Due secoli di scavi a Ercolano

Due secoli di scavi a Ercolano LA CITTA' SEPOLTA Due secoli di scavi a Ercolano o RESINA, Agosto. La scoperta di Ercolano, come, poco più tardi, quella di Pompei, fu dovuta al caso. Veramente, già verso la Une del secolo decimoquinto, qua a Resina, o nell'immediato contorno, scavando il terreno a non saprei quale opera di pubblica o privata utilità, s'erano ritrovati musaici e iscrizioni e ruderi vari, che costituivano indizio di più vaste rovine sepolte. Ma poiché era voce tradizionale che Ercolano giacesse sotto gli strati di lave, di tufi vulcanici, di detriti alluvionali, su cui sorge, e già allora si estendeva, Torre del Greco; cosi si continuò a credere, abitudinariamente; nè, d'altro lato, esaurita,' si vede, la ragione pratica che li aveva momentaneamente determinati, si pensò punto a seguitare negli scavi. E passarono oltre due secoli, prima che un contadino, lavorando ancora per il pratico scopo di scavare un pozzo, venisse ritrovando, qua a Resina, in un campo presso la sua casa, denominato, chissà perchè, Campo del Poeta, e disseppellendo marmi lavorati, capitelli e fusti di colonne, qualche statua e qualche oggetto antico. Guerre, paci e un matrimonio Ciò accadeva tra il primo e- il secondo decennio del Settecento: quando, combattendosi la guerra per la successione di Spagna, con il corpo d'esercito dell'imperatore Giuseppe 1 d'Austria, \ comandato dal conte Daun, che occupò Napoli addi sette di Luglio del 1707, era giunto, anche il principe d'Elboeuf di Lorena, che a Napoli si stabili, dappoiché «li anni di grazia 1713 e 1714 ebbero recato tre avvenimenti, due discretamente rilevanti nella storia, il terzo più particolarmente interessante per lui. e tutti che l'inducevano a restare: dico i trattati di pace di Utrecht e di Rastadt, con cui U possesso del vicereame di Napoli veniva riconosciuto e confermato a Carlo VI, succeduto a Giuseppe I nell'impero d'Austria; e insieme il matrimonio di lui, il principe d'Elboeuf, con una figliola del principe Salsa. Non che le paci, coi relativi stipulati, avessero carattere molto duraturo: — è noto che ogni pace vale soltanto finché non ' iscoppi una nuova guerra; e men che quattro lustri dopo, infatti, la successione al trono di Polonia avrebbe fornito ottima occasione a un nuovo conflitto tra Austria e Spagna; e l'infante Carlo di Borbone di Spagna avrebbe riconrtuistato Napoli, e l'anno seguente. 1735, e precisamente addi cinque di Luglio, avrebbe cinto a Palermo la corona del nuovo Reame di Napoli e Sicilia; e il fatto compiuto sarebbe stato riconosciuto dal trattato di Vienna del 1738, per dar luogo indi a nuovi conflitti innestantisi nella guerra di successione d'Austria, e per essere nuovamente riconosciuto e sancito col trattato di Acquisgrana, del 1748; — non dunque che i due avvenimenti di tanto maggior rilievo per la storia valessero a dare molto sicuro affidamento al principe d'Elboeuf d-r restarsene indi innanzi definitivamente tranquillo a Napoli; ma egli tenne soprattutto conto del proprio psdbancdcl avvenimento personale, anche se alla storia importerebbe solo in quan to; e sulla deliziosamente amena spiaggia di Portici, cominciò a co struirsi una villa, degna in tutto di lui e d'albergare la coniugale felicità, tutta ancora aulente di fiori d'arancio e irrorata di rugiadose commozioni. E gli si offerse, in questa, l'occasiona d'acquistare da quel tale contadino di Resina i marmi e le opere d'arte, che quello veniva scavando nel suo Campo del Poeta: poi, più sbrigativamente, per continuare gli scavi per conto proprio, il Principe acquistò il terreno; poi, entusiasmato dal successo di nuovi sondaggi, s'avanzò, aprendo nuovi pozzi e gallerie, nel prossimo podere, che pure acquistò, di tale Antonio Brancac ciò. E via via, archeologo im prowisato dalle circostanze, e per gusto e per profitto, traeva