Léon Daudet in prigione senza battaglia

Léon Daudet in prigione senza battaglia Léon Daudet in prigione senza battaglia Le trattative notturne alla Prefettura - Lo spiegamento delle forze: guardie repubblicane a cavallo, colonne di agenti, pompieri pronti ad annaffiare - La scena della intimazione e della resa, tra il Prefetto di Polizia in piazza e Daudet al balcone - La sfilata degli assediati: 500 «camelots», subito ingoiati dalla Metropolitana - Alla « Sante » - S'invoca il condono della condanna. Parigi, 13, notte. La tragedia è stata evitata. Per essere più esalti dovremmo dire che al momento decisivo essa si è mutata in commedia a lieto fine. I tafferugli di ieri avevano infatti indotto ambe le parti a più matura riflessione. Chiappe — prefetto di polizia, che i parigini ritengono uomo di avvenire, che è corso e somiglia a Napoleone ■ — si era detto che l'affare Daudet era una di quelle brutte faccende dalle quali un funzionario può uscire colle reni rotte quando non esce con un bastone da maresciallo nella giberna. Daudet, giornalista celebre, ma screditato, si era detto che, fallita la speranza di intimorire il Governo colla semplice minaccia di una resistenza, l'avventura diventava temeraria. A provocare una effusione di sangue c'era il rischio di ammutinare contro di sè il paese, il quale, caso raro, da una settimana non aveva per lui se non simpatia. A farsi cacciare di casa dai getti d'acqua dei pompieri c'era il rischio, forse non meno grande, di pe rire nel ndlcolo. Pensa e ripensa, tant0 n rappresentante dell'autorità come quello della rivolta conclusero che il meglio era di scendere a patti. La messa in scena Le trattative ebbero luogo la notte scorsa, tra le 12 e l'una, alla Prefettura di polizia, dove un redattore dell'. 4 et io ri Francaise era stato convocato per esaminare la situazione insieme col Prefetto e cogli altri pezzi grossi della pubblica sicurezza. 11 tono del colloquio rimase naturalmente segreto; e riteniamo per conto nostro grottesca la diceria, colta oggi nei crocchi di malevoli, secondo cui il Chiappe sarebbe venuto a capo della resistenza dell'avversario offrendogli, come accadde tanti anni or sono in frangente analogo con Cachin, di pagargli la resa a prezzo d'oro. Ma stamane, poco dopo l'alba, la popolazione mattiniera del quartiere di San Lazzaro potò assistere ugualmente, senza bisogno di lavorare di fantasia, ai risultati dell'armistizio notturno. La scena era stata disposta senza trascurare alcun effetto e con un sen so teatrale da grandi artisti. Dieci minuti prima dell'ora fissata per la riu nione delle forze di polizia, ossia die ci minuti prima delle sette, la Piazza dell'Havre era vuota. I camerieri pre paravano le sedie dalle terrazze del caffè e una pioggerella monotona cadeva sui primi tranvai. Ad un tratto, da tutte le vie adiaeenti ecco sboccare colonne di agenti. Tutti i passaggi vengono sbarrati. Un cerchio denso di uniformi si spiega davanti alla redazione dell'.-lctiun. Francaise dalle lì nestre tutte chiuse. Lontano si scorgono gli elmi delle guardie repubblicane a cavallo. Poi, quasi simultaneamente, arrivano le vetture dei pompieri. I tubi dei pompieri vengono collocati davanti all'edificio come cannoni in batteria. Sullo spiazzo rimasto vuoto il Prefetto di polizia, pallido per la notte insonne, ma col glabro profilo napoleonico tagliente come una spada, passeggia nervosamente calcandosi ogni tanto il cappello duro sugli occhi, da uomo deciso a tutto e squadrando in lungo ed in largo il palazzo dove si tratta di sloggiare il nemico, Sull'uscio del... forte L'edificio intanto si sveglia. Le persiane vengono socchiuse. Qualche viso giovanile sbattuto e assonnato compare ai balconi. Nel silenzio profondo non si ode tratto tratto se non lo zoccolo di un cavallo che percuote il selciato, il tintinnio di un morzo, un nitrito, giacché il fondo della piazza è sbarrato dalle guardie repubblicane terme in sella come in attesa del passaggio di un Capo di Stato. Alle 7 in punto. Chiappe si avvicina risoluto al portone e suona il campanello. Uno stridore di catene e fra i due battenti socciiiusi si affaccia la barbetta sale e pepe di Maurizio Pujot, redattorecapo dell'Action Francasse. — Da uomo a uomo — gli dice il prefetto — mi rivalgo a voi. Non lasciate compiersi l'irreparabile. Pujot, se dobbiamo credere agli storici di parte amica, rispose allora animosamente che egli parlava in nome degli amici di Daudet, riuniti in quella casa in numero di circa un migliaio: il prefetto