Un nuovo ritratto di Guglielmo II

Un nuovo ritratto di Guglielmo II Un nuovo ritratto di Guglielmo II V» nomo indeciso e sfuggente, debole « trascinato dalla preoccupasene di mascherare le proprie tare fisiologiche, imperioso per . reazione oontaro la timidità che lo tortura, ateaotdinariamente suscettibile all'aOTBtaxiorie, vanitosissimo: un cervella tott'altro che addestrato al lavoro diplomatico e privo della facoltà di sondare i tempi e gli uomini, pro- rl ai politici che debbono valersi tutte le pedine, con la naturai propensione allo spirito militare in ejaento ha di più superficiale ed avvistato, di sommario e di chiuso — ■Mona delle serie doti organizzatrici e unicamente le angustie e le merititi della casta —, una sensibilità a volte eccessiva ma più spesso inerte ed inconscia: « Quale spettaoste! Ma ahimè, solo uno spettacolo! » esclama goethianamente Emil Ludwig, dedicando « ai sudditi » il Ma < Guglielmo II 1 (versione italiana di Lavinia Mazzucchetti. - Milano, Mondadori ed. 1927. - L. 30). Bastano a dissipare le illusioni le stesse testimonianze degli amici e dei collaboratori: il biografo non ha volato per l'opera sua nemmeno l'ombra dell'atto di accusa. Ma la requisitoria diventa mille volte più dura: costruita pezzo per pezzo come una dimostrazione matematica, analizza sd espone le buone intenzioni del monarca, ne constata alla ' fine il naufragio. Emil Ludwig, romanziera e drammaturgo prima che ritrattista (il suo t Bismarck » ed il suo i Goethe » sono conosciuti anche da noi, almeno di fama) descrivo l'evoluzione del suo eroe con freddo senso di determinismo. Date le individualità e l'ambiente, la conflagrasene si poteva ritenere certa. Il suo libro è incredibilmente istruttivo: *i si vede la guerra europea come ima mina strappata dagli ormeggi, vagare in cerca di un nodo, di un groviglio, di un brulotto. Appena l'orizzonte divien fosco, si aspetta l'ondata che causerà l'urto, lo scoppio. Le crisi, le tensioni, gli allarmi spingono sempre più la mina in porto invece di cacciarla alla deriva, nel ■tare aperto. Più si studiano le origini della guerra, e meglio si comprende la sua fatalità, considerati i personaggi e le forze in presenza, La guerra non era per Guglielmo, — infantilmente allora lo si credette" — nò l'apogeo, nè lo sbocco di ■na lunga ambizione. Egli #u l'inconscio responsabile di jfnV avvenimento in cui si perdeva, dal quale andò, sin dal primo istante, travolto. Ancora una volta le apparenze della forza vennero scambiate per prove di vigorosa volontà: la reazione nervosa, per una tranquilla sicurezza. Capitò come per la paralisi del braccio sinistro, che giunse a dargli un aspetto marziale causato in realtà solo dallo sforzo di celare nn marchio della natura. La dura giovinezza -turbata e frustata dai rancori di famiglia: il nonno quasi immortale nella sua gloria bismardriana, il padre malato goffo e anelano erede al trono, tribolato dalla anglomania della moglie; l'imperfe•kme fisica, l'ansia di arrivare ostacolata dalla madre, che si vedeva imperatrice, il dramma di San Remo contribuirono a squilibrare un temperamento di visionario. Ma c'è nn Iato ancóra più caratteristico in questa formazione del futuro Kaiser : la scelta degli amici, dei consiglieri, infelicissima. Il generale Waldersee gli instilla l'odio contro Bismarck, il conte Filippo Eulenburg — che rr trent'anni gli starà a fianco — nn dilettante artista, un degenerato, un commediante. Nessuna figura di donna, mai, per comprendere, limare, raffinare quest'animo inquieto, dirigerne ed assorbirne la romanticheria impetuosa. Il < faux dopati » diventava fatale. Bismarck si sentì subito a disagio per gli atti di un sovrano così privo di senso politico, e pronto a emanare proclami che gli buttavano all'aria i piani parlamentari e quelli diplomatici. Ma l'istintiva antipatia te* il Kaiser, brillante, superficiale, vanesio e il ministro duro, esperto, testardo non scoppiò immediatamente. La