I Karamàzov

I Karamàzov I Karamàzov Con la biografia di Aleksjèj Fjòdorovic Karamàzov, concepita fin dal 1870, e portata a termine soltanto nel 1880, Dostoevskij chiudeva la sua carriera di romanziere, e, l'anno dopo, sessantenne, la sua vita mortale. Perciò I fratelli Karamàzov, romanzo che ha l'ampiezza e le profondo sonorità del poema, accentrano e sviluppano sino a guglie vertiginose il martirio interiore di Dostoevskije sviluppando in mille toni il problema di Dio e del male, costituiscono il suo più tormentato e chiaroveggente testamento, la strada lampeggiante per cui egli, dopo tant'anrii di miserie e di dolori, doveva giungere alla serena accettazione della morte. Infatti, rassegnata e umile, semplice e nello stesso tempo ricca di fuoco spirituale, codesta morte noi la vediamo descritta dalla figlia Aiméo nella Vie de Dostojevskij par sa fitte: t II pria sa femme d'ouvrir an hasard sa vieille Bible du bagne et de lire les premières lignee qui lui tomberaient sous les yeux. Cachant ses larmes, ma mère lut à haute voix : — Mais Jean l'en empèchait, en lui disant: c'est moi qui ai besoin d'ètre baptisé par toi et tu viens ver9 moi 1 Et Jesus, répondant, lui, dit : Ne me retiens pas, car c'est ainsi qui'il fautqne nous accomplissions tonte justice.— Ayanfc entendu ces parojes de Jé-sub, mon pére réfléehit un moment et dit ensuite à sa femme : As-tu entendu ! Ne me retiens pas! Moh heure est venue, je dois mourir! ». Di questa chiara saggezza è colma, come d'una beatitudine, la sostanza intima dei Fratelli Karamàzov; tanto che l'eco del misticismo del santo monaco Zosimo: Non abbiate vergogna di voi stessi... Abbracciatevi con efusione... Lodate il Signore/, e il candido inno dell'Epilogo: Il regno di Dio sarà dei fanciulliI, pare risuonino ancora nell'ultime parole di Dostojevskij agonizzante: «Mes enfants, n'oubliez jamais ce que vous venez d'entendre; nous dit-il de sa faible voix. Ayez une absolue confiance en Dieu et ne désespérez jamais de Son pardon. Je vous airne bien, mais mon amour n'est rien à coté de l'amour immense de Dieu pour tous les hommes, ses eréatures. Si méme il vous arrive par majheur de commettre un crime au cours de votre vie, ne désespérez jamais de Dieu. Fòus ètes te» enfants; humilicz-vous devant Imi, corame devant votre pére, implorez Son pardon et II se réjouira de votre repentir, comme II s'est réjoui du retour du fils prodigue ». Perciò, tra tutte l'opere di Dostojevskij, da Delitto e castigo alle Memorie, da Povera gente a L'idiota, da Krotkaia & L'eterno marito, I fratelli Karamàzov hanno significati conclusivi circa il pensiero del Dostojevskij, e il sublime della sua arte. Ma sino ad oggi, l'Italia non ne possedeva che un pietoso rifacimento sotto il titolo di Precoci (trad. di De Cinti, editore Sonzogno), e un mutilato travasamento dal francese di Bienstock e Torquet nella Biblioteca A mena di Treves. Era naturale che, così amputato e ricucito, Dostojevskij apparisse anche più lacunoso e torbido di quanto egli m realtà non sia. Infatti, ce ne accorgemmo attraverso le scrupolose traduzioni tedesche edite dal Piper; e, più ancora, quando nel '23 i Karamàzov apparvero, per opera di Henri Mongault e di Marc Lavai, nella Collection des textes intégraux de la litterature russe del Bossard, alla quale già dovevamo la conoscenza d'opere inedite di Tolstoi, delle Anime morte di Gogol, e delle altre opere principali di Dostojevskij.Ma, ora, anche l'Italia può rallegrarsi di possedere II genio russo, cioè la sua collezione di opere complete, in versioni integrali, diretta da Alfredo Poliedro, e curata via via da uomini di provata cultura, e, quel che. più conta, conoscitori profondi della lingua e della letteratura russa: il Lo Gatto, la Prospero, il Damiani, il Rebora, la Naldi-Olkienizkaia, il Kufferle, la Dolghin-Badoglio, il Narducci. Così, finalmente, il romanzo che noi consideriamo il testamento spirituale del Dostojevskij, / fratelli Karamàzov, nella scrupolosa e cauta traduzione di Alfredo Poliedro, la quale ci permette di conoscere le terribili