alla luce successivamente più gran copia di preziosi marmi, tra cui del rarissimo affricano, e intere colonne di marmo e d'alabastro; e statue di greca squisita fattura, di marino e di bronzo, e terracotte e vetri e oggetti antichi diversi. Con qualche statua egli si fece facile merito, donandone sovrani e principi: il re di Francia Luigi XIV, tra gli altri, ed Eugenio di Savoia: — due di queste statue, offerte al glorioso vincitore dei Turchi e dei Francesi, compera te poi. alla morte di lui, dall'elettore di Sassonia Federico Augusto, si ammirano operi al Museo di Dresda Gli scavi del Principe Ma il viceré austriaco, che doveva essere allora, tra il 1715 e il 1719 nuovamente il conte Daun, impressionato dell'entità e del valore dei ritrovamenti e dei recuperi, che nel la voce pubblica ancora sproposi latamente ^'accrescevano, sf da assumere proporzioni di favolose indescrivibili ricchezze, ordinò per corto del Governo, il sequestro del mate riale archeologico e artistico scavato, e la sospensione insieme dei la voci di scavo» In sostanza, senza entrare nella particolarità delle opere d'arte restituite alla luce, marmi e bronzi, e del vano materiale asportato — benché questo soltanto premesse agli scavatori, che non s'ispiravano a nessuno scopo archeologico, culturale e artistico, di indagine e di accertamento, ma soltanto cercavano i tesori, che si nascondessero nel sottosuolo, per appropriarseli, similmente a coloro che già avevano frugato il terreno, negli anni immediatamente successivi alla catastrofe delle fiorenti cittadine romane, tra il Vesuvio e il mare; e anche più similmente ai barbari, e agli indigeni insieme, che devastarono, per trarne opere d'arte ad abbellire le proprie dimore, o anche soltanto materiale da costruzione, devastarono i monumenti dell'antica Roma, e quei della Magna Grecia, e altrove, dovunque; e similmente ancora agli Arabi e ai Berberi, che scavarono il suolo dell'Affrica romana, là dove appariva possibilità di qualche bottino, specie, per loro, di monete; — in sostanza, il principe d'Elboeuf, ne' suoi scavi, ampliando e approfondendo il pozzo primamente aperto dal contadino nel Campo del Poeta, e con cui quello 'era giunto sopra il teatro, circa all'altezza della scena, ritrovò il piano dell'orchestra e gli sbocchi interni dei vomitorla e i primi ordini dei gradi: — il pozzo è ancora quello che oggi si vede, allargato e risistemato, che s'apre precisamente al disopra del proscenio, lasciando piovere quella malin coniosa luce di giorno lontano. Poi il Principe s'era addentrato, con gallerie e cunicoli, in vari punti del la cavea e su pei gradi, e da uno dei vomitoria era riuscito a nuovi scavi, lungo il muro esterno semicircolare del teatro. Altri pozzi e sondaggi aveva poi praticato in luoghi, circostanti, per tutta Tarn piezza del Campo del Poeta. Procedendo indi a più vaste ricerche, nel terreno del Brancaccio, ebbe la fortuna di ritrovare un grandioso edificio, sepolto a poco minor profón dUà del teatro, notevolmente discosto da esso, e che fu riconosciuto per un tempio. Il Venuti, nelle sue Prime scoverte di Ercolano, riferi: sce che cdrgda—sldtcsdcslhdfgfusdscPinldccomssm « ...11 precitato principe d'Elboeuf, iniziatore degli scavi, dopo averne fatti nel pozzo dietro la scena del teatro, ed avervi rinvenute varie statue, s'inoltrò verso H podere di Antonio Brancaccio, ove incontraronsi 1 cavatori in molte colonne d! alabastro fiorilo, e si avvidero essert quello stato un tempio di figura rotonda, ornato al di fuori con ventiquattro delle mentovate colonne, la -maggior parte di giallo an tico, molte delle quali nel podere del consigliere Salerno furono trasportate. L'interiore di detto tempio, oltre aver avuto la corrispondenza di altre colonne, fra le quali eranvi altrettante statue di marmo greco benché infrante, era slmilmente lastricato di giallo an