prima scintilla fu data da uno sciopero di operai della Ruhr nel maggio 1889: l'antidemocratico Cancelliere parteggiava per i proprietari, i! Kaiser, in vena di democrazia, per gli operai. Finirono per scontentare ambo le parti. ■ Comunque, tra il vecchio brontolone e il nervosissimo sire intervengono i consiglieri che hanno tutto l'interesse ad affrettar l'epilogo. Waldersee sussurra: tTederico non sarebbe mai divenuto il Grande se salendo al trono avesse trovato e conservato un ministro potente ed importante come Bismarck >. Dal fondo della Wilhelmstrasse, il barone di Holstein, tortuoso, ambiguo, vendicativo, burocrate impastato di fiele, di paura, idi diffidenza anela di colpire a morta il suo capo, che lo lasciò marchiare come spione. Bismarck e Guglielmo si guardano in faccia, sono più «otte ai ferri corti, alle dimissioni everte e rifiutate. Ma il Kaiser ha paura, non si sente appoggiato, .sostenuto, evita i colpi di testa. Ci vuole l'intesa di Bismarck con la gtaesia (il Cancelliere gli lascia legatore che lo Zar avrebbe detto di lui : c TI est fou. Cest un garcon mal •lavi et de mauvaise foi») perchè, Con il meschino pretesto di un ordine di servizio da abrogare, l'Imperatore decida il gran colpo. Tre mesi dopo, nel giugno del M90, la Russia, vistasi isolata per la caduta di Bismarck e la fine della Baa politica, concludeva nn primo accordo con la repubblica francese. D Kaiser si era così già preparata la tagliola. Ma non vi fece caso. La ■nova triade: Guglielmo, Eulenfmg, SolfteÉn — che cosa contano i Cancellieri sino a Bulow? — aveva in fondo un solo desiderio: contrastare i piani di Bismarck. Holstein era letteralmente accecato dall'odio e non gli servivano la pratica e lo studio degli affari; gli altri due tiravano all'impazzata, salvo a ingannarsi a vicenda. Chiaroveggenti e cinici, si dicevano la verità, ma la tacevano al Kaiser. Privatamente: « Non mi nascondo che S. M. vive del capitale dei sentimenti monarchici, e che, se oggi ne far leggermente sciupìo, esso mancherà un giorno penosamente a suo figlio, anzi, con tutta probabilità, già fra pochi anni a lui stesso ». A Corte, Eulenburg prodigava le adulazioni sentimentali. Ma Holstein non vi comparve mai, volontario prigioniero del suo ruolo di eminenza grigia. Se i rapporti col Reichstag s'inveleDivano causa l'autocrazia istintiva del sovrano e la nessuna conoscenza degli uomini politici e delle questioni interne, se scandali come quello di von Kotze provavano, nel supremo regolatore della Corte, insensibilità e squilibrio, le relazioni con l'estero andavano di male in peggio. Tra il principe di Galles e il Kaiser (« l'uno uscito da un'opera di Sardou, l'altro dall'anitra selvatica ibseniana », nota stupendamente il Ludwig) l'antipatia era reciproca, gli screzi ininterrotti. «Vecchio pavone» mormorava il Kaiser, t II più bril-.j lante aborto della storia » replicava il nipote. Con la guerra del Tran3vaal, le cose precipitarono, ogni speranza d'intesa con l'Inghilterra svanì. E intanto Bismarck faceva l'oppositore. Finché era stato al governo tutti avevano curvato il capo, oggi sembrava « come quando si toglie via da un prato un blocco di granito e vi si scopre sotto soltanto un ammasso eli vermi ». Il vermlnaio aveva ancora paura del Cancelliere. Quando questi va a Vienna Guglielmo scrive a Francesco Giuseppe una lettera abbietta: Bismarck, intervistato dalla NeueFreie Presse, dà ai diplomatici tedeschi la dimostrazione che non capiscono niente. Come se non bastasse, il vecchio statista comincia a diventar popolare: passa dall'assolutismo a una specie di democrazia: invoca i l'aria fresca della critica pubblica ». E allora bisogna che il Kaiser si pieghi a una riconciliazione teatrale, con chi ieri aveva scacciato. Si vedono per l'ultima volta sulla fine del '94, e Bismarck esdama: « Maestà, finché Ella possiede questo corpo di ufficiali Ella può permettersi ogni cosa. Ma so con fosse più così, tutto