Il trionfo della "Figlia di Jorio"

Il trionfo della "Figlia di Jorio" Il trionfo della "Figlia di Jorio" nel pittoresco scenario del Vittoriale La festa d'arte tra due uragani - Il Duca d'Aosta, il ministro Fedele, De Pinedo allo spettacolo - Il fascino della tragedia e l'esaltazione del Poeta [Dal nostro inviato) V.tljrialo. 12 mattino. lUn uragano ha preceduto e un ura- pgunò 1 ftuggefiato la rappresenta- sione della Figlia di Jorio al Vitto- riale. Ma questa cornice di bufera ha: flato un'impronta anche più grandiosa;do 0 a questa indimenticabile giornata: ha portato al poema dannunziano la collaborazione degli elementi, che hanno crealo intorno alla Figlia di Jorio una atmosfera di tragedia. E se anche le inscrizioni didascaliche, che dettano -i luci e le ombre del poema, sono state contraddette dal tempo e il sole canicolare è mancato al primo atto e i bagliori del vespro al terzo, questa alterazione non ha menomato la tragedia, anzi ne ha ingigantito le suggestioni. E inai la teoria del teatro all'aperto, con la letizia dei suoi riverberi e il realismo dei suoi particolari vivi, ha trovato più lieta conferma. Folla « gran chic » Il Duca d'Aosta, De Pinedo, Fedele Salvo questa eccezione meteorologica, che, d'altra parte, non è intervenuta che per qualche minuto, con un brevissimo scrosto di pioggia al secondo atto, tutto è andato a pennello ed a cronometro. L'annunzio dello spettacolo era fissato alle 16 e alle Ili, annunziato da un colpo a salve dalla nave Puglia, lo spettacolo è comincialo. Ma nell'intervallo di tempo intercorso dalle li alle 16, nonostante ima violenta acquata durata circa mezz'ora, Gardolie lia visto passare per le sue strade falangi di automobili venute da ogni dove. La giornata dell'altro ieri e di ieri, che aveva visto giungere soltanto il limitato stuolo delle personalità artistiche u giornalistiche d'Italia e degli inviati speciali, aveva : potuto dare l'impressione che la folla sarebbe mancata alla celebrazione poetica del Vittori ali.'. Ma questa celebrazione eccezionale non poteva, avere che un pubblico di lusso. E" il pubblico che non ha bisogno di anticipare: perche giunge sulle. « Gran Turismo » divoratrici di chilometri. Quindi, l'al'iollamento di Gaidone e stato improvviso, fulmineo dirò cosi, a bruciapelo. Lungo la strada serpentina a grandi archi romani creata dai Comandante, lungo i contrafforti che salgono al Vittoriale, si è andata snodando una in-, terminabile fila di automobili che si ingolfavano e poi sparivano inghiottite dai pittoreschi meandri di Cargnacco. Il breve uragano creò d'improvviso un accampamento di vetture, sotto i cui tetti lucenti e dietro i cui cristalli flagellati dalle raffiche una folla elegantissima attendeva ansiosamente il cessare del tempo avverso. Ma il settembre amato e cantalo dal Poeta, il settembre dei pastori ha voluto arridere al poema pastorale e verso le 15 l'uragano si dileguava brontolando verso ponente, lasciando soltanto pel cieli una nebulosità chiara, dai dolci riverberi. All'entrata del Vittoriale fatta appositamente aprire per la rappresentazione della Figlia di Jorio, comincia lesto ad affluire un pubblico di eccezione, in cui ai grandi carotisti e ai principi del censo sono mescolate, le autorità, le personalità, le alle divise delle varie armi, le più squisite toili;ttes femminili. Vedo un ministro, l'on. Fedele, e quattro sottosegretari: Suardo, Italo Balbo, il generale Cavallero. l'on. Boclrero e il vice segretario del partito nazionale fascista Melchiorri. Fra le autorità militari l'on. Acton, l'ammiraglio Lodolo, l'ammiraglio Denti, il generale Cattaneo, comandante il Corpo d'Armata di Milano. Accolto da tri applauso, giunse il generale De Pinedo salutato da una commossa ovazione giùnge pure il grande mutilato Del Croix. Scorgo la principessa di Monte Nevoso, consorte del poeta, il senatore Morello, presidente dell'istituto per le rapprsentazioni dei poemi dannunziani n, fra gli autori, Marco fraga, Dario Niccodemi, Chiarelli, Gino Rocca, Fausto Maria Martini. Noto Ugo Ojetli, Marno Maffi, Trilussa, Gigi Michelotti,. Marco Romperti, l'editore Mondadori di Milano. Nel più squisito dei bouquets femminili, Luisa Baccarà, le attrici Maria Laetitia Celli ed Olia Gentili, la danzatrice Sia Huskaja. 