tico... ». . ' Il principe d'Elboeuf, inoltre, deve essere giunto co' suoi scavi a quello che fu detto il foro, e che probabilmente tale non era, poiché, data la relativamente scarsa importanza di Ercolano come città, e la sua popolazione poco numerosa — si crede non superasse i dieci o undicimila abitanti — non è presumibile avesse un forum civile propriamente detto, ma più semplicemente una basilica, che ne teneva le veci. 11 principe d'Elboeuf avrebbe ritrovato dunque anche la basilica. Ma di tutti questi suoi scavi, da quelli infuori che immettono al teatro, ben poca o nessuna traccia è rimasta — ap punto anche per il carattere e gli scopi limitati degli scavi stessi; — e quanto era stato parzialmente scoperto o scandagliato, andò col' tempo nuovamente interrato e sepolto Carlo III Alla sospensione dei lavori priva ti, ordinata dal Viceré, segui, anni dopo, la retrocessione di territorio, cui già accennavo, e la costituzione del nuovo Reame di Napoli e Sicilia, sotto Carlo VII di Borbone, più generalmente conosciuto dal titolo di Carlo III, che gli venne poi, alla successione sul trono di Spagna, nel 1759. Nel tempo che sedè sul trono di Napoli, questo Re, intelligente, generoso, e per tanti riguardi benemerito, e degno d'essere ricordato con lode, dispose per una attiva ripresa di scavi nel Campo del Poeta e in varie località circonvicine. E l'esi'o delle ricerche ap pagò le migliori aspettative. Quando si giunse, con una serie sistematica e cordinata di pozzi, a una profondità di ottantasei palmi — trentatrè metri e trenta — si riconobbe il piano d'un'antica città sepolta, che s'estendeva sotto gran parte dell'area occupata da Resina e da Portici; e fors'onche la superava. E ogni dubbio tu rimosso: fa città era Ercolanr — sepolta sotto uno strato di più di trenta metri di tufo vulcanico, formato di cenere di arene di lapilli, e con rocce e tram menti di lava commisti, e che ria. fatti pastoso fango, malta motosa e bollente, per l'acqua che insieme eruppe dal vbfeano in eruzione, s'errino rovesciati, , lutei e fumanti foi'rpnti, sul luog», e avevano inon dato, sommerso lutto ''abitato, e l'avevano cosi profondamente ricoperto e seppellito, indi tolidiflcandcssi come compatto cemento. E procedendo ancora negli sdavi, si trovaono strade, lastricate di pietre poligonali di lava — a prova evidente delle. eruzioni vesuviane precedenti a quella che aveva distrutto la città — e con marciapiedi, e che s'interecavano simmetricamente ad angoo retto, dividendo la città in quadrati regolari — insulae; — e si trovarono edifici di architettura greco-romana, piccoli la più parte e senza finestre, le pareti delle stanze dipinte e decorate a quella guisa che si riconoscerà poi a Pompei; e si trovarono moltissime e pregevoissime opere d'arte. Il Venuti, che ho già ricordato, descrivendo una delle più notabili case esplorate, riferisce che aveva una porta assai grande, chiusa da un cancello di ferro; indi, un corridoio adduceva a una stanza a terreno dipinta in rosso: — quel mirabile rosso che prenderà nome poi dalle vernici degli stucchi di Pompei, e che fu evidentemente il colore preferito, insieme col giallo, dagli Ercolanesi e dai Pompeiani, nelle decorazioni degli interni; mentre poi, qua a Ercolano, i più recenti scavi hanno riveato anche certe vernici cilestrine, d'una vaghezza e d'una delicatezza che, se chiudi gli occhi, le risogni con un senso di nostalgia, come gli orizzonti dei paesaggi cari alla memoria. E nella stanza — riferisce sempre il Venuti — erano vasi di grosso cristallo, ancor pieni d'acqua, e un piccolo astuccio di bronzo, con tre o quattro puqtìi da scrivere, e un altro del medesimo metallo con una sottilissima laminetta d'argento incisa di caratteri greci. Per una comoda scala si saliva quindi al piano superiore, dove molti vasi in bronzo e in terracotta, treppiedi e scodelle parevano