I responsabili di Sarajevo

I responsabili di Sarajevo I responsabili di Sarajevo ph e i o n i a e i ; d , a a i l. n e tì o i o t. o ai£ i . a o ori li fi e 9 o r o to in ti a n rà n anre 0, nhv eesi i. nm la ta etno meas », », i ali no n la ba iù ti di able. oro VIENNA, luglio. Il tredicesimo anniversario della tragedia di Serajevo, punto di partenza degli avvenimenti che all'Euopa hanno conferito nuovo assetto e del inondo hanno turbato la mentalità, non c >utto commemorato, ai 28 dello scorso giugno, con abbondanza di articoli. Col passar del tempo, riacquistando gli animi la serenità indispensabile per pronunziare equanimi giudizi, ed altresì accrescendosi il numero delle fonti a cui attingere per la fedele ricostruzione dei fatti, la rettorica di tutti i giorni deve tacere.» Quando si calmano le passioni, suona l'ora degli storici. Chi voglia complicare l'indagine del mistero di Serajevo cominci col quesito se senza l'uccisione dell'arciduca ereditario d'Austria. Ungheria Francesco Ferdinando e di sua moglie la duchessa Sofia Hohenberg la guerra delle nazioni sarebbe ugualmente scoppiata. Noi, per amore di semplicità, vogliamo dare il quesito per risolto, accettando la tesi sostenuta dal dottor Benes nel fascicolo del dicembre 1925 della rivisa Monde siane, esser stata la. grande guerra il prodotto della lotta fra due diverse concezioni filosofiche della politica e della struttura della società moderna, al tempo stesso un conflitto di razze a base di puro nazionalismo e una contesa capitalista ingaggiata per il possesso delle colonie, ftavrilo Princip, l'esecutore materiale dell'assassinio di Serajevo, parlando col perito psichiatrico dottor Martin Pappenheim, dell'Università di Vienna — che lo sorvegliò nelle casematte di Theresienstadt dall'ottobre .del 15'all'ottobre del '16 — gli disse di avere ben immaginato che prima o poi la guerra mondiale sarebbe venuta, però stupivasi del suo scatenarsi in quel momento, « per una simile faccenda... ». Gavrilo Princip, anche dopo la lettura degli appunti stenografici del dottor Pappenheim, i quali hanno di recente visto la luce a Vienna a cura di un anonimo, appare di mediocre intelligenza, ma serio, sentimentale e che pur essendo un solitario riuscì ad assimilare nello ambiente della gioventù serba l'entusiasmo per Punita dei popoli jugoslavi in una forma qualsiasi — magari la repubblica, — purché estranea alla Monarchia austro-ungarica. Egli uccise ragionando che so l'Austria fosse stata messa in una situazione difficile, allora avrebbe potuto verificarsi una rivoluzione per la quale occorreva preparare il terreno: un gesto terroristico gli semfcrò atto allo scopo, anche perchè la gioventù serba considerava gli autori dei precedenti attentati eroi nazionali. Nella prima metà del 'U le condizioni di spirito della gioventù serba andavano dalla, esaltazione al fanatismo, esaltazione e fanatismo che la visita di Francesco Ferdinando a Serajevo acni sino all'estremo limite, avvenendo essa nel giorno di San Vito, nel Vidovdan reso mistico e sacro dal ricordo della distruzione del popolo serbo che sul campo di Kossovol nel 1389, compi il suroano Murad. *"* Un amico e compagno di fede del Princip, qhe ha parlato a Serajevo con un collaboratore del Tag, ha particolarmente insistito su tre punti: primo, non potersi l'attentato di Serajevo" spiegare ne con persone nè con motivi personali; secondo, che Francesco Ferdinando venne colpito unicamente come simbolo dell'oppressione della razza serba e che quindi se invece di lui si fosse recato a Serajevo Francesco Giuseppe, la triste sorte sarebbe toccata all'lmperator.e; terzo, che a Serajevo tutti dovevano sapere del misticismo popolare per il Vklovdàn e che è da meravigliarsi come nessuno abbia richiamato l'attenzione di Francesco Ferdinando sugli eventuali pericoli. Qui sta Perugina, epiì la chiave del mistero di Serajevo : l'anonimo serbo si è espresso in maniera da non lasciar capire se il rimprovero si diriga pure al Governo di Belgrado, ma formalmente accusando di grave negligenza le autorità civili e militari austro-ungariche e i personaggi del seguito di Francesco Ferdinando. Tale accusa è stata già elevata