L'Italia nel Continente nero

L'Italia nel Continente nero L'Italia nel Continente nero Il Duca di Pistoia e l'on. Federzoni t parlano al Convegno dei geografi ~"~ , .Milano, 7, notte. Va seduta a sezioni riunita del Conferesso geografico italiano si è iniziata poco dopo Te 15, alla presenza del Duca delle Puglie, del ministro Federzoni, idei gr. uff. Zoli, del prefetto, del podestà on. Belloni e di altre numerosissime autorità. Il Duca delle Puglie ha dato lettura della sua comunicazione Intitolata: « Viaggio di un italiano al Congo Belga ». L'interessante relazione è stata seguita con la più viva attenzione dal foltissimo uditòrio ed t1 etata calorosamente applaudita. La penetrazione nel Continente Nero Il Principe ha cominciato dicendo the fino al 1876, anno in cui si radunò a Bruxelles un congresso per .coordinare gli sforzi tendenti a risolvere il problema affricano, a liberare i negri dalla schiavitù e dalla barbarie e ad aprire alla civiltà regioni dove ancora non ne esisteva traccia, la penetrazione nel Continente Nero era sembrata un .problema insolubile. Si conosceva il litorale ma non si conoscevano fatui vie di accesso all'interno.11 Continente è un blocco centrale sollevato in media a 600 metri sul mare, formalo da altipiani separati da catene collinose o montagnose, a pendenza generalmente dolce, ma che giungono a notevoli altezze: questi altipiani dan no origine a bacini imbriferi tra 1 quali i-più importanti sono quelli del Congo, del Nilo', dello Zambest e dei grandi Laghi equatoriali. Dall'epopea di Livingstone in. poi, Stanley, Camerun, Greenfeld, Wisman. di Brazza compirono vaste ricognizioni all'interno del Continente; il Comitato di studio mandò .Stanley a risalire il Congo dalla, foce allo Stanleypool, l'Associazione internazionale del Congo fondo l'impero, la conferenza di Berlino riconobbe la potenza sovrana dell'Associazione, venne proclamato lo Stato indipendente e Leopoldo II ne assunse la sovranità. L'organizzazione e la sistemazione interna condotte con ottimo successo furono cpronate dalla vittoria belga nell'ultima guerra. -Sorta sotto la veste di una nuova crociata, la esplorazione e redenzione del Congo, è divenuta una fruttifera impresa commerciale. E' il segno dei tempi. I limiti della Valle del Congo sono noti, salvo 1 settentrionali difficilmente individuabili. Sulle sorgenti sono nate fra gli scienziati mollo di scùS'sioni; si ritiene però in generale ette" il fiume prenda origine dallo Zambesi, a sud del Lago di Tangani Ica, traversi il Lago Bangueolo, ne riesca col nome di Luapula. entri nel Lago Mòero e si uniscn col fiume Lualaba ad Ancoro. 11 Lualaba, che alcuni considerano come la vera sorgente del fiume, scaturisce presso il posto di frontiera di Musoft, a circa mille metri di altitudine sotto forma di ruscel letto. La scalata dei vulcani 11 Duca delle Puglie ha percorso in gran parte il fiume, ha visitato le regioni limitrofe e le valli dei suoi affluenti e narra le sue impressioni di viaggio, lasciando da parte le gTavi questioni geologiche e scientifiche in genere, perchè già noto ad un congresso di scienziati. Nel dicembre 1925 il Duca sbarcava a Dar es Salam, sull'Oceano Indiano, dopo aver brevemente percorse le Colonie italiane. La città, dominata ora dagli Inglesi, è congiunta col Lago Tanganika da una ferrovia di 1250 chilometri, costruita a colpi di milione in una regione improduttiva. Raggiunto il porto di Usumbura, all'estremo nord del Lapo Tanganika, il Duca potè rapidamente Inoltrarsi nella valle del Busisi, una immensa pianura entro la quale, scorre spumeggiando 11 flnmo che porta nel Tanganika le acque del Lago Kivu. Poi, lasciato il lago, il Duca riprese la marcia lungo Je pendici dei vulcani tentando qualche ascensione. S. A. racconta: « Il Niragongo e il NainlagJra sono In moderata attività e la loro scalata non presenta difficoltà alpinistiche, ma è resa abbastanza complessa dalla asperità della lava. Il Niragongo è un cono tronco a ripido pendio coperto di foreste fino ai 3000 metri, dopo i quali ad un tratto la vegetazione cessa e per raggiungere l'orlo del cratere bisogna percorrere qualche centinaio di metri su lapilli mobili e lastroni levigati dall'acqua. Per arrivare al Namlagira invece sono necessarie varie ore di marcia su un falsoplano, ove lapilli e lave