Così presi moglie, così misi al mondo il mio teatro

Così presi moglie, così misi al mondo il mio teatro Viviani al completo Così presi moglie, così misi al mondo il mio teatro Con questa ultima puntata, Raffaele Viviani conctiiurìe il racconto alla • Stampa » della sua avventurosa carriera teatrale, dagli squallori del ■ Varietà », ove debutto scugnizzo, alla brillante fortuna di un teatro di colorita umanità, ove l'originalità dell'attore non è superata che dalla genialità dell'autore. Autore di se stesso, non soltanto perchè scrive le commedie che recita, ma anche perchè s'è fatto uomo ed artista a forza di volontà, giungendo dalla fame al.la fama per virtù di pensiero e di lavoro, con un Indomito spirito di libertà Intellettuale, che ancora oggi lo rende ansioso di più alto vette nel faticoso cammino .dell'arie. Pertanto, questo racconto di vita del singolare attore-autore napoletano racchiude un insegnamento morale, che nella lamentala crisi del teatro Italiano è più che mal prezioso : anche sulle scene teatrali, come sulla scena della vita, non si vince senza battaglia, non si ascende senza fatica e dolore, non si superano 1 tempi critici senza superarsi artisticamente. Per non morire bisogna rinnovarsi, e ogni fortuna che non si regga sulle ragioni dell'arte è cattiva fortuna, effimera e fatale. Quando nel 1908, dopo 11 mesi di assenza, ritornai a Napoli, ero diventato ormai popolarissimo. « Viviani » era sulle bocche di tutti, ed al « Teatro Nuovo » ebbe veramente inizio la mia fortuna. LI conobbi mia moglie. Essa veniva con una zia in un palco di proscenio di sua proprietà, e mostrava bontà sua, di divertirsi moltissimo alle mie macchiette, lo notai questa signorina nel palco, e poiché ne rimasi conquiso, mi informai subito chi fosse e mi dissero: — Non è roba per te. E' molto ricca ed è la nipote di Don Gaetano Gesualdo che tiene questa nipote come l'oracolo. Mi caddero le braccia pensando che mai avrei potuto offrirle un'eguale fortuna pecuniaria. Il pensiero mio si allontanò da essa ma gli occhi, mentre lavoravo, correvano nel suo palco e rimanevo incantato del suo eterno sorriso e dicevo a me stesso : « Ah I se io fossi dieci Viviani messi insieme! Chissà I ». // cuore in paleo Un attore assai caro al pubblico na poletano, certo Luigi Galloro, ora mor to, dietro mie vive preghiere, mi pre sento. — Permesso? Una vocina gentile: — Avanti. La porta del palco si schiuse e Galloro: Signò (alla zia), qui c'è Viviani che vuole avere il piacere di conoscervi. — Avanti, avanti! Convenevoli; strinsi la mano alla si gnorina e, sedutici, discorremmo del più e del meno. Zia e nipote si congratularono con l'artista per il magnifico successo conseguito; io ne rimasi lusingato e parlando con la signorina respirai tale un alito gentile che dissi subito in me: — Questa sarebbe la mia compagna ideale! Fini il mio contratto al « Nuovo » e prima di ossequiarla, dato che le mie visite nel palco si erano fatte da. quella sera frequenti, le palesai il mio onesto intendimento di farla mia sposa. Essa rimase senza parole, ma la zia, donna di grande esperienza, mi fece capire che non era ancora il caso di parlare di matrimonio, data l'età tene ra della ragazza, 14 anni. Partii, e da Roma, ove fui scritturalo per fare la inaugurazione del « Teatro Juvinelli » a piazza Pepe, e dova ottenni un verQ trionfo, io spedii qualche cartolina alla signorina Maria di Maio, senza averne mai risposta. Alla terza, giunse una lettera della madre cosi concepita : « Egregio signore, non scrivete più a mia figlia perchè io non la darei ad un comico che la porterebbe girando ». Non dico quello che provai; cercai di rassegnarmi, mi diedi alla gioia prò eurata: mi trovai amici ed amiche por distrarmi, ma il rimedio era peggiore del male! Il mio successo da « Juvinelli » raggiunse grandi proporzioni: la mia paga da mille mensili salì, per spontanea elargizione del proprietario sig Giuseppe Juvinelli, a lire 3000; e l'anno successivo, nell'agosto del 1909, tornai al « Nuovo » di Napoli, con il triplo della paga dell'anno pre cedente, ossia con ben 190 lire