Il "Manzoni" del Galletti

Il "Manzoni" del Galletti Il "Manzoni" del Galletti Dopo le note e gli studi eruditi 'del Garzia e del Pellizzari, dopo il breve saggio storico del Toffanin, dopo le prefazioni cattoliche del Papini, dopo le ricerche critiche e filologiche del Bulferetti, dopo il commento estetico del Negri, dopo il Manzoni spiritualizzato del Mornigliano, dopo la paziente esegesi del Buesetto, ecco, per opera di Alfredo Galletti, ìm Manzoni (1) 'tutt'intimo e pensieroso, studiato entro le opere • nella luce dei secoli decimottavo e decimonono, messo a contatto prima con il razionalismo e poscia con il giansenismo, inseguito attraverso il suo romanticismo .antiromantico e attraverso la sua catarsi cristiana, discusso nella sua interpretazione cattolica della Storia, sentito come scrittore moralista e pessimista,. e infine* immerso in quella filosofia dei tempi, » intonacata di idealismo cristiano »; che pnài considerarsi intimamente auti cristiana. Quindi, l'opera -del Galletti vuole essere, nella sua diligente e appassionata esposizione, più che uno st.udio_ critico-biografico: una paziente « biografia intellettuale », cioè una t storia del pensiero- manzoniano, la quale inchiude necessariamente anche la storia critica dell'arte manzoniana, in quanto quel pensiero, riscaldato dal sentimento, divenne, a certe ore, vita fantastica nello spirito del poeta e gli ispirò opere di poesia che un consenso ormai secolare giudica tra le pi ù< schiette, vive, profonde della nostra letteratura ». In ira certo senso, la posizione mentale del Galletti dinanzi al Manzoni è molto simile a quella del Croce del saggio sul Manzoni (Poesia e non poesia) e della.Storia della Storiografia-; cioè preoccupata di sottolineare sino agli eccessi le preoccupazioni morali del Manzoni. Già, nel Rinnovamento del 1909, il/Galletti, trattando appunto delleiZdèè morali di A. Manzoni, aveva indirizzato il suo pensiero critico verso approdi negativi ; come, sin dal 1923, nella Cultura, aveva in un breve articolo, sostenuta l'idea deirantiromanticismo del Manzoni '\Perrhè il Manzoni non fu un romantico). Di codesto antiromanticismo, molti critici già anno parlato: da Borgese, in un capitolo (Il classicismo dei romantici: manzoni e Rosmini) della sua Storia della critica romantica a Pietro Mignosi nell'antimanzoni della sua Eredità dell'ottocento. Ma, mentre per Borgese la classicità del Manzoni è tutta stilistica, cioè è insita nel gusto classico dellla prosa, » onde il Giordani non fu parco suo ammiratore » ; e per il Mignosi, invece, è tutto sostanziale e umano prima d'essere dottrinario ; per il Galletti, il quale giustamente considera come un larvato panteismo il cristianesimo dei romantici, tanto da ritrovare facilmente idee gnostiche nello Schlegel e nell'Hugo, il romanticismo del Manzoni, fondato su principi razionali di ordine morale, non è che un classicismo purificato. Ma, per giungere a siffatta conclusione, bisogna, crediamo, allontanare il Manzoni dai romantici del Conciliatore tipo Borsieri, Rasori, Di Breme, Visconti, e più ancora da quelli d'oltr'alpe, il cui simbolismo mistico era prettamente esterno e letterario. L'andirivieni tra Milano e Parigi; il passaggio dalle congreghe filosofanti di Cabanis, Volney e Maine de Biran ai religiosissimi Somis de Chavrie, Gregoire e abate Dégola; la vita a contatto della ostentata religiosità dei romantici francesi, religiosità malinconica e manierata tipo Chateaubriand, facilitarono, senza dubbio, il trapasso del pensiero del Manzoni dal Locke, per esempio, al Rosmini; però è necessario tener conto come nessuno abbia concepito più altamente di lui la morale cattolica. Di più, non bisogna dimenticare che i romantici, il Manzoni, li à conosciuti quasi per sentito dire, e attraverso la Stael e più ancora attraverso l'amicizia, . le lettere, e gli articoli di Claudio Fauriel (Sainte-Beuve, nel quarto tomo dei Portraits cotitemporames, sostiene addirittura che « il Manzoni non si può conoscere che