Le "botteghe" piemontesi e il mobile 1927 alla Mostra di Monza

Le "botteghe" piemontesi e il mobile 1927 alla Mostra di Monza Le "botteghe" piemontesi e il mobile 1927 alla Mostra di Monza Monza, giugno. Ora che possiamo discorrere con maggior quiete, e passati i consueti umulti inaugurali, aggirarci per quee un poco fredde sale piermarineche a trarre dall'esame delle cose bel e meno belle qualche conclusione, è mpo di precisare con esempi quei ugaci accenni generali che una prima visita alla Mostra internazionale elle Arti decorative suggerì nella orrispondenza di prammatica. E non er inopportuno spirito di campanilimo, ma perchè il risultato ci sembra — fra tutti — il più concorde con il riterio da cui mossero gli organizzaori della III Biennale (conciliazione i arte con uso), cominciamo voleneri dalla sezione piemontese. Dalla macellerìa al bar I nomi sono noti, e notissima a To lno, per diretta conoscenza di lavo i, la personalità dei cinque artisti che ffidarono al 'l'urina le cure della seione. Ma l'interessante è osservare he tutti e cinque i pittori diedero, per occasione, opera di architetti. Archiettura pura, e alquanto singolare per ei coloristi convinti, anche se non empre felici: muro e mobile, linea massa: fino alla rinunzia più sor rendente dell'elemento decorativo, llo scopo d'ottenere la maggiore unià possibile fra l'ambiente e l'Indipensabile arredo. Che cosa si propoero infatti questi giovani, cui è doeroso riconoscere, pur quando fallicono, sempre acnta intelligenza e seno raffinatissimo di vigile modernità? reare non una bottega più o menoella, più o meno estrósa ed originale, ma un tipo di bottega dove perfetta osse l'armonia fra quel tanto di liberà che l'artista si può concedere come egno di fantasia ed i vincoli della ratica, dove la rettorica dell'Imitaione e la pigrizia della tradizione ossero bandite, e dove Infine apparise evidente la possibilità di dar prova i buon gusto anche quando questo embri dover essere subordinato alle iccole banalità dell'uso. Casorati allestendo una macelleria, hessa una farmacia, Menzio un neozio di-confettiere, Sobrero un bar e eabate una saletta per il pubblico di n centralino telefonico, si sono deciamente inseriti nella realtà della funione dell'arte decorativa e nello steso tempo nello spirito animatore dela biennale. Le doro botteghe infatti on sono vetrine da esposizione, cuosità, capricci umoristici, e forse emmeno modelli da seguire supinamente ; ma sono un esempio di dove si ossa giungere per sintesi, per sele: ione e rinunzia; sono una prova di utto ciò che deve esser tolto, sfron ato, rinnegato per interpretare 11 seno della decorazione moderna, per conuistare, insomma, uno stile che oggi a vita più per ciò che si searta che er ciò che si aggiunge. Certo occoreva alla bisogna una buona dose di pregiudicatezza per immaginare delle astiglie di ipecacuana o della polvee di cremortartaro in un modernis imo iridescente vetro soffiato dai maetri muranesi di Cappellin, anziché el consueto barattolo vecchio Savoa, e per, sostituire l'antico armadio arocco piemontese con certe leggiare scansie a vetrina, dove accanto ai rodotti Bayer e Robin potrebbero star enissimo alcuni volumi Inglesi con riegatura d'editore; ma ci voleva anche iù coraggio a ideare uno spaccio di arni macellate su una doppia tonalità i marmi bianchi e rossi animati dalargento dei cancelli, della bilancia, egli uncini, degli anelli del ceppo, e d esporre un progetto tutto in candido tucco immune da una sola nota di coore, basato luministicamente sul puo chiaroscuro, e costruitlvamente sul ioco del volumi. Le grandi teste di ue, di vitello, di porco modellate in esso su piatti tondi pure di gesso, ccanto ai coltelli e alla mannaia, di esso anch'essi, stanno poi lì ad Inicare l'Intelligente ironia dell'artista maliziato, che non rinunzia a un cero dandysmo e, sentendosi superiore lla facezia che offre al pubblico, si iverte a lasciar credere di far sul seio; ma nello stesso tempo completao l'illusione, sono le raffinatezze stistiche del complesso. Chessa, abbiamo detto, quando tu volti dalla breve galleria — che con rogetti, mobili, pannelli, ceramiche, uscini, stoffe, tappeti, xilografie, ve ri e lampadari, raduna 1 nomi del Riotti, Cattanei, -Celestino, Maria Riotti, Calvi, Giudici, Fermando, Golia, Mennvey, Guarnierl, Sartoris, Cappeln, Ottrvia Chessa Gabuttl — nella ezione delle botteghe, Chessa, ripeamo, ti avverte che qui hai da dare n addio alla tradizione. Ma il bar di obrero — sala con parete a nicchie mmetriche tagliata a metà da un rande banco di marmo verzino di ranosa, vetrate di Murano variamene colorate, lampadario metallico — e a confetteria che è 6tata allestita u progetto di Francesco Menzio, con mobili superficie curva, appaiono meno n .irtamente staccati dal consueo; mentre II tema proposto al Deabae (posto teleionico pubblico), doveva ecessariamente limitare i motivi deorativi ad una pratica" sobrietà, e riune al massimo, come lodevolmente a» fatto il progettista, mobili ed rredi. Stile e non itili Ma non 6 tanfo, In fondo, questo p uel particolare con maggiore o miore originalità attuato, la trovata, la nvenzione, il problema decorativo roposto e risolto, che contano nella zione piemontese, quanto lo spirito unitario che vi domina. Qui si sente in verità che senza essersi passata una parola d'ordine, v'è gente che