nel 1919 dal reverendo dottor Zibert, un bibftotecario dell'Università di Vienna, il quale ha detto che la responsabilità dell'eccidio ricade nientemeno che su Tisza, non avendo egli concesso i fondi che sarebbero stati necessari per provvedere in Bosnia alte, protezione della coppia arciducale. Nel febbbraio di questo anno sono poi uscite le memorie di Josef Krisstoffy, ministro degl'Interni nel Gabinetto Fejervary, e lo autorevole uomo politico ungherese cerca invece di fare ricadere ogni colpa su Vienna. Egli racconta che alla vigilia della visita di FrancescoFerdinando, il borgomastro di Serajevo, poco fidandosi della propria polizia, sollecitò dalla questura di Budapest l'invio di cinque buoni detcdxoes; da Budapest gli fu risposto che per un servizio del genere ci sarebbero voluti almeno da trenta a quaranta uomini Siccome la spesa relativa avrebbe toccato le 7000 corone, il borgomastro di Serajevo fece osservare ch'era troppo: una simile somma si sarebbe tutt'al più potuta spendere per la sicurezza personale dei Sovrano. Questi dettagli ha anche riferito il conte Adalberto Sternberg, ai 10 di luglio del 1914nel Neues Wiener Journal. I cinque detectives, giunti nella ca pitale bosniaca, sentirono crescere le loro ansie e non mancarono di informarne le autorità militari, le quali respinsero la proposta di stendere cordoni di truppa per le vie, obiettando che l'arciduca ereditario non si lasciava proteggere da baionette; detectives ventiti da Vienna suggerirono allora di rimediare, con la polizia locale, ma i colleghi di Budapest dimostrarono che si trattava di un elemento malsicuro. La riprova la si ebbe subito dopo l'attentato, quando l'ufficiale d'ordinanza di Francesco Ferdinando, barone Mor"sey, precipitandosi giù dall'automobile, avendo visto cadere la prima l>omba, fu affrontato proprio da un gendarme, che gli sbarrò la via dicendo : « Signor tenente, non si immischi in cose che ,non la riguardano... ». Morsey, per tutta rispostagli diede una sciabolata alla testaQuanto poi alte àtrtorità civili dSerajevo, è fuor di dubbio che la loro azione fu nettamente negativa. Lex-capo della sezione politica del Governo per la Bosnia Erzegovina! Zurniteavcezireevil il dureprdoZidunbidelequledEil« sunddsuvdmturmi oFgtdeoltCvfbsngarsdrmFEcflsnvcvnldvadtngn r e e e o e i e oa i eo a a oeiù rli o 4, a le nare nsi e; ioadi a o, di r"oa n dimra, a. di oLo our. nic, ha narrato nel Messaggero leterario serbo, che gualche settimM». avanti Partivo dell'arciduca Fiw* esco Ferdinando egli chiese istra. ioni al famoso luogotenente Potioek (oggi impazzito) in merito alla ventuali misure di polizia, ma che l luogotenente gli disse non essere l caso di far nulla, dato che l'arciduca sarebbe venuto in veste militare. Toccava dunque al Comando di provvedere. Giorni appresso, sentendosi nell'aria l'odor di polvere, lo Zuraic tornò alla carica e si ebbe dentica risposta. Poiché si tratta di una fonte serba sarebbe comprensibile il dubitare della tendenziosità dell'episodio, se non esistesse una ettera in data 3 luglio 1914 con la quale il ministro austro-ungarico per e Finanze, BUinski. (da cui dipendeva l'amministrazione della BosniaErzegovina), rimprovera a Potiorek l contegno osservato nella faccenda: « Se io avessi potuto apprendere dai suoi rapporti che la polizia locale non era all'altezza della situazione, dice Bilinski, sarebbe stato nostro dovere impedire ad ogni costo la visita del principe ereditario. Il fatto ufficialmente accertato che a Serajevo si trovavano soltanto 120 uomini di polizia mi ha impressionato in modo catastrofico. Ella avrebbe potuto chiedere e ottenere crediti per rinforzi della polizia e della gendarmeria e così sarebbero stati evitati i disordini e anche i saccheggi w. Il Bilinski, per conto suo, si scusa osservando che l'arciduca Francesco Ferdinando (verso di lui poco benigno, anzi ostile addirittura) aveva trascurato di dargli notìzia diretta del viaggio a Serajevo e che quindi egli non aveva potuto impartire le opportune istruzioni. Ora è vero che la comunicazion e ufficiale mancò, tuttavia — come ha notato il barone Collas, ex-capo di Gabinetto del Governo per la Bosnia-Erzegovina, nel