11 pubblico si sparpaglia nel prato, ove, tra i due palcoscenici, sono stati distribuiti in venti file i posti che sono assai più dei 500 fissati; alleile perchè sono giunti da Ortona tutti gli invitati dal poeta, i volatori di Vienna, i sette di Ronchi e le altre rappresentanze dei legionari, i fanti del Carso, i lancieri bianchi, gli aviatori. Sono le 15,45. l'n breve risucchio umaiio iì lo schierarsi dei carabinieri e dei militi di servizio ai lati del viale che òale dalla nave Puglia al prato dello spettacolo; giunge il poeta accolto dagli alala dei legionari; quindi il Duca d'Aosta. Gabriele D'Annunzio bacia, il condottiero della Terza Armata 11 pubblico applaude calorosamente. Quindi il Duca d'Aosta scorge nella platea Carlo Del Croix: gli va incontro e lo abbraccia e lo bacia. 11 principe ha appena dato grata e commossa testimonianza al grande cieco, che tuona il cannone, della Puglia. E' il segnale dello spettacolo. Si fa un silenzio psofondo. a La fiaba mitica in un lembo d'Abruzzo La scena è nuova e antichissima. Non ai alza velario. Non c'è palcoscenico. La casa è là, aperta al pubblico, tal qoale come la descrisse nella didascaglia il poèta, ('.'e la porta aperta sull'aia assolata. E a manca « nella grossezza del muro » c'è il camino dai la cappa prominente. Né l'architetto Gian Carlo Maroni, il solitario del Vittoriale, ha dimenticato la madia « vecchissima » che porta scolpita l'immagine di Nostra Donna e l'asse pénsile sul quale stanno i caci bruii'. Le due f.iiestrerle inferriate guardano stranamente nell'interiio^Awieompletai'e questa visione rustica si scorgono, ai Iati della casa, i fieni, nonché il rustico carro dalle ruolo intagliate e dipinte il plaustro d'Abbruzzo. La scena è cosi realisticamente perfetta che suscita nel pubblico un mormorio d'approvazione. 11 coro Ji Splendore, di Faretti e di Ornella, che vezzeggiano la sposa Vienila di Giave, si apre deliziosamente fiabesco: — Che vuoi tu, Vienda nostra? — Che vuoi tu, cognata rara? — Vuoi la veste tua di lana? o vuoi quella di seta a fioretti rossi e gialli? Tutto conferma, fin dall'inizio, in quest'opera stranamente valutata dai critici accidiosi dell'anteguerra, il carattere mitico e la significazione lontana dei personaggi. Candia della Leo la madre, che chiede al statfispsdrpqhfilmlmtQbvqzgnessa, la madre, che chiede al figlio: l'iglio, qual'è la pena che t'accora? rion è soltanto la madre ansiosa del- l'ansia, di lune le madri chine suli.j giovinezze aebulaa. il»--Bgli e la sol- leciludine verso un fato che sta per palesarsi.rAMgi dirà: Madre, madre, donna seUecenl'anm, selteeent'anni; e vengo di lontano. Queste parole che parvero prima della guerra, nebbiose, vagamente mi stiche, illogiche e per le quali i critici tacciarono quasi il poeta di farnetico, acquistano oggi — dopo l'apocalittico triennio, che vide 700.000 morti TOU.000 figli di madri italiane — il loro pieno significato. j'Aligi è il popolo nuovo, il popolo vergine d'Italia, uscito, dopo sette secoli di smarrimenti, alla luce delle epoche nuove. E' l'Italia che si ritrova J Tale è il significato di questo potma drammatico, dirò meglio di questa fiaba nazionale,! Che se fiaba ha da essere, essa e, come tutte le fiabe, il canto dei popoli giovani. Al l'inizio di ogni grande stóra c'è un mito, e un eroe, sia esso Achille o Aligi. Lascio discutere ai critici anatomici se Achille abbia avuto una statura più alta o rimensioni