respira un'aria nuova:- l'aria del giorno d'oggi, quella che circola pei continenti oltre le montagne e i mari, e sveglia dormienti, vivifica le fantasie, trasporta sui terreni preparati i pollini econdatori. Quest'aura, che per essere proficua non deve mai mutarsi in vento turbinoso, non deve — come si è creduto per trent'anni — distruggere, ma semplificare, scegliere, selezionare, è quella che unificando i cosi detti stili, determina e crea lo stile cioè il segno di aristocrazia e di poenza, di armonia e di pensiero di un'età. Onde — e non sembri un paradosso — è forse maggiore la distanza materiale che dal primo al secondo piano della Villa del Pierinarlnl separa questi giovani piemontesi dalla sezione germanica, di quella 1deale che ne allontani il modo di in tendere le forme, di interpretare gli spiriti decorativi contemporanei. Non si vuol dire con ciò che gli italiani vadano tedeschizzandosi o che i tedeschi si facciano latini; non si tratta neppure di una internazionale artistica; è piuttosto un'affinità nel pensare, nell'ammirare, nel tentare che si condensa in una parola sola: modernità. Perchè la genialità della sezione germanica, ordinata da Bruno Paul, prima ancora che negli stupendi mobili del Paul stesso, negli specchi e lavori d'argento di Walter Ròssner, nei gingilli della Deutsche Werk Stàtten, nelle ceramiche di Duglns Hill, nelle lampade di vetro e ■ metallo di Kriiger, Schultz, Helbig, e'nelle argenterie di Waldemar Remiscn, tu l'avverti nella architettura delle vetrine, nella geometria della disposizione, nell'equilibrio delle masse, nel senso del volumi con cui il contenente assorbe, riassume, s'identifica col contenuto. Non esito a scegliere il vocabolo: è una meraviglia. Intorno non vedete che bianco (Casorati...). Concentrandovi per un Istante fra tanta bellezza su un oggetto solo, non scorgete che finitezza, nitore, amore e rispetto della linea, cura delle proporzioni, ripugnanza dalla bizzarria, dall'enfasi, dal blufflsmo, dall'improvvisazione genialoide, rettezza di contorni, sapienza di tecnica, classicismo infine. In queste sale, signori miei, occorrerebbe mandare ad abitare per una settimana gli ultimi sedicenti pittori impressionisti, i maestri della bravura, della facilità ; e sarebbe una lezione convincente e proficua. E allora, di fronte a queste realizzazioni perfette contenute in un tono di sobrietà estrema senza ipocrisie di umlltà, senza bamboleggiamenti primitivi e stucchevoli fanciullaggini, di fronte a questa ricchezza di signori e non di parvenus, il colorismo inevitabile della sezione spagnuola (quanrl'ò che riusciremo a liberarci dall'incubo di Théophile Gautier?), la fastosità dorata, verniciata, irrespirabile di quella ungherese, il folclorismo di quella russa (siamo ancora ai giocattoli di legno dipinto, perbacco, e alle stoffe ricamate nell'isbà, come se a bimbi e a contadini sì potesse ispirare una cosa tanto < adulta • e raffinata quale dev'essere la decorazione), fanno un poco l'effetto di bella chincaglieria. Ci sentiamo in provincia invece che in una metropoli. Il mobile moderno Occorre invece persuadersi che tutto oggi tende alla semplificazione: il mobile come l'arredo; e che la ricerca di uno stile unitario, senza sacrificio alcuno dell'individualità dell'artista, e palese. U vetro soffiato di Cappellin o di Venini, il pizzo di Jesurum disegnato da Giulio Rosso, il ferro battuto di Mazzucotelli e di Bellotto, le porcellane, le maioliche, le terraglie della Richard-Ginori, le freschissime, pratiche, economiche ceramiche di Laveno che rivelano a talento, lo spirito e la tecnica di Guido Andloviz (il Gio. Ponti della Società Ceramica del Verbano), gli stupendi cristalli affumicati di Orrefors, ì letti, le tavole, gli armadi degli architetti Ponti, Lancia e degli altri del « Labirinto » milanese, persino 1 deliziosi fiori della Lene! Ars, non sono in fondo che i vari aspetti di uno stesso dominante gusto decorativo. Il quale trova la sua manifestazione più efficace nel mobile che, come dicevamo l'altro giorno, è la pietra di pa ragoae dello stile, n più difficile problema decorativo che sia dato affrontare. Caduta ogni velleità di ispirazioni floreali, di stanche imitazioni, smarrito fortunatamente anche il ricordo delle leziose sinuosità principio di secolo, il mobile 1937 appare come massa delimitata dalie più semplici elementari linee. Il voluminismo di un Paul, di un Farenkamp o di un Luttken e il neoclassicismo di un Ponti si Incontrano perfettamente — tenuto conto delle diverse personalità — su questo terreno. L'aristocrazia del mobile sta oggi nella lucida compattezza delle superaci,-nella uniformità dei toni, nell'abolizione del giochi pittorici e chiaroscurali degl'Incavi e degli aggeggi, e soprattutto nella nettezza dei contorni squadrati, taglienti, severissimi. Bisogna guardarsi, per fare severo, dal fare pesante (anche la pesantezza è un barocchismo) come il Fallica nella sala da pranzo e nella sala d'ingresso della sezione romana; ma è certo che il mobile, oggi, sfuggito al pittore e allo scnltore, è caduo sotto il dominio dell'architetto, o almeno di chi ha senso architettonico. E ciò è conforme alla generale — e migliore — tendenza dello stile decoraivo contemporaneo. MARZIANO BERNARDI ltblctnnpgedtuvrvfigrpsgrqnisumtptcms.ptulinrisBqèpatsigmMnPvshdrstlatsgrssl

Luoghi citati: Inicare, Monza