e il capo della polizia municipale Guichard non potevano ignorare nè U loro valore nè la devozione che portavano alla loro causa; la resistenza di qu3gli uomini sarebbe terribile; certo non sarebbe senza dolore che enlrrifbboro in lolla con agenti e con snidali francesi, ma Insiderebbero la responsabilità di questo conflitto criminoso al Governo. Il Prefetto aveva parlato di spargimento di sangue, ma non doveva dimenticare che il pn-1 mo sangue sparso in questo affare era quello di Filippo Daudet e che oggi si I voleva condurre in prigione un padre1 che aveva difeso la memoria del figlio assassinato. Leone Daudet era venuto n l o i e l e a e o , in quella casa a porsi sotto la prote zione dei suoi amici e i suoi amici lo difenderebbero sino in fondo. Chiappe, seguitano gli storici, chiese allora a Pujot di valer per lo meno far sapere il passo da lui compiuto a Leone Daudet: — Voi non potete riflutarvisi — soggiunse. « Mi arrendo! » Pujot vi consente, e rientrato si reca a conferire con Leone Daudet, cir condato dai membri dei Comitati direttivi dell'Action Francaise. Contro il voto unanime dei suoi amici, che rifiutavano di abbandonarlo, Leon.e Daudet dichiara allora che non vuole che per sua causa personale il sangue francese possa scorrere, che ha deciso di far sacrificio di se stesso. Detto fatto, mentre ancor suMa piazza gli uomini ammassati aspettano senza un cenno nè una parola il ritorno del parlamentare, il balcone centrale degli ammezzati si spalanca di colpo ed appare la faccia grassa e pai lida di Leone Daudet, simile ad un imperatore romano della decadenza, collie mani strette alla ringhiera e gli occhi spianati sulle forze schierate. Maurras e Pujot lo fiancheggiano. — Signor Leone Daudet — grida dal basso il prefetto di Polizia. — Per un'ultima volta mi appello al vostro cuore d'uomo e di francese. U sangue sta per correre. Delle madri francesi stasera piangeranno. Questo sangue, che voi avreste fatto spargere, non po tra riscattare quello del figlio che voi piangete. Arrendetevi I Daudet lo guarda fisso. Poi, con voce squillante come una tromba, voce da tribuno, nella quale echeggiano tutti i rimpianti e i rancori di una ambizione sconfinata quanto delusa, ma an che una innegabile energia di lottatore risponde. — Signor Prefetto! Voi tenete in una circostanza inumana un linguag gio umano. lo non voglio che vi sia del sangue sparso per mio figlio assassinato. Per la Francia, per i miei amici, per la memoria del mio figlitelo mi arrendo I E' fatto. Il Governo ha vinto. La legge è salva. Lo chauffeur Bajot vendicato. La carriera del Prefetto di polizia al sicuro. Chiappe sente nella propria giberna il peso del bastone da maresciallo ed esclama, toccandosi la tesa del cappello: — Grazie, signor Daudet I Cessato il dialogo, cominciò l'uscita della guarnigione assediata. E qui si conobbe come uno degli articoli dell'accordo stipulato durante la notte, alla Prefettura di Polizia, consistesse nella promessa di Chiappe che i difensori uscirebbero dalla cittadella senza aver torto un capello, se non proprio con tutti gli onori delle armi. Gii addii Ed ora i cinquecento o seicento giovanotti della guardia monarchica vennero fuori in colonna a passo militare, squadra dopo squadra. Molti — assicurano ancora gli storici di cui sopra — piangevano di dolore e di rabbia. I bravi camelots avrebbero per lo meno voluto attraversare Pa rigi cosi, a testa alta e con il raggio dell'eroismo sventurato sulle fronti madide. Ma poco lontano di 11 c'era una stazione della metropolitana, e Chiappe li volle 'invece inabissati senz'altro nella bocca ancora notturna del mostro per essere ben sicuro che andassero a casa a letto c che il romanzo non avesse appendici-. Ultimo ad uscire Daudet, pari al capitano che abbandona ultimo la nave naufragata. Cavanti al portone ebbero luogo gli addii. I suoi collaboratori lo abbracciarono lacrimando. Il gerente Delesì, arrestato con Daudet, portò alle labbra le mani di Maurras, che ancora esalava il proprio sdegno sentendosi ribollire nel cranio l'articolo di domattina. Da una parte e dall'altra non erano se non grida di affetto e di sdegno impotente. — Gli addii di Fontainebleau! — disse uno degli astanti. Il resto appartiene alla cronaca. Gli arrestati salirono con Maurizio Pujot nell'automobile del Prefetto di Polizia e l'automobile prese la strada delia Sante, passando prima, dietro preghiera di Daudet — al domicilio del celebro polemista, in Rue Guillaume, affinchè questi potesse prendere commiato anche