più vaste. Quello che importa oggi non è stabilire se la Figlia hi Jorio sia rn lavoro drammatico più o meno riuscito, più o meno rispondente ai canoni dell'arte scenica. Ciò basterebbe, comunque, per iscrivere Gabriele D'Annunzio... nella Società degli Autori. Ci sono sempre, nelle opere grandi, degli abbandoni e delle cadenze lunghe che non appartengono a nessuno dei generi prescritti, ina appartengono a tutti. La Figlia di Jorio è appunto una di quelle opere che sfuggono ai rigidi schemi retorici e alle immediate cesoie della critica per entrare in un maggiore dominio. Apprestarsi a giudicarla, ora come una «novità», a quasi cinque lustri dalla, sua a.pparizione, é per lo meno ingenuo. TMa quello che è sempre nuovo in essa, cioè il suo significato fatidico e annunziatole, non fu detto allora in una Ranetta borghese e imbelle, che non avrebbe potuto comprendere questo vaticinio, ma può e deve essere affermato ora. che i tempi sono maturi.j Gabriele D'Annunzio, autore della Gloria, aveva del resto soverchialo di tanto, in quel tempo, il suo tempo e il suo paese, che le ire. e gli accanimenti contro di lui e l'opera sua ^appaiono storicamente giustificati. 'Ma oggi che il paese ha raggiunto la rjropria altezza e conquistato il proprio tempo, adeguandosi alla visione che dell'Italia aveva avuto il poeta, rivendicare l'opera di D'Annunzio non è soltanto giustizia, ma necessità;) Le figure tragiche Io vedo, in questa rappresentazione, gente d'ogni regione e d'ogni paese, venuta d'oltre i fiumi e d'oltre i confini. Essa vibra: trova rispondenti e perfette le forme e le figure, che suscitarono, negli anni lontani, discussioni e clamori. Anche certe cadenze e certe copiosità liriche che furono, nel decennio he va dal 1904 al 1914. tacciale di snobismo, se non addirittura di preziosismo, attingono oggi l'aureo livello della misura. Entriamo pure nel merito dell'organismo drammatico. Era stala negata al drammaturgo la facoltà di «doppiarsi, di moltiplicarsi in altre tigure. in altri personaggi che non fossero la sua persona, e il suo tipico esprimersi. Eppure oggi Aligi, Mila di C.odra, Nazaro di Rojo, e Candia della Leonessa appaiono creazioni distinte e inconfondibili. Si era attribuita al poeta e al su" mondo poptico una ispirazione mouocorde che poteva essere perfino monotona. Lo si era accusato di propagare sentimenti e passioni unilaterali in cui egoismo, superomismo, audacia fredda e lussuria battagliavano fra di loro, in un combattimento senza tregua e senza speranza. Ma Aligi che dice : Non fate male a chi non fece male? E' il banditore d'un verbo umano. E non è solo. Ornella, la deliziosa, divina Ornella che grida a Mila di Godrà, questa santa prostituta che va al rogo per una colpa che non ha compiuta: Mila, Mila, sorella in Gesù, 10 ti bacìo i tuoi piedi, che vanno! 11 Paradiso è per te! non è forse una creatura insolita nel deprecato mondo dannunziano? insolita: appassionala, tenera, pronta a tutte le voluttà e a tutti i sacrifici, stupendamente femminile. E quando, accusandosi, per amore, colpevole del parricidio compiulo da Aligi, esclama, ad Aligi quasi impazzito che ingiustamente la inaledisce, Aligi, Alìgi, tu ito, la non puoi, tu non devi! Mila non e forse la rivelazione di una femminilità u di una umanità superiori? Qui non è più esasperazione .sensuale c parudusao frenetico, ina umanità vivente. Lo stesso Lazaro di Rujo — l'impulsivo, il brutale, il-cupido Lazaro di Rojo — che cos'è se non un'unpressionaiite creazione umana? Le idee teatrali ise per idea di teatro si deve considerale ogiiimoviiuentonuovo che imprima una nuova scossa e faccia fare un nuovo balzo all'azione) sono profuse, e, ss si volesse analizzare, ce ne sono perfino troppe, tanto sono serrate e incalzanti. E dove l'azione non balza visibilmente, è lo spirito dell'azione che matura, oscilla e