Esistono le basi per un accordo internazionale monetario

Esistono le basi per un accordo internazionale monetario Esistono le basi per un accordo internazionale monetario Proprio contemporaneamente a noi, il prof. Cassel — consulente tecnico della Banca di Svezia — si è occupato del rialzo nel prezzò dell'oro, pur non mettendolo in relazione alle conversazioni di New York. Le càuse del rialzo attualo enunciate dall'illustre scienziato svedese sono naturalmente le stesse qui esposte lo scorso venerdì. Per di piùegli osserva che data la necessita,risultante dall'esperienza, di un incremento medie annuo del 3 per cento nello stock monetario aureo mondiale, fra una diecina di anni le miniere non saranno più in grado di far fronte alla domanda, sicché l'incapacità dell'oro a soddisfare alla sua funzione di metro dei valori apparirà con tutta l'evidenza. Di qui la necessità di controllare il fenomeno: il che può farsi o regolando la produzione (offerta) del metallo giallo; o sorvegliandone la domanda sul mercato monetario; od esercitando un'influenza sul consumo generale' di tale prodotto, sia come moneta, sia nei suoi usi industriali. Le prime due vie sono generalmente ritenute più semplici. Il prof. Lehfoklt, insegnante all' Università di Johannesburg!! nel Transvaal, propone di attenersi alla prima, in un limpido opuscolo, a cui dà rilievo una breve prefazione del dottor Scliaclit. il presidente della Reiclisbank. Il prof. Lehfeldt, in succinto, propugna un monopolio in ternazionale basato sulla coopera zione amichevole degli Stati produt tori di oro, il quale si proporrebbe di regolare la escavazione del metallo nell'interesse del mondo, in guisa da mantenerne il prezzo ad un livello predeterminato. Per dimostrare l'utilità della proposta, lo scrittore osserva che l'Inghilterra, ad esempioha oggi un debito pubblico di 7,7 mi liardi di sterline (ossia in oro), sicché un semplice rialzo dell'I % ne" prezzo del metallo accresce il peso del debito di 77 milioni di sterline, equivalenti all'intero valore di tutta l'escavazione annua de! TransvaalSenza entrare a fondo nel merito e nei particolari della proposta praticamente difficilissima, eufemismo questo per non dire impossibile, mi sembra utile premettere una oss vazione di portata assai più larga e che è troppo spesso dimenticata anche da economisti che vanno per la maggiore. E' proprio un bene che il livello generale dei prezzi rimanga inalterato? No, evidentemente. Gli sforzi odierni per la « razionalizzazione », ad esempio, applicati in ogni campo de.la produzione e dello scambio, mirano a ridurre tutti i costi e quindi i prezzi Ora sarebbe forse logico che. vedendo il numero-indice generale dei prezzi discendere in conseguenza di quei progressi, immediatamente si allargasse la circolazione monetaria in guisa da svalutare la moneta e ricondurre così i prezzi al livello primitivo, per tenere quello inalterato? Chiunque evidentemente giudicherebbe mera pazzia una simile politica; la quale, fra l'altro, porterebbe al disordine perchè le oscillazioni nel valore monetario non producono contemporaneamente lo stesso effetto su tutti i prezzi, sicché ne deriverebbe una continua ed arbitraria redistribuzione delle ricchezze. Le grandi oscillazioni dei prezzi variano per cause inerenti alla domanda e all'offerta dei prodotti-basr (grani, combustibili, ferro, materie fessili, ecc.), per scoperte, per forti perfezionamenti nei mezzi di trasporto, ecc.; il valore dell'oro deve adeguarsi esso pure a questi movimenti, che in definitiva sono utili. F del resto la stessa frase «valore dell'oro», ft relativa. Il valore dell'oro è dato dal suo costo di produzione; il quale fi quello che è. dato il Micelio dei prezzi correnti Se questi mutano, è utile che muti anche il valore dell'ero, a meno di ostacolare un progresso, di imnedire un movimento di salar!, nii aumento di consumi e così dicendo.Ne concludiamo ehi» la frase « essere desideTibile la f1."'tfi nel valore della moneta » b esatta in senso relativo soltanto. Essa cioè vn intr nel ~ppsn che sino a qiinndn le difflrollò dì ■produzione e i rapporti di distribuzione ' i hrni restano avelli rhe snnn in un determinato neriodn t: un trran bene che la moneta internazionale conservi il proprio valore immutato. Perchè ngpi nlteraziope considerevole di esso reca danni all'nrd'nrimp'ifn produttivo, alla distribuzione inlernazionale de' lavoro, nll'enm'librin denrli scambi interstatali, alla riparazione delle ricchezze. *"* Rimesso cosi in carreggiata il problema, viene chiarito altresì il motivo per il quale i banchieri raccolti a New York hanno limitato il loro studio, per contenerlo dentro i limiti della praticità, al fenomeno contingente di evitare, per quanto possibile, quelle brusche oscillazioni di cambi — e per conseguenza di prezzi — che, nell'attuale equilibrio produttivo possono venire provocate dalla mancanza di direzione e di unità di movimenti da parte dei grandi istituti che detengono una massa cospicua dell'oro monetato. E' chiaro difatti che, senza toccare al fatto industriale della produzione aurifera, è sempre possibile evitare forti movimenti di prezzi dell'oro monetato da un paese al'altro, distribuendo e regolando saviamente il credito bancario. I prezzi delle cose e dei servizi dipendono dalla moneta, la ouale si divide in metallica, cartacea e bancaria (crediti nelle loro varie forme): è naturale quindi che i movimenti in un certo senso della moneta metallica possono venire controbilanciati da movimenti in senso opposto nella moneta bancaria, in guisa da mantenere inalterato i1 valore complessivo di tut'n la moneta e quindi an«••he i cambi e i prezzi* Già prima della lineria ciò si usava largamente Tutti i fini accorgimenti adottati fra l'India. l'Inghilterra e gli Stati del Continente europeo por permettere olla prima di vendere latamente apli ultimi senza cn<=}rititrerp mjeati a continue esporfnzionl di oro verso l'Asia, costituivano un esempio classici d"l genere, e si concretavano in yn Cj. sterna di aperti,re di « credito confermato » fatte dalle banche inule, si. Ogni movimento di oro dacrli Stati Uniti verso l'Inghilterra nell'estate, e rìnll'ìnehilferrn verso gli Stati Uniti nell'autunno, era slato risparmiato da accordi bancari fra gli istituti dei due paesi. Allo scoppio della guerra nel 1914. l'ingente esportazione di oro du No\v York verso Londra, resa necessaria dal fatto che in cinque giorni il cambio dell'America in sterline era balzato da 4,fc6 a 7 dollari per sterlina, venne,completamente evitata mediante accordi con le banche del Canada. Si tratta perciò ora di perfezionare questi accordi, estendendoli agli istituti di emissione, rendendoli continuativi, creando un grande organo centrale internazionale di comunicazioni, di studi, di previsioni, che serva da « stanza di compensazione » tra debiti e crediti dei vari Stati, riducendo al minimo il movimento effettivo di metallo. Io credo alla possibilità di questo, ma entro stretti limiti. Innanzi tutto, una regolamentazione del credito presuppone una condizione minima: che gli Stati concordatari lascino libera la circolazione, importazione ed esportazione dei capitali. La Francia, ad esempio, sinora tiene vincolato questo movimento. Si annuncia adesso che il sig. Poincaré sta per emanare un decreto che restituisce una certa libertà ai privati in questa materia. Il fatto che la notizia ha seguito le conversazioni di New York rende legittima la supposizione che fra i due avvenimenti passi un rapporto causaleLa seconda condizione è che le monete dei singoli paesi non si trovino nel periodo di rapide alterazioni. Fino a quando ciò non si verifica, è diffìcile che l'istituto di emissione dello. Stato a moneta buona faccia aperture di credito a quello con moneta non stabile se non sulla base di un prezzo in oro. Ed è diffìcile che l'istituto del paese a moneta instabile rinunzi alla possibilità di approfittare della speculazione e delle proprie alterazioni monetarie per acquistare oro al minimo prezzo: l'esempio della Francia informi. Per di più, i prezzi di una nazione a mo neta ancora instabile subiscono oscillazioni più rapide, vigoroso di quelle delle nazioni già ritornate all'oro e spesso i prezzi di essa si alterano per cause interne, mentre quelli degli altri Stati rimangono inalterati. F allora quale azione comune del credito diventa utile e possibile? Quando poi la stabilizzazione è decisa ad un saggio determinato, si prepara e si svolge la crisi generale di adattamento dell'organismo produttivo, dei suoi costi," dei suoi patrimoni, de suoi rapporti di debito e «redito, ecc.. intorno alle nuove condizioni. La bilancia dei pagamenti con l'estero si altera. La finanzr interna si modifica. Si può manifestare la necessità di larghe introduzioni di capitale estero. In queste condizioni di trasformazione in corso, quale è l'influenza che il paese che la subisce può esercitare sulla stabilizzazione internazionale dei prezzi attraverso ad anticipazioni di crediti, di restrizioni di circolazione, di movimento di capitali? La sua circolazione bancaria resta troppo subordinata alle necessità interne di quel duro periodo di transizione perchè possa sentire in pieno i bisogni internazionali e subordinarsi ad essi. L'argomento è vastissimo, e accenno ancora un punto. Il signor Francois-Marsal, banchiere ed ex-ministro delle Finanze di Francia, ha scritto proprio di questi giorni un libro interessante e riccamente documentato sui debiti interalleati (Les dettes interatliées - Paris, La Renaissance du livre). E' in esso, fra le .olte altre, una osservazione acuta. Gli Stati Uniti, come è noto, non hanno mai voluto saperne di firmare una clausola che ammetta un nesso, un parallelismo fra i crediti degli Alleati sulla Germania ed i debiti degli Alleati stessi fra di loro. Un americano. Dawes, ha escogitato il p'ano secondo il quale lo Germania papa oggi le proprie indennità fondamentalmente con prodotti e servizi ed in minima parte con valute. Viceversa gli Stati Uniti esigono i pagamenti da parte degli Alleali in ispecie, in dollari e non ne vogliono sapere di merci che farebbero concorrenza al1p proprie, o li costringerebbero a cercare per esse un collocamento su mercati neutri, dove vogliono vendere prodotti americani. Sino ad ora ^'inconveniente non è molto sensibile perchè la Francia non paga e le somme versate dall'Inghilterra e dall'Italia sono ancora relativamente esigue. Ma il giorno che i rimborsi fossero in pieno sviluppo e che anche la Francia pagasse, a quale livello dovrebbero mantenersi i prezzi mediante gli accordi creditizi internazionali fra gli istituti di emissione americani ed europei? Al punto che interessa gli Stati Uniti, o a quello che è necessario agli Alleati per reggere ai pagamenti? Troppe nubi, troppe divergenze di situazione, troppe differenze di ricchezza oggi separano le varie parti del inondo, perchè l'ideale di un accordo internazionale per evitare o rallentare gli scarti dei prezzi e le crisi che ne derivano si possa tradurre in una realtà. Nell'interno di un paese l'accordo serio e duraturo fra le classi sociali ha pochp possibilità di riuscita, se la distribuzione dell" ricchezze e troppo profondamente diversa. Cosi, fra una famiglia di Stati, la povertà degli uni e la troppa ricchezza degli altri, specie se acquistala solo per causa di guerra, crea diver genze morali e di interessi tali, che anche un minimo di accordi diventa diffìcile. Fra pochi anni i nodi da scioglie nel mondo minacciano di divenire Iroppo numerosi e complicati, se le plutocrazie internazionali non mostreranno sufficiente intelligenza per coinpiere il bel gesln di una revisio ne generale dellp rispettive posizioni ATTILIO CAS IATI. zcmbstmclctlmssmgomcsIcstsnrddrmalzsupsrPipmrrdrlniecpbsSLtdadcGsuAVlvccMargQcnaCgddSltladBldml7

Persone citate: Cassel, Dawes, Francois, Marsal, Poincaré