attraverso il Fauriel »); cioè, e qui il Galletti è nel giusto, egli li stimò religiosi in netto senso cristiano. Ma, al contrario degli altri romantici, il centro dell'anima manzoniana è la fede; e, sino a qui, tutti sono d'accordo: Galletti con Papini, Crispolti con Cojazzi, Borgese con Momigliano. Infatti, Galletti, lungo le mille pagine di questa sua ricostruzione storica del pensiero manzoniano, tiene di continuo l'occhio alla sua vita religiosa, dalla quale l'arte del Manzoni, dagli Inni Sacri alle Osservazioni sulla Morale cattolica, dai Promessi Sposi al Sentir messa, nasce come da una seconda coscienza Gli è che il Galletti, senza giungere alla negazione, totale e unilaterale, del cristianesimo manzoniano come suella del Mignosi, per cui « il cristianesimo manzoniano è fatto di sola tradizione: cristianesimo inoriginale e pieno di angoli, minacciato nel suo cuore da un irresponsabile fatalismoche lo tiene" in bilico tra una ortodossia codina ed una eresia irreparabile », nonniasconde delle limitazioni, le .quali, se giuste sono per quel rinnovato fervore religioso che accompagnò la restaurazione e la nascita del romanticismo, ci sembranoin riguardo al Manzoni, troppo dure e perentorie, nonostante il fondo loro di verità. Galletti dice, per esempioche « la giustizia, la carità, l'umanità, di cui splende nei suoi Inni la speranza e la carità, erano le idee desecolo decimottavo in tonaca e stola cristiana: erano i principi della rivoluzione, battezzati, come hanno detto, nella pila dell'acqua santa ». E ancora: « era un aristocratico (luicristiano) proprio nel senso e col vaio» ohe Platone od'.:1 Nietzsche at tribù iva no all'aristocrazia ». E, a dio' di conclusione e di sintesi: < la condizione paradossale del Manzoni pensatore è questa, che egli fu un credente razionalista; fu un poeta romantico, la cui poesia e la cui estetica negano il romanticismo, o lo correggono in modo da alterarne profondamente la natura e l'essenza, e fu cattolico liberale e unitario in una Italia che, per conquistare la unità, si preparava ad abbattere il dominio temporale dei papi. Il suo cattolicismo consenti alla rivoluzione ed il suo romanticismo finì negando il primato della fantasia e l'assoluta autonomia dell'arte ». Cioè, con discrezione, il Grilletti vede nel Manzoni un razionalista. Ora, che il Manzoni, amico e ammiratore di giansenisti, possa peccare di ortodossia apparente, cioè sia, per essere cristiano, anticattolico, ricondotto in pieno, attraverso la rivelazione, alla Bibbia, noi non crediamo di ammettere, che il cattolicismo manzoniano è quasi più puro, più intransigente, più limpido, e più pensosamente moralistico di quello della Curia Romana. In quanto al liberalismo, esso fu più apparente che sostanziale, come quella democrazia, che De Sanctis volle come base ideale degli Inni Sacri, e che Galletti accetta per giusta. Se c'è politica nel Manzoni, essa è in funzione di mo¬ rale o di atto di fede; ne crediamoesista una intima contraddizione tra il suo cattolicismo e la sua concezione dell'unità italiana. In quanto al cattolicismo del Manzoni, nato più dalla ragione che dal sentimento, e per ciò rigido e moralistico (giustamente il Croce chiama i Promessi sposi il poema di una morale religiosa), è evidente che coincide col cristianesimo, in quanto che lo attua, non soltanto come forma storica dell'idea cristiana nel mondo greco latino, ma come applicazione concreta e vissuta di vita. Per ciò, esso può vivere fuori ma non contro la Chiesa Cattolica; assumere responsabilità altissime, addossando all'idea cattolica anzitutto una missione morale, ma non portando nelle proprie intenzioni velleità di riforma, simili a quelle che la maggior parte dei romantici cattolici francesi pretesero d'imporre all'Europa e a Roma. Ci fu chi, non sappiamo con quale concezione del cattolicismo, vide addirittura nel Manzoni due cattolicismi, l'uno cristiano e l'altro anticristiano: Fra Cristoforo e Federico Borromeo da una parte, Don Abbondio