a quei gruppi anonimi e, per così dire, a quell'arte comune, in cui, per un lungo periodo, la filologia ebbe fede, affascinata da un concetto romantico del popolo creatore... La Chiuson de Roland non si considera più come una schiodinata di canti epici, elaborati oscuramente per alcune generazioni, ma come l'opera organica di t un poeta »: allo stesso modo léane, che ci offre il tipo compiuto del * chierico vagante » quale poeta, l'immagine che ne serbò la tradizione si conferma per notizie sicure, e ci lascia intendere come fossero vivaci 1© passioni della vita e dell'arte in quegli uomini del Medio Evo, per i quali i limiti o>lla Chiesa erano più vasti, e non più ridotti, di quelli della cultura pagana. Se l'Italia non rimase estranea al moto spirituale di quel Rinascimento del secolo XII, il suo contributo alla lirica profana fu scarso (ij Novati lo giudicava nullo addirittura), (forse gcg k stesse ragioni che ritar- irono fra noi lo sboccio della poesia d'arte in volgare: la maggior parto dei canti latini d'amore e di convivio, che noi conosciamo di quell'età, appariscono d'origine francese, e dalle scuole di Francia si propagarono alle terre vicine del Nord. * * I «• vaganti » (semplice distinzione dai chierici che abitavano un cenobio od una qualunque sede stabile e regolare), mentre la cultura filosofica e letteraria era cosa propria del clero, includevano l'elemento universitario; il quale, non fosse che per quello stimolo di più sapere, di cercar nuovi maestri, di conoscere altri paesi, doveva apparire come una turba men fida e di certo più irrequieta. Ed in essa, quelli che veramente prediligevano la vita errante perchè più libera dai freni, e che, sfrenati, senz'altro godevano ed esaltavano i beni più facili e più saporosi aggii|ngevario a quel primo sospetto una nota di dissipazione e di malcostume che non doveva più separarsi dalla figurina del chierico studente, quale spunta fra una strofe e l'altra dei ritmi profani. Per tornare ai goliardi, la somiglianza di questo nome (che deriva da gola) con quello di Golia, patrono dei poeti bacchici ed amorosi, fu cagione d'un groviglio, che ad alcuni studiosi appare ancor oggi inestricabile. Il goliardo, di per se, non era ne un chierico, nè uno studente, nò un poeta ; era un puro e semplice t ghiottone »: col senso che ha serbato fino ai nostri giorni in vari dialetti di Francia e d'Italia (anche in Piemonte, guliard è dell'uso, più rurale che cittadino, come avverte il recentissimo Dizionario etimologico del dialetto piemontese, di Attilio Levi). Ghiottoni ce ne potevano essere fra i poeti (e specialmente fra i cantori di Golia), oomo fra i chierici (e specialmente fra i vaganti, che i Concili gratificano a più riprese di quello e d'altri titoli) ; ma gli storici che nel secolo scorso studiarono per i primi quest'argomento, misero tutti, in fascio, chierici vaganti, studenti, poeti e goliardi, ed il curioso risultato, prima nelle Università germaniche, e poi nelle nostre, fu che gli studenti moderni si fregiarono d'un nome, ch'ò ormai legato indissolubilmente ai loro giuochi ed alle loro feste: fortuna ohe non avrebbero mai sperato quei poveri ed oscuri goliardi del Medio Evo ! FERDINANDO NERI. HELEN WABDEIX: « The Wandcring Stholars ». London, Constable, 19-.'7.