fascicolo di febbraio della rivista berlinese Die Schulcìfrage — l'omissione di fatto non veniva a impedire nessuna misura di polizia. Si aggiunga a questo che il Bilinski aveva alle proprie dipendenze un consigliere per le cose bosniache, il caposezione Zerovic, che il. barone Collas definisce un traditore, ma che in periodici serbi ha recentemente affermato essere stati il Ministero delle Finanze, il Governo per la BosniaErzegovina e lo «tesso arciduca Francesco Ferdinando ili possesso di' informazioni tali da dovere intuire che l'arciduca ereditario, andando in Boi snJa, avrebbe dovuto essere assassinato. **"* Qui torniamo al quesito se il Governo di Belgrado abbia saputo del complotto e se esso meriti il rimprovero genericamente mosso dall'anonimo di Serajevo, parlando col collaboratore del 'J'ay, a quanti non indicarono i sicuri pericoli. Delle varie voci diffuse in proposito da giornali austro-ungarici e ungheresi immediatamente dopo la tragedia, meritano rilievo un telegramma da Vienna alla Vossische Zeitung del 29 giugno, in cui si diceva che anche -il ministro di Serbia nella capitale austriaca aveva ammonito a desistere dai viaggio, quindi un'informazione da Belgrado del Ceske Slavo, di Praga (del 3 luglio) che confermava come « il Governo serbo, basandosi su notizie pervenutegli in merito alla situazione ed allo stato d'animo in Bosnia, non aveva trascurato di sconsigliare all'arciduca ereditario di recarsi a Serajevo ». In quel periodo della storia europea, che già sembra da noi così lontano, era ministro di Serbia a Vienna Joza Jovanovic, del quale oramai è notorio che ai 6 di giugno del 1914, visitando il ministro Bilinski, gli disse che se le voci delle manovre sulla Brina, indette per la seconda metà del mese, fossero risultate rispondenti al vero, i serbi se ne sarebbero irritati e avrebbero considerato tali manovre una provocazione: « Fra i- soldati di nazionalità serba, aggiunse il diplomatico, se ne potrebbe trovare uno dal fucile ben carico, alla etri pallottola non si riuscirebbe a impedire di prendere una direzione non voluta... ». Il Bilinski rispose prendendo nota della comunicazione, ma tre giorni appresso — è lo stesso Jovanovic ad affermarlo — gli dichiarò che essendosi oramai tutto deciso, l'arciduca ereditario avrebbe assistito alle manovre. Questo episodio è diventato di ragion pubblica tre anni addietro, e da tre anni si polemizza e si discute per dargli un'mterpretazione, diremo, non pericolosa: il Bogbitchévitch, un emigrato serbo ostitisainto all'attuale regime, se ne occupa largamente nel suo ultimo 'libro Le Prorès de Salonìqne, edito or è poco a Parigi da André Delpeuch. • Jovanovic non può ammettere che l'ordine di fare quel passo gli sia giunto da Belgrado, giacché questo equivarrebbe ad accusare il Governo serbo : nel giugno del '24 la viennese Sonn-und Montagszeitung ha scritto che Jovanovic agi in seguito a un telegramma di Basic arrivatogli ai 18 di giugno del 14, però il ministro afferma che si trattò di una sua personale iniziativa. Di recente egli è stato quasi costretto a dare ancora più ampie spiegazioni, e in una conferenza tenuta all'Università popolare di Belgrado ha ricostruito i precedenti di Serajevo così: «In origine il colonnello serbo Dimitrievic aveva effettivamente organizzato l'attentalo contro Francesco Ferdinando. Quando i cinque congiurati scelti da Dimitrievic furono giunti a Sabaz, la cosa venne risaputa a motivo dell'imprudenza di uno di loro e tut-" ti e cinque, per ordine del ministro deirli Interni, Stojan Protic, furono arrestati e'tradotti a Belgrado. In tal modo l'attentato ordito da Dirnfc trievic venne sventato. Ma indipendentemente da questa, anche il maggiore Tankosic aveva organizzato col gruppo Princip una seconda congiura, della quale il Governo serbo, a siiniglianza del mondo intero, ebbe notizia solo dopo Pattentato di Serajevo... ». • Non noi possiamo tenere a dimostrare, come altri recisamente sostengono, che pure Tankosic fosse nj " strumento nelle mani di 'Dahitr}» Il destino ha nel fratterm il Dimitrievic, proces nato a Salonicco nel; ajùgj| fosse mandato da •jfdcMi'' giungere neiroIt.C Serajevo, e PrinH" ITALO