si alternano continuamente. E cosi tra un salto e una sdrucciolata, si arriva al cratere che. con un perimetro di circa trenta chilometri, erutta da migliaia di piccole bocche fumate di vapore Alle sorgenti del Nilo Più interessante fra i vulcani è il Mikeno, la %ui cima non 6 «tata calpestata dal piede umano. Lo si raggiùnge traversando la foresta tropicale nel solco aperto dagli elefanti, si passa una foresta di bambù che si spinge fino a 3000 metri, finché 6i arriva'su un ripido pendìo alla parte rocciosa coperta da muschi, che vietano 1 accesso 6enza una speciale preparazione alpinistica. I portatori, presi dal freddo (si è a 4OÒ0 metri) e dalla paura, si rifiutano di proseguire e di rimanere. Di qui scendono le prime acque che formano il Nilo. Durante la marcia'la carovana era preceduta da donne 'che. cantando, ballavano una danza tradizionale nella quale le parole e la musica dicono il culto e il triónfo della pastorizia. Giunto al Lago Edoardo Jl principe sali' per sentieri faticosi all'orlo del l'altopiano che chiude ad oriente 11 bacino del Congo. «Qui* — dice — si apre alla vista un panorama fantastico. A nord-est ghiacciai del Ruwenzori. a sud le nevi e i vapori, del vulcani, ai nostri piedi l'ani Dia distesa del lago, mentre ad occidente si spiega digradando a perdita d'occhio il verde mare frondoso della .foresta equatoriale. Da questi monti coperti di orchidee discendono i chiari : ruscelli dalle sabbie aurifere» La marcia procedette per diciassette giurai da monti a valli e a foreste; 11 Duca delle Puglie visitò le miniere ■aurifere di Kilo, dotate dei più moderni sistemi di estrazione che hanno ■oerrnesso ; di mettere in lavoro 50.000 tonnellate di minerale, estraendone 17 grammi di • oro,'per tonnellata. Dalle miniere di Kilo con ottime strade si raggiunge il Congo, la grande via di comunicazione che raggiunge l'Atlantico . e ha per capolinea Stanley vi{le. e che dopo le rapide, situate a- monte della, citte, diventa interamente navi gabile da piroscafi per duemila chilp metri fino allo Stanleypool, 1 Un lago popolato di industrie dodosicequtoglunda15debamtaInsudeangolaesd6usocicoFmlavrrvpmdrlnpmtlgdslenGddsmVloiCcfBqhtmnsdLcdndiccLgsLdczardmcptsgselmsmctbdaLrerpptissèpltpzspsvLa zona più vasta dell'altopiano congolese è i) barino centrai?', che è scartamente conosciuto all'infnori dei maggiori corei d'acqua, i quali formano le vie rii coinunicaziono normali Scorrendo attraverso la foresta-, il' Congo raggiunge la provincia fletta dell'Equatore, dove vi sono foraste mimr-ro^e nelle quali rIì indigeni raccolgono li copale sul!° radici della covai lem. damusei e vivono in villaggi costruiti vii tratti di terreno emergenti o su costituite da alberi. All'entrata Stanley-Pool 11 Congo forma un piccolo Jago, largo circa cinque.chilometri e lungo dieci, che costituisce II capolinea della navigazione fluviale e Quello di due ferrovie, una francese e una belga, che conducono al maTe. E' fL cuore della colonia, dove convengono attraverso una rete di undicimila ' netri d! fiumi navigabili 1 prò ntmAslscdutgadmlcpStddsdèqsnisole(Bdelio |d a a , a e 1 o ò l i d a a a n o a n 1 l i a a o ao aa eo a a e a i o iti i e o i e el ani el di el n efdi vi n sl lea è a a o e a e el u. a ni co a e, a n o i sre io emie ve acn ecil lgasi si rte aasi la di me la da na ail pe el ata vi di ad rso sti i » te e; re ono 00 17 le si di n e te i p dotti da esportare e dal mare 1 prodotti europei. A Leopoldville, che è qui situata, è 6tato trasportato il Governo centrale della colonia. Questa città e quella di BrazzaMlle, dell'Africa equatoriale francese, danno al lago, con gli arsenali, i cantieri, le fabbriche, un aspetto industriale' moderno. Matadi, che i piroscafi raggiungono dall'Atlantico risalendo il Congo per 150 chilometri, è il porto principale della colonia'. Quando il Duca vi si imbarcò per l'Europa, 33.000 tonnellate di materiale attendevano d'es6ere trasportate verso l'interno o verso l'Europa. Interminabili file di portatori 6fllano sulle- banchine ponendo le balle o i denti di elefante sotto le grue. Alcuni anni or sono le importazioni del Congo 6i aggiravano sulle 330.000 tonnellate per un valore di 490 milioni e le esportazioni sulle 170.000 per un valore di 470 milioni. Il Duca delle Puglie ha concluso la 6ua brillante e