"Spi" in carne e in cera

"Spi" in carne e in cera "Spi" in carne e in cera PARICI, giugno Sete fa ero a pranzo in casa di una donnina di garbo, proprietaria e direttrice di una fabbrica di bambole di cera. Aspettando che fosse servita l'aragosta, fui naturalmente menato a vedere le bambole, di là da pochi palmi di ballatoio, in un laboratorio affacoiante su una gradinata di abbaini, che a guardar fuori mi sarebbe parso di stare a una finestra di Norimberga, 6e non avessi avuto sotto gli occhi, di scorcio, la mole nera della Porte Saint Martin e il grosso ventre verde dell'autobus della Bastiglia fermo davanti a un gruppo di donnine impazienti di tornare a casa per metter su il pot-au-feu. Ammirammo, nella penombra vaporosa del crepuscolo, le bambole modellate a grandezza naturale, dipinte dei più belli incarnati dell'arte e scoccanti occhiate assassine dalla pupilla imboscata fra la doppia frangia delle ciglia voluttuose: e di una testa di bionda ossigenata venni sinanco in vitato, in segno di amicizia, a tirare senza riguardo i capelli, che aveva folti, morbidi e ondulati, per constatare come non soltanto non ci fosso verso di cavarne un lamento, superiorità ragguardevole sulle donne or- dinarie, ma neppure di cavarle un pelo, confitti quali erano nella cera ad uno ad uno con altrettanti colpi di crinale. Su un tavolo, dentro un piatto, ridevano un centinaio di teste della grandezza di una noce, nelle quali non ebbi bisogno di lungo esame per riconoscere il sorriso, le fossette, il neo e la ciocca appiccicata sulla gota che distinguono in arte e al secolo l'attrice Spinelli, o, come famigliarmente la chiamano i parigini, la Spi. La Spinelli di cera! Era la consacrazione definitiva della popolarità. Pan qui non toccava se non a Mistinguett di vedersi onorata degli omaggi del favore mondiale. Ma Mistinguett, a dispetto della tenace resistenza opposta, snodandosi ogni sera le giunture in tempo di musica sul palcoscenico del Moulin Rouge, al peso delle proprie primavere, giacche anche le primavere pesano al di là di un certo numero, declina visibilmente nelle grazie delle platee e il primato comincia a sfuggirle tramontando in una apoteosi di piume di struzzo, di diamanti chimici e, fortunatamente per lei, di azioni della Rio Tinto e della Shell. Il problema del giorno — uno dei tanti — consiste nella scelta di una artista capace di succederle. Nulla di più facile, pensa eabito il lettore, convinto che a Parigi le candidate al trono della bel lezza ai contino a migliaia. Sarebbe facile, effettivamente, se si trattasse di scegliere la nuova dea della scena sulle tavole dei semplici teatri di varietà: una Dolly sister, una Jenny Golder, una Giuseppina Baker potrebbero degnamente raccogliere la corona regale. Piurtroppo, a prescindere dal fatto che non parlano francese, queste illustrazioni del garretto — e anche un poco più in su — presentano tutte l'inconveniente di avere delle gambe che si accontentano di esser belle. Mistinguett, lei, ha insegnato ormai a Parigi che le gambe debbono anche essere spiritose. Perchè la più esigente delle metropoli accordi la palma a una diva di teatro con vien dunque oggi che questa sia non soltanto una ballerina ma un'attrice, una cantante, una donna di spirito, una donna di mondo, ciò che non è perfettamente lo stesso che una mondana : tutto quello, insomma, che è stata, non dirò da quanto tempo, Mistinguett. Dove trovare una donna simile ? Sulle tavole del teatro di prosa, di quel provvidenziale teatro di prosa dove nemmeno le attrici di cartello 6Ì rifiutano più a presentarsi al pubblico in mutandine, in camicia, in letto e peggio. Senonchè, trasportata su questo terreno, la scelta è meno facile di quel che non sembri, a dispetto della moltitudine dei teatri e delle beltà che vi