dalla moglie. Per concessione speciale, la signora Daudet ri reveite il permesso rij accompagnareil marito sino alle prigioni. Quivi il ribelle pentito è stato messo nel re- parto dei detenuti per reati comuni, la sua condanna- non avendo propnamente carattere politico. Ma il benen io del regime dei condannati politici gli è stato accordato ugualmente. Gli amici di Daudet tremano da queta mattina sapendolo nelle maglie della polizia, che da tre anni egli non cessa di attaccare. E se gli facessero fare — si dicono — la fine di Almereyda? Ma questo sarebbe poi troppo. E' già abbastanza grossa avere gettato in carcere un uomo per il quale lutti, amici e nemici, avevano interceduto e per il quale ieri letterati come Luigi Bertrand, Enrico Bordeaux, Giorgio Lecomte, Pietro De .N'aolhac, Rosny, Courteline, René, Benjamin, Pierre Benoit, Enrico Beraud, Claudio Farrere, Arte mio Fayard, Carlo Le Gol'fic, Luigi Latzarns, Enrico Massis, Paolo Morand, Paul Rebou, Giovanni e Gerolamo Tharaud, ecc., avevano firmato un pubblico appello alla clemenza del Pre sidente della Repubblica. I commenti I giornali si rallegrano come ben si comprende che la cosa sia finita bene, e che il prestigio dell'autorità sia salvo. Scrive il Temps: « Il Governo, prima di ottenere per mezzo dell'abile intervento del prefet to Chiappe la resa di Leone Daudet, aveva tentato di assicurarsi della persona di quest'ultimo con tutti i mezzi che la legge pone a disposizione degli agenti della forza pubblica. E' dunque formalmente e definitivamente inteso che nessuno in Francia può essere sottratto, sotto qualsiasi pretesto, all'azione repressiva legalmente esercitata ». Tuttavia la vittoria non è di quelle che rendono fiero 11 vincitore: « Il nostro ufficio — continua l'organo repubblicano — non è quello di sostituirci all'autorità giudiziaria, nè al poteri pubblici: non può tuttavia esserci vietato di fare osservare che se Leone Daudet si trova alla Sante, noti comunisti incolpati delle mene più gravi contro la patria e contro l'ordini repubblicano sfuggono tuttora alla giustizia. L'opinione pubblica si meraviglierebbe, ed avrebbe il diritto di meravigliarsi, se questo paradosso, che contrasta simultaneamente alla logica ed alla equità, dovesse indefinitamente prolungarsi •. II Journal dei Débats osserva: « Leone Daudet ha capito che nonpoteva rischiare di trasformare il proprio arresto in un incidente di guerra civile. Tanto ì giovani che erano pronti a lottare per lui, come le forze di polizia, hanno di meglio da fare che non scambiare dei colpi e forse far correre il sangue. Egli ha dunque rinunziato ad una resistenza che avrebbe avuto l'apparenza di una ribellione ed il cui svolgimento poteva dar luogo a deplorevoli incidenti: conviene felicitamelo. Le circostanze mettevano il Governo in una posizione noiosa. Il caso di Daudet è un caso specialissimo. Egli è stato condannato in seguito ad un processo in cui difendeva il figliuolo, il dolore paterno può condurre a parole e ad atti che non sono delitti come gli altri. Quale che sia la violenza delle polemiche di Daudet, o della sua politica, è certo che 1 opinione pubblica e tutti i partili avrebbero cercato di ottenere una misura di grazia. Le coincidenze la rendevano malagevole al Governo che si trovava obbligato a decidere nel momento stosso in cui afferma a proposito dei comunisti la sua volontà di applicare la legge. Nella guai cosa il Governo si ingannava: ciò che d'altronde sorprendeva il pubblico e tulli i partiti era l'assimilazione insostenibile tra il caso di Daudet e gli altri. Leone Daudet, d'altra parte, non facilitava le cose sfidando il Governo ad arrestarlo. La forza deve rimaner alla legge. Ma domani non si comprenderebbe che il Governo non trovi modo di fare uso di una misura di clemenza Egli lia provato che era capace di assicurare l'applicazione della legge. Gli rimane da dimostrare che sa temperarla quando occorre ed applicarla in tutto il suo rigore quando l'interesse generale lo esige ». La grazia? L'opinione pubblica esige la grazia del condannato. Doutnergue non potrà rimaner sordo alla sua voce. Tanto più se gli preme di non mettere la rivoluzione tra i cartellisti, i quali, dacché Daudet si trovava sotto chiave, temono maledettamente di vederlo seguito da Doriot e di perdere l'alleanza comunista alle prossime elezioni. La Festa nazionale del li luglio pnlrebb.! essere una oli ima occasione per pas- sar la spugna sulle due lavagne, C. P

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