pende, creando nel pubblico quel lo stato d'aspettazione drammatici che è fecondo di avvenimenti. Cosi dicasi delle ansie pietose di Ornella al I atto come al II e delle imprecazioni e dello mormorazioni delia turba. Cito tra gli effetti drammatici — il più drammatico e il più « trovato » torse — l'entrata di Lazaro ferito, col capo bendalo, sostenuto alle ancelle da due mietitori. All'ingiunzione di AligiPadre, aspetta. La croce è s'alia soglia Non puoi fjussare senza inginocchiarti ti ferito barcollante piega i ginocchi penosamente. La scena è, a rigor di termini, imprecisata, vaga; ma l'impressione e la sugestione sono profonde. E' un formidabile tinaie d'atiu. Spettacolo travolgente Ma, a parte la delizia fiabesca e la ptrfezione scenica del primo atto, due volte la tragedia raggiunge vibrazioni sublimi e due volte la rappresentazione d_oggi ha culminalo, trascinando il pubblico all'entusiasmo : liei secondo e nel terzo. Nel secondo, la tragedia elementare, vergine, instabilmente incisa, come il simulacro dell'Angelo clel1 acciaio del pastore; la tragedia individuale delle quattro creature umane Mila. Aligi, Lazzaro e Ornella, i cui istinti e ì cui destini si provocano "i cozzano, mentre le labbra rompono in qlerecgntuaterpapuatfeaadtdsucauqredmislLaAnpstnfmcopiacsapmqrsnggazilptpbvpdcnngat(cspdelcRnenMfpdsvddEcldumcuattpussmraiDvrlaafa favelle instabili è" d'efinìtive"' oscure "Ò diafane, Der condurre al sanguinoso gesto finale: il parricìdio compiuto da Aligi. La eoiictiietiazioiiH del fato ai- 1 traverso le azioui e le' passioni'dei i l e e i i n quattro personaggi, risultò iormidabl* le e inesorabile. Ed essa riconduce dij rettamente la « Figlia di Jorio » alle concezioni lineari e plenari della trar gedia greca. Questo atto ha provocato nel pubblico una dimostrazione di enr tusiasmo tale da non essere ricordata a memoria d'uomo.rL'applauso agli in» terpreti e al poeta ha crosciato inintaerotto per alcuni minuti.j Questo trionfo del secondo avrebbe potuto influire dirò quasi flsicamenta anche sulla bellezza, per quanto superba, del terzo se questo atto; coni un'ala che il genio può distendere, noni avesse svelato tutta un'altra potenza! tragica, la potenza che viene dalla folla, il fremito, il vento panico, l'urlo e il muggito della folla. La turba che accompagnava il parricida condannato a morte alla sua casa per ricevere dall amadre la tazza del consolo, meo» tre giaceva sanguinoso nell'atrio 11 ca* devere di Lazzaro di Roio, esprima nel suo sussurro e nel suo suono corale una passione cosi, umana e inumana che scovre nel cuore degli spettatori altre latebre, altri confusi sentimenti umani. Questo quadro imponente, ai quale ha partecipato nei costumi pittoreschi dell'Abbruzzo quasi un migliaio di persone, ha travolto cosi potentemente il pubblico che esso-è scattato in piedi reprimendo soltanto per rispetto aU'incantesimo di quel sogno l'applauso che poi diluviò alla fine. L'effetto del rogo gigantesco esploso alla fine (è la parola) sulla vetta dello Arche Sante, fra gli ulivi gesticolaitt!, nel rosso bagliore e sotto lo scarlatto palpito del vessillo del Carnaio Issato sopra l'altissima asta, è stato indimenticabile. È questo è stato anche — è giustizia notarlo — jl premio allo ansie e alle fatiche non soltanto degli interpreti,, ma dell'animatore coraggioso e infaticabile di questo spettacolo, Giovacohino Forzano. Non soltanto egli hi presieduto, con una sagacia che denota in luiil tecnico scaltrito delle scene* allo svolgersi e all'inanellarsi armonico dell'azione, aderendo, con una-sensibilità squisita, ai ritmi misteriosi e' alle sottili cadenze del poema; ma ba portato vittoriosamente, con un'esperimento che rimane unico, al fuoco dì questa battaglia artistica la folla corale, folla improvvisata di ieri, oggi stupenda policromia e polifonia umana, distesa dal colle