Il bandito Pollastro non è morto

Il bandito Pollastro non è morto Il bandito Pollastro non è morto Il suo clamoroso arresto a Parigi Come il sepolto di Nuits-sous-Ravières venne trovato vivo dalla Polizia francese in un vagone della ferrovia sotterranea di Parigi •- La drammatica colluttazione con gli ispettori di Polizia - Sulle traccia dell'intera banda: due arresti a Bruxelles Chi è il morto 1 •• 30 furti ed 8 omicidi contestati al brigante. Parigi, 12, notte. Il bandito Sante Pollastro, che si credeva morto sin dal dicembre dello scorso anno, era invece in ottima salute e risiedeva tranquillamente a Parigi. Prima di riferire in quali circostanze egli sia finalmente caduto nelle mani degli agenti della Surèts Generale ricordiamo brevemente i fatti che hanno condotto al suo drammatico arresto. Gli sventratori di casseforti Numerosi furti venivano commessi da tre anni a Parigi ed in provincia da una banda di svenu-atori di casseforti che, con grande maestria, tagliavano le pareti di quei mobili servendosi di seghe circolari e di grandi trapani. La polizia giudiziaria fece numerose inchieste dalie quali risulto che la maggior parte degli ordigni che servivano ai malfattori a perpetrare : loro scassi provenivano dall'Italia. Una trentina di indivìdui poterono essera arrestati in epoche diverse. Però, malgrado questi arresti, la serie dei furti continuava. Con ragione si presunse che ci si doveva trovare in presenza di parecchie bande che dipendevano da uno stesso capo, e che si ricostruivano non appena disciolte, in seguito al l'urto nella gioielleria Rubai, nell'Avenue dell'Opera, furto commesso nella notte dal 23 al 2-4 dicembre 1925 (i malfattori riuscirono ad impadronirsi di 800 mila franchi di oro e platino) la polizia giudiziaria coadiuvata dal servizio antropometrico riuscì al identificare il capo della banda nell'italiano Sante Pollastro. Era questi che organizzava tutte le spedizioni, procurava gli arnesi necessari all'apertura delle casseforti e quando la polizia faceva delle retate tra i suoi accoliti reclutava nuovi membri e ricomponeva le squadre Malgrado tutte le ricerche, sembrava però impossibile riuscire ad impadronirsi del terribile bandito, il quale riusciva sempre a scomparire in tempo. Dopo il furto alla gioielleria Rubel, la polizia francese apprese che il Pollastro era tornato in Italia. Colà il bandito non tardò a fare parlare di sè per le sanguinose gesta che tutti ricordano. il cadavere male Identificato La polizia francese si pose in rapporto colla polizia italiana, e le ricerche continuarono di comune accordo. Intanto, mentre quasi ogni giorno i giornali si facevano eco degli allarmi delle due polizie durante la caccia al Pollastro, il 6 dicembre 1926 due uomini erano sorpresi mentre varcavano la frontiera italiana a Ventimiglia, sui cuscinetti di un vagone. Tre carabinieri, che lì interpellarono, non ottennero per risposta che una salve dicolpi di arma da fuoco. Un carabiniere venne ucciso, ma il treno, che era già in movimento, continuò la sua corsa portando seco gli assassini. Tra Digione e Les Laumes ;Alasia) uno dei banditi fu trovato ITI dicembre 1926 in uno scompartimento di terza ciasse, ed al controllore che gli chiedeva il biglietto, rispose : « E' il mio camerata, che dorme nell'altro compartimento, che ha il biglietto. Vado a domandarglielo ». Ma l'individuo, che portava una pantofola ad un piede ed all'altro uno stivale, non ricomparve. Il controllore fece fermare il treno in prossimità della stazione di Nuitsbous-Ravières, e si scopri allora il viaggiatore a cavalcioni sul cuscinetto dell'ultimo vagone. Quando il treno si fermò, egli se la diede a gambe, proteggendosi la ritirata a rivoltellate. L'allarme venne dato e fu organizzato un attivo servizio di ricerche. L'indomani all'alba, i gendarmi scorsero un individuo, affranto dalla fatica, nascósto dietro un pagliaio. Egli apri il fuoco contro i gendarmi senza colpirli, sinché vistasi preclusa ogni \ia di scampo, si sparò due rivoltellate: una al campo ,l'altra al torace. Raccolto agonizzante, venne trasportato all'ospedale di Ancy-le-Franc, che dista 8 chilometri dal luogo dove era avvenuto il conflitto, e