applaudita relazione soffermandosi ad illustrare 11 grado di civiltà raggiunto dagli indigeni della costa. Quando l'Oceano era misterioso Si è poi alzato a parlare il ministro Federzoni ci» nella sua qualità di membro del Congresso stesso, ha fatto la sua comunicazione che è stata vivamente applaudita. L'oratore ha esordito dellneando il ristretto ambito di notizie e di esperienze geografi-ohe dell'Europa medievale fino alla profonda trasformazione prodotta dalle Crociate; rievoca i primi tentativi di ricerca di nuove vie e di più largo respiro fuori del Mediterraneo, oltre le favolose barriere del l'antichità, che la realtà della invasio ne musulmana aveva ìSese ancor più paurose e auguste. Ricorda particolarmente la misteriosa avventura dei*fratelli Vivaldi di Genova, che fecero vela di là delle colonne d'Ercole per. giungere alla mèta agognata delle In die e die sparirono nel vasto Oceano senza ohe mai più se ne avesse nove! la, fino al giorno in cui, un secolo e mezzo dopo, un altro navigatore genovese, scopritore delle coste della Guinea, ebbe a trovare fi» i selvaggi del Gambia un vecchio mulatto discendente da uno degli sfortunati precursori. Aitai audaci ritentano, con sempre migliore fortuna, l'ardua prova dei Vivaldi, portando al più alto prestigio la fama dei navigatori italiani; ma ormai solcano tutti il mare sotto le insegne del Re di Portogallo. Alvise Cadamosto riporta a Lisbona la prima compiuta relazione sil'e coste dell'Affrica occidentale, aprendo la via a Bartolomeo Diaz e a Vasco de Game; quasi contemporaneamente l'Europa ha la rivelazione dei due grandi continenti inesplorati. Gli italiani after mano gloriosamente 11 loro primato nautico' sotto tutte le latitudini, ma sono i creatori instancabili del grandi imperi altrui. Le Potenze alla conquista dell'Affrica L'on. Federzoni analizza le fasi sue cessive della ricognizione geografica dell'Affrica. Pur dopo la sua circumnavigazione, il Continente nero non disvela per lunghissimo tempo se non il suo monotono contorno litoraneo, che offre gii scali occorrenti a chi percorre la rotta obbligata per le Indie. La stessa tratta dei negri non fa progredire di un passo neanche la conoscenza geografica delle regioni interne. Lo sviluppo dei traffici- e l'accentuarsi delle rivalità • fra le Nazioni imperiali co-nducono queste a -stabilire occupazioni sempru più estese lungo le costo affricane;-ma l'Interno del Continente resta ancora precluso. Solo gli albori del secolo XIX vedono il volgersi delle maggiori Potenze allo sforzo per la conquista dell'Affrica; l'Inghilterra, dopo la perdila dalle tredici colonie d'oltre Atlantico; la Francia, quando la stiuge egiziana le ha svelato il suo segreto millenario e la ria lungo il corso del Nilo. Comincia allora la gara, epica e tragica insieme, dei pionieri lanciati all'assalto del mistero. Lentamente, faticosamente, a prezzo di rischi e sacrifici inenarrabiJi, l'Europa manda i suoi figli più ardimentosi alla conquista scientifica e politica delle tere sterminate, che perpetuano la barbarie preistorica nell'inviolabilità dei deserti e delle foreste. Gli italiani souo anche qui fra i più animosi, se non fra i più fortunali. L'oratore ne rievoca i nomi e le ligure, ricordando le pagine sublimi di eroismo alle quali resta affidata la loro memoria. Ma, se gli italiani sono presunti al grandioso cimento, non è presente l'Italia. Essa non avrà il vanto di vedere strappato da uno dei suoi il velame leggendario che nascondeva sotto i favoleggiati monti della luua le scaturigini del Nilo; ma' la colpa non è certo di questi meravigliosi eroi che prodigano sovrumane energie di volontà, di passione e di intelligenza per toccare il termine sognato. Altri Stati possiedono la tradizione, l'organizzazione, tutte le risorse convenienti per siffatte imprese. Noi siamo- appena al principio di tale opera a cui non bastano la fede e l'ardimento degli individui, ma abbisogna'il concorso materiale e morale della Nazione. dosfil notemle sudefemdoagovnodeanundagete nrge ro ae li avii Una falange di eroici pionieri ce II e e E' nla rò La Reale Società Geografica Italiana, nata affricana dalla nostalgia etiopica del marchese Antinori, si propone di dimostrare la raggiunta maturità dell'Italia in questo campo, con la spedizione per l'Affrica Orientale, promossa nel 1876. 