alla casa d*l san» gue come un gigantesco affresco. Attori e spettatori Gli interpreti. Una discussione sugli interpreti è forse attesa da ohi ha ancora presente la prima e grande edizione della « Figflia di .Torio » con.'Ir- . ina Grammatica., Ruggero.Buggeri, Calabresi e gli altri attori! minori, ma pur essi raffinatamente elaboratisi sotto l'«gida di • papà Talli » ohe tenne, per cosi dire, il poema dannunziano a' battesimo. Senza premettere là notazione convenzionale che i confronti sono sempre odiosi, questo è ceirto: che l'attesa dei laudatores temporis adi è andata completamente delusa. Questa eccezionale edizione deMa « Figlia di Jorio « nella cornice del Vittoriale è stata per gli interpreti una rivelazione. Se gli applausi a scena aperta a Maria Melato (Mila di Codra) e ad Emilia Varini (Candia della Leonessa) hanno particolarmente sottolineato un successo schiettamente personale, le ovazioni prolungatesi alcuni minuti alla fine dèi primo e specialmente del secondo e del terzo atto, hanno rimeritato coni le due attrici già citate Annibale Stinchi (Aligi) Camillo Pillotto (Lazzaro dt Roio. Giulietta De Riso (deliziosa Ornella) e Giovanni scotto e Carlo Duse e Migno cocco nelle loro interpretazioni di Tendala di Quinzio, di Jona di Midia e della Catalana. Nonostante la fatica che la tournée dannunziana impone agli attori tutti, gli lntetrpretf della « Figlia » vincendo asperità e stanchezza, mon soltanto hanno ritrovato le loro note più umane e profonde, ma nella suggestione del poema « dal momento hanno superato se stessi. Essi si sono mostrati degni del poemache interpretavano: e questa mi paro la più cospicua lode che si può faro di essi. ' il pubblico. Perchè non fare anco* un'ultima nota sul pubblico Facciamola, e sincera. 'A uito. al Vittoriale con la convinzione di assistere, sì, ad uno spettacolo di eccezione, aia forse anche e più per la curiosità di penetrare nell'Eremo e nel mistero del Vittoriale, il pubblic-j è stato fin dalle prime battute del poema avvolto ia un'ultra atmosfera: l'atmosfera dionisiaca sprigionatasi dalia bellezza dela tragedia. Le curiosità sono state sopraffatte dalla seduzione del poa. ma. Avvinto e trascinato a sormontare anche le proprie riserve di certi atteggiamenti dell'arte dannunziana, il pubblico, che era entrato curioso di D'Annunzio, è uscito commosso e convinto dannunziano. « La Figlia di Jorio » è stata — e ciò potrebbe* sembrare paradossale — una rivelazione per. lui. 11 poema tragico, scritto 23 anni or sono, gli era apparso come la più fantasiosa e la più fresca delle novità. Questo atteggiamento dice — senza biperitura, dell'oRera. / Ma un altro pubblico non voglio trascurare: quello che — nonostante • il diluvio abbattutosi subito dopo la rappresentazione dai divino ma collerico Beuaco sul Vittoriale — si assiepava lungo le vie tortuose di Cargnacco e quelle più ampie di Cardane e ai margini della strada provinciale, assistendo alla fuga, sotto la pioggia flagellante e tra i sulfurei scoppi della folgori, della formidabile colonna di automobili reduci dallo spettacolo. Ouesto pubblico, al quale non era giunto che il bagliore del Togo acceso su! Vittoriale, dava anche lui l suol applausi alla gionrata memorabile, alla aitale non aveva assistito, ma della; quale aveva sentito certamente nell'aria le trepidazioni e- gli auguri. ( CURIO MORTARI. Due coniugi uccisi presso Pavia Pavia, 12 mattino. Un gravissimo accidente di strada è avvenuto Ieri mattina a San Mar-" tino', presso Pavia. Un'automobile prò* veniente dalia nostra città ha investito un carretto sul quale erano 1 coniugi Andrea e Maria Ferri di Salrano (Pa* "ÒÌVÌ!"'- ì-'urfo fu cosi violento che autoo 1,10,,ilc *" t'''irn'tto si sfasciarono. La Maa r'" l'"<'1'1"' mori sul colpo ed II marito, i- tras'iiorliHo :il nostro «spedate, ri mo* ei jrivii prima di giungere.