L'età della Terra 330 milioni di anni è provato

L'età della Terra 330 milioni di anni è provato L'età della Terra 330 milioni di anni è provato ma è probabile che sieno di più.» Giorni or sono all'Accademia delle Scienze di Parigi, Bigourdan ha presentato una comunicazione di Beiot, intorno all'eia della terra. 11 problema non era certo nuovo; esso aveva affascinato la mente di molti astronomi, geologi e cosmologi, che nel passalo attribuirono al nostro pianeta una età compresa tra i venti e quattrocento milioni di anni. Come si vede, una carta elasticità... Ma ora il Belot — resosi già illustre per la sua concezione di cosmogonia vorticosa, che diede origine ad un vero e proprio sistema di dualismo filosofico — ha recato alla scienza elementi preziosi. Attenendoci ai dati comunicati all'Accademia delie Scienze, dobbiamo credere che l'età della nostra terra si aggiri intorno ai 330 milioni di anni. Esaminiamo sommariamente il processo logico che ha portato a questa conclusione. Tutti sanno come ie sostanze radio-attive, delle quali il radio è il prototipo, emettano a getto continuo un triplice fuoco d'artifizio di radiazioni molto bizzarre: raggi • alfa », raggi « beta », .raggi «gomma». L'irradiazione è una diretta conseguenza della disintegrazione esplosiva degli atomi dei corpi radioattivi. In generale tutti i corpi emettono radioazioni simili, e Gustavo Le Bon aveva già intuito il fenomeno prima ancora che il Rutheford riuscisse a dimostrar. 10 in modo sperimentale. Tuttavia, la scienza chiama radioattivi quei corpi in cui di fenomeno dell'irradiazione suddetta si manifesta nel modo più palese, come nel ra<lio, nell'uranio, nel torio, nel polonio, ecc. I raggi « alfa » hanno la proprietà di alterare, costituendo una specie di alone, H vetro che attraversano. L'alone è tanto più forte quanto maggiore è stato il tempo in etri fi vetro ha subito l'Influenza del raggi « oJlfa ». Ciò premesso, ricordiamo come alcuni esemplari di mica, esaminati al microscopio, presentino delle macchie oscure circolari, dette plèocroiche, analoghe agli aloni di cui abbiamo fatto cenno. Nel centro di ciascuna di queste macchie, appare sempre un piccolo cristallo di zirconio, apparentemente incluso nella roccia al momento defla sua formazione. Lo zirconio è un materiale radi otti vo, che emétte, come tutu gli altri, dei raggi t aite », ragione questa per cui sugli esemplari in mica che vennero esaminati si riscontrano le macchie caratteristiche in forma di alone. Questa Ipotesi è lecita, inquantochè l'azione colorante delle radiazioni emesse dallo zirconio non si manifesta al di là di ima certa distanza. E* noto d'altra parte come le radiazioni emesse da una sostanza radioattiva traverso un corpo qualunque di cui si conosca la composizione chimica e la densità, producano, coso per caso, degli effetti noti e precisi. Cosi, nel caso che ci interessa, venne studiata la traiettora del raggi «oilfa» traverso la mica. Questa traiettoria corrisponde esatta mente ai raggi degli aloni osservati, e quindi questi aloni sono effettivamente dovuti all'influenza prolungata della radioattività del cristallo centrale di zirconio esistente nel campioni di mica osservati. Siccome gli aloni non si osservano sulle roccie moderne, ma esclusivamente stille roccie di origine molto antica, quasi contemporanee . all'infanzia del nostro pianeta, si è di conseguenza riusciti ad avere una specie di certificato di nascita, che sino ad oggi la scienza non aveva mai potuto possedere, intorno all'origine della Terra. Le macchie osservate sembrano risultare come conseguenza dell'accumulazione, durante miriadi di secoli, di azioni radioattive, eccessivamente deboli, paragonabili alle azioni luminose prodotte dal tempo sulle lastre fotografiche da Invisibili stelle lontane, che il nostro occhio, anche armato di possenti mezzi ottici d'ingrandimento, non riesce a scorgere, ma che 11 tempo, accoppiato alla sensibilità della lastra fotografica, riesce ad identificare. Il problema, quindi, dal punto di vista scientifico, si riduceva a scoprire l'età dei campioni di mica macchiati da alone e con cristallo di zirconio incluso. A u-uesto scopo, sotto 11 controllo di sir John Jolv, processero all'Università di Dublino, si sono compiute delle investigazioni e delle esperienze oltremodo precise e rigorose. I campioni di mica vennero esposti all'azione continua di una sorgente forte di roggi «alfa». In questo modo venivano a prodursi, saltando 1 secoli, le stesse variazioni, gli stessi aloni, le stesse macchie plèocroiche delle quali abbiamo già parlato. Nel laboratorio inglese si è potuta misurare la quantità di energia radiante necessaria a provocare i risultati che venivano ottenuti, come si è potuta calcolare le quantità di energia radiante che può emettere un cristallo di zirconio, sotto forma di raggio ««Afa»,, in un ceTto periodo di tempo. Tutti questi calcoli, che di solito rendono scettici i profani, nei moderni laboratori di fisica sono un fatto comunissimo. Dopo tali risultati, con semplici operazioni aritmetiche, si è potuto giungere a calcolare l'età dei campioni di mica che formavano l'oggetto di tante appassionate ricerche. Ma è da osservare: ammesso che per 1 resultati conseguiti dopo l'esame dei campioni di mica, si sia potuto stabilire che l'età di questi debba essere ritenuta probabilmente identica a 330 milioni di anni, tale cifra deve essere ritenuta inferiore alla vera età della Terra, inquantochè essa corrisponde a quella delle roccie più antiche, che costituiscono la crosta terrestre. Ora, dal punto di vista geologico, come dal punto di vista di tutte le più recenti cosmogonie, risulta ormai stabilito cor me debbo considerarsi origine vera è " propria del nostro pianeta non quella che corrisponde alla formazione delle roccie più antiche, ma l'epoca che coincide con il passaggio della materia nebulare allo stato incandescente e pastoso. Quindi, ammesso che 1 campioni di mica esaminati diano la cifra di 330 milioni di anni, non andremo molto lungi dalle conclusioni di molti fisici, che nel passato attribuirono al nostro pianeta la rispettabile età di 400 milioni di anni. Algol

Persone citate: Le Bon, Rutheford

Luoghi citati: Parigi