qui cessò di vivere la sera del 13 dicembre. L'atto di n-.orte venne dapprima redatto al nome di Massari, poiché da alcuni segni e da fotografie pubblicate dai giornali si era credulo trattarsi del famigerato complice del Pollastro. Essendo poi sorti dubbi sulla vera identità del morto, ed essendosi affacciata l'ipotesi che si trattasse in vece di Sante Pollastro venne inviato sul posto il maresciallo dei carabinieri Arturo Antro, in compagnia di mi altro milite dell'arma, che conosceva la lingua francese L'AnU-o, messo alla presenza del cadavere dello sconosciuto, credette di riconoscere il Poi lastro, che conosceva perfettamente e di cui aveva addosso una fotografia abbastanza recente. Egli basò soprat tutto il suo riconoscimento sul fatto di avere riscontrato nella mascella superiore del cadavere due denti incisivi, uno a cavallo dell'altro, ed il lobo dell'orecchio destro completamente aderente alla gota. Dopo un'affermazione cosi precisa, parve non esservi pii- alcun dubbio che si trattasse veramente del Pollastro; la salma venne tumulata nel cimitero di Ancy-le-Franc e del famigerato bandito non si parlò più. Egli venne considerato come morto, e le ricerche vennero interrotte. Arrestato nel corridoio del «mètro» L'arresto odierno è avvenuto nelle circostanze seguenti. In uno dei coruidoi della stazione metropolitana di vmec i a a e a o e i Piazza della Nazione, i viaggiatori scesi da uno dei treni videro improvvisamente tre uomini lanciarsi bruscamente su di un passeggero, che era pure sceso in quel momento. I tre, quasi senza pronunziare parola, si erano precipitati sull'individuo, cercando di ridurlo all'impotenza. La lotta divenne subito furiosa e feroce poiché l'individuo in questione, dotato di una forza non comune, si dibatteva come un forsennato. I quattro avevano il volto contratto da uno sforzo supremo. La maggior parte dei passanti, spaventati, si allontanarono in fretta poiché avevano l'impressione che dovesse succedere qualche cosa di grave. Da una delle mani dell'uomo assalito cadeva a terra una rivoltella, sotto l'irresistibile pressione di un pugno ferreo L'individuo potè essere allora ridotto all'impotenza, venne rapidamente : rapportato sulla piazza e caricato su di un'automobile. Egli tentò Invano di far ammutinare le persone che, una volta terminata la lotta, si erano a lui n'avvicinate. «La polizia!» dissero gli aggressori. E questa volta la folla comprendendo di che sì trattava, si guardò bene dal complicare il compito di coloro che, a prezzo della loro vita, avevano operato una pericolosa cattura. L'atleta sorpreso da tre uomini non meno allenati alia lotta, e che per poco non riuscì a servirsi della rivoltella 'malgrado la rapidità della cattura era riuscito ad estrarla di tasca) era un... morto, cioè il famigerato Sante Pollastro, di cui la polizia francese ed italiana aveva creduto di identificare 11 cadavere il 13 dicembre scorso ad Ancy-le-Franc, nel Yonne. Gli ispettori di polizia Vouillot Schlogers e Poulain. della brigata speciale della polizia giudiziaria, si re cavano par servizio nel quartiere dì Charonne quando per caso, in un vagone della ferrovia sotterranea, la loro attenzione fu attirata da un Individuo che rassomigliava, in modo strano a Sante Pollastro. Uno dei poliziotti aveva indosso la fotografìa del bandito. Un discreto confronto tra l'immagi ne e l'uomo non lasciò il menomo dubbio agli ispettori, i quali decìsero di scendere alla stessa stazione In cui sarebbe sceso l'individuo, e di arre stai-Io subito ad ogni costo. E così avvenne. L'ispettore Dehlogers, un agente di statura erculea, afferrò attraverso il corpo il bandito mentre gli .altri due agenti gli Immobilizzavano le braccia e le gambe. La lotta fu, come abbiamo detto, accanita e dura, e si prolungò per una decina di minuti. Infine gli agenti riuscirono a mettere le manette ai Pollastro. Il bandito era armato d'una rivoltella carica con sette pallottole. Accompagnato olla polizia giudiziaria, il Pollastro dichiarò che egli si chiamava Giordano Bruno Radetich, nato a Trieste il 13 aprile 1903, ma in presenza Iella sua fotografìa e di testimonianze formali, fini per confessare di essere realmente