11 vecchio Antinori la dirige: Giovanni Chiarini e Sebastiano Martini ne fanno parte, ai quali poi si unisce Antonio Cecchi. Fausto è l'inizio del viaggio; ma poi sopraggiungono i tradimenti, le persecuzioni, le insidie, la lunga romanzesca prigionia presso la Regina di Ghera, la morte straziante del Chiarini alla qule fa commovente riscontro la serena, quasi mosaica fine di Orazio Antinori, su le soglie di un mondo ancora chiuso, a cui si rivolge l'attività dell'Italia, appena risorta a indipendenza . in Affrica la fortuna non è italiana », sospira amaramente Cesare Correnti preludendo nel 1886 al prezioso libro di scienza e di passione in cui il Cecchi consegna la narrazione e i risultati della spedizione. E il Correnti non pensa solo ai due ultimi italiani morti in Etiopia, ma a tutti gli altri numerosi e illustri viaggiatori nostri, dal Bolzoni al «acconi, al Giulietti, al Matteucci, - che l'amore dell'Affrica uccise. Pensa principalmente al più coraggioso e al più infelice di tutti, à Pellegrino Matteucci, che, dopo aver superato Stanley nella più. lunga traversate dell'Affrica da Suakim.alla foce del Niger, si è spento durante li ritorno in patria prima di aver potuto • dettare l commentari del prodigioso viaggio. E non immagina. di esser anche tristemente presago Cesare Correnti quando scrive che la fortuna in Affrica non è italiana, perchè egli non può sapere quanti e quali altri "nio-rtl gloriosi l'esnlorazione italiana seminera ancora nel continente nero: lo stesso Cecchi, il le(Bugnoli, il Bianchi. Il Sacchi, il granio |dissimo Bottego, che le scoperte geo- paapelase10vecoalnugudetetila(G(InstuscdItpzaugancazamrezaso« upteladanlopbsalicscsescmlavagripapdddmsisacm5.pvpalal'derel'gapczl'gazapzpLgebmscseIhldal6tsPdagmd—dsdèbdtdsrgnIllsfnfprandio innalzeranno degnamente' al livello dei maggiori stranieri. «L'Affrica ri attira invincibilmente» Ma ouellr parole amaro sembrano contenere un senso ancor più vasto e verace, ossia il presentimento che da un così copioso e antico contributo di ardire e di sapienza al progresso scien- LsitLtsocca ifico universale, da una cosi generosa, omma di sacrifizi e di eroismi-fioriti er le più elevate idealità umano, la atria sarà per ritrarre un beneficio morale e politico di troppo inferiore a quello che un'equa proporzione le dovrebbe comparativamente assegnare. « Cesare Correnti — osserva l'oratore — aveva intuito giusto, considerando che l'Italia, tuttavia stanca per lo sforzo del suo riscattò e piegata sotto il peso.di più incombenti problemi, non avrebbe avuto ancora per lungo tempo l'energia necessaria per vincere le altrùi resistenze avaTe 0 gelose al suo affermarsi nel mondo. Egli prevedeva forse oscuramente le infinite sofferenze, le cocenti umiliazioni, le aspre gilie, i costosi errori,'i durissimi cimenti, attraverso i quali la Nazione doveva temprarsi per valere di,fronteagli altri e a sè stessa, in Affrica e ovunque. F, 11 Correnti aveva fede, nonostante tutto, nell'avvenire affricano dell'Italia. « L'Affrica — egli scriveva ancora — ci attira invincibilmente. E' una predestinazione. Ci sta sugli occhi da tanti secoli questo continente suggellato, ondo pur ci venne primamente la civiltà, e che ora ci esclude dai grandi oceani, ci rende semibarbaro 11 Mediterraneo e costringe l'Italia a trovarsi sugli ultimi confini del mondo civile. Bisogna vincere questa natura ribelle. XI pensiero del profetico fondatore di Alessandria e della vittoriosa rivale di Cartagine è divenuto l'istinto dell'Europa civile, il bisogno dell Italia ». c Adesso l'Italia intera, — conclude l'on. Federzoni — ha la coscienza di auel bisogno e di quella predestinazione, e per il suo vigore disciplinato e ardente è pari al compito che le snetta nell'opera comune di Incivilimento. 11 giorno in cui si dovesse provvedere a una revisione di posizioni coloniali, nessuno potrebbe disconoscere all'Italia il diritto di rivendicare una assoluta priorità. « Cosi la Nazione non rimpiange più i suoi figli, pionieri, missionari c soldati, caduti in terra barbara per 1 altissima causa della civiltà; ma 11 ricorda e ai onora tutti nella lunga agitate successione dei tempi e degli eventi, con l'affermare che niun sacrificio può essere stato inutile, niun eroismo sterile per l'Italia ritornata degna di Roma ».