indicare che quivi |era stata la cucina Vi si rinvennero anche uova, me ravigliosnmente Intatte, mandorle e noci carbonizzate. Altrove poi, sem pre proseguendo negli scavi, si sco persero rovine di bagni, con pavi menti ben lastricati o decorati a mu saico, vasi, conche di bronzo. E ancora, una cella vinaria, con il pavimento di marmo, e intomo alle pareti i grandi vosi di argilla dolia — e orci minori — amphorae e cadipgmiAcEDmcsntMvlcncncp Le starne dei Balbi e le tre ville illustri Ma queste opere di scavo procede vano pur sempre senza nessun indi rizzo scientifico, e ancora a scopo di frugare il terreno per ritrovarne tesori nascosti, piuttosto che di scoprire i monumenti sepolti; e dopo la serie, relativamente ordinata dei primi pozzi, s'andavano aprendo a casaccio gallerie e cunicoli, rompendo e guastando le costruzioni, spezzando marmi, per trarli con maggior facilità all'aperto, ricolmando gli scavi e riseppellendo tutto, quando non si rinvenivano opere e oggetti di special pregio. Ampliando ancora il pozzo del contadino del Campo del Poeta, già sfrut tato dal principe. d'Elboeuf, si di6 seppellirono due frammenti di statue equestri di bronzo, tre statue consolari e una gran lastra di marmo, con un'iscrizione che segnava l'ingresso del teatro. In dodici anni di lavoro, questo fu esplorato com piutamente. Poi si progredì con gallerie a 'esplorare la basilica e due templi, si dice, adiacenti; e dalla prima furono tratte, insieme con varie altre, le statue equestri famose, ora al Museo Nazionale di Napoli, dei due Marco Nonio Balbo, padre e figlio, e quelle della moglie e delle figlie del Balbo padre; e dall'un dei templi furon tratti la bella mensa marmorea pei sacrifici, dedicata a Venere Ericina, e gli stupendi dipinti, trasportati anche questi, più tardi, al Museo di Napoli. Poi, quasi contemporaneamente o in sèguito, si scoprivano le case che ancor oggi costituiscono, insieme col teatro, la parte più interessante degli scavi ercolanensi; e particolarmente la doviziosa e interessantissima casa detta «dell'Aristide" o «dei papiri», perchè vi si rinvennero, tra l'altro, una statua creduta d'Aristide e i millesettecentocinquantasei papiri greci e latini, ora alla Biblioteca Nazionale di Napoli, la cui scoperta commosse il mondo intero, soprattutto quando il padre Antonio Piaggi escogito una macchina per svolgerli, e così fu possibile decifrarli, ritrovando in essi una serie di dissertazioni in greco del filosofo epicureo Filodemo, sulla natura, la musica, la retorica, e brani di scritti dello stesso Epicuro, e altri scritti filosofici, che furon poi pubblicati a più riprese e in più tomi, col titolo di Volumina Herculanensia. in questa casa, o meglio villa, che appartenne certo a un ricco filosofo epicureo, nel giardino, e nei pressi, fu ritrovato ancf -a il maggior numero di pregevoli opere d'arte di Ercolano. e qualcuna delle meglio notevoli dell'antichità grecoromana, e tutte oggi che s'ammirano al Museo di Napoli : le celebri cosiddette Danzatrici, il Fauno addormentato, il Mercurio in riposoi busti creduti dei Totomei, Filometore. Sotero 1, Fitadelfo. Alessandro. Apione, la testa di Berenice, busli di Platone, di Archimede, di Eraclito, di Saffo, di Democrito, di Scipione VAffricano, di Siila, di .Emilio Le¬ pido, di Caio e Lucio Cesare, di Augusto, di Seneca, i due Daini, e molte altre sculture, tra cui anche, in marmo, quella pretesa statua di Aristide, onde venne il nome alla casa, e che raffigurerebbe invece; Eschine, l'oratore ateniese rivale di Demostene. Poi, la grandiosa e non meno interessante casa «dell'Argo», cosiddetta da un dipinti), ora disgraziatamente cancellato, nel triclinio, ov'era rappresentata Io custodita dal vigile Argo centocchi, cui Mercurio porgeva, per distrarlo, invitandolo a suonare, una siringa: e la casa detta « dello scheletro », poiché vi si rinvenne, al