e il Superiore dei Cappuccini dall'altra. Se non che, in codeste figure, più che la fede, è tiranna quella morale, di o cui Manzoni ebbe il culto, e che, di¬a l a e a i versa negli uomini, non può, nò potrà mai, portare a duplicità quella fede, della cui unità il Manzoni, risalendo con il pensiero Gl'Epistola agli Efesi di S. Paolo, non ebbe mai dubbio alcuno. Altro punto, sopra cui ci permettiamo di dissentire, e che il Galletti più volte afferma, è quello per cui il Manzoni viene presentato come un pessimista: opinione già affermata anche dal Momigliano e dal Bussetto. Dice il Galletti: « Il lettore sentirà vivi e presenti allo spirito quel moralismo, quel pessimismo (temperato nel Manzoni dalla religione) e l'aculeo di quella ironia, quando, deposto il libro, potrà analizzare la commozione provata e dai sentimenti confusi germoglieranno in lui idee chiare e giudizi ». E altrove : « La forza dell'arte manzoniana ò dunque in gran parte nel suo pessimismo, il quale è sì razionalista, ma è soprattutto cristiano; nè questa c una contraddizione in termini, non ostante il pregiudizio comune ». Ma, diciamo noi, quale risoluzione ha codesto pessimismo? Arriva esso, per esempio, al disperato nullismo del Voltaire, o si volge poi alla consolazione, superandosi o quindi negandosi? Noi crediamo di sì. L'arguto intelletto del Manzoni, pur così saturo di ragioni, e raffinato nell'analizzare i lati mi¬ ¬ a a e a e e o seri della natura umana, poteva divenire, è vero, quello del più grande pessimista del secolo ; e fare dei Promessi sposi il quadro più acre e negativo, sopra un pessimismo complesso, molteplice, e organico, delle contraddizioni umane; ciò però non può significare che Manzoni debba considerarsi un pessimista, perchè purificato e difeso dalla fede, anche se, come umorista, .la sua posizione davanti alla vita possa sembrare scettica. Noi pensiamo che la vera forza dell'arte manzoniana stia nella capacità di superare codesto umorismo ; di negare, pur presentandola, la relatività di tutti i concetti, compresi quelli morali; di rovesciare, in forza appunto della fede, le conclusioni catastrofiche di esso. Non ci sarebbe idea di Dio in chi giudicasse la vita con il « diavoletto loico della contraddizione, della negazione, dell'ironia »; nè, d'altra parte, è necessario essere imbottiti di quel <r beato ottimismo dei romantici », che tanta uggia arreca al Galletti, per essere cicchi dinnanzi alle malvagità umane, e considerarle come cose fuori dalla grazia di Dio. Ad ogni modo, noi vo-gliam dire, senza alcuna ombra dipersonale presunzione, che quella In-ce, di cui ogni pagina dei Promessi• ji -i • sposi vive come d'una vita essenzia-le, e che anche il Galletti vede e giù- grande ancora GIUSEPPE RAVEGNANI. . (il AT.FFno GALLETTI- • Alessandro Man- /V pensaVotcTe, il poeta», Voi. TI Milano, Caia Editrice TJnttas, ifl-27. - L. 35. dica cristiana e universale, non può nascere dà una coscienza pessimistica, anche se con pessimistico sguardo si studiano le violenze e le perversità della carne umana. **# Ad ogni modo, tutte le nostre modeste obiezioni devono considerarsi sterili dinnanzi alla complessità dello studio, del Galletti, indubbiamente necessario per inquadrare il pensiero del Manzoni in quell'Ottocento, di cui anche oggi noi subiamo i riflessi delle colpe e degli splendori. Studio, a dire il vero, in aperto contrasto con le teorie della critica estetica, e costruito sopra una saldissima base filosofica. Ma, se per comprendere il pensatore, il lungo cammino percorso dal Galletti con scienza sicura è di salutare aiuto, inquantochè non si può astrarre la figura del Manzoni dal secolo del razionalismo e della fede, può, il metodo, usato dal Galletti, peccare per eccesso, cioè portare l'arte manzoniana a un giudizio più storico che estetico, la quale cosa non ci lascia soddisfatti del tutto, perchè al pensatore, per grande che sia, è sacrificato il poeta, ch'è più

Luoghi citati: Breme, Europa, Italia, Maine, Milano, Parigi, Roma