Sante Pollastro. Interrogato dal commissario Guillaume il Pollastro disse di avere sentito parlare dei numerosi furti imputali a lui ed ai suoi compagni, ma dichiarò di non aver fatto che assistere al furti della gioielleria RubeL, della distilleria di Pantin, dello stabilimento Ferrari in piazza dell'Opera e delle acciaierie di Longwy ad Aubervilliers. Egli riconobbe pure di avere partecipato al furto commesso il 14 novembre 1926 in una gioielleria di Milano, ma disse di essere innocente per quello che riguarda l'assassinio del gioielliere ed il tentativo di omicidio del portiere delia gioielleria stessa. Il bandito ha rifiutato di indicare il suo domicìlio, nonché di fare conoscere i nomi dei suoi complici. Prima di farlo rinclxiudere nella prigione della Sante, il commissario Guillaume gli ha dato lettura del mandato di cattura della Magistratura italiana, che lo accusa di numerosi furti e di 8 assassini ed omicidi commessi in Italia; nonché di altro mandato di cattura emesso dall'autorità giudiziaria di Parigi imputantegli una trentina di furti con scasso, commessi tanto nella capitale che in provincia. 2 complici acciuffati In seguito all'arresto del Pollastro, la polizia giudiziaria ha raccolto preziose informazioni che l'hanno messa sulla pista di altri membri della banda. Gli ispettori Vouillot e Dehlogers sono stato inviati nel Belgio, dove hanno proceduto a Liegi all'arresto di un complice del Pollastro, che si qualificò successivamente per Giulio Coccari e auindi per Luigi Bimbo, ma che in realtà potè essere identificato in modo non dubbio per tale Giulio Peotta, nato a Vicenza l'8 maggio 1901, e ricercato dalla polizia italiana per gli stessi delitti di cui deve rispondere il Pollastro. Il Peotta, al momento dell'arresto, era accompagnato da un suo compatriota, che la polizia di Liegi ha pure arrestato ritenendolo un complice della banda. Interrogato, costui ha detto di essere Giuseppe Laudi, nato a Salerno il 13 giugno 1899. Egli avrebbe attualmente domicilio a Milano. Entrambi erano armati di una Browning di calibro mm. 7,65 con caricatore guarnito di sette proiettili e con l'ottavo proiettile nella canna, pronto ad essere sparato. I due sarauno condotti a Parigi. Le indagini continuano poiché ormai sembra che la polizia sia sulle traccie di tutti i componenti della famigerata banda, vTddlciadrnmdngpncmdrlbsgtuMvesllamrqpccutcrfdddss a d i i e a La sorella sapeva? E' interessante qui ricordare l'intervista che il nostro redattore Giuseppe Tonelli ebbe a Novi, dopo la notizia della tragica fine del famigerato bandito a Nuit sous Ravieres, colla sorella di Sante Pollastro e con Girardengo che aveva avuto occasione di vedere il Pollastro durante una « notturna » al Velodromo di Buffalo il 24 settembre del 1926. Tipica è la frase colla quale la sorella del Pollastro — una giovane donna dai capelli nerissimi tagliati da maschio, dagli occhi neri, vivi, ma dolci, accoglieva il 17 dicembre 1926 il nostro « inviato ». — Lei è la sorella di — interrogava il nostro redattore. — Sì, sono sua sorella. Ho appreso poco fa dai giornali la sua morte, ma non è lui. Un presentimento mi dice che non è lui, non può essere lui. La frase pronunciata forse incautamente, era seguita ria una vampata di fuoco sul volto grazioso della sorella del bandito, e da un tremito delle belle labbra carnose, rosse... L'intervista continua. La sorella del bandito ricorda la vita della povera sua famiglia priva, del padre morto giovane. Lui, che avevano voluto battezzare Santo, lei, la vecchia madre, e una sorellastra che avevano preso alla Maternità. Santo, che non aveva mai voluto andare a scuola, a nove anni, entrò garzone da un impresario co- ■ struttore. Lavorava — ricorda la sorella — portava a casa tutte le settimane la sua paga che serviva a farci tirare avanti... — Durante la sua infanzia Santo non manifestò mai degli istinti malvagi? — Mai — rispondeva ancora la sorella; — la nostra vita trascorse tranquilla fino a quando mio fratello compì 17 anni. E poi? .Rubò tre bottiglie di vino. Venne condannato a tre anni di detenzione che scontò, data la sua minore età, in una casa di correzione a Forlì. Scontata la pena