muterebbe ». Sei mesi dopo il profeta spirava. Bulow entrò in scena. Ludwig ne esalta il < grandioso cinismo », e illustra come il solo politico intelligente che la fortuna abbia concesso al Kaiser sia stato quasi immediatamente ridotto, per naturale tempe-' ramento e per forza di cose, alla parte del moderatore, dello smoccolatoio. Eulenburg piglia fiato, la calma torna alla Wilhelmstrasse e nelle Cancellerie, si cerca di soffocare i dispacci esplosivi. Ma il gioco è ormai perduto: per tre volte torna a prospettarsi un accordo con l'Inghilterra, e per tre volte esso va all'aria causa l'incontinenza verbale e il nervosismo del Kaiser, in urto con la nonna. E s'impegna sempre più la fatale corsa agli armamenti marittimi, talché nel 1902 Cliamberlain e Cambon gettano le basi dell'enterite cordiale. Anche con la Russia, si riaffaccia, nel 1905, una probabilità di ripresa in seguito alla sconfitta giapponese, demoralizzante. Il Kaiser l'acchiappa: va incontro allo zar nelle acque baltiche, Io seduce, lo persuade a firmare un « little agreement », il trattato russo-tedesco di Bjòrko del 24 luglio 1905. Senonchè il capolavoro diplomatico era in realtà una grossolana gaffe. Appena Bulow l'apprende, dà le dimissioni: quando ài gabinetto di Pietroburgo ne viene a conoscenza, dimostra allo zar che il patto non è valido per mancanza della sanzione francese. Ira a Londra e a Parigi. Si torna in alto mare, la Germania isolata come prima. La manìa navale cresce : Guglielmo si butta negli armamenti anima e corpo. Quando riesce a strappare al Reichstag sei nuovi incrociatori, scrive: < Sono davvero riuscito a imbrogliarlo... Ora li ho in mano mia e bisogna che quei cani paghino fino a scoppiare ». Parole impressionanti, specie collegate a una politica provocatrice, impulsiva, teatrale. Man mano che gli anni passano, l'uomo si fa più intrattabile, ombroso, cupo. Eulenburg, sempre fine, prevede gli sconvolgimenti futuri causati da • una natura tanto bizzarra », ma prosegue nelle basse adulazioni. In trent'anni, si contano solo quattro persone che abbiano detta la verità in presenza dell'Imperatore. Tutti chiacchierano e si sfogano tra loro; tacciono al suo cospetto. Quando egli vuol dirigere le manovre, i generali imbarazzatissimi non sanno come comportarsi, e falsificano i risultati per dargli ragione. Le cose vanno a tal punto che Moltke trova un briciolo di coraggio per spiegare al Kaiser che conviene a S. M. non dirigere le manovre per non paralizzarle. Ma è una goccia di latte nell'inchiostro e, dopo ' tutto, ha ragione Ludwig: « Non era il compito di venti individui, ma della nazione ». E la nazione, divisa in plaudenti ed assenti, non parlò. Ci fu, è vero, lo scandalo della c Tavola rotonda ». Le rivelazioni di Massimiliano Harden sui degenerati di Corte muovevano tuttavia dal duello dei due favoriti: Holstein, Eulenburg,' erano in realtà la messa in luce di scandali personali, di cui s« teMpfdutEccLledlHrsptesi acdpcgmadscggmtlgtaltsqssMImdiciigdrdstcBpNtdppèhnedsptstme gli avversari dell'Imperatore logicamente approfittavano. Non una reazione dell'opinione pubblica, dunque, ma il dilagare di beghe, rivaligelosie personali, bizze di favoriHarden, alleato di Holstein, distrusse la fortuna di Eulenburg, « l'amato Fili » vittima delle sue tenerezze per il « diletto Kuno » Moltke. Il Kaiser abbandonò di colpo l'amico del cuore, il consigliere fidato. Dopo i processi, nel settembre del 1908 « non vi erano più che due uomini ancor ritti sul campo di battaglia: Bulow e Tirpitz. Holstein ed Eulenburg si erano di fatto reciprocamente assassinati ». Passarono alcuni mesi, e fu la volta di Bulow. La celebre intervista col Daily Telegfàph dell'ottobre 1908 e la rivolta da questa suscitata all'interno ed all'estero, la tragica morte del conte Hiilsen-Haselcr in tenuta di ballerina, non fermarono il Kaiser nella sua corsa anti-inglese. Holstein, poco prima di morire, aveva scritto al , e » e e e d . a e