serali. Immaginate in quell'epoca! Si parlava della mia paga come di una cosa veramente eccezionale; si facevano per la mia ascensione le previsioni più fantastiche, e la fantasia popolare e la simpatia della folla creavano intorno al mio nome una cornice fiabesca. Dolce premio Dopo il debutto mi astenni dall'andare nel • palchetto di proscenio » ma a metà « stagione », avvinto dal fascino di lei, tornai con una certa scusa frequentarlo. Si capisce che il discorso cadde sul medesimo argomento, e que sta volta trovai la zia meno arcigna 1 miei progressi, la mia nomea, la maggiore considerazione, la simpatia generale di cui godevo, il mio contegno modesto agevolarono grandemente il mio compito. Mi restava da vincere 10 scoglio più duro. Lo zio Gaetano, uomo di un sol pezzo, di pochissime parole, retto e silenzioso, osservatore profondo della vita, aveva magari annusata la mia passione, ma aspettava 11 mio sviluppo come artista, come uomo, voleva vedere, insomma, i miei sentimenti, la linea della mia condot ta e la piega che pigliavano le cose prima di pronunciarsi in merito. Io che tutto questo avevo capito, comin ciai a vivere per l'arte mia e unica mente per il mio amore, onde dare salde garanzie di me. Passarono ben i anni di queste alternative e facendo l'amore « per lettere » io che, giovane colle prime migliaia di lire nnl porta fogli, vivevo in un ambiente libero ebbi la forza di schivare le allegre comitive, le amicizie nottambule, la compagnia di donne, e dopo il teatro me ne andavo a casa a cullare, nel silenzio di una modesta cameretta, il sogno d'amore che tutto mi avvolgeva, convinto che solo con un'esistenza fatta di pazienza e di rinuncle io avrei potuto mostrare appieno la serietà e la santità del mio intendimento. Ed avvenne cosi che, dopo il 5-o an no di fede e dì attesa, lo zìo si decise e sposammo: in due giorni I Lo zio mi volle in casa sua e si rese garante lui per me verso la madre di lei, che era ancora ostile alla nostra unione. Ebbe fede ed io seppi mostrargli di che sen timento ero pervaso, ed il mio patri monio morale, portato intatto dal Varieté, creò quella pace e quell'amore che dovevano fare di me un marito felice. Messo a posto l'uo.io, pensa! a ml- l gliorare anche l'artista, e in tre o quattro anni diventai uno « stellissimo », guadagnando dalle trecento alle quattrocento lire al. giorno. Ma, raggiunta una certa agiatezza, cominciò nell'animo mio ad affacciarsi il biso gno di fare di più e di meglio. I figli'a famiglia, la mia sviluppata consapevolezza mi facevano sentire il dtsa gio del Varieté. Mi urtava il vedermancora preceduto e seguito da donn'ibere; mi pareva di sciupare il mio ideale, e cominciai a pensare forte mente e con rinnovata passione dfare del vero teatro. // vicolo della fortuna Nel dicembre del 1918. allorché giornali tutti facevano la campagnper fare chiudere i Varietés che offrivano uno spettacolo poco edificantai reduci dal fronte, io colsi la palla al balzo e dissi a me: « Questo è imomento, togliti gli abiti da genera le e vestiti da soldato ». Mi accodai tutti gli altri. Ero un ultimo arrivato, la recluta più giovane del grande esercito degli attori Italiani. Pensai creare all'artista quella rispettabilitche avevo saputo dare all'uomo, condurre a termine tutto un program ma di miglioramenti e debuttai aTeatro Umberto di Napoli, con un atto: » O vico » (il vicolo) scritto da me improvvisato tra 1 tipi del mio reper torio legati con un certo filo logico affinchè esso avesse una cotal parven za di unità. Questo atto unico ebbe usuccesso insperato. Era il primo cotruito con tenue trama, a base folklo ristica, quasi un'impressione coloritache più tardi doveva dare l'indirizza tutto un'orientamento nuovo ili tea tre, ora conosciuto per « genere Viviani ». Eravamo quattro in compagnia, e a forma di zarzuela, ed ogni nottimpostavo atti nuovi; si provava dugiorni di seguito ed ogni venerdì srappresentava la produzione nuova memoria. Così sono nati, settimanamente, » Nterr'a Maculatella » (scalmarittimo) il » Caffè di notte giorno »« A Cantina 'e copp'o campo » (osteridi campagna) « Marina di Sorrento »« Porta Capuana » e tanti altri. Attvità che segna forse "1 periodo più vivo e fertile e inventivo della mia carriera. Si capisce che io raccoglievo In pochi giorni la esperienza di anni ed anni di teatro di varietà, ossia quelldall'effetto sicuro e dalla parlata sintetica e spassosa. La stampa cominciò a parlare di me, registrarono successo. 