La morte per fame attende Sacco se non si ricorrerà all'alimentazione forzata

La morte per fame attende Sacco se non si ricorrerà all'alimentazione forzata La morte per fame attende Sacco se non si ricorrerà all'alimentazione forzata Londra, 13, notte. Gli amici intimi di Sacco e. di Vanzetti — inclusa la moglie del primo — si sono ormai convinti, afferma U corrispondente bostoniano dell' « International News », che l'esecuzione non avverrà più. Questo rincuorante referto è giunto stasera, ma i cablogrammi precedenti, in specie quelli usciti nei giornali del mattino, continuavano a darsi eco di ansiosi dubbi. Nessuno si sentiva certo che i cinque giudici destinati a pronunciare l'ultima parola nell'aula della Suprema Corte statale all'inizio della settimana ventura annulleranno le ripulse inflitte dal giudice Thayer e da'un altro magistrato della cosidetta Corte Su prema alle ultime richieste avanza te dalla Difesa. Per non smarrirsi neil labirinto delle contese giuridiche, si può di re in poche parole che la Corte Su-Erema sarà chiamata ad accordare l revisione del processo. Se essa risponderà affermativamente, Sacco e Vanzetti potranno considerarsi, se non fuori da tutti i guai, salvi però per sempre dal patibolo. Se invece la Corte risponderà negativamente, l'unica risorsa che rimarrà alla Difesa dei due italiani sarà di invo care la clemenza del governatore Fuller, con la. motivazione che cen tinaia di migliaia di buoni cittadi ni di tanti paesi — e anzitutto di America — sono convinti che la legge non può approvare un inaudito calvario di torture morali come quello patito per sette anni dai due condannati, e che questa semplice considerazione dovrebbe bastare a far sì che la pena venisse senz'altro commutata. Quantunque non sia prudente condividere il pieno ed assoluto ottimismo attribuito agli cimici intimi dei due disgraziati, non si riesce a vedere come la Suprema Corte statale del Massachussets, se una invocazione alla clemenza per tale motivo dovesse venire fatta, potrebbe replicare, a quest'ora del giorno, con un rifiuto. I clamori partigiani non hanno impedito alle voci dei ben intenzionati di tutti i paesi di penetrare nella cittadella statale di Boston e il governatore del- Massachussets sa, per esempio, che la stampa inglese si è pronunciata praticamente alla unanimità in favore della grazia oppure della commutazione della pena. I suoi organi più autorevoli hanno separata nettamente la loro responsabilità da quella degli agita, tori di sinistra (anzi le dannose escandescenze di questi ultimi sono state deplorate vibratamente persino da organi che appoggiano il labu rismo), ma l'ondata di reazione e di sentimento a favore dei due infelici rappresenta un fenomeno indubitabile. Il movimento analogo è meno spiccato in America, ma vi esiste innegabilmente, ad onta dei motivi di sdegno che sono aumentati colà verso gli estremisti per la loro folle incontinenza. Così, se un grande organo democratico newyorkese, il World, si è rifiutato di condurre a termine una serie di articoli prò Sacco e Vanzetti, iniziata 'da uno dei suoi più brillanti collaboratori, Heywood Broun, è pur vero che editorialmente il giornale milita per la commutazione della pena.Se si aggiunge a tutto questo l'intensificata campagna per la riforma giudiziaria, a cui il caso Sacco e Vanzetti non poteva a meno di dare un impulso, si stenta a credere che il rinvio dell'esecuzione non debba risultare definitivo, qualunque: piega assumano i criteri della Suprema Corte del Massachussets. La questione, cessato il frastuono degli sfruttatori rossi, e subentrata una certa calma, appare finalmente sciolta dall'arruffio in cui era stata spinta, e si delinea semplice e chiara. Il suo nocciolo oggi è questo: ogni Stato nel mondo può cadere in errore; ma tutti possono ravvedersi, e nessuno può essere barbaro, nemmeno la potente America del dopoguerra. Rimane da notare che la stessa Morning Post oggi assume effettivamente la difesa di Sacco e Vanzetti, basandosi sopra una critica a fondo del sistema giudiziario americano. La tesi è meno umana di quello che sembra: se il sistema in parola non avesse commesse delle lungaggini, Sacco e Vanzetti, colpiti da un verdetto di giurati, sarebbero finiti sulla sedia elettrica poche settimane dopo la condanna, perchè il loro eventuale appello si sarebbe comunque svolto nella stessa atmosfera del processo originario. Ma è sufficiente che in pratica la Morning Post concluda a favore dei due italiani. Sacco è entrato frattanto nella 27.a giornata del suo sciopero della fame. Era stato riferito che l'esaurimento fisico del condannato stava precipitando e che i deliqui erano assai frequenti. Il direttore delle carceri di Charlestown, secondo cablogrammi da Boston, smentisce i deliqui, ma conferma che Sacco è debolissimo, e che si teme un collasso da un momento all'altro. La moglie e gli amici di Sacco sarebbero ora propensi all'alimentazione forzata per salvare il condannato da un suicidio che sembra loro inutile. Qualunque medico è in grado di spiegare come anche il più normale individuo, dopo 27 giorni di completa astinenza dal cibo, si trovi sull'orlo della fine anche se non sia assillato da perturbamenti psicologici come quelli a cui è esposto un condannato a morte. Sembra quindi ragionevole calcolare che, se Sacco non ricomincierà a nutrirsi nei prossimi giorni, la sua morte seguirà ineluttabile allo scadere della settimana prossima, o poco più tardi. Vanzetti continua ad alimentarsi e, secondo i corrispondenti, è di buonissimo umore essendo certo che il peggio è passato. M. P.

Luoghi citati: America, Boston, Londra, Massachussets