ma significative mènde e prolissità del grande e appassionato scrittore russo, entra a far parte, vivo e intatto, della nostra cultura. Il romanzo dei Karamàzov che, secondo André Gide, fu t le livre de chevet de Tolstoi à son lit de mort », fu per un biografo del Dostojevskij, il visconte E. M. De Voglie, « lungo e intollerabile », e c la lungaggine dell'azione non è più che un ricamo compiacente che si presta a tutte le teorie dell'autore, e sul quale egli disegna tutti i tipi incontrati da lui, o immaginati*nell'inferno della sua fantasia ». Eppure, il De Voglie in un libro ammirabile: i Le, roman trus te », aveva fatto conoscere alla Francia, e difeso il genio di Dostojevskij ; e, tra l'altro, aveva chiamato De Utto e castigo < lo studio più prò* fondo di psicologia criminale che sia mai stato scritto dopo il Macbeth d Ma, dello stesso parere del De Vogué, fu un altro grande critico russo, il principe P. Krapotkin, che in una specie di storia della letteratura russa, (Ideali e realtà nella letteratura russa, edit. Ricciardi, '21), sostenne che le qualità artistiche dei romanzi di Dostojevskij sono molto inferiori a quelle dei tre grandi maestri russi: Tolstoi, Turghénief e Gonciaròf; e, in particolare per / Karamàzov, disse ch'è « il romanzo in cui tutti i difetti interiori dello spirito e dell'immaginazione dell'autore hanno trovata la loro più piena espressione ». Eppure, Nietzsche il malcontento èra solito dire che Dostojevskij ora « le ■eul qui m'ait appris quelque chose en psychologie »; e con queste stesse gprole, lo scrittore più lottile e più pensoso della Francia contemporaneaAndré Gide, apre, a ino' di confessione, la sua raccolta di articles et eauseries, (Paris, Plon), su Dostojevskij. Ma perchè tanta disparità di giudizi e di opinioni? Come può mai il De Vogiié riconoscere il genio di Dostojevskij nel Delitto e castigo, e negarlo nei Karamàzov? Eppure, è l'opera, questa, più pensata, più sofferta, più sua del Dostojevskij; quella ch'egli rimandò agli anni maturi e quieti, e per cui invocava l'aiuto di Dio, la serenità dell'anima, e la tregua dei dolori fisici. Nè è più disuguale e prolissa dell'altre. Piuttostol'ascensione verso il sublime e la confessione d'ottimismo dello scrittore sono qui,, appunto attraverso quei soliloqui che tanto fastidio danno al De Vogiié, in funzione, se vogliamo, più dialettica che artistica, ma quale delirante chiarezza da questa specie di morboso squilibrio tra. l'azione del romanzo e la vi» morale dello scrittore! Allora, anche il profetismo tolstoiano spesso elude le ragioni estetiche dell'arte per cadere addirittura nella pedagogia. Gli è che là ove giunge l'idealismo inconsapevole di Aliòsa, cioè alle altezze in cui l'umanità si ritrova in Dio, tardo è talvol .", l'occhio del critico, o pauroso, coquello del De Voglie, che i tipi,rappresentati dal Dostojevskij, passino per t essenzialmente russi ». *•» I Karamàzov, invece, più che nazionali sono universali. Pare che, entro il romanzo, dalla prefazione all'epilogo, vi risuoni la voce del Signore: la tragica domanda a Caino. I quattro figli di Feodoro Karamàzov,-Mitja, Ivan, Aliòsa, e Smerdjàkov, trascendono il realismo crudo, quasi ossessionato, in cui vivono. La loro umanità e la loro coscienza sono straziate dalla biblica eredità, si con' sumano nel fuoco del peccato originale. E non essi soltanto; ma tutte le creature di Dostojevskij, anche i fanciulli come Kolja, sentono la loro individualità sperdersi e annichilirsi di nanzi alla universalità. Nè si accusi perciò, Dostojevskij di pessimismo; codesto nullismo, codesta volontà di schiacciare l'uomo sotto la responsabilità di tutti i mali e di tutte le col pe umane, trova in Dostojevskij la via della rassegnazione. Chi ha crèdu to di vedere nei Karamàzov, quale unico protagonista, il carattere dell'uomo russo, è caduto in un grossolano errore. Il vero, il solo protagonista è Dio; sia il Dio intellettuale di Mitja; sia quello misticizzato c\i Aliòsa ; sia quello torbido e discordante di Ivan. Persino Gruscjneka, la donna d'amore, parla