11 pubblico accorreva in massa al « mio teatro » dove st davandue spettacoli al giorno e tre alle feste, ed io chiusi il primo anno all'Umberto con un'attivo di 18 atti scritti 350 mila lire nette guadagnate, e cosper tre anni di seguito. La commedia Naturalmente il « materiale macchiette » era finito; io avevo esaurito tutti miei tipi più noti, li avevo ti teseminati in tutti questi « atti unici » chsu questi tipi si imperniavano, cominciai quindi a lambiccarmi il cervellper scrivere cose di maggiore contenuto, ossia commedie a più ampio respiro. Si trattava, ora, di ricostruirdi sana pianta e cominciai ad improvvisarmi commediografo con la medesima sicurezza di quando mi ero improvvisato compositore di macchiette di quadri impressionistici. Venneropere organiche, come « Circo equestre Sgueglia », « Il fatto di cronaca »« Campagna napoletana », « Lo sposalizio », lavori di due o tre atti con fgura centrale e con dipinture di ambienti. La mia prima tournée nell'Alta Ita lia trovò il pubblico indifferente. Nomi scoraggiai: vedevo che un po' dterreno lo acquistavo. Alle sera:a d onore e di addio, recitavo davanti teatri pieni. Purtroppo, il giorno doporicominciava lo squallore è un lungperiodo di persuasione, fino a chl'ambiente era riscaldato... alla vigilidella mia partenza da ogni città. Anche questa epoca di alternative, grazia Dio, passò. Fui sorretto dalla critica e scrissi: Pescatori, Doti Giacintol'Operaio dell'arsenale, abbandonandomi unicamente al mio istinto, alla mia sensibilità. Avevo, come ho, innanzi tutto, il dono di non conoscere l'operdi nessuno, e pochi attori ho avutoccasione di sentire. Quindi vado avanti senza preoccupazioni, penso chtutto si può fare o rifare, mettendovdentro una propria personalità: nessun pregiudizio quindi per quello chè stato già fatto. Io scrivo e metto in scena con una veduta unica, e sonsicuro che il mio pensiero originalnon mi viene modificato passando pele mani del capocomico. La cosa ch.o rappresento è quella che ho immaginata, che ho elaborata nel cervelloe le sensazioni che riesco a dare sonquelle che pensavo di dover dare. Soprima di andare in scena, il successche il lavoro otterrà. Non sono mai nervoso ad una mia « prima » poiché capisco che l'interprete non deve esseTinfluenzato dalla responsabilità dell'autore. So scindere le due personalità, anzi le tre aggiungendovi il direttore, e devo a quésto fatto se sono riuscito a riscuotere intorno al minome prima una certa curiosità, mista di scetticismo, e poi il giudizi» sereno e pacato della critica. La ricerca della semplicità Alcuni critici spesse volte mi hanno detto che Viviani attore deve rappresentare unicamente Viviani autore, svuole dar cose di 6icura riuscita: esshanno detto cosa esatta. Come mi trovo nel mio repertorio non mi trovo in duello scritto da altri, 6alvo rare eccezioni. DOichè io scrivendo recito, mvesto della parte che mi assegno, e l'attore soesso è di grande ausilio allo scrittore e qualche volta l'autore offrall'attore di avvalersi di qualche finezza che all'attore sarebbe «fuggita e viceversa: insomma trovo modo dcompletarmi. Come questo sia venuto maturando nella mia attività, non soCerto ho oassato e passo anni di tormentosa ricerca della semplicità, quasi semnre rinunciando ad un effetto che mi guasti una linea, o mi alterala freschezza del personaggio che lo vivo. Se avessi voluto fare dell'arte (•ommerciale avrei oggi certamente 1triDlo della mia fama e della mia fortuna, ma certamente sarei meno considerato da quelli, che, grazie a Dio, formano con il loro severo giudizio la vera cifra di un'artista Se sono contento' No. Penso che vanror' molto dìi ire, per la mia jarte or*" la mia fortuna. RAFFAELE VIYI.Mll

Luoghi citati: Napoli, Roma, Sorrento