secondo j)iano, uno scheletro umano, con a fianco un vaso di bronzo, colmo di monete d'oro e d'argento: uno dei pochi scheletri rinvenuti negli scavi d'Ercolano, che un altro era stato precedentemente trovato in un corridoio del teatro, e qualche altro fu trovato poi, nel 1853, scoprendosi un edificio pubblico verso la spiaggia del mare, probabilmente Yarmcntarium navale di Ercolano, dove stavano i classiarii — soldati di marina romani. Dato come Ercolano fu distrutta e sepolta, non come Pompei, sotto un'improvvisa rovente pioggia di cenere e lapilli, ma sommersa da torrenti di fango bollente, che si riversarono dal monte al mare, si comprende che questa inondazione sia proceduta rapida, sì. ma non tanto che quasi tutti gli abitanti non avessero tempo di porsi in salvo, fuggendo. E' quindi da presumere che le vittime della catastrofe non siano state molte più che queste, di cui si sono finora ritrovati gli scheletri: mentre non è senza significazione, può anzi moralmente ben figurare, nei secoli e nei millenni, l'avarizia punita, quel 10 scheletro mostruosamente agerappato a un vaso di monete, che furono all'uomo più care dellavita, per cui egli, nel vano sforzo di salvare il peculio, perdette miseramen te la vita Gli aitimi scavi dei Borboni Intanto Cario III, succedendo al fratello Ferdinando IV sul trono di Spagna, aveva abdicato il trono di Napoli, in favore del suo terzogenito Ferdinando, che fu Ferdinando IV di Napoli e Sicilia, sottoposto, durante la minore età, fino al 1767, a quel Consiglio di Reggenza che ebbe.a capo il celebre marchese Bernardo Tanucci. E gli scavi di Ercolano continuarono, sempre abbastanza attivamente, ma anche seni pre disordinatamente, senza sistema: più che di scavi veri e propri cioè quali oggi noi li intendiamo, è 11 caso di parlare di scandagli, o di rivolgimenti del terreno, rivolgimenti spesso maldestri e devastatòrii. E parimenti si proseguì in quest'opera, dopoché, il 14 di Gennaio del 1806 il generale Massena, alla testa d'un esercito napoleonico, entrò a Napoli, e v'insediò re il fratello maggiore dell'Imperatore, Giuseppe Bonaparte; e ancora quando, trasferito questi al trono di Spagna — oramai poteva parere acquisito che il trono di Napoli* servisse da trampolino per spiccare il salto a quello di Spagna — Napoleone investì del Regno Gioacchino Murat. Poi, ritornati i Borboni, in base al trattato di Casalanza del 1815, e col trattato di Vienna dell'anno seguente, ristabilito sul trono Ferdinando, che stavolta prese titolo di primo, come re delle Due Sicilie, gli scavi furono sospesi, fino al 1828. Ripresi in quest'anno, e continuati, con certa nuova saggezza di criteri e con unità d'indirizzo, fino al '37, misero in luce, definitivamente, quasi tutta la zona oggi compresa sotto il nome di n scavi nuovi », e in cui si trovano appunto la casa dei papiri, la casa dell'Arso,'la casa dello scheletro. Poi dopo il '37. si procedette negli scavi soltanto per brevi periodi e a lunghi intervalli: nel '5?. in occasione della visita a Napoli dei Principi Imperiali di Russia, quando si scoprì un lararium, o tempietto dei domestici lari, col soffitto ornato di bei dipinti, che andarono poi, non si sa come, distrutti, e si ritrovarono due teste di marmo, di statue rotte, e qualche moneta; e nel Marzo del successivo '53, quando si scoprirono, verso la marina, le vaste sale, che si supposero deWarmentarium navale, con grandi focolari; e nell'Aprile del '55, quando non si ritrovò pressoché nulla. Oresti ultimi, salinari perio di di scavi, sotto i Borboni, giova rono del resto, nell'insieme, a ben poco; mentre, per contro, qualche parte di ciò ch'era stato precedente mente scoperto, fu lasciata nuova mente interrare: e nptrs'o, "non s'im pedi che altre costruzioni vi sorgessero sopra, coll'estendersi dell'abitato di Resina MARIO BASSI. ncnnoonaLalPmclsdgtpnsgdtomMz