a o l Cancelliere: i Se Lei se ne va, ia guerra diventa inevitabile » ma Bulow, stanco dell'inutile fatica di riparatore degli spropositi imperiali, approfittò di uno scacco al Reichstag per andarsene, nel giugno 1909, fra il giubilo del suo signore ( « Ho cacciato via quella canaglia»). Lasciava aperta la porta alla catastrofe. Il regno di Guglielmo tramontava: all'interno, l'idea monarchica perdeva sempre piede, l'abisso tra l'autocrate e le classi nuove spalancavasi; all'estero, il solo vero alleato, l'Impero asburgico, era un fradicio peso da trascinare. Re Edoardo andava a Berlino, ma l'Inghilterra ormai non offriva più ponti. Tirpitz costruiva, Moltke armava, Bethmann-Holweg non conosceva nè gli uomini nè la storia. L'ultimo tentativo pacifista, la missione Haitiane, fallisce, e il chiaroveggente ambasciatore a Londra perde il posto. Siamo nel 1912: due anni dopo il dado è tratto. In quel tragico luglio, nonostante il militarismo imperante, bastavano tre uomini di prim'ordine a procrastinare l'esplosione: là dove Witte, Tisza, Biilow sarebbero riusciti, Bertchold, Iswolski, Guglielmo caddero. Uno degli errori capitali del Kaiser, travolto dalla propria tendenza autocratica, fu di identificare la Russia nello zar. Ma l'ebbrezza bellicosa, lo squilibrio abituale non gli vietarono di intuire la fine: « Il famoso accerchiamento della Germania è un fatto compiuto... Edoardo, dopo la morte, è ancora più forte di me vivente : un'opera grandiosa, che suscita ammirazione persino in chi per essa va in rovina I ». Ora che la guerra è venuta: • Tra paura e baldanza, passivo, ma non perspicace abbastanza per rinunziare al potere, preoccupato della responsabilità e di quegli sguardi interrogativi, che tutti dirigono più ardenti di prima sopra di lui, egli è 11: un borghese messo a capo del più colossale esercito, senza le virtù, anche senza la maggior parte del vizi del sol¬ m dato, oppresso da una tradizione avvezza a vedere 1 suoi padri se non come duci di guerra, almeno come uomini in campo; vive la vita della retrovia. Imbelle, prigioniero, quasi inattivo e finisce di non aver nulla che fili dia forza, fuorché la coscienza del martirio che gli viene dal misconoscimento di tutto il mondo... Al fronte eventi e sventure, uomini e cose si accumulano; cinque milioni di tedeschi lottano per salvarne altri cinquantacinque milioni. E qua dietro 11 duce supremo della guerra siede a banchetto. Dopo aver passato il tempo sugli antichi campi di battaglia, mentre il suo popolo sanguinava su quelli recenti, ecco "che se ne sta allegramente fra una brigata di bevitori che hanno od ostentano di avere animi sereni e gli raccontano favole di eroismi, e quando il telegrafo reca una notizia, questo poveruomo defotme deve valersi della tecnica penosamente acquistata In tutta la vita, per aprire la busta e leggere le parole che devono dargli sollievo ». Cede, a metà della guerra, ogni potere a Hindenburg e a Ludendorfi, parla agli operai di Essen ( < Miei cari amici delle officine Krupp ! » ) ; fa, quando sente il brontolìo della i l e i 1 a o i e , , a o i , i ; a bufera, nelle ultime settimane di re- ; gno, uno sforzo immane: chiama al governo i democratici, ha un prò* gramma : indietreggiare palmo a pai* -\ mo. Di espediente in espediente giunge pur sempre il giorno della; fine, ma egli rimugina di abdicare a metà, medita di marciare su Ber* lino. Alla capitale, Max di Baden attende di secondo in secondo il dispaccio imperiale da Spa che deva salvare la situazione. Al GranQuar» tier Generale, Guglielmo tergiversa, tira a guadagnar tempo, fa dichiarare verbalmente di voler abdicava come Imperatore, non come Re di Prussia. Allora il Cancelliere, disperato, prende sopra di sè di annunciare che il Kaiser si ritira, lasciando a una reggenza il compito di nominare il deputato Ebert, Cancelliere. Troppo tardi: mentre Max di Baden redige il suo appello al popolo, ficheidemann proclama la Repubblica. MIRROR.