ritornò a casa. Venne chiamata la sua classe. Vi era la guerra. Fu assegnato al 42.o Reggimento fanteria, ma un bel giorno ce lo vedemmo ricomparire a casa in borghese. « Non avevano abiti da danni », ci disse, « ed io sono ritornato a casa ». Un soldato in borghese non ò un soldato. Rimase con noi sedici giorni. Poi vennero i carabinieri a cercarlo, e fu arrestato per diserzione. Eravamo, come vi dissi, in tempo di guerra: fu condannato alla fucilazione nella schiena, pena che in seguito venne commutata in 16 anni di reclusione. Fece domanda d'andare al fronte. Fu mandato sull'Isonzo tra i lanclabombe. Per sei mesi non avemmo sue notizie. — Come si comportò al fronte? — chiedeva ancora il nostro Tonelli. — Pare bene, poiché ebbimo notrzie in seguito che aveva ottenuto una dichiarazione di buona condotta. Un giorno apprendemmo da un suo compagno che era stato ricoverato in un ospedalet.to da campo con sintomi di pazzia. Venne passato all'Ospedale militare di Reggio Emilia, dove rimase qualche mese in osservazione; poi fu ancora mandalo a Coli-ermo, dove rimase 14 mesi. Un bel giorno ci capitò a casa. Non era 6tato dimesso dall'ospedale: se n'era venuto via luì, di sua iniziativa. Non fu più cercato. Il suo carattere già chiuso, 6'incupì ancora più. Scambiava rare parole con noi. Andava e veniva senza darci alcuna spiegazione. Per noi di casa aveva sempre il massimo rispetto, specialmente per mia madre, che egli amava molto. Poi trovò lavoro. Scaricava del grano dai treni per conto di un'impresa. Era molto forte: Der scommessa un giorno si caricò due quintali sulle spalle. « In quell'epoca che rimase a casa, forse un anno, io conobbi un suo amico, un certo Comollo. del quale ero molto innamorata. I genitori di lui si opposero sempre al nostro matrimonio, ma io l'amavo e fui sua. Ebbi da questa unione due bambini che oggi hanno rispettivamente 7 e 5 anni. — Eravate molto giovane? — Oggi ho 24 anni, ed ho già passato tanti dispiaceri... La testina bruna s'abbassa un istante — ricorda il nostro redattore — un singhiozzo represso. Poi d'improvviso s'alza con un moto energico. I capelli nerissimi, corti, sono rigettati violentemente all'indietro. La sorella del bandito continua: € in quell'epoca accadde il fattaccio di Tortona, in cui si fece il nome di mio fratello come di uno degli assassini del Casalegno, cassiere della Banca Agricola di Tortona. La sera dal 19 novembre del 1922, quando già era scesa la notte — potevano essere le 19 — il maresciallo dei carabinieri Lupano, con alcuni militi, chiamo mio fratello dalla strada. Santo non c'era. Era con me il Comollo, che sentendo chiamare, aprì le Imposte per vedere chi c'era. Udii un colpo di moschetto, poi un grido straziante, dopo il silenzio. Avevano ucciso il padre delle mie creature, scambiandolo per mio fratello ». « Dissero allora che il Comollo, appena visti i carabinieri, tentasse di gettarsi dalla finestra per fuggire. Dalla finestra evidentemente cadde, ma io credo che fosse già stato colpito dal colpo di moschetto. Poco dopo rincasò Sanie.- tornava dal parrucchiere. Lo avvertii che i carabinieri lo cercavano: fece un fagotto della sua roba, mi baciò e mi disse « io scappo, non tornerò forse più. Bacia nostra madre ». Si avviò verso la porta, poi ritornò e mi disse ancora, concitato:1 « non far vedere le mie fotografìe a nessuno ». Poi fuggi. Non voleva andar via da casa per mia madre che adorava; la poveretta è morta qualche mese fa di crepacuore. • Da quel giorno non l'ho più rivinto e nessuna notizia di lui ci pervenne -' era il 19 novembre del 1922. Nello stesso mese di, novembre, un giorno nel meriggio, il maresciallo Lupano vaniva ucciso nelT. Osteria della «alme • a Teglia, da un colpo di rivoltella. Questa intervista avveniva dopo i tragici fatti di Ventimiglia del novembre del 1926, durante ì quali trovarono la morte 11 milite nazionale Gavarlno, U vice-brigadiere Somaschini ed •■ caraWnieri Gerbi e Brondolo. La banda Pollastro aveva seminato la morte nella ridente cittadina di confine, senza lasciar traccie di sè... Qualche giorno dopo avveniva la tragica fine del bandito di Nuit soue Raviéròe che si cndetie erronemente il Per Vistro.