di Dio. Ed an che lo scrittore stesso ce l'ha confessato chiaramente in una lettera : c La question principale qui sera poursuivie dans toutes les partier de ce livre est celle méme dont j'ai souffert consciemment ou inconsciemment toute ma vie: l'existence de Dieu! ». Anche il Merejkovskij, nel suo sibro Tolstoi e Dostojevskij, deve ammettere, in antitesi alle asserzioni del Krapotkin, che l'arte migliore del Dostojevskij sgorga appunto da quella dolorosa sorgente ch'è il bisogno religioso, e che, nei Karamàzov, diventa inconsciamente bisogno d'ottimismo, o « sauvage amour de la vie », come lo chiama Gide. Codesta necessità — di vincere il male e il dolore — è in tutta l'opera di Dostojevskij, come un quietismo alla Blake, come la c résignation totale et deuce » di Pascal ; e la ritroviamo in un grido d'Ivan: « Voglio la soppressione del dolore ! » e in una frase dei Possédés (Voi. I, traduz. di Chuzeville, ed. Bossard) : t Quand tu abreuveras la terre de tes larmes, quand tu en feras présent, ta tristesse s'évanouira aussitòt, et tu seras tout console ». Dove e come la trova, codesta consolazione, Dostojevskij ? Nel rendere l'uomo un fanciullo, (il regno di Dio sarà dei fanciulli !) ; di concedergli la nuova nascita di Cristo, cioè uno stato ' d'animo gioioso, (ricordate la gioia di Pascal : « Joie ! joie ! pleura de joie!), che permetta, anche al peccatore, di penetrare nell'Eternità, e nel Regno di Dio. Di codesta gioia ci parla Kiriloff nei Possédés, il principe Muichkine nell'Idiòta, Aliòsa stesso nei Karamàzov. E', essa, la verità più importante della filosofia di Dostojevskij, quella per cui la speranza diventa preghiera. Non bisogna dimenticare che Dostojeskij è un cristiano, anche se Gide lo vuole più vicino all'Asia che a Roma. Il suo sforzo sovrumano, anche attraverso il più intenso e inquietante realismo, è sempre quello di tendere al Vangelo. Ci fu chi addirittura parlò di t realismo mistico ». Ma, per rendersene conto, bisogna inseguirlo attraverso tutti i suoi tipi, attraverso tutta la carne sofferente, ora filosofo e ora come demente, ora romantico e ora spietato chirurgo dell'anime, ora Geromia della galera e ora Shakespeare d'un ospedale di epilettici. Nei Karamàzov poi, ove l'a-zione ristagna più sovente, e lo stile è più nudo e disadorno del solito, i baleni del genio religioso si fanno più fumosi, o almeno così sembrano, perchè s'intersecano da personaggio a personaggio. Senza Smerdjàkov non si comprende Mitja, senza llitia non si comprende Aliòsa. La verità nasce dai contrasti. Se Smerdjàkov è l'uccisore del padre, il fosco Mitja, che ha vissuto nel pensiero la possibilità del parricidio, è pari al parricida; e la condanna non colpisce, secondo Dostojevskij un innocente, perchè non si espia il particolare ma l'universale, in ogni momento della nostra vita, poiché dove finisce la giustizia umana comincia la giustizia divina. Gli è che il moralismo di Dostojevskij è sopra la terra; la sua attività ha sempre la spiccata tendenza d'unire gli impulsi più bassi dell'uomo con i più alti: di arrivare, anche attraverso al delitto, a Dio. E' l'eterna lotta tra il male e il bene, viva nel cuore dell'uomo (diceva Baudelaire: t II y a dans tout homme deux postulations simultanées: l'une vers Dieu, l'autre vera Satana), e veduta da chi non disgiunse il peccato terrestre dalla volontà suprema. E i Karamàzov, appunto, sono l'espressione tangibile di codesta volontà, da cui nessuno può sfuggire, nè in terra nè in cielo, e che deve creare in noi una gioiosa rassegnazione, lo stato d'animo dei consapevoli. Qui, e non altrove, nel segreto divino della bontà, è il centro misterioso del pensiero del Dostojevskij, che fa esclamare ad André Gide: « Quelle tranquillité ! lei vraiment le temps s'arrète, ici respire l'éternité. Nous entrons dans le Royatime de Dieu i. GIUSEPPE RAVECNANI. (1) Fjòdor Dostojevskij:' I fratelli Karamàzov, versione e note di Alfre do Poliedro. Voi. IV. Società Editrice « Slavia •, Torino, 1987. L. 44.

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