recitano. Maud Loti? Maud è un bel tipo di monella parigina, ma non può incarnare nella 6ua pienezza l'ideale comico di un'epoca voluttuosa. Piccola, acida, quasi impubere, questa Dina Galli transalpina incarna tutt'al più il Frutto acerbo, che è stata infatti la più riuscita delle sue creazioni. Coi suoi neri capelli incollati sul cranio e tagliati a frangia sugli occhi, da bambola cinese, con lo scatolone di Scampolo infilato sul braccio esile, col suo pigiama dorato, con la sua voce di testa piena di espressioni di gergo e di intonazioni canagliesco (il tutto in ginocchio su un letto a due piazze disfatto da copiose ginnastiche e da innumerevoli squilli di campanello) ella potrà formare lo spasso di Parigi ma non rappresentare Parigi. E poiMaud Loti è una donna per signor6oli. A Vichy, quando siede al tavolo da gioco stringendosi al petto l'irascibile pechinese dai canini di giovane rinoceronte, le signore si squagliano turandosi gli orecchi per non sentire le apostrofi pittoresche lanciate contro la sorte avversa dalla sua voce di flauto: e senza i suffragi delle donne è difficile che gli uomini riescano a collocare su un trono, sia pure di cartapesta, una rappresentante del bel sesso. Jane Marnac, allora? Jane Marnafarebbe meglio al caso, per certi versi c una donna intelligente, che sa portare con dignità una pelliccia di ermellino e perderla con disinvolturauna donna che si può invitare a pranzo senza timore che metta i pied6ulla tavola e versi, per giocare un tiro alla padrona di casa, il proprio bordò nel piatto del vicino senator— sebbene, dal giorno che ha recitato ■Bain e sedotto sulle scene della Madeleine un pastore evangelico, moltdame ostentino di evitarla. Ma Jane Marnac non possiede, appunto pequesto, abbastanza scapigliatura pemeritare la popolarità. C'è sempredietro la sua fronte liscia e calma anche quando balla il black-bottom coi marinai americani sotto le diluviane verande di Pago-Pago (Polinesia), un retrobottega da contabile e una lavagna da maestrina; e quando ha lasciato cadere dall'omero il mantello di Redfern o di Eévillon, quello che ne vien fuori e una piccola borghese, che fa dell'arte a freddo, della pubblicità secondo i suggerimenti del Manager e dell'amore secondo le tradizioni della buona galanteria. Parigi rispetterà sempre un'artista come lei, ma non perderà mai la testa per essa, che non l'ha mai persa per nessuno. Rimarrebbero in lizza Regina Camier e Alice Cocéa, ' ambedue vezzose, ambedue spiritose, ambedue capaci di far perdere la testa e buttar via un patrimonio. Ma l'una e l'altra presentano ormai l'inconveniente di appartenere alla buona società parigina, cioè di essere, come artiste, due spostate, sposate quali sono a due uomini che avevano persa la testa più degli altri. Regina è al secolo la baronessa Deutsch de la Meurthe; Alice, la contessa de la Rochefoucauld. Col peso di nomi simili, una donna non alza la gamba e non viene in scena iti camicia da notte. Senza dire che il pub blico parigino, permaloso qual'è, non | perdonerebbe loro giammai di aver à i o l e a e e a y a o e i e è o a e a e , a i a o n a o e d a a i o i a a nna a , ri o aan na e ea nc : rra, ndi n o e o ate e r er e, a. preferito altri fasti ed altre corone a quelli accordati da lui. Niente Loti, dunque, niente Marnac, niente Camier, niente Cocéa: chi rimane? Quando avremo eliminato Yvonne Printemps, che avrebbe tutti i numeri per diventare l'idolo di Parigi ma che a sua volta ha un marito il quale rimedia all'assenza di quarti di nobiltà col non lasciarla di un passo nemmeno sulla scena e con l'obbligarla a coricarvisi vestita, cosa che agli occhi del pubblico viziato costituisce una di quelle mancanze di riguardo che a un marito e a un attore non si perdonano ; quando avremo eliminato Jeanne Granier, artista incomparabile ma ormai fuori dei limiti di età prescritti pel teatro comico e condannata alle parti di madre nobile o di cocotte in ritiro, saremo costretti a concludere, come avevamo previsto, che non rimane nessuno, nessuno tranne lei : Spi. Spi, alla buon'ora, non ha tradito Parigi, non si è maritata, anche se ciò non le ha impedito di dare ugualmente un figlio alla patria e di trovare nella maternità quella compiutezza di forme e quella maturità di genio che sole possono fare l'artista completa, quale Parigi l'esige, non si è chiusa in convento come Eva Lavai lière, giunta all'esagerazione di dar querela al signor Raimondo Marcerou perchè aveva pubblicata una sua Vita ispirandosi alle vite dei santi, e di spingere alla professione monastica anche il proprio figlio Gian Samuele, che in un castello intitolato Betania in memoria di Maria Maddalena si è votato ad opere di misericordia. Come Mistinguett, detta Miss, Spi è la donna che si dà intera, la donna che sposa tutto un popolo, gettandogli in faccia senza risparmio sera per sera, e le domeniche in mattinata, i propri indumenti di batista come i Dogi sposavano il mare gettandovi dentro un anello. Per capire Spi, ricordatevi di Zazà, di Zazà che si infila le calze prima di andare in scena, quando è ancora una donna felice e non ama nessuno poiché ama tutti. La steasa natura abbondante, spontanea e liberale, la stessa... virtù comunicativa, la stessa voce tra viziata e appassionata, la stessa monelleria, con trent'anni più, voglio dire nata trent'anni dopo, cioè fornita di tutta la nuova disinvoltura dell'epoca delle sottane corte, dei capelli corti, del black-bottom e del resto. E poi le gambe: le più belle gambe di Parigi, come quelle di Mistinguett. Settimane or sono c'è stato, è vero, l'incidente delle fotografie. Per un capriccio di vanità o forse per amor proprio familiare, per tramandare ai discendenti la prova indiscutibile dei suoi titoli di gloria come i presidenti di Corte di Cassazione tramandano loro il proprio ritratto in toga e tocco, col codice aperto in una mano e una penna nell'altra, l'artista si era fatta fotografare nel costume di madre Eva prima del peccato originale. Patto stipulato col fotografo, che, per un elementare senso di prudenza era una fotografa: tirare il ritratto a sole dodici copie e consegnare la negativa alla titolare. Un giorno, che è, che non è, Eva sfoglia una rivista illustrata viennese e ci trova sè stessa nel costume sopra indicato, con sotto tanto di nome e cognome. Il suo pudore, più forte del dovere professionale, dà un balzo e grida vendetta. E di qui avvocati, processo, sentenza, e poi cento mila franchi di indennità, i O che, si chiesero i parigini, anche la Spi si mette a far la ritrosa? ». Senonchè, a mente fredda, coloro che stavano per provare sul suo conto la prima grave delusione si dissero che lo scandalo poteva esser stato combinato apposta, affinchè tutti sapessero che era possibile procurarsi dalla tale fotografia un ritratto dell'artista ancora un po' meno vestita di come era lecito vederla sulle scene del teatro della Michodière quando recitava // domatore o Knock-out di Alfredo Savoir. E bastò questo sospetto per restituirle il favore e la stima della metropoli. Ecco perchè le fabbriche di bambole di cera mettono in commercio migliaia di teste della Spi col suo sorriso, le sue fossette, il suo neo e la sua ciocca di capelli appiccicata sulla gota. Infilata su un manichino di cera e di fil di ferro e vestita con due cen timetri di nastro, la scaltra e svenevole attrice sarà domani il più ricercato degli articoli di Parigi. Sarebbe il caso di dire che, nel commercio parigino, a differenza che nella grammatica, per fare un belVarticolo ci vogliono soprattutto molti attributi. CONCETTO PETTINATO