La Romagna di Beltramelli

La Romagna di Beltramelli La Romagna di Beltramelli JFu Renato Serra, negli Scritti critici, a chiamare irreale e apocalittica la Romagna di Beltramelli: una specie di West romantico, e di prateria americana, popolata dagli eroi di Fenimore Cooper e di Gustavo Aimard; quasi una terra orgiastica e pagana, colorata di miti e di allegorie dall'orgoglio d'una fantasia chiassosa e pittoresca. Accanto al giusto, l'esagerazione è evidente. Troppo poco linda e pacifica era la prosa di Antonio Beltramelli per soddisfare pienamente l'ombrosità e la morbida sensibilità di Serra, la cui ammirazione si manifestava assai più fervida per la Romagna clorotica e sentenziosa di Pancini, o per quell'altra rodenbachiana di Moretti. Pel suo gusto un po' timido e raccolto, per la natura umanistica dei suoi studi, il romanticismo violento e sfarzoso dei Primogeniti, d'Anna Perenna, e degli Uomini rossi dovea fargli appunto l'effetto, piuttosto ambiguo, di qualche scenario coreografico e primitivo, dove tutto era scomposto ed eccessivo: colori, parole, immagini, ed argomenti. Il fervore un po' grossolano del lirico, la maniera tutta poetica d'intendere l'umanità, e di tradurla quasi con mezzi e toni dionisiaci, le portentose trasfigurazioni delle cose più serene in fosche e sanguigne, certo modo simbolico da padre evangelico, erano tutte cose fatte apposta per mettere in allarmi e in armi Serra; e trascinarlo a negare la verità della Romagna di Beltramelli. Gli è che Renato Serra, pur nato a Cesena, era il critico meno adatto, per bemperamento e per letture, a intendere sia la pacatezza che la turbolenza degli scrittori romagnoli, tanto che b' avventurò sino a credere romagnolo il quietismo di Panzini E' facile capire come gli sfuggisse il senso più nativo ch'è nella prosa di Beltramelli, mentre nulla gli è scappato dall'analisi minuziosa di quanto c'è di ornativo, di prezioso, di astratto, d'irregolare nel vocabolario beltramelliano. La vena fantastica, e perciò poetica, ch'è nel carattere di ogni romagnolo, scoppia in lui in tuoni e fulmini, accende ogni panorama di girandole, si scaglia sino allo sproloquio/ b'inturgida e s'infosca, si chiazza di romanticume ancien regine; ma ciò non toglie ch'essa non sia nativa e sincera. E', se vogliamo, d'una, esuberanza catastrofica; non conosce nè limiti ne misure, è in fioccata e pomposa; ora provinciale e ora inurbata ; ma è proprio cotesto modo di picchiare pugni alle stelle, di andare a zonzo con la chitarra, come se sempre fosse giorno di festa, di concionare con giri di frase che hanno l'aria di aggiungere altri versetti alla Bibbia, il segno più tipico della sua razza. Sarà una Romagna "ad 'aita tensione, ma è sempre Romagna. Magari, non è la mia, collinosa e silente, che già respira l'aria della Toscana; e dove l'uomo è più taciturno, e come indolito. Eppure, se scendo dalla mia montagna; e vado verso il mare e verso la pineta, tra Forlì, Ravenna, Cervia, e Bellaria; e guardo nascere, come da miraggi, le torri quadrate delle città millenarie; e vivo nell'amaro silenzio della landa o nell'urlìo festaiolo dei mercati; e ascolto il dialetto fosco, che pare nasca da una profonda musica sincopata; io sento vera la sostanza di cotest'arte, che par sbocciata, per intemperanza e per turgidorè, sotto cieK tropicalpfcofnMmdstqmqdnddmciprdgrspadumstprnPiuttosto, s'è necessario veder chiaro in Beltramelli per gustarlo e accettarlo, bisogna, credo, superare il preconcetto serriano della maggiore o minore verità sostanziale e umana di cotesto scrittore; girare al largo dallo stile, il cui punto di partenza è prettamente dannunziano; assuefarsi alla salvatica sua furia; e a poco a poco, di frase in frase, scoprire la scontrosa dolcezza del poeta. Ma più che cercarla nei veri e propri versi, (1 canti di Faunus, Solicchio), dei quali sarebbe facile sottolineare le strutture ritmiche e fantastiche del più retorico D'Annunzio, bisogna inseguirlo nella sua gioia, in certe balenanti figure di fanciulle, in cert'altre di bimbi, in certe pitture d'occhi, in certe ruvide scheggie di paese, in un certo stupore panico dinanzi a stelle e a nubi , Perchè, più egli tenta di chiarirsi, di apnjrofondirsi, più diventa'torbido e approssimativo. Più cerca la propria essenza spirituale, più disperata e illanguidita si fa l'espressione stilistica. Bisogna lasciarlo galoppare quasi alla cieca, come un rapsodo veggente, come un cantastorie le cui belle favole sanno di grazia selvaggia, come un romantico guerriero batEagliante per gli occhi di qualche Madonna. Nor. chiedetegli di più. Cioè, io trovo Beltramelli proprio là, ove Serra lo nega. Fuori dalla Romagna, il suo istinto si frantuma sempre più, si scolorisce, si discioglie. Non è più calma creatrice, e non è nemmeno frase arpeggiata. E' qualcosa che procede a scatti e a salti mortali; che si complica e si ricrea entro il periodo; che rotola sino all'astrazione e sino alla metafora. Infatti, ce ne accorgemmo senza fatica quando Beltramelli si scapricciò, con Fior d'uliva, lungo i marciapiedi di Parigi e nei restaurants di Montmartre; e sostituì alla zampogna pastorizia la musica dei tzigani. Fu davvero una farandola di lirismo fatturato; una bravura inverosimile, cigolante e traballante tra civetterie e galanterie d'Aria del continente; un tripudio tutto parolaio e una nostalgia piena zeppa di aggettivi tipo Da Verona. Insomma, si sentiva l'uomo che vedeva Parigi attraverso la hall degli alberghi di via Veneto. Beltramelli io lo cerco sempre al qqdqndcstdsimnlhttlgzvpsgsV rove: negli Uomini rossi, nel Cavter Mostardo, nell'Alterna vicenda, in questo nuovo romanzo II passoell'ignota (1). Superate le raritàreziose del linguaggio (salcigno, rigno, aggricciare, sbisciare, ecc.), proprie alla poesia stronca, e assuefatto l'orecchio all'enorme sonagliera che pare riempia di fragori immani ogni pagina, si comprenderà che il fascino di Beltramelli sta appunto nell'improvviso sboccio della liricità. Ma non si può distaccare il Beltramelli poeta dal Beltramelli amoroso di luoghi comuni e d'espressioni pesantemente letterarie, il lirico istintivo dall'adornatore frigido. Sono, questi, d'una stessa sensazione due momenti ; dello stesso scrittore due qualità e due imperativi categorici della natura: uno positivo e l'altro negativo, ma necessari alla nascita dell'arte, comunque la si voglia giudicare. E' naturale che il primo momento, cioè positivo, si abbia più facilmente nel Beltramelli romagnolo, in certe visioni di donne e di campagne. A volere essere pedanti, il romanticismo campestre delle nove'le di Beltramelli si ritroverebbe in "Verga e in D'Annunzio, nelle Novelle, rusticane e nelle Novelle della Pescara; ma tale scoperta non ha importanza, poiché Beltramelli lo rifa a- modo suo ; se cammina per strade d'altri, egli dà alle cose d'intorno una significazione personale, un ritmo spirituale tutto suo. Anche l'esperienza dello stile è troppo infantile per essere quella d'un epigono ; piuttosto è quella d'un poeta, ch'è rimasto sempre fanciullo, perciò innocente e poco malizioso. Ma, se nell'opera precedente, della quale ho tratteggiato i significati più qualitativi, il poeta nasce proprio dal tumulto del narratore, e questi quindi pecca di costruzione (quante novelle sembrano pretesti di poetiche descrizioni !) ; nel Passo dell'ignota, cotesto commento lirico si fa meno soggettivo, meno appariscente e non trasfigurato da un'abbondanza di se ducente egocentrismo, frusto quanto si voglia, ma reso ancor vivo da una ingenua felicità canora; ma perciò meglio l'opera narrativa nasce autonoma e delineata. Cioè, mi pare, è l'opera, sopra cui il letterato meno ha insistito, e l'artista più ha badato alla cronaca e al vivo delle cose e degli avvenimenti. Ne viene fuori un fascino strano e nuovo, poiché, abituati come s'era all'enfasi beltramelliana, cotesta ruvida secchezza di linguaggio, cotesto imperio della sostanza sulla parola, cotesto sapore di viva tragedia umana e non retorica, paiono contraddire in pieno le passate disposizioni dello scrittore. Se già, anche prima, la Romagna, pur sforzata e decorata da un lirismo passionale e bollente, e interpretata da un romanticismo rombante tipo Victor Hugo, appariva nella sua intimità come espressione d'un veritiero mondo spirituale; oggi, quale sfondo alla patriarcale famiglia degli Antimi (c'è in tutto questo, — titolo e romanzo, — una lontanissima èco dei Malavoglia verghi ani!), si raccomanda quale vera e propria testimonianza d'un* terra di ribelli e di poeti. Non che, il Beltramelli letterato e astratto sia sparito del tutto ; e la Romagna rinasca monda, e veduta con occhio puro e con netto incanto ; ma le qualità d'espressione si sono fatte maggiormente intonate e caste. Ecco un esempio del vecchio Beltramelli: c Procedevano in silenzio, l'un dopo l'altro, il vecchio e il fanciullo e parevano due raminghi, due spaesati in una terra ostile ». Oppure: « L'ultimo antunno muore e ancora quest'albero ha sulla cima, de' suoi rami più in cima una corona di foglie. Sono passati a folate i branchi degli storni, hanno zirlato i tordi poi ginepri e son trascorsi, hanno lanciato il loro malinconico grido i lucherini svariando su per le larghe e fallendo ai richiami dei panioni e tutta la coorte autunnale è già lontanissima, oltre i monti e i mari ». (Fate caso, oltre che alle parole sottolineate, alla punteggiatura primitiva, e alla elementare costruzione del periodo, fatto di visioni staccate!). Ma, per fortuna, sono stanchezze, che non hanno più l'importanza d'una volta, quando rivelavano più che un'abitudine, una necessitò, e una maniera. La fantasticheria del lirico, dunque, è caduta dinanzi ali 'obbietti varsi del narratore, o meglio s'è calmata di tono, ammorbidendosi e ambientandosi. Vi sono, in questo romanzo, capitoli interi che hanno la andatura stringata delle migliori novelle di Beltramelli: le Figlie di ludèe, Alle porte del cielo, Pirigiuli, che piacevano persino a Serra. La poesia, più che in inni, in cantici, e in pompose descrizioni, cioè al di fuori dallo spirito della narrazione, ha qui la ventura di nascere dalla sostanza del romanzo, d'esistere nelle cose, di farsi dramma. Non c'è il il capolavoro; ma c'è però l'opera di Beltramelli maggiormente composta e meno decadente, perchè bruciata da un ardore silenzioso e nata da una pura ed equilibrata ispirazione. Quanto di sociale e di contemporaneo trovava, in altri libri, la via taumaturgica dell'ironia, mentre Be1 trameni è troppo per costituzione poeta per essere un ironista, nel Pas so dell'ignota non si rivela come soprastruttura inutile, desiderosa di dare contenuti impossibili a figure d'argilla, ma s'eleva a rinchiudere in ferme volontà umane significati di dolore e di amore. Ma l'amore e il dolore non sono prerogative d'una classe sociale, nè in rispetto all'arte nè in rispetto alla storia; sono ricchezze dello spirito universale ed eterno, il cui dono di rivelazione è appunto offerto dalla poesia. GIUSEPPE RAVEGNANI sncssl'dmcdcl'ntàdadsinbmgcsdtipastdlilncms1r1lpmalubcsarOsccnNpltcszmtrudtpddLapqgpgnfeeJfrpa(1) Antonio Beltramelli